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Autore: Urban BlackWolf    24/11/2017    5 recensioni
Inesorabilmente trascorse settimane da quella giornata di fine giugno, di Haruka e Michiru non si hanno più notizie. Le hanno cercate ovunque, interminabili ore passate tra le sponde di quel corso d'acqua quasi irriconoscibile, ma di loro non c’è più alcuna traccia.
Ma quando la speranza sembra ormai stata vinta dalla rassegnazione, un giovane dalla zazzera dorata e gli occhi verdi come i prati delle montagne ai quali appartiene, comparirà al servizio di una delle famiglie più in vista di Berna deciso a scoprire cosa realmente sia accaduto dopo quella maledetta sera.
-Sequel de: le trincee dei nostri cuori-
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Makoto/Morea, Michiru/Milena, Minako/Marta, Setsuna/Sidia | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Fino alla fine del mondo

La mia promessa a te

 

Sequel del racconto

le trincee dei nostri cuori

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Setsuna Meiou, Makoto Kino, Rei Hino e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Notte di scoperte

 

 

 

Voltandosi indietro per l’ennesima volta, Haruka non vide altro che una sagoma indefinita che andava scomparendo verso l’orizzonte e mettendosi le mani nelle tasche tornò a camminare lentamente sentendosi la testa tra le nuvole e l’animo confuso. Una volta scese dal furgoncino aveva accompagnato Michiru fino al bivio per la strada dell’ospedale facendo così la conoscenza di quel bimbetto biondo alquanto impertinente che spesso la ragazza si portava dietro. Squadrandola da capo a piedi, Sigi era entrando immediatamente in competizione, iniziando ad interrogarla, poi serrando il polso di Michiru, se l’era trascinata via come un fidanzato geloso. Senza quasi lasciarle il tempo di salutarla. Si erano accarezzate con lo sguardo e sorridendole Kaiou le aveva ricordato con un labiale muto l’appuntamento per l’indomani mattina. Avrebbero passeggiato insieme per il parco in un ora più calda, godendo nuovamente della reciproca compagnia.

Haruka non se l’era affatto presa per il comportamento del piccolo Sigmund, perché quel ragazzino le ricordava dannatamente lei alla sua età. Gelosa, possessiva, sia nei riguardi della madre, ma soprattutto nei confronti della sorella e di ogni giovanotto che dopo l’adolescenza, aveva iniziato a ronzarle intorno. Occhi curiosi e sfacciati, dal carattere protettivo, corporatura longilinea dalle lunghe leve fatte per correre, mento spesso alzato contro il mondo. Sigi era la sua copia sputata.

Guardando l’ultimo spicchio di un sole infuocato che stava calando dietro le montagne in un cielo liberatosi quasi interamente delle nuvole, Haruka si fermò portandosi al viso la giacca dimenticata nell’incavo del braccio ed inalando affondo, si inebriò dell’odore che Kaiou aveva lasciato sulla fodera interna. Non avrebbe avuto il coraggio d’infilarsela neanche se fosse ricominciato a piovere, anzi, l’indomani avrebbe messo un maglione per cercare di mantenere il più possibile intatta quella fragranza ritrovata.

Andando a poggiare la schiena contro una delle traverse della palizzata che correva fino alla foresteria disegnando il bordo stradale, perse gli occhi al tramonto solcato da alcuni uccelli e lì rimase per svariati minuti, impossibilitata nel proseguire dalle ormai scarse energie che l’adrenalina le aveva succhiato via da ogni fibra muscolare. Chiudendo gli occhi continuò ad avere nelle orecchie solo il suono della sua voce e della sua risata. Aveva cercato di fare del suo meglio per non tradirsi, per non spaventarla, per non guardarla come invece sapeva di aver fatto, ma era stata dura soggiogare l’impulso di afferrarla in un abbraccio bramato da mesi e sognato per notti. C’era riuscita, ma ad un prezzo altissimo, spropositato, ed ora era e si sentiva esausta.

Continuò ad immergersi nel calore di quei colori mentre apaticamente la destra accarezzava la stoffa della giacca, fino a quando Giovanna non le comparve davanti con il viso di pietra.

“Ma di... sei impazzita?! Che ci fai qui al freddo in gilet e maniche di camicia?”

“Questa sera il tramonto è bellissimo. Non trovi?” Le rispose indifferente alla sfuriata.

Leggermente spiazzata da tanta dolcezza, Giovanna la staccò a forza dalla traversa gettandole sulle spalle il cappotto che le aveva portato. “Il proprietario del furgoncino ha detto di avervi accompagnate fino al bivio per l’ospedale e visto che si stava facendo tardi e non tornavi ho pensato di venirti a portare qualcosa di più caldo. Devi dirmi qualcosa, Ruka?” Chiese arrampicandosi per andare a sedersi sulla staccionata mentre l’altra tornava a poggiare la schiena alla traversa..

L’uomo le aveva rivelato come il fratello si fosse fatto trovare all'appuntamento in compagnia di una bella ragazza dai capelli scuri, mossi, con due occhi splendidi e Giò aveva immediatamente capito.

“Dimmi che sto pensando male e che non hai fatto nulla di stupido.”

Sospirando Haruka finalmente la guardò scuotendo la testa. “Purtroppo hai ragione… Credo di aver fatto un gran casino.”

“Ruka…”

“Questa volta non è colpa mia. Mi sono o non mi sono allontanata dall’ospedale proprio per evitare di cadere in tentazione?” Chiese abbassando poi il tono della voce come per sussurrarle il più incredibile dei segreti.

“Credo mi abbia seguita, Giovanna. Non ne ho la certezza, perché nonostante l’amnesia cogliere in fallo Michiru era e rimane difficilissimo, ma continua a non saper mentire. Me la sono ritrovata dall’altra parte di una delle strade del centro. In più quel ragazzino, Sigmund, l’ha rimproverata di averlo lasciato solo per inseguire il furgone che abbiamo usato per tornare dalla città.”

“Allora ti ha riconosciuta? Ha iniziato a ricordarsi di te?”

“Si sta ricordando di avermi amata, ma come ha detto la Dottoressa Meiou, si è fatta un’idea distorta sul mio sesso. - Portandosi una mano al viso scosse la testa proseguendo. - Certo, conciata in questo modo non ho fatto che avvallare la certezza che io sia in tutto e per tutto un giovane uomo.”

“Allora sarà meglio che tu le dica la verità e subito, prima che il venire a sapere che sei una donna la sciocchi ancora di più.”

Sentendosi la mano di Giovanna sulla spalla Haruka la guardò sorridendo mestamente. Aveva tutte le ragioni del mondo, ma non sarebbe stata una cosa facile.

Però, che meravigliosa giornata era stata.

 

 

Qualche minuto prima delle undici della mattina successiva, Haruka si diresse verso il punto del parco indicatole per l’incontro, attendendo seduta su di una panchina l’arrivo della sua dea. Non sapeva cosa le avrebbe detto, se sarebbe stata in grado di rivelarle la sua vera identità o avrebbe continuato ad annaspare disperatamente in un sesso non suo, ma sta di fatto che il suo cuore già abbastanza provato dal giorno precedente, aveva iniziato a battere con un ritmo tutto suo già dall’alba e la sudorazione delle mani, di solito abbastanza controllata, non era mai stata tanto imbarazzante. In più si sentiva stranamente a disagio in quel posto quando non era vuoto. Pazienti, visitatori, infermiere e camici bianchi che ogni tanto spuntavano dal nulla percorrendo come monaci guerrieri i viottoli alberati per poi scomparire improvvisamente chissà dove. Lei era il classico corpo estraneo e se non fosse stato per l’immensa voglia che aveva di vedere Michiru, sarebbe schizzata via a gambe levate.

“Haruka!” Sentì improvvisamente alle sue spalle e voltando la schiena vide Minako ferma accanto al tronco di un albero che le stava dando ombra.

“Cosa ci fai qui?” Chiese andando a sederle accanto. Non avrebbe certo dovuto gironzolare per la struttura dopo tutte le raccomandazioni della Dottoressa Meiou.

Conta totalmente ed ingiustificatamente in fragranza di reato, la bionda non poté che alzare le spalle confessando. “Sto aspettando Michiru e ti prego non dirmi niente, non giudicarmi, perché so già di stare sbagliando.”

Contro ogni aspettativa Aino rispose con un'alzata di spalle, affermando sicura che se la grande guida alpina Haruka Tenou aveva deciso così, allora per lei andava bene. Un paio di secondi d’indubbio stupore e la bionda scoppiò a ridere stringendosela con un braccio.

“O Mina! Possibile che tu sia sempre dalla mia parte?!”

“Ringrazia che qui ci sia io e non Rei, altrimenti…”

Abbandonando la stretta Haruka tornò a guardare in terra. “Ieri sono andata in città e mi sono ritrovata Kaiou davanti. E’ stato inevitabile… Non ho potuto, non sono riuscita a sottrarmi a lei… Mi capisci?”

Neanche troppo stupita dalla notizia, l’amica stirò le labbra. “Certo che ti capisco e comunque non devi darmi spiegazioni di alcun tipo. Cerca solo di non farle del male. Intesi? Mi fido di te Haru, lo sai.”

La più grande la guardò alzarsi sistemandosi le pieghe della gonna con un paio di colpi secchi ai fianchi. “ Preferirei morire piuttosto.”

“Lo so, non dico questo. E’ raro vedere un amore forte come il vostro ed è per questo che ho paura che tu non riesca a controllarti. Michi è fragile in questo momento.”

“Ne sono pienamente cosciente Mina. Stai tranquilla.”

“Bene, allora è meglio che vada a cercare Wolfgang prima che sfasci un’altra protesi con la sua ritrovata irruenza. Da quando abbiamo messo su quella specie di squadra di agenti segreti sembra tornato un ragazzino.”

“Si, ho saputo che state cercando un ladruncolo. Dovrò conoscere tuo fratello prima o poi.”

“O non mancherà occasione. Se continua così non riusciremo mai più a tornare a Vienna. A presto Haruka.” E si allontanò proprio mentre Michiru stava sopraggiungendo dalla parte opposta del vialetto.

Alzandosi lentamente, la bionda iniziò ad avvertire pulsazioni crescenti. Quella mattina sembrava più bella del solito nel suo vestito blu che tanto le faceva risaltare gli occhi e l'incarnato. I capelli pettinati ed ordinati con cura tra il nastro di raso rosso che si era concessa per quell’incontro tutto speciale. Ad Haruka era sempre piaciuta quell’acconciatura semplice e composta, anche se vedere il giorno precedente i capelli di Kaiou umidi di pioggia, le aveva dato un fremito totalmente differente da quello che stava provando ora. Forse frutto del ricordo che Haruka aveva della loro prima ed unica notte trascorsa insieme.

“Buongiorno signor Jo. E’ tanto che mi state aspettando?” Chiese spostando lo sguardo dal viso di lui alle spalle di Mina ormai quasi sparita.

“Assolutamente no, signorina Michiru.” Rispose sentendo lo stomaco torcersi a quel nome maschile. Dio come non sopportava la situazione che si era istaurata tra loro.

“Mi fa piacere. Non era mia intenzione disturbarvi.” Disse e la bionda comprese al volo.

In quella momentanea veste da smemorata, Michiru sembrava molto meno portata alla dissimulazione. Cristalline, le sue reazioni erano semplicemente e meravigliosamente cristalline e quel nuovo lampo di gelosia non poté che darle il coraggio necessario per continuare a corteggiarla.

“Minako Aino. Vi ricordate? Ve ne ho parlato ieri. E’ lei l’amica che sono venuto a trovare.”

“La sorella di Wolfgang?! Ma che coincidenza. Il fratello è una piacevole conoscenza tra queste quattro mura grigie e noiose.” E questa volta toccò ad Haruka l’esser gelosa mentre l’altra continuava.

“Vi va se passeggiamo un po’? La giornata è così bella. O la gamba vi duole ancora?" Chiese non accorgendosi del leggero urto nervoso che con quel semplice scambio di battute aveva innescato nell’animo della bionda.

"Mi piace camminare. Prego..." Un gesto gentile con la mano e così s'incamminarono per il viale alberato.

“Jo, posso essere indiscreta nel chiedervi in quale occasione avete conosciuto Mina?”

Haruka deglutì.

L’incidente nel quale siete state coinvolte ha scatenato un problema psicologico talmente tanto profondo da cancellarle totalmente il passato, i ricordi, le persone amate. Dovrete perciò cercare di fare come vi dico e rimanere lontana da Kaiou fino a quando non sarò io a dirvi il contrario. Ne voi, ne vostra sorella dovrete interferire.

Dannazione..., sto facendo un casino! Che cosa mi è saltato in testa! Pensò ricordando la Meiou e le sue accorate raccomandazioni.

“Jo?!”

“S…Si?" Fermandosi si guardarono intensamente

Fuggire! Forse Haruka avrebbe dovuto farlo. Certo, passare per un ragazzo pazzo e sparire dalla sua vita molto più velocemente di come c’era entrata.

“Tutto bene?”

Ma Haruka, così non sarebbe anche peggio? Ormai ci sei dentro e non puoi permetterti di giocare con i suoi sentimenti. E’ palese che provi attrazione per te. Soffrirebbe lo stesso se te ne andassi ora.

“In un viaggio.” Sputò tutto d’un fiato sperando di non scatenarle alcun dolore fisico.

“Un viaggio…” Ripeté l’altra come colta da un lampo ed ebbe la certezza di avervi preso parte anche lei e forse proprio in quell’occasione aveva avuto modo d’innamorarsi di lui. Si, perché di amore si trattava, n'era più che certa.

“Signorina Michiru, io…”

“Ascoltate, forse vi sembrerò sfacciata ed estremamente audace e vi assicuro che credo proprio non sia il mio consueto modo di parlare con persone che conosco appena, ma proprio in virtù della mia momentanea amnesia, vi chiedo di perdonarmi ed essere franco. - Tirando fuori dalla tasca della gonna il fazzoletto dove abitualmente celava al mondo il suo tesoro continuò estraendolo ed alzandolo agli occhi del biondo. - E’ vostra… E’ vostra questa ciocca di capelli, non è vero?”

Una condannata davanti alle canne brunite di un plotone d’esecuzione, ecco come si sentì Haruka nel preciso istante nel quale ebbe la consapevolezza di essersi impantanata senza via di scampo. Non si sarebbe mai aspettata di rivedere quel ciuffo che mesi addietro lei stessa aveva pensato di donarle legandolo con una parte del nastro che stava stringendo ora un’altra ciocca, la sua. Dilatando gli occhi per poi ridurli a due fessure, pregò che la sorpresa non la tradisse.

“Per favore, ditemelo.” E a quello sguardo al limite della supplica provò a temporeggiare.

“Io li ho… sognati…” E fissandoli alternativamente continuò a tenere il braccio alzato sopra la sua spalla fino a quando la bionda non glielo abbassò delicatamente cercando di farla desistere.

“Michiru ascoltatemi, è proprio tanto importante per voi avere una risposta?!”

“E’ vitale! Sento di essere ad un passo dal tornare ad afferrare i miei ricordi. Per favore, aiutatemi.”

Aiutarti! Darei tutto per poterlo fare senza arrecarti dolore, amore mio, si disse ritrovandosi con entrambe le mani strette alle sue braccia.

“Siete ancora in convalescenza. Io non… Non…” E non si accorse di quanto il suo viso stesse venendo sedotto da quello dell’altra fino a quando non sentì chiaro il respiro di Michiru solleticarle la punta del naso.

Kaiou avvertì le dita del ragazzo stringerla ancora di più e chiudendo gli occhi cedette a quell’attrazione come la marea alla luna. Fu un bacio gentile, al limite del rispetto religioso, non molto profondo, ma intensissimo, tanto che Haruka per prima sembrò provare una lieve vertigine quando riaprì le palpebre. Le labbra di Michiru erano sempre le stesse; buone come mosto e calde come il sole sulla pelle.

“Scusatemi. Non avrei dovuto.” Articolò sostenendosi quasi a lei per non essere vinta dal giramento di testa.

Michiru abbassò il mento colta da vergogna. “Non preoccupatevi.” Disse mentre in lei montava la certezza di averla già assaggiata quella bocca e averle già avute strette a se quelle mani.

“Lo sapevo. Non potevo sbagliarmi. Non avete negato e questo bacio ne è la prova, Jo.”

Al sentire quel nome Haruka sbatté le palpebre dolente. La Dottoressa Meiou aveva dunque ragione; non ricordava lei, ma l’atto in se. L’amore per una persona, non la persona stessa e neanche quel contatto era riuscito a scuoterla da tale inganno.

“Devo andare Michiru.” Staccando velocemente le dita dalla sua camicetta provò fortissimo l’impulso di urlare.

“Come? Aspettate…” Interdetta si lasciò convincere da un sorriso accattivante e da parole gentili che la rassicurarono sul loro prossimo incontro.

“Domani alla stessa ora. Arrivederci.” E la bionda scappò via senza guardarsi indietro.

“Ma… Va bene. Vi aspetterò.” Sospirando serrò nel palmo quel ciuffetto rivelatore portandosi la destra all’altezza del cuore.

Haruka corse all’impazzata scattando per circa settanta metri fermandosi solamente una volta trovatasi al “sicuro” accanto alla fontana che si ergeva al centro della piazzola davanti all’entrata degli studi medici. Era senza fiato e le gambe, non ancora del tutto abituate ad un movimento tanto frenetico, la costrinsero a massaggiarsele.

Che diavolo ho fatto! Cosa m’è saltato in testa! Haruka sei un’imbecille! Si rimproverò mentre tornava a riequilibrare busto e fiato.

Poi la vide. Era accanto allo stipite della porta vetrata dell’ingresso dritta come una Gorgone con gli occhi iniettati di sangue. Deglutendo la ragazza capì che il suo gesto amoroso non era passato inosservato e sospirando si diresse lentamente verso la scala in pietra che l’avrebbe condotta all’ennesimo supplizio di quella lunga mattina.

 

 

“Proprio non capisco cosa diavolo avete nel cervello! Haruka credevo d’essere stata sufficientemente chiara, di aver parlato con un’adulta, con una donna responsabile… ed invece…” Sbattendo il pugno sulla scrivania del suo studio, Setsuna si coprì il viso con l’altra mano scuotendo la testa.

“Sono settimane che lavoro su di lei e non credo vi rendiate conto della bomba che potreste avere innescato nella mente di Michiru.”

A quelle parole la bionda, rimasta immobile al centro della stanza, allargò le braccia. “Non ha avuto dolore se è questo che…”

“Fate silenzio! Da quanto tempo va avanti questa storia!?” Un altro colpo alla tavola ed alzandosi di scatto il medico decretò la fine di ogni livello di comprensione.

Haruka si sentì mortificata e per questo non se la prese per quello scatto collerico molto più simile a quello di un genitore ingannato che ad un medico deluso. “Ci siamo incontrate ieri nel centro di Muhleberg. Da parte mia è stata una cosa del tutto fortuita…, ve lo assicuro. Ero andata all’ufficio postale per spedire una lettera e me la sono trovata davanti. Mi ha vista andare in città… e mi ha seguita.”

“Vi ha seguita?”

Haruka scosse la testa. “E come avete detto voi si sta ricordando di me… come uomo.”

“Come uomo. E voi avete pensato bene di baciarla.” Vinta poggiò entrambi i palmi al piano della scrivania e curvando la schiena in avanti lasciò dondolare impercettibilmente la testa.

Non aveva fratelli, ma alla scoperta di un grosso, intollerabile guaio, una sorella maggiore doveva sentirsi pressappoco così. Tradita. Respirando affondo cercò di calmarsi chiedendole perché avesse contravvenuto alle sue direttive.

“E’ stato più forte di me dottoressa. Lo so che non avrei dovuto farlo, ma il vederla, il parlarle, il baciarla… L’ho cercata per così tanto, credendola morta per troppo. Cercate di capirmi. - Gli occhi della bionda si dilatarono diventando lucidi. - Spero solo di non averle arrecato danno.”

“Dovevate pensarci prima di darle la certezza che tutto quello che ha sognato su di voi è stato vissuto ed è a tutt’oggi realtà. Adesso Haruka, siamo veramente nei guai.”

“Perché siamo due donne?” Chiese con un filo di voce sapendo già la risposta.

Guardandola Setsuna sentì la rabbia scemare. In quel momento quella ragazza sembrava più una bambina spaventata che una donna. “Non ci sarebbe nulla di male, ma volevo dare a Michiru il tempo necessario per accettare la cosa. Con il vostro comportamento l’avete esposta pericolosamente alla negazione. Avete accelerato troppo i tempi distorcendo la realtà. Ora non so proprio come prenderà la cosa.”

“Dovro' dirglielo subito?”

“Volete continuare a prenderla in giro? E’ questo che volete fare, signorina Tenou?”

“No.” Un lamento.

“Avete affondato troppo in profondità la lama, ora sta a voi estrarla, con tutto quello che ne conseguirà.”

 

 

Dopo aver girovagato per il parco in assenza di una vera e propria meta, Michiru si sedette al sole di una panchina avvertendo un senso di pesantezza alla testa. Si sentiva come una ragazzina dopo il primo bacio agognato dal più splendido dei compagni di classe; stupida e felice al tempo stesso. Toccandosi le labbra con l’indice sospirò chiudendo gli occhi.

“Che sciocca sono.” Confessò non riuscendo a smettere di provare quell’agitazione interiore al limite della frenesia.

Una volta mostratogli il ciuffo non aveva negato quel giovanotto biondo, iniziando a dipanarsi tra sicurezza e titubanza, tra sfrontatezza e pudore, come se fosse stato indeciso sul da farsi, in lotta con se stesso ed in costante equilibrio sul filo della lama di un rasoio. Muchiru aveva sentito come quelle dita erano andate a stringerle le braccia, aveva visto la scintilla dell’ardore imprigionata nel suo sguardo, si era beata di come il timbro di quella voce profonda le avesse accarezzato le orecchie dandole la certezza del ritrovamento. Non gli era indifferente e non soltanto perché l’aveva baciata. In quegli smeraldi c’era qualcosa di più.

“Amore. Io ho visto amore. Ma allora perché una volta avutane l’occasione non mi ha confessato tutto? Cosa può essere successo tra noi?” Massaggiandosi la tempia iniziò a sentirsi stanca. L’effetto del sonno indotto dall’ipnosi al quale l’aveva sottoposta la dottoressa Setsuna quella mattina presto, sembrava essersi esaurito.

“Certo è bello da mozzare il fiato. Forse solo un po’ troppo magrolino…” Ridacchiando venne distratta da un chiamare lontano e sporgendosi alla sua destra vide Sigi correre tutto scomposto verso di lei.

Sudatissimo le franò addosso arpionandole agitato le ginocchia. “E’ lui! E’ lui!” Urlò facendola ritrarre. L’ennesima rivelazione della giornata?

“Chi tesoro?”

“Come chi!? Il ladro! E’ l’inserviente, Michiru! Questa mattina ha ripreso servizio ed anche se si è fatto crescere un poco di barba, gli abbiamo visto il segno che gli ho lasciato sul mento.”

“Ma chi, quello che serve alla mensa?” Chiese ed il ragazzino sembrò offendersi.

“Ma di… che mi stai prendendo in giro? Stavamo seguendo solo lui! Ti senti bene?!”

“Eeee… si, perché?”

“Perché sembri più svampita del solito.”

“Ragazzino porta rispetto e cerca di spiegarmi.”

Sigmund la prese allora per un polso strattonandola e costringendola ad alzarsi. “Non c’è tempo per le spiegazioni. Dai, andiamo! Wolfgang e Mina ci sta aspettando.”

Corricchiando arrivarono nei pressi della mensa dove con gran sorpresa di Michiru, Minako stava parlando amabilmente con l’inserviente fermo accanto al camion delle consegne con il pianale metallico totalmente avvolto da una cerata verde militare. Appena li vide arrivare, Wolfgang fece loro cenno di far silenzio portandosi l’indice alla punta del naso. Un altro paio di risatine e la biondina salutò l’uomo che senza fretta aprì lo sportello del guidatore e lanciandole un ultimo saluto mise in moto partendo. Guardinga lei fece finta di allontanarsi lentamente per poi andare verso gli altri fermi in prossimità di un muro.

“Potevi anche evitare di sorridere come una cretinetta, Mina. La prossima volta evita di fare tutte quelle smancerie per piacere.”

“Per pietà Wolfgang, evita queste scene da fratello maggiore. Il nostro obbiettivo era un altro, ovvero quello di capire se il pianale del furgone fosse carico di merce.”

“E allora?” Dissero in coro lui ed il bambino.

Trattenendo il fiato per qualche secondo Minako sorrise furbescamente. “Non l’ho capito.”

“O ma andiamo! Non servite proprio a niente voi femmine!” Sbottò Sigmund spalancando le braccia colpito subito dopo da un fulmineo buffetto di Michiru.

“Piantala Sigi, stai esagerando.” Disse severa fissandolo storto.

“Però una cosa sono riuscita ad estorcergli. E’ diretto in città e tornerà solo in tarda serata. Io credo che stia andando a prendere accordi con i suoi agganci, per poi tornare alla foresteria per vendere la merce.”

“Potrebbe essere plausibile, in fin dei conti li è tutta aperta campagna ed è un ottimo posto per non dare nell’occhio.”

“Bravo fratellone! E’ quello che ho pensato anch'io e perciò sapete cosa faremo tutti insieme dopo cena?”

“Una battuta di caccia.” Rispose l’uomo sorridendo soddisfatto.

 

 

“Giovanna spegni la lampada. Ho voglia di dormire.” Disse una bionda esausta voltandosi verso il letto della sorella.

Contrariata la sorella chiuse il libro che stava leggendo sbattendolo poi sul comodino. Da quando era tornata dall’ospedale, Haruka era intrattabile. Scontrosa fino all’isteria, l’aveva trattata da peste grugnendo come un cinghiale ferito ad ogni accenno di dialogo, ed anche se non le aveva detto nulla, Giovanna ci aveva messo poco per figurarsi una disfatta. L’unica cosa che era riuscita a sapere era che Haruka aveva visto sia Michiru che la Dottoressa Meiou e se per la prima i rumori uscitegli dalla bocca erano stati quasi musicali, per la seconda… tutto il contrario.

“Come vuoi!” Prendendo il coraggio a due mani si alzò abbandonando il tepore della trapunta per andare a chiudere la tenda della finestra.

“Domani hai in mente di ricalcare lo stesso programmino di oggi?” Chiese afferrando la stoffa venendo catturata da un movimento già da basso, dove due sagome scure, due uomini, si stavano aggirando accanto ad un camioncino militare.

Che strano, pensò avendo l’impressione di aver già visto quel vecchio Fiat. Continuando ad osservare i due parlottare animatamente capì dai gesti che dovessero essere in disaccordo sul contenuto riposto sul pianale. Mentre il primo alzava la cerata mostrando scatole e sacchi, l’altro agitava nervosamente le mani mimando numeri con le dita.

“Ruka, vieni un po’ qui.”

“Mmm… Neanche per tutto l’oro del mondo!”

“E figuriamoci!” Borbottò continuando a tenere sott’occhio tutto lo spiazzo dietro alla foresteria. La luce era scarsa, ma qualcosa si vedeva e la curiosità si sa, è donna, così Giovanna noncurante del freddo rimase impalata a fissarli fino a quando la luce della lampada non si spense di colpo costringendola a voltarsi di scatto verso il comodino tra i due letti. Inginocchiata sul materasso la sorella terminò la questione spegnendo la fiamma con un soffio rabbioso.

“Haruka!”

“Finiscila e vieni a dormire!”

“O che sei!”

Nascosta tra un canneto di un leggero declivio che andava aprendosi verso un campo coltivato, Michiru guardò la struttura immersa nella penombra della notte, chiedendosi quale fosse la stanza occupata dal suo biondo, concentrandosi così sull’unica finestra da dove proveniva una fievole luce. Non era riuscita a toglierselo dalla testa per tutto il giorno, neanche quando la dottoressa, con la scusa di voler ascoltare un pezzo di violino, non le aveva fatto una sorta di terzo grado sul perché e per come avesse instaurato una conoscenza con un visitatore esterno alla struttura. E lei aveva involontariamente confermato tutto quello che a sua insaputa già Haruka le aveva detto.

Ora sperava di trovare in quell’avventura notturna almeno un paio d’ore di sollievo. Di colpo la luce si spense e stringendo le labbra la giovane tornò a guardare i due uomini che stavano parlottando a circa una trentina di metri da loro.

“Dobbiamo cercare di coglierli in fragranza di reato. Sono sicuro che quel tizio sia l’intermediario che vende la merce dell’ospedale al mercato nero.” Wolfgang parlò talmente a bassa voce che in pratica solamente Minako che gli stava incollata addosso riuscì a capirlo.

“Proviamo ad avvicinarci per sentire di cosa stanno parlando.” Consigliò Michiru accovacciandosi per strisciare verso l’anteriore del camion.

“Si, ma stai attenta a non farti vedere.” Disse lui impressionato da tanta audacia.

Sguisciando acquattata tra l’erba umida, la ragazza uscì dal verde protettivo della parete di canne percorrendo qualche metro. Dilatando gli occhi Giovanna si staccò dal freddo della superficie vetrata per andare ad afferrare i suoi abiti riposti sopra una sedia accanto all’armadio.

“Muoviti Ruka. Muoviti!”

“Per tutti i diavoli dell’inferno Giovanna, ma che c’è ancora!” E di tutta risposta l’altra le lanciò sul viso maglione e pantaloni.

“Alzati da quel letto idiota! Giù da basso c’è la tua Michiru con tutta l’allegra brigata e non mi piacciono per niente quei tizzi che stanno spiando.”

“Chi?!” Saltando dal suo letto a quello dell’altra per scaraventarsi alla finestra e mettere a fuoco, Haruka vide Kaiou con i fratelli Aino ed il piccolo Sigmund fermi tra la vegetazione, puntare l’attenzione a due uomini animatamente presi in una conversazione al limite della discussione.

Infilandosi alla bene e meglio una gonna ed un maglione per coprire la camicia da notte, la maggiore la riprese lanciandole una scarpa sulla schiena. “Ruka per Giove!”

Ed imprecando finalmente la bionda si mosse iniziando velocemente a vestirsi.

 

 

“Ti dico che questa è roba di prima qualità e non intendo scendere sotto la cifra pattuita. Puoi dire al tuo padrone che alle sue condizioni non se ne fa niente!” Ringhiò l’inserviente all’altro.

“Parla piano e stammi a sentire. Ricordati che questi bancali sono merce rubata e che, se il TUO di padrone vuole arricchirsi con il mercato nero, deve stare alle nostre regole, intesi?!” Rispose l’intermediario con accento russo dando una grossa manata al carico.

“Non si cambiano così gli accordi!”

“E allora andate a venderli ad altri queste scatole. Ci sono numeri di matricola ovunque e basterebbe un controllino più accurato da parte della polizia di frontiera, per risalire al vostro ospedale.”

Prendendolo per il bavero l’inserviente lo sbatté violentemente alla traversa del pianale. “Che fai, minacci bastardo!”

“No, è un consiglio di un amico.”

“A… e l'amico saresti tu, carogna?!”

“Ma guarda… Due cani rabbiosi che si azzannano. Non capita tutti i giorni.” Sfotté Wolfgang uscendo dalle canne con un grosso bastone nella mano libera dalla gruccia ed un sorriso per niente rassicurante stampato sulla faccia.

“Potere della guerra, fratello.” Seguì Minako.

“E pensare che si stanno arricchendo sulle spalle di gente che soffre.” Concluse Michiru.

Dopo un primo istante di sorpresa i due scoppiarono a ridere coalizzandosi all’istante. “Lo storpio, il bambino e le due femmine! Allora siamo proprio nei guai, amico mio.” Disse l’inserviente poggiando un gomito sulla spalla dell’altro di gran lunga più basso di lui.

“Non potete neanche immaginare quanto, disonesti!” Urlò Sigi serrando i pugni spezzando così l’ilarità dei due.

“E che vorreste fare, sentiamo?!” Estraendo un coltello a serramanico, seguito nello stesso gesto anche dal compare russo, l’inserviente fece un passo in avanti costringendo Michiru a frapporsi all’istante tra lui e il bambino.

“Badate a minacciar poco signori, mi sembra che abbiate già perso uno scontro, o sbaglio?” Disse Wolfgang guardandoli minaccioso.

“Il mio amico qui non so, ma la mia pica non è mai stata sconfitta da nessuno.” Disse il russo baciando la lama del suo coltello.

“Wolf stai attento.”

“Tranquilla Mina. Sono un’ufficiale dell’Esercito Austroungarico e non ho certo timore di un… temperino da ragazzi.”

“Temperino?! Questa è la mia pica soldatino storpio, attento a come parl...” Ma il russo non riuscì a terminare la frase perché colpito sulla guancia da un grosso sasso.

Dall’oscurità alla loro sinistra un altro paio di dardi schizzarono prendendo in pieno l’inserviente. Uno alla testa ed uno alla coscia.

“Non credevo che le sassaiole alle quali partecipavamo da bambine sarebbero servite a qualcosa.” Ridacchiò Giovanna mentre la sorella le consigliava di prendere meglio la mira.

“E’ il minimo dopo tutte le cinghiate prese da nostro padre, no?!” Replicò Haruka colpendo nuovamente il russo che momentaneamente distratto, non si accorse della bastonata in arrivo dalle braccia di Wolfgang.

Stramazzando al suolo si vide il suo adorato coltello calciato lontano. “State fermo canaglia!”

“Andiamo Giò!” Incoraggiò Haruka partendo alla carica.

“Arrivo.” Ed anche le sorelle Tenou si lanciarono nella mischia.

La bionda fronteggiò faccia a faccia l’inserviente, che muovendo il braccio velocemente cercò di colpirla al busto fendendo l’aria in senso orizzontale al terreno. La ragazza scattò in dietro per poi sferrargli un calcio allo stomaco che però non riuscì a colpirlo per un soffio. Iracondo nel sentirsi in trappola, lui provò ad affondare nuovamente la lama, ma la ragazza balzò da un lato allargando le braccia per poi estrarre la sua pistola da dietro la schiena.

“Ora basta giocare. State fermo e buttate quel coltello… signore.” Disse gelida caricando il cane della Lager puntandola poi verso la testa dell’uomo.

Jo, pensò Michiru stringendo Sigi al grembo avendo la strana sensazione di aver già assistito ad una scena simile, ed improvvisamente, come uscite dal nulla, alcune frammentarie immagini di uno scontro; un energumeno che troneggiava sul biondo stringendolo per il collo della camicia e lei, poco oltre, bloccata per le braccia da un'altra persona.

Sei una ragazza ed anche piuttosto bella. E così giochiamo a fare l'uomo!?”

Lasciala! Ruka…”

Stanne fuori Michiru!”

Lampi dolorosi iniziarono a danzarle nella testa mentre a pochi metri da lei l’inserviente mostrava lentamente al biondo il manico del coltello lasciando cadere nell’erba per poi alzare le mani guardandolo storto. “D’accordo signore. Ecco, ora calmatevi.”

“Io sono calmissimo, siete voi a dovermi dire che cosa sta succedendo. O sbaglio?” Concluse guardando Wolfgang avvicinarsi.

“Sono giorni che cerchiamo di prendere in fallo questa canaglia e devo dire che non credevo che saremmo stati tanto fortunati da catturare anche un suo complice. Mina, guarda se nel cruscotto ci sono le bolle d’accompagno. Voglio proprio vedere chi c’è dietro a tutto questo.”

“Vado.” Ed una volta aperto lo sportello del lato passeggeri e frugato un po’, la ragazza tornò con una serie di fogli timbrati, siglati e controfirmati. Leggendo velocemente l’elenco della merce che comprendeva non soltanto derrate alimentari, ma anche materiale ospedaliero di primo soccorso come bende, garze e siringhe, Minako corrugò la fronte scuotendo la testa.

“Non posso crederci fratello. Potremmo avere per le mani un vero e proprio vaso di Pandora.”

Scoppiando a riderel’inserviente abbassò leggermente le mani consigliando che sarebbe stato meglio per tutti lasciarlo andare.

“Come scusate? Non credo di aver capito bene.” Disse Haruka mentre Wolfgang terminava di controllare le bolle.

“Ha ragione. E’ meglio lasciarli liberi di tornarsene nella fogna alla quale appartengono. Per ora non possiamo fare nulla.”

“Ma come!?” Urlò Sigi trattenuto da Michiru.

“Sta zitto ragazzino! - Impose Wolfgang guardando Haruka dritta negli occhi. - Per favore signore. Abbassate l’arma.”

Non comprendendo assolutamente, ma fidandosi di Aino, la ragazza disarmò la pistola e l’inserviente sparì gettandosi tra i campi seguito dal russo ancora parecchio frastornato dai colpi.

Grattandosi la testa Wolf tornò a leggere i fogli. La firma apposta alla fine di ognuno di loro non lasciava dubbi; nell’ospedale si era creato il circolo vizioso del contrabbando ed il suo fomentatore, colui che si stava arricchendo chissà da quanto tempo sulla buona fede dello stato elvetico, che stava lucrando sui degenti e le loro famiglie, se smascherato avrebbe potuto portare alla deflagrazione di uno scandalo enorme. Per questo dovevano agire con prudenza. Per questo avevano bisogno di più aiuto.

“Tutto bene?” Giovanna si avvicinò alla sorella accarezzandole il braccio ancora armato ormai abbandonato lungo il fianco.

“Si. Tu?” Chiese contraccambiando con un occhiolino illuminando il viso per poi spostare lo sguardo su Michiru, rimasta immobile per tutto il tempo.

Fu in quel momento, quando i loro occhi s’incrociarono, che lasciando morire pian piano il suo sorriso, Haruka capì e neanche lei seppe come, che qualcosa in Kaiou si era improvvisamente spezzato. Un’espressione di ghiaccio al limite del livore e la ragazza si sentì persa.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve. Il capitolo più lungo che fin’ora abbia mai scritto e lo lascio finire così! Non mi smentisco mai! Dunque il ladro è stato finalmente smascherato, preso e… rilasciato. Ebbene si, la questione “mercato nero” rischia di sfuggire di mano.

Come tutti avevamo intuito, Haruka si è presa una bella lavata di capo da Setsuna che anche troppo calma è stata, mentre Michiru è passata dal sentirsi una scolaretta al primo batticuore ad una donna presa sonoramente in giro. Avrà forse iniziato a ricordare qualcosa?

A prestissimo!

 

 

 

   
 
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