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Autore: Sunako_7    22/11/2017    1 recensioni
Sasuke e Gaara si frequentano da qualche mese, nonostante abbiano un dialogo quasi inesistente. Basterà questo per riuscire ad andare avanti o lo scontro con i problemi della vita e i fantasmi di un passato mai dimenticato li schiaccerà, costringendoli a separarsi? E se quel passato tornasse più reale che mai? E se altre persone entrassero nella vita dei due protagonisti? Un viaggio complicato e irto di ostacoli nella vita di questi due ragazzi chiusi, diffidenti, incapaci di comunicare eppure bisognosi di affetto e amore.
Questa ff è il continuo della mia one-shot "If I had a heart" anche se non è indispensabile leggerla per seguire questa long, ma alcuni dettagli potranno essere più chiari.
[GaaraxSasuke][Itachix?][accenni HidanxDeidara]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Itachi, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Un fratello è quel legame che non potrai mai spezzare, non importa quanto ci provi

 

 

Itachi stava davanti alla porta chiusa senza sapere cosa fare. In quell’ultimo periodo gli stava succedendo un po’ troppo spesso di ritrovarsi indeciso, proprio lui, la persona in grado di portare fino in fondo anche le scelte più difficili, perché certo che conducessero alla strada giusta, verso il suo obiettivo.
Il vero problema, forse, era che per una volta quell’obiettivo non era chiaro. Era avvolto da una foschia che nessun sole o vento riuscivano a diradare, e il ragazzo non era avvezzo a una tale condizione.
Senza volerlo, aveva ascoltato la conversazione telefonica del fratello, dalle sue parole aveva intuito che stava parlando con Gaara e non era riuscito a fare a meno di rimanere a origliare; la sua sete di segreti non aveva fine. Eppure, ora, una parte di sé desiderava non averlo mai fatto.
Era lì, davanti a quella porta chiusa, l’intento iniziale di chiamare Sasuke per uscire a sciare vacillava; forse avrebbe dovuto semplicemente fare dietrofront e fare finta di nulla, ma quando mai era riuscito a ignorare il fratello e i suoi problemi?
Mai, anche in passato quando sembrava indifferente a quello che gli accadeva, in realtà lo teneva sempre sott’occhio da lontano.
Fu così che si decise a bussare ed entrò, vedendo Sasuke su una sedia e a terra vicino a lui una bottiglia d’acqua che l’altro non si decideva a raccogliere. Forse non se ne era nemmeno accorto perché, quando alzò lo sguardo Itachi, questi notò quanto fosse immerso nei suoi pensieri, lontano miglia e miglia da lì.
“Cosa succede, Sasuke?” gli chiese istintivamente, senza alcun filtro ad ammorbidire quella domanda.
Il ragazzo lo guardò, con le mani incrociate in grembo, l’espressione spaesata e la testa che gli turbinava. Erano passati solo un paio di minuti dalla telefonata con Gaara, non era pronto ad affrontare e mentire al fratello e ai suoi maledetti occhi indagatori.

Sicuro di doverli affrontare e mascherarti, Sasuke?
La voce dello psicologo risuonò chiara nella sua testa, eppure lui rispose automaticamente:
“Niente, va tutto bene.”
Poteva una menzogna essere più palese di così? Itachi lo riteneva poco probabile e quella volta decise di ignorare le regole non scritte del codice Uchiha: si fece più avanti e affrontò nuovamente il fratello a viso aperto. Basta nascondersi, basta fingere che tutto fosse a posto, basta pretendere di essere ciò che non si era.
“Che pessima bugia, Sasuke – scosse la testa – avanti, parlami. Ho voglia di ascoltarti.”
Il più giovane lo fissò con gli occhi sgranati. Quelle stesse parole gliele aveva dette lo psicologo, anche lui aveva detto di aver voglia di ascoltarlo, solo… quello in fondo era il suo lavoro ed era pagato per farlo, Itachi no. Itachi aveva scelto di ascoltarlo, di dedicargli tempo, di vincere l’imbarazzo e quella freddezza di fondo che gli aveva sempre impedito di confidarsi realmente, di raggiungere quel livello di profondità comune nei fratelli.
La neve cadeva leggera fuori dalla finestra, nei corridoi si sentiva lo scalpiccio dei passi, mezze risate, stralci di conversazioni e il calore di quell’elegante chalet in legno, animato dalle persone che lo riempivano. I due continuavano ad osservarsi in silenzio, il disagio era palpabile, come una cappa solida che li avvolgeva, ma Itachi non indietreggiava, rimaneva lì, a dargli tutto il tempo necessario, ad aspettarlo.
“Non… non è tutto a posto, ma – mormorò Sasuke in difficoltà – non è il momento adatto, non siamo soli.”
Itachi sospirò appena, incrociò le braccia davanti al petto e rispose, lieto che il fratello non lo stesse respingendo:
“Se è solo quello il problema si risolverà presto: ero venuto ad avvisarti di prepararti per uscire tra poco, per partecipare alla fiaccolata notturna sugli sci. Gli zii sono già usciti coi figli più giovani, mancavamo solo noi più grandi e i nostri genitori. Dirò a mamma che hai mal di testa e non te la senti e che io rimarrò con te; ci crederà, in fondo aveva notato già a pranzo che eri pallido e hai mangiato poco.”
Pratico ed efficiente, due caratteristiche che contraddistinguevano sempre Itachi e il ragazzo stesso si sentì meglio, perché a quel modo sentiva di riprendere almeno un po’ dell’abituale controllo, benché non fosse certo di dove quella chiacchierata li avrebbe condotti.
“Ma è importante, avevamo detto che si saremmo stati…” tentò di dire Sasuke, in un debole tentativo di evitare il loro confronto.
“Tu sei più importante – affermò Itachi, serio – tu per me sei più importante, Sasuke. Ti aspetto di là.”
Uscì, senza nemmeno attendere una sua risposta e al minore parve di scorgere sul suo viso un accenno di rossore. Forse, se si fosse specchiato, avrebbe visto la stessa cosa sul proprio.

 
A Sasuke sembrava di essere nello studio dello psicologo, se si voleva escludere il bicchiere di whisky in mano e l’atmosfera sicuramente più elegante e lussuosa. Tuttavia era seduto sempre su una poltroncina, aveva l’interlocutore di fronte a sé, l’unica differenza era che gli occhi intelligenti e attenti non erano nascosti dietro a delle lenti.
E poi era suo fratello.
Perché sentirsi così agitato e nervoso?
Bevve un sorso del drink che Itachi gli aveva preparato, godendosi l’ottimo liquore, il tepore del caminetto che scoppiettava e si trovò a riflettere che non si erano mai trovati in una situazione del genere. Non aveva mai nemmeno chiesto scusa e ammesso di aver sbagliato, eppure nemmeno un’ora prima lo aveva fatto con Gaara; quel natale gli stava regalando un sacco di prime volte.
“Mamma ti ha creduto senza problemi?”
“Ovviamente – sorrise Itachi – non è passata a salutarti perché le ho detto che stavi riposando.”
Posò il bicchiere sul tavolinetto tra di loro, dopo di che intrecciò le mani posandosele su una coscia e lo guardò, in attesa.
Sasuke continuava a rimanere in silenzio, consapevole che toccava a lui iniziare, ma non riusciva a staccare gli occhi dai cubetti di ghiaccio nel suo whisky, era davvero interessante osservare il loro movimento randomico quando scuoteva il bicchiere. Tuttavia le sue osservazioni, sicuramente degnissime di una pubblicazione scientifica, vennero interrotte da Itachi:
“Non voglio costringerti a parlare, ma credo che tu abbia bisogno di farlo, per questo sono così insistente, come mai prima. So di stare forzando i tuoi tempi, ma sono mesi che covi qualcosa, come una malattia, e negli ultimi tempi si è aggravata. Non voglio che l’infezione dilaghi e ritrovarmi in futuro a incolparmi per non aver fatto nulla quando c’era ancora tempo, frenato dalla vergogna o dall’inabilità a parlare – sospirò – Sì, Sasuke. Noi due non siamo per niente bravi a comunicare, a volte vorrei avere anche solo un briciolo dell’abilità di Shisui.”
Sasuke lo guardò esterrefatto: un’ammissione del genere era qualcosa di stupefacente, quasi quanto un’invasione aliena, e si chiese se il fratello non si fosse scolato uno o più drink prima di sedersi nel salotto con lui.
“Non ti sembra di essere un po’ melodrammatico? – ironizzò – E poi per invidiare anche solo un’unghia di nostro cugino devi avere la febbre alta.”
“Forse – disse Itachi per entrambe le domande – ma le cose stanno così, quindi… parlami, ti ascolto.”
Il bicchiere di Sasuke andò a fare compagnia al suo sul tavolino, dopo di che il ragazzo incrociò le braccia davanti al petto e guardò in giro per la stanza, fissandosi poi sulla finestra dove si intravedevano le luci delle altre abitazioni nella notte scura.
Chissà come doveva apparire quel luogo dall’alto, con quelle case coperte di neve eppure illuminate, immerse nel verde, con qualche umano affaccendato al di fuori. Magari sarebbe sembrato un grande presepe naturale, e loro tutti i personaggi della recita natalizia che fingevano di essere i pastori, gli artigiani, i musicanti, i re magi…
Sasuke non era un attore, ma aveva sempre interpretato un ruolo. Quello del bambino composto, serio, che odiava i dolci e fare confusione con altri bambini per dimostrarsi all’altezza dell’impeccabile fratello e ricevere anche lui gli elogi paterni. Aveva continuato con quella recita nell’adolescenza e l’età più adulta, aggiungendo o togliendo alcuni elementi sul copione, come la rabbia, il risentimento, o l’interesse per fidanzate mai realmente desiderate, ma aveva sempre seguito le battute già scritte, senza uscire dal ruolo.
Per uno strappo alle regole era riuscito a capire e scoprire il suo interesse per gli uomini, ma lo aveva tenuto celato, interpretando il suo personaggio con maggior convinzione di prima, col bisogno di convincersene lui per primo, perché… se quello non era lui, allora chi era lo sconosciuto sotto la maschera?
“Sono gay, Itachi.”
Era tempo di scoprirlo.
Il maggiore inspirò più profondamente e socchiuse gli occhi, ma a parte questo non fece altro. Non saltò, non sobbalzò, tantomeno scappò inorridito, rimase a guardare il fratello e gli sorrise leggermente:
“Non ti farò domande stupide come ‘Ne sei certo’ o altro, se sei arrivato a dirmelo lo sei – iniziò a dire – e posso immaginare quanto questo ti stesse logorando. Non è facile ammettere una cosa simile, ancor meno in una famiglia rigida e legata alle tradizioni come la nostra, ma sono felice che tu abbia deciso di fidarti di me.”
Fu invece Sasuke a sobbalzare e a piantare le dita nei braccioli imbottiti, pareva sul punto di saltare addosso all’altro per sbranarlo, ma ovviamente non fece nulla di ciò, limitandosi a fissarlo e mordersi le labbra.
“Tutto qui?” sputò acido.
“Tutto qui cosa? – rispose Itachi invece tranquillo – Ti aspettavi che ti dessi del mostro, dello scherzo della natura, come nostro padre ogni volta che sente nominare i gay? Mi deludi, Sasuke… pensavo avessi capito che io e lui siamo molto diversi. Oppure non ti aspettavi che io fossi così comprensivo, cercavi un motivo per essere arrabbiato con me?” indagò, senza smettere di guardarlo e vedendolo fremere.
Sasuke era un concentrato di rabbia e frustrazione che però non sapeva dove dirigere e spesso finiva per riversarsela addosso, complicandosi inutilmente la vita, Itachi lo sapeva. Come sapeva che il fratello senza quel sostegno di livore e ira non sapeva stare, era ciò che lo aveva mantenuto in piedi durante tutti gli anni del loro conflitto, e adesso anche lui doveva scontare le conseguenze dei suoi sbagli passati.
“Cazzo, Itachi…” sbottò Sasuke dando un pugno a un bracciolo maltrattato. Accavallò le gambe e tornò a far sfrecciare lo sguardo per la stanza prima di posarlo di nuovo sull’altro. “Non lo so, non lo so davvero cosa mi aspettassi da te, io non ci sto capendo più niente da un pezzo – sospirò – so solo che sono stanco di fingere, tutto qui.”
Itachi ammirò il suo coraggio, perché ce ne voleva per arrivare a quel punto e ammettere la verità, invece lui, quel coraggio, non lo aveva. Infatti, cogliendo l’occasione, avrebbe potuto rivelargli la propria bisessualità, la notizia avrebbe persino potuto dare sollievo al fratello, ma Itachi preferiva rimanere nell’ombra coi suoi segreti. Forse più avanti, si disse, in fondo quel momento doveva essere solo di Sasuke.
“Non deve essere stato facile reggere un simile segreto da solo e trovare la forza di ammetterlo – disse Itachi – ma credo che il tuo problema non sia finito qui, ma che tu abbia qualche screzio con un ragazzo, giusto?”
“Già – mormorò – io, non…”
Sasuke non riuscì a completare la frase che rimase ad aleggiare tra di loro, unendosi al profumo di legna e pino, gli odori tipici dell’inverno, ma soprattutto di quello chalet dove soggiornavano sin da quando erano bambini.
“Hai dei problemi con Gaara” lo soccorse Itachi, prendendosi la responsabilità di fare quel nome proibito.
Quel nome deflagrò con la violenza di una bomba e Sasuke non era pronto. Non era corso a cercare riparo in una trincea, non si era protetto il viso con le braccia, non aveva fatto nulla, era rimasto fermo a ricevere la detonazione e i frammenti che volavano tutt’intorno. Li sentì premere nella carne e, guardandosi, si stupì di non trovare i suoi abiti tinti di rosso, nel costume di un grottesco babbo natale.
“Tu come…?”
“Era palese che ci fosse qualcosa che non andava tra voi” gli spiegò Itachi. In quel momento provò odio per se stesso, per il dolore che gli aveva procurato pronunciando il nome di Gaara, e per il modo ipocrita in cui si stava giustificando, dicendosi che a volte bisognava rompere qualcosa per poi renderlo più bello e migliore saldandolo in una nuova forma.
“Tu sapevi già di me” disse ancora Sasuke, chiedendosi fin dove riuscissero a vedere quei occhi, refrattari alle sue bugie e alle illusioni in cui gli altri invece cadevano.
“No, era un sospetto – rispose Itachi, accomodandosi meglio – non ti ho detto nulla finora perché volevo lasciarti la tua privacy, ma oggi ho capito che non era la strada giusta da seguire. Siete stati insieme?” domandò ancora a bruciapelo, sentendo improvvisamente il cuore in gola. Sapeva, comprendeva che quella risposta avrebbe decretato inevitabilmente anche il proprio futuro, perché lui, per Sasuke, avrebbe fatto qualsiasi cosa.
“Sì, no, sì… cioè… è complicato” balbettò il più giovane, passandosi una mano sul viso per poi sospirare, non sapendo come spiegare quel casino che c’era tra di loro. “Ci siamo conosciuti per caso mesi fa, ci siamo frequentati, ma poi… diciamo che potrei non essermi comportato in maniera ineccepibile nei suoi confronti. Sì, diciamo così” concluse. Era difficile ammettere le proprie responsabilità, anche se quella volta era stato più tenero con se stesso rispetto alla telefonata.
Ineccepibile, interessante sinonimo per dire stronzo – Itachi sorrise appena, conosceva abbastanza il fratello da sapere quanto potesse diventare caustico – almeno oggi gli hai chiesto scusa.”
“Itachi! – esclamò l’altro imbarazzato – Da quando in qua origli?”
“Beh, ammetto che non è stato proprio etico – replicò con un filo di imbarazzo – ma ero venuto a chiamarti, ti ho sentito al telefono e non sono riuscito ad evitarlo. Devo però confessarti che non me ne pento: è stata quella telefonata ad avermi spinto a farti certe domande e ci ha condotti fin qui. Direi che per questa volta puoi perdonarmi, o no?”
Sasuke sprofondò nella poltrona, con la fronte corrucciata e la faccia funerea. Non era stato per niente facile dire certe cose a Gaara, sentirle ad alta voce e rendersi conto che erano vere; non era certo felice che le avesse udite anche il fratello. Si stava confidando con lui, ma faticava a tenere a bada il proprio orgoglio che premeva per uscire e prendere il controllo per soffocare il senso d’inferiorità sempre pronto a divorarlo.
“Diciamo di sì” concesse, con un’aria lontana dall’apparire magnanima.
“Non accadrà di nuovo, ne puoi stare certo – gli assicurò Itachi che poi bevve un sorso di whisky – quindi come stanno adesso le cose tra voi?”
“Se hai origliato hai sentito anche la mia proposta di vederci, e la mia risposta successiva. Visto che sei così bravo arrivaci da solo – sputò acido, per poi sospirare – scusa.”
“No, penso di essermelo meritato” ammise Itachi, chiedendosi come avrebbe reagito se avesse saputo del bacio tra lui e Gaara, ma soprattutto dell’interesse che cercava di negare nei confronti del segretario. “Quindi ha rifiutato?”
Sasuke prese a sua volta il bicchiere e in un sorso lo finì, sentendo che bruciava maledettamente in gola, ma ne aveva bisogno e si alzò per prendersene un altro.
“Non proprio – disse dando le spalle all’altro mentre trafficava davanti all’angolo bar – ha detto che forse è presto e che ho altre cose da risolvere per conto mio. Immagino avrai sentito anche che vado da uno psicologo.”
Itachi fissò la sua schiena leggermente curvata in avanti; quando era diventato tanto alto? Se chiudeva gli occhi gli sembrava di vedere ancora il moccioso che lo seguiva come un’ombra, invece di quel giovane adulto che cercava il proprio posto nel mondo.
“Sì, ho sentito – confermò – credo tu abbia preso una buona decisione, così avrai l’opportunità di chiarire tutti i tuoi dubbi e conoscerti meglio, anche se è la cosa più difficile che esista. Molto spesso quello che troviamo non ci piace e allora ci si trova davanti a un bivio: scegliere se accettarsi o se continuare a mentire a se stessi, rinnegando ciò che si è. Ma io so che sei coraggioso, farai la scelta giusta.”
Pensò anche che la risposta di Gaara era proprio tipica del ragazzo: pacata e assennata, eppure immaginava che per lui non fosse stato facile dirla.
Non dedicò ulteriore energia mentale al segretario, perché in quel momento era dedicato unicamente al fratello che continuava a dargli le spalle; la loro discussione non era ancora finita e forse la parte più difficile stava arrivando ora.
Sasuke infatti ricominciò a parlare, ma lo fece lentamente, come se stesse scegliendo con cura le parole o, forse, per mascherare il tremolio nella voce.
“Non sono coraggioso, affatto. Sono un codardo e anche bugiardo, perché sono anni che ho dubbi, anni che provo interesse per gli uomini, credevo addirittura di essermi innamorato di Naruto, ma ho continuato a negare tutto. Facevo finta che questa parte di me non esistesse, solo una volta ho ceduto e ho avuto una brevissima relazione, ma mi sentivo così in colpa, avevo paura di dove avrebbe potuto condurmi quella strada e me ne sono tirato fuori, finché… finché Naruto non mi ha presentato Hinata e lì è andato tutto in pezzi; ho conosciuto Gaara e forse l’ho portato sul fondo con me. Ho paura, Itachi, del me stesso codardo e bugiardo che ha sempre tenuto il controllo, perché non so dove mi porterà e non so se riuscirò a impedirglielo. Però non so nemmeno se ce la faccio a continuare a mentire, non so se sarò in grado di trovare una fidanzata che piaccia ai nostri genitori, sposarla, andarci a letto e fare un figlio o due. All’idea mi viene voglia di inghiottire un pacco di lamette e basta. Come faccio a vivere così, nella menzogna? E come posso non farlo, vivere appieno la mia natura, amare un altro uomo come se niente fosse? Non sarò mai perfetto come te.”
Itachi non lo aveva interrotto, aveva lasciato che le parole taglienti di Sasuke incidessero più a fondo la ferita in modo da far sgorgare tutto il pus, il marcio che lo stava avvelenando, così che una volta pulita quella ferita potesse richiudersi, lo avrebbe aiutato anche a mettere i punti se necessario. Tuttavia, sentendo quelle ultime parole, non riuscì più a stare fermo e lasciare che l’altro si torturasse.
Scattò in piedi e lo raggiunse in pochi, rapidi passi. Per completare la lunga lista delle prime volte di quel giorno, lo abbracciò: rimase alle sue spalle e gli passò le braccia attorno al busto, stringendolo contro il proprio. I suoi capelli corti gli solleticarono il collo e Itachi avvertì l’odore di shampoo, dell’acqua di colonia leggera che lui stesso gli aveva regalato e aumentò la stretta.
Sasuke non lo allontanò, lo lasciò fare, e Itachi avvertì il suo respiro difficoltoso, la cassa toracica che non si contraeva bene, così gli portò una mano sul viso, lasciandola lì ad asciugare le lacrime silenziose che non poteva vedere.
“Non dirlo mai più. Mai più, Sasuke – gli intimò a bassa voce – io non sono coraggioso, rimango sempre nascosto e non mi espongo. Altrimenti ti avrei già parlato tempo fa, quando ho iniziato ad avere i miei sospetti oppure, quando tu mi hai confessato di essere gay, avrei potuto confessarti allo stesso modo di essere bisessuale.” Avvertì chiaramente i suoi lineamenti distorti che, sotto al palmo della sua mano, si distendevano in un’espressione sorpresa, ma non gli diede modo di interromperlo. “Sì, sono bisessuale e nella nostra famiglia non è certo l’unico segreto che c’è. La cugina di mamma, Makoto, te la ricordi? Ha una relazione col cognato da anni. Mentre lo zio Ryuta ha fatto abortire la sua amante molto più giovane di lui e questo non è quasi niente. Se solo volessi potrei andare avanti a lungo a parlare di questi segreti, di perversioni grottesche e azioni tutt’altro che nobili che la nostra famiglia nasconde. Alcune cose si sanno, ma si fa finta di niente per una stupida idea di decoro, e queste stesse persone si permettono di riempirsi la bocca di giudizi per stabilire cosa possa essere morale o no. Stupidi ipocriti arroganti, che vogliono solo apparire irreprensibili, quando in realtà sono marci. Ti ho detto questo perché voglio che tu capisca  di non avere niente che non va, mettitelo bene in testa, sei solo un normale ragazzo che ha capito che gli interessano altri ragazzi. Tu non devi vivere come vogliono gli altri, come vuole papà o come pensi che vorrei io, ma solo come vuoi tu… cazzo, avrei dovuto dirti queste cose molto tempo fa invece di tenerti a distanza, ma mi dicevo che lo facevo per il tuo bene… che stupido, come puoi ammirare uno stupido cieco come me? – una smorfia ironica gli percorse il viso, era difficile ammettere i propri errori e accettarne le conseguenze – Se vorrai mai fare coming out io ti sosterrò, oppure puoi vivere la tua sessualità senza rivelarla al mondo, qualsiasi decisione prenderai sarà quella giusta, perché sarà quella che ti farà stare bene e io sarò al tuo fianco, così come Shisui ha fatto per me. Senza quell’idiota forse non sarei mai arrivato fino qui, insieme siamo cresciuti e abbiamo capito molte cose di noi stessi” concluse quel lungo sfogo con un respiro profondo, salutando senza troppo rammarico uno dei suoi segreti, in fondo non era stato così traumatico, specialmente se poteva aiutare Sasuke.
Questi intanto rimase in silenzio, preso ad assorbire quella mole di notizie piuttosto indigesta. Sentiva il calore di Itachi, il suo profumo unito a quello lieve delle sigarette che fumava di nascosto dal padre, ma lui sapeva del suo vizio da parecchio, anche quello era un altro dei suoi segreti svelati. Chiuse gli occhi, godendosi quell’abbraccio, perché non lo avevano mai fatto prima? Era così bello, erano davvero due idioti!
Quando sollevò nuovamente le palpebre focalizzò davanti a sé le bottiglie costose dell’angolo bar e le mani candide del fratello sul suo maglione scuro, ne strinse una.
“Potevi scegliere un mentore diverso, ti ha attaccato la sua idiozia.”
Itachi sorrise e poggiò la bocca contro la sua nuca, lasciandosi sommergere dai suoi capelli setosi e neri quanto i propri.
“Forse hai ragione, ma ormai è andata così.”
“È tutto vero?” gli domandò Sasuke più serio e Itachi non fece nessuna battuta, nemmeno per sdrammatizzare.
“Sì, tutto. Sì, sarò sempre al tuo fianco, sì sono bisessuale e sì, la nostra famiglia è tutto meno che perfetta.”
“Cazzo! Se si sapesse…”
“Se si sapesse la Terra continuerebbe lo stesso a ruotare e nessun fulmine divino si abbatterebbe su di noi – disse Itachi, pragmatico – e a questo proposito ti consiglio di non perderti la cena di capodanno. Nostro cugino Ryuji ha intenzione di fare coming out davanti a tutta la famiglia.”
Sasuke si sciolse dall’abbraccio e si ruotò di scatto per guardarlo in faccia, dimentico degli occhi umidi e arrossati o qualsiasi altro segno che potesse testimoniare il suo cedimento.
“Sul serio? No, non ci credo!” esclamò pensando a quel ragazzo tanto riservato e dall’aria perennemente malinconica.
“Fallo, vedrai che dovremo chiamare almeno un’ambulanza” rise Itachi, asciugandogli l’ultimo alone di lacrime sul viso.
Lo guardò e gli sorrise, felice di poterlo aiutare concretamente e di non essere solo una figura distante per quel fratello amato in un modo che non era possibile esprimere a parole.
Pensò a Gaara e fu felice di avergli dato almeno un bacio, perché d’ora in poi il segretario sarebbe stato solo un suo collega, magari amico, ma niente di più.
Sorrise di nuovo a Sasuke, soffocando la propria tristezza, perché era giusto così.

Qualsiasi cosa per te, fratellino.

 

 

 

L’angolino oscuro: Eccomi qui, sono tornata in pista più o meno. Riprendiamo esattamente dove ci eravamo fermati al capitolo scorso, dalla telefonata di Gaara e Sasuke. Ho scelto di dedicare un capitolo intero a questo momento tra fratelli perché ho pensato che fosse molto importante per far capire esattamente come fossero le dinamiche tra di loro, ma anche per dargli un’opportunità di confrontarsi per bene, senza più maschere, mettendosi a nudo e rivelandosi.
Itachi ha compreso bene quanto sia profondo l’interesse del fratello per Gaara e decide di tirarsi indietro per non intralciarlo, ma Gaara cosa ne penserà? Sarà d’accordo? O magari Itachi cambierà di nuovo idea? Eheheh non vi dico nulla XD
Spero che questo capitolo ad alto livello Uchiha vi sia piaciuto e ci sentiamo alla prossima!

   
 
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