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Autore: Nana_13    26/11/2017    1 recensioni
Prof. McGranitt: Molto bene. Tutti sapete, naturalmente, che Hogwarts è stata fondata più di mille anni fa dai due maghi e le due streghe più famose dell'epoca: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Cosetta Corvonero e Salazar Serpeverde. Ora, tre dei fondatori vivevano in grande armonia tra loro. Uno, invece no...
Cosa è successo realmente? Perché Salazar ha lasciato il castello?
Scopriamolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cosetta Corvonero, Godric Grifondoro, Salazar Serpeverde, Tosca Tassorosso
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Altro contesto
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Capitolo 1 - Godric Gryffindor

"È forse Grifondoro la vostra via, culla dei coraggiosi di cuore: audacia, fegato, cavalleria fan di quel luogo uno splendore."

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Anno domini 952, Devonshire.
 
Faceva molto freddo quella mattina nella brughiera; una nebbiolina leggera si insinuava tra le colline e i prati, dando al paesaggio un’aria spettrale.  Il silenzio regnava sovrano nella valle, eccetto per il rumore delle onde che si infrangevano sulla scogliera e le urla di un gruppo di guardie che inseguivano un ragazzo, non molto lontano dall’ antica tenuta dei Blackfield.

“Torna qui maledetto!” La voce furente di una delle guardie rimbombò alle sue spalle.

Il ragazzo correva più in fretta che poteva, scivolava tra gli alberi, volava sull’erba. La borsa pesante che teneva a tracolla stretta a sé. L’avrebbe difesa a costo della vita.
Godric aveva solo 15 anni a quel tempo e una famiglia da mantenere. Quella mattina era riuscito ad intrufolarsi nelle cucine del castello ed aveva quasi sottratto alla cuoca un pezzo di montone così grande da poterli sfamare per una settimana, senza farsi scoprire. Era bravo a rubare per questo sua madre mandava sempre lui, mentre lei si occupava dei suoi fratelli.
Godric non sapeva bene come ci riuscisse, ma se lo voleva poteva diventare invisibile o evitare che un oggetto toccasse terra e lo facesse scoprire solo con la forza dello sguardo.
Al villaggio si vociferava che sua madre fosse una strega, per questo erano emarginati e poveri, nessuno voleva farla lavorare. Certe volte pensava di aver ereditato i suoi poteri, ma se voleva diventare cavaliere doveva cercare in tutti i modi di nasconderlo. Questo era il suo sogno. I cavalieri guadagnavano bene e vivevano in grandi castelli. Se ci fosse riuscito la sua famiglia non avrebbe più sofferto. Perciò si allenava tutti i giorni con una vecchia spada che aveva sgraffignato al fabbro, temprando il suo corpo.
Mentre stava sgattaiolando via, dopo aver afferrato il prezioso bottino, uno dei cani l’aveva tradito e aveva cominciato ad abbaiare e a ringhiare nella sua direzione. A quel punto le guardie l’avevano visto e non gli restava altro da fare che correre. E lui era molto bravo a correre.
Smilzo e dalle gambe forti, tra i suoi coetanei era il più veloce e vinceva ogni gara. Quel giorno però non si trattava di un gioco. In ballo c’era la sopravvivenza della sua famiglia. Dipendeva tutto da lui.
Aveva distaccato gli uomini del Conte da un pezzo, ma poteva sentire ancora le loro grida e l’abbaiare furioso dei cani, così continuò a correre nella speranza di trovare un riparo e nascondersi.
Era quasi allo stremo quando si sentì tirare per un braccio e finì in mezzo a una massa di cespugli.

“Ehi! Ma che stai..?” provò a protestare, ma la mano dello sconosciuto gli si piantò sulla bocca e bloccò a metà le sue parole.

Il tipo fece cenno di tacere, anche se era difficile a dirsi visto che il cappuccio del mantello gli copriva buona parte del viso. Con la mano libera tirò fuori da una delle pieghe un bastoncino di legno, liscio e lucido, e cominciò a farlo volteggiare intorno a loro, mormorando parole incomprensibili.
Godric rimase ipnotizzato da quei movimenti per qualche secondo; poi iniziò di nuovo a protestare, ma un rumore di passi e di fogliame lo persuase a non muovere un muscolo e accettare il consiglio dello sconosciuto.

“Dove è andato?” sbraitò una delle guardie.

Erano fermi a pochi passi dal loro nascondiglio e il cuore di Godric batteva all’impazzata nel suo petto. Così tanto che temette che potessero udirlo.
Uno dei cani si avvicinò nella loro direzione, annusando l’aria.
Era finita. Godric imprecò mentalmente. Li avrebbero presi e sbattuti nelle segrete per chissà quanto, la sua famiglia sarebbe morta di fame e tutto perché aveva dato retta a uno sconosciuto invece di proseguire nella fuga.
Pronto ad affrontare il suo destino con coraggio, Godric rimase immobile in attesa che il mastino desse l’allarme. Sorprendentemente il cane non fiatò, annusò i dintorni del loro nascondiglio e passò oltre.

“Proviamo di qua, forza!” Urlò un’altra guardia, incitando sia le bestie che gli uomini che si allontanarono in fretta, andando in tutt’altra direzione.

Godric ringraziò il cielo, tirò un sospiro di sollievo e rilassò i muscoli.
A quel punto lo sconosciuto lo lasciò andare e si alzò in piedi. “Vieni, siamo al sicuro ora.” La sua voce era profonda e calma, mentre usciva dai rovi e riponeva il bastoncino nel mantello.
Una volta alzatosi, Godric capì che quel tipo non dovesse essere molto più grande di lui. “Che diavolo era quello? Come ha fatto il cane a non vederci?” chiese subito ripensando a come aveva sventolato il bastoncino nell’aria.

“Un semplice grazie sarebbe bastato.” Replicò l’altro con una punta di sarcasmo.

Godric lo squadrò per bene, ancora non tanto sicuro di potersi fidare. “Mostra il tuo volto.” Intimò.

Lo sconosciuto senza pensarci troppo si tirò giù il cappuccio e si rivelò alla luce dei flebili raggi si sole. Era solo un ragazzo, forse della sua stessa età, ma aveva un’aria nobile e altezzosa che lui non avrebbe mai avuto. Era magro, ma non denutrito, aveva un fisico asciutto e i lineamenti del viso spigolosi. I capelli erano nero corvino e li teneva legati dietro la testa.
La cosa che più di tutte lo caratterizzava e che colpì Godric era il suo sguardo: i suoi occhi erano di un azzurro\grigio come Godric non aveva mai visto e sembravano scrutarti l’anima.

“Grazie” gracchiò, dopo essersi riscosso.

“Di nulla, Godric.”

Quando disse il suo nome Godric trasalì, impugnò il vecchio coltello di suo padre e lo puntò contro di lui. “Chi sei tu? Come conosci il mio nome?”

Il ragazzo mise le mani avanti, in segno di resa, prima di rispondere: “Il mio nome è Salazar e ti stavo cercando.”
 
-o-

“Fortitudo prodo laurus.”
(Il coraggio porta successo)
 
Anno domini 998, Scozia.
 
“Come sta?”

Godric Gryffindor non riuscì a nascondere la preoccupazione nella sua voce quando Helga uscì dall’infermeria. Lui e Salazar avevano portato Rowena al castello e lei si era subito occupata delle sue condizioni.

“Si riprenderà, le serve calma, riposo e soprattutto un buon pasto caldo.”

Godric tirò un sospiro di sollievo e un grosso sorriso si dipinse sul suo viso. “Una notizia grandiosa! Helga sei un tesoro, non so come ringraziarti.” Disse prendendo tra le mani quelle di Helga in un modo un po’ teatrale tipico di lui.

La strega arrossì violentemente e provò a minimizzare, emettendo uno strano risolino. “Sarà meglio che vada in cucina ora. Tu piuttosto non dovresti comunicare la notizia a Salazar? Scommetto che ne sarà altrettanto lieto.”

Il sorriso sul volto di Godric si spense lentamente. Non voleva far preoccupare la dolce Helga, così cercò di non darlo a vedere e annuì dicendo che aveva ragione e che l’avrebbe avvertito non appena avesse concluso la lezione di pozioni che stava tenendo.
Solo quando Helga si allontanò, Godric s’incupì. I rapporti con il suo migliore amico erano diventati freddi e si erano ridotti al minimo da quando Rowena aveva lasciato il castello.
Godric sapeva bene cosa fosse successo e in parte se ne addossava la colpa.
Non avrebbe mai dovuto dire quelle cose, ma era un impulsivo. D’altronde era cresciuto nei boschi e aveva dovuto adattarsi a quella vita, si era temprato e indurito molto, e solo un compagno come Salazar era riuscito a far crollare le mura che aveva innalzato intorno a sé. Ma questo era molto tempo prima. Molto prima che incontrassero Helga e Rowena e decidessero di costruire il castello. Molto prima che i rapporti tra loro si complicassero. Molto prima di conoscere l’amore…
Comunque, non si sarebbe lasciato trasportare dai suoi sentimenti e con passo sicuro attraversò i corridoi e scese le scale che portavano fino al sotterraneo di Slytherin, pronto ad affrontare il suo amico.
Un gruppetto di studenti gli passò accanto, salutandolo con riverenza, mentre uscivano dalla classe di pozioni. Godric attese che tutti se ne fossero andati per rimanere da solo con Salazar. Il mago era di spalle quando lui entrò e non lo degnò di attenzione.

“Sono lieto che lei stia bene.” Disse semplicemente senza neanche voltarsi.

Godric rimase spaesato per qualche secondo, poi sogghignò. “Dopo tutti questi anni, riesci ancora a stupirmi con la tua magia.”

“Dopo tutti questi anni, ogni volta dimentichi che sono il legilimens più potente della contea… o dell’Inghilterra intera.”

“Anche il più modesto.” Scherzò Godric, osservandolo mentre rimetteva in ordine tutti i suoi attrezzi.

Salazar ghignò. “Ho sentito la tua presenza non appena sei sceso nel sotterraneo Godric, quindi sì, penso di meritare il titolo.”

Per tutta risposta Godric si abbandonò a una risata sguaiata che fece vibrare il suo enorme petto e rimbombare la sua voce per tutto il sotterraneo. Gli ci volle un momento per riprendersi, nel quale Salazar non si era per niente scomposto.

“Erano mesi che non mi divertivo così.” Disse Godric asciugandosi una lacrima; poi la sua espressione si fece di nuovo seria. “Ci ho riflettuto molto ed ho capito che mi manca…”

Salazar alzò un sopracciglio “Cosa esattamente?” domandò con tono annoiato.

“Tutto quanto! Andiamo Sal non dirmi che sei felice allo stato attuale delle cose.”

Salazar sospirò. “Ho rinunciato da tempo alla felicità.”

“Ma non capisci? Potrebbe tornare tutto com’era prima! Ora che Rowena è tornata, potremmo sistemare le cose e…”

Non concluse la frase, un gesto di Salazar glielo impedì. Gli occhi di ghiaccio del suo amico si fissarono nei suoi, e come la prima volta in cui si erano incontrati, gli sembrò che potessero leggergli l’anima.

“Ric, amico mio…” sospirò il maestro di pozioni. “Sai bene quanto me che le cose non torneranno mai più come prima. È nobile da parte tua sperare nel contrario, ma questo ti fa sembrare solo un ingenuo. Ci sono delle ferite che non possono risanarsi così facilmente.”

Godric lo sapeva bene, lui stesso aveva sofferto molto, ma il suo temperamento, il lavoro da insegnante e in qualche modo la vicinanza di un’amica fedele come Helga gli avevano permesso di uscirne e di riprendersi. E proprio grazie a quel suo temperamento audace, non avrebbe permesso alla sofferenza di prendersi il suo migliore amico.

“Sì, magari sarò un ingenuo ma io ci credo ancora e, credimi, farò qualsiasi cosa perché questo avvenga. Sistemerò la faccenda e tutto tornerà come prima, sul mio onore o non mi chiamo più Godric Gryffindor!” sentenziò con enfasi, uscendo dall’aula di pozioni, dritto verso le cucine.
 
-o-
 
Anno domini 954, Knight’s Hollow.
 
“Devi piegare le gambe, Ric o non mi batterai mai! È tutta una questione di equilibri.” Sogghignò Salazar, evitando una fattura con un elegante movimento del braccio.

Godric era sudato fradicio e stanco morto, ma l’adrenalina che aveva in corpo… Dio! Lo faceva sentire così bene, così… vivo.
Lanciò un altro incantesimo contro il suo avversario, era solo un trucco e sperava davvero che abboccasse. Salazar era un ottimo duellante, doveva dargliene atto, ma lui sarebbe diventato il migliore!
La trappola aveva funzionato, così mentre Salazar si difendeva, Godric sapeva esattamente dove avrebbe scartato e in quel preciso istante lo colpì, mandandolo a tappeto.

“Sì!” esultò raggiante. Dopo una lunga serie di sconfitte, finalmente una vittoria.

Salazar si alzò a sedere, alquanto rintronato. “Devo congratularmi con te, Gryffindor. Non ti sei risparmiato, stavolta.”

Godric si avvicinò entusiasta, offrendogli una mano per rialzarsi. “Ho solo seguito le indicazioni del mio maestro.”

Il mago sogghignò e afferrò il suo braccio. “In effetti hai un ottimo insegnante, non mi sarei aspettato nulla di meno.”

I due si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere senza riserve, dandosi pacche sulla schiena. Ormai erano due anni che passavano gran parte del tempo assieme ad allenarsi e finalmente Godric se lo sentiva. Era pronto.
Dopo essersi incontrati in quel boschetto del Devonshire, Salazar lo aveva aiutato a capire che le strane cose che gli capitavano e a cui non sapeva dare spiegazione non era nient’altro che magia.
Lui, come sua madre, era un mago. La magia scorreva nelle sue vene, solo che non aveva mai avuto nessuno che gli insegnasse ad usarla. Nemmeno sua madre era stata istruita e, visti i tempi bui in cui vivevano, aveva represso la sua magia il più possibile, soprattutto dopo che suo padre era stato ucciso.
A detta di Salazar, la magia di Godric era molto potente e si era offerto di istruirlo in modo da poterla sfruttare. Salazar era stato allevato da una coppia di streghe che vivevano in una grande dimora nella palude, e ne sapeva molto sulla magia. Le donne lo costringevano a rimanere nei dintorni della villa per paura che i babbani (uomini e donne senza magia) lo trovassero, così, non avendo di meglio da fare, aveva deciso di studiarsi tutti i libri che si trovavano nella biblioteca di famiglia e imparare quanto più possibile sulle arti magiche.
Fu anche grazie al suo aiuto, che la famiglia di Godric poté trasferirsi in un grande villaggio abitato interamente da maghi e non patire più alcuna sofferenza. Godric doveva davvero molto a quel ragazzo misterioso e un po’ schivo.
Finito l’allenamento i due giovani si concessero un boccale di birra giù alla taverna.

“Sono pronto Sal, lo sai anche tu.” Ripeteva Godric determinato.

Salazar sosteneva il suo sguardo con altrettanta determinazione, ghiaccio contro fuoco. “Va bene. Facciamolo.”

Godric esultò, rovesciando un po’ della sua birra sul tavolo. “Quando si parte?” domandò eccitato, con un sorriso a trentadue denti.

Il piano di Salazar era molto elaborato. L’epoca in cui vivevano era davvero oscura per tutti i maghi, i babbani non facevano che perseguitarli e condannarli a morti atroci e violente. Salazar voleva che tutto questo finisse, voleva costruire un luogo nascosto alla vista dei babbani, dove maghi di ogni età, provenienza e ceto sociale potessero studiare la magia senza temere ripercussioni.
Godric era stato subito favorevole a questa sua iniziativa, anche se ne sapeva ancora poco di magia, detestava le ingiustizie afflitte ai maghi tanto quanto lui.

“Rallenta amico mio. Ho detto che sei pronto, ma hai ancora molte cose da imparare.” Prese un sorso di birra e continuò. “Inoltre ci ho riflettuto molto e penso che dovremmo coinvolgere qualcun altro nel nostro progetto.”

Godric lì per lì rimase perplesso, ma dovette convenire che non avesse tutti i torti. “Hai già in mente qualcuno?”

A Salazar si dipinse un mezzo sorriso sulle labbra. “Ovviamente.”


Con il cuore colmo di gioia e di speranza di riuscire nell’impresa, i due amici brindarono all’inizio di quella grandiosa avventura.
 
   
 
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