Controllò
per l’ennesima volta il cellulare per poi lasciarlo
ricadere con uno sbuffo infastidito sul letto a baldacchino.
Mancava
meno di un’ora all’inizio della corsa, Saffron e
gli
altri sarebbero arrivati all’house of the dead da un momento
all’altro e di
Lilith non c’era alcuna traccia. Dalla sera precedente
sembrava essere ufficialmente
scomparsa dai radar.
Era
arrabbiata con lui, questo era più che palese e la
conosceva abbastanza bene da sapere che non era certo il tipo di
ragazza che
sarebbe tornata da lui con la coda tra le gambe e lo sguardo triste in
cerca di
approvazione.
No,
Lilith era più il genere che ti fronteggiava e ti tirava
un pugno dritto in pieno volto perché l’avevi
fatta incazzare una volta di
troppo.
E
probabilmente era questo che l’affascinava di lei.
Era
diversa dalla maggior parte delle ragazze che aveva avuto
modo di conoscere durante quei ventun’anni di vita. Non si
aspettava nulla da
lui, non voleva rose rosse né cene in ristoranti costosi,
tantomeno sdolcinati
peluche o scatole di cioccolatini a forma di cuore per San Valentino.
Era
il suo equivalente al femminile ed era perfettamente
consapevole di aver sviluppato una dipendenza da contatto fisico
paragonabile a
quella dei tossici strafatti di jingle jangle.
E
inaspettatamente la cosa non lo disturbava nemmeno lontanamente
quanto avrebbe dovuto.
-
Rimani a letto a guardare il soffitto ancora per molto
oppure ti dai una mossa? –
Si
voltò a incrociare le iridi scure di Saffron che lo
fissavano dalla soglia della sua camera da letto.
Cazzo,
aveva perso tempo a rimuginare su quella strana
situazione e aveva perso di vista l’obiettivo fondamentale:
la corsa contro il
ragazzino di Jones.
-
Sto arrivando. –
Si
richiuse la porta del bagno personale alle spalle,
lasciando che l’acqua calda della doccia scacciasse via ogni
ultimo rimasuglio
di stanchezza.
Lilith
sarebbe venuta.
Non
si era mai persa una corsa, figurarsi una importante come
quella, doveva smetterla di farsi venire le paranoie come uno stupido
adolescente in piena tempesta ormonale.
Indossò
il suo solito completo da gara, quello che era
diventato un po’ il suo marchio di fabbrica e aggiunse i
guanti da pilota.
Uscì
dalla stanza e trovò Saffron appoggiato al tavolo della
cucina con una tazza di caffè tra le mani e
l’altra appoggiata al lavandino a
sgocciolare dopo essere stata accuratamente lavata.
-
Ho rifatto il caffè, quello che c’era era vecchio
e
ghiacciato. –
-
Di solito al caffè ci pensa … -
Tacque
prima di pronunciare il suo nome, ma Saffron doveva
aver capito alla perfezione perché molto saggiamente fece
finta che l’amico non
avesse detto nulla.
Afferrò
la tazza che l’amico gli porgeva, assaporando la nera
bevanda colombiana, gustando il sapore dei chicchi appena macinati.
-
Hai intenzione di spiegarle perché l’hai tagliata
fuori
oppure vuoi continuare questa stronzata di chi ha la testa
più dura? –
-
Non c’è nulla da spiegare. Verrà alla
corsa, scommetto che
quando arriveremo la troveremo già lì. –
Saffron
non disse nulla, limitandosi a stringersi nelle spalle
e a seguirlo mentre afferrava le chiavi dell’auto e montavano
sui sedili
diretti al punto d’incontro con i Serpents.
Sterzò
fermandosi accanto alle auto del resto dei Ghoulies,
smontando e guardandosi attorno.
Il
ragazzino di Jones stava vicino alla biondina che aveva
provato a intrufolarsi nel garage e accanto a loro c’erano il
rosso e la sua
fidanzatina contornati da qualche altro ragazzino del North side. I
Serpents si
tenevano leggermente in disparte, seduti sui sellini delle rispettive
moto,
poco propensi a mischiarsi sia ai Ghoulies che ai North siders.
Era
il gruppo più strano a cui avesse mai assistito.
Sondò
le auto presenti, alla ricerca di quella vettura
fiammeggiante così tremendamente familiare.
Ma
nulla, non c’era da nessuna parte.
Era
ancora presto, mancavano una decina di minuti all’orario
concordato.
Sarebbe
venuta.
Lo
sapeva.
Lo
sentiva.
Prese
l’ultima curva a ottanta, calibrando il piede
sull’acceleratore
e sul freno in modo da tenere la strada.
Era
partita con l’idea di non farsi vedere alla gara, ma
sapeva nel profondo che un corridore teso o preoccupato non faceva bene
il suo
lavoro … e non aveva alcun dubbio che Malachai fosse con i
nervi tesi nell’attesa
di sentire il rumore della sua auto che arrivava sgasando.
Intravide
Malachai e il figlio di Jones scambiarsi una stretta
di mano ed essere in procinto di entrare in macchina.
Saffron
e il ragazzino dai capelli rossi che faceva da
navigatore per il suo amichetto erano già ai loro posti sui
sedili anteriori
del passeggero.
Tirò
il freno a mano con vigore, facendosi largo tra i
Ghoulies che si spostarono all’istante.
-
Kai. –
Non
aveva urlato, ma nel silenzio generale la sua voce era
risultata chiara e limpida e aveva spinto tutti i presenti a voltarsi
verso di
lei.
Malachai
lasciò la maniglia della portiera, sorridendole
sfrontato come a voler farle capire che nel profondo aveva sempre
saputo che
sarebbe arrivata.
La
voglia di prenderlo a pugni e cancellare quel sorrisetto
dal bel volto era lancinante, ma si limitò ad afferrarlo per
il bavero del
giubbotto di pelle e attirarlo verso di lei.
Lo
baciò con rabbia e impeto, allontanandosi mentre teneva il
labbro inferiore ancora ben stretto tra i denti.
Lo
sentì gemere a metà tra il desiderio e il dolore.
-
Vedi di tornare tutto intero, così poi posso prenderti a
pugni come si deve. –
Spazio
autrice:
Salve!
Due
capitoli in un giorno? Ma sì, perché no xD
Diciamo
che al momento Malachai e Sweet Pea sono in assoluto i due personaggi
che mi
ispirano di più nel fandom di Riverdale perciò
portare avanti le loro storie mi
viene naturale come respirare.
Spero
che
vogliate lasciarmi una recensioncina per farmi sapere che ne pensate.
Al
prossimo capitolo.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary