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Autore: Thalassa_    06/12/2017    4 recensioni
Albus lo stava guardando, in attesa, occhi verdi in occhi verdi. Guardare suo figlio era come guardare uno specchio che lo riportava a quando aveva lui quindici anni, riportando alla luce ogni sorta di ricordi, piacevoli e spaventosi, divertenti e tristi. Albus aveva i suoi capelli neri, forse solo appena più lisci e ordinati, la sua statura, il suo naso e i suoi occhi; ma quasi nient’altro.
Era circondato di amore quanto Harry era stato bisognoso di affetto, eppure lo rifuggiva; era sfuggente, chiuso, non alzava mai la voce – i muri della Tana se la ricordavano, la voce di Harry, quando aveva quindici anni e sbraitava contro le ingiustizie del mondo; aveva un umorismo ironico e tagliente, e Harry lo adorava, suo figlio, tanto diverso, tanto complicato e incomprensibile, suo figlio. Ma di tutte le cose che avresti potuto prendere da me, Al, pensò Harry, amareggiato, proprio le manie di persecuzione?

***
Harry iniziava sinceramente ad allarmarsi. “Cosa sta succedendo a Hogwarts, Neville?” chiese.
Neville sospirò.
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo XI
 
“Papà, posso parlarti un attimo?”
Harry sospirò. Sapeva già cosa voleva chiedergli Albus. La stessa cosa che chiedeva incessantemente ogni estate e ogni Natale e ogni Pasqua.
“Possiamo invitare –“
“No, non possiamo” lo interruppe stancamente. “E sai benissimo perché”.
Albus si imbronciò. “Perché le vacanze sono un tempo per la famiglia” recitò con una smorfia.
“Esattamente” rispose Harry.
Non gli piaceva l’espressione cupa del suo secondogenito. Non che abitualmente fosse l’allegria in persona, ma negli ultimi tempi Albus sembrava più sereno, gliel’aveva scritto anche Neville via gufo. Harry sperava di approfittare delle vacanze per “coltivare la loro relazione padre-figlio”, come aveva caldamente suggerito Ginny con uno sguardo particolarmente fiammeggiante.
Albus fece per andarsene, ma Harry lo trattenne prendendolo gentilmente per le spalle.
“Albus, ascoltami un attimo” disse, guardandolo negli occhi. Non era bravo come Ginny a fare questo genere di discorsi, ma aveva lasciato tante, troppe volte a lei il compito di parlare, e questo aveva creato un distacco con il secondo dei suoi figli che Harry aveva paura non si potesse più colmare. Il solo pensiero gli fece venire un groppo in gola.
Albus lo stava guardando, in attesa, occhi verdi in occhi verdi. Guardare suo figlio era come guardare uno specchio che lo riportava a quando aveva lui quindici anni, riportando alla luce ogni sorta di ricordi, piacevoli e spaventosi, divertenti e tristi. Albus aveva i suoi capelli neri, forse solo appena più lisci e ordinati, la sua statura, il suo naso e i suoi occhi; ma quasi nient’altro.
Era circondato di amore quanto Harry era stato bisognoso di affetto, eppure lo rifuggiva; era sfuggente, chiuso, non alzava mai la voce – i muri della Tana se la ricordavano, la voce di Harry, quando aveva quindici anni e sbraitava contro le ingiustizie del mondo; aveva un umorismo ironico e tagliente, e Harry lo adorava, suo figlio, tanto diverso, tanto complicato e incomprensibile, suo figlio. Ma di tutte le cose che avresti potuto prendere da me, Al, pensò Harry, amareggiato, proprio le manie di persecuzione?
Albus lo guardava perplesso, e Harry si rese conto di non aver detto nessuna di quelle cose ad alta voce.
Ce la posso fare, pensò Harry, costringendosi a parlare, a dire qualcosa, qualsiasi cosa, per rompere quel silenzio terribile tra loro.
“Albus, lo so che pensi che il mondo intero ce l’abbia con te. Non mi interrompere finché non ho finito” lo ammonì, perché Al aveva già aperto la bocca per ribattere. Con suo enorme stupore, Al ubbidì.
“Ti assicuro che non è così. Io e tua madre non abbiamo nessun tipo di preferenze e vogliamo bene a ognuno di voi tre piccole pesti allo stesso modo. So anche che non ti trovi bene con tutti i tuoi cugini, che James a volte è un tormento, e che vorresti avere un amico qui. Ma non si può, perché come hai detto giustamente tu, le vacanze sono un tempo per la famiglia. Vi vediamo pochi mesi l’anno, e vogliamo passare più tempo possibile con voi. A Hogwarts hai tutto il tempo a tua disposizione da passare insieme a chi più ti aggrada. Perciò credimi quando ti dico che non è una questione personale, e ti dirò di più” Harry prese un bel respiro “Scorpius mi sta persino simpatico”.
Al sembrava paralizzato dallo shock, e Harry sorrise nel vedere la sua reazione. Cosa credeva? Che il suo sogno proibito fosse mangiarsi l’intera famiglia Malfoy per cena?
“Ma le regole valgono per tutti, senza eccezioni, e la regola ‘niente ospiti’ diventa particolarmente importante alla Tana: siamo già abbastanza così, senza che ognuno di voi inviti qualcuno, ti pare? Immaginati la stanza di là, che sta già esplodendo, se dovessimo ospitare le amiche di Lily e gli scapestrati compagni di malefatte di tuo fratello…” concluse scherzosamente.
Per un lunghissimo momento Al lo guardò negli occhi con un’espressione indecifrabile, poi si lanciò in avanti e lo abbracciò forte come non faceva da anni.
 
 
“Zia Herm!” esclamò James trafelato, entrando in cucina. “Zia Herm, mi serve...”.
“Sai, James” lo interruppe Hermione, visibilmente irritata “a parte te, l’unica persona di mia conoscenza a non essere in grado di pronunciare il mio nome per esteso è Grop. Non fa molto onore alla tua intelligenza”.
James si imbronciò. Non appena Albus vide l’espressione sul volto di suo fratello, sapeva che qualsiasi resistenza sarebbe stata vinta. Il guaio, con James, era che nessuno sembrava veramente in grado di dirgli di no – specialmente quando sfoderava la sua migliore aria imbronciata.
“Dai, zietta” supplicò James “nessuno mi vuole aiutare con il tema di Trasfigurazione, e se anche papà volesse aiutarmi non credo che il suo contributo varrebbe quanto il tuo… Dopotutto, sei sempre stata la migliore del tuo anno a scuola, lo sappiamo tutti, sono certo che ti ricordi ancora ogni dettaglio di Trasfigurazione Avanzata…”
“James” lo interruppe zia Hermione, severa. “Credi davvero che il capo del Wizengamot ceda così facilmente alle tue lusinghe?”
“Precisamente” rispose James, con un sorriso beffardo. Zia Hermione sorrise suo malgrado.
“E va bene” concesse. Albus distolse lo sguardo, disgustato. L’ennesimo capriccio di James era stato esaudito. L’unico pensiero che lo consolava era la certezza che zia Hermione, anziché alleggerirgli il lavoro, gliel’avrebbe reso tre volte più complesso.
“Mettiamoci subito al lavoro” esclamò Hermione mettendosi a sedere con espressione soddisfatta. Con un incantesimo di Appello richiamò pergamena, inchiostro e almeno tre tomi dall’aria ben più minacciosa di Trasfigurazione Avanzata sotto gli occhi pieni di terrore di James.
“Sembra proprio che io sia arrivato per portarti via al momento giusto, Al” disse Ron. Albus si voltò per salutarlo e notò che stava fissando i libri sul tavolo con uno sguardo molto simile a quello del nipote. “Insomma, Hermione… siamo a Natale! Cosa credi di fare con quelli?”
“È stato James a chiedermelo” replicò Hermione, pungente. James annuì con aria ben poco convincente.
“Bene, allora se sei pronto possiamo andare” disse Ron rivolgendosi ad Albus. “Mi serve una mano con un affare a Diagon Alley, Harry mi ha detto che ti avrebbe fatto piacere venire…” aggiunse un po’ impacciato.
“Sono pronto” rispose Albus con un sorriso.
 
Albus era contento di passare un po’ di tempo da solo con zio Ron; era sempre stato il suo zio preferito, e per una volta suo padre aveva avuto una buona idea. Ron era l’unico che potesse capire la sua sensazione di vivere all’ombra di James, con i conseguenti tormenti interiori che derivavano dall’amore-odio che provava per il fratello.
Zio Ron lo capiva, non lo giudicava, gli raccontava un sacco di storie divertenti su sé stesso e suo padre, ed era sempre sincero; non nascondeva il suo disappunto per il fatto che Albus fosse finito a Serpeverde, ma almeno non lo trattava come se avesse una malattia rara o se fosse un segreto di cui non era bene parlare in pubblico. Anche zia Hermione non gli dispiaceva, ma lo stressava troppo perché studiasse di più, e c’era già Rose per quello.
“Allora, Albus, quest’anno ci sono gli G.U.F.O., eh?” gli chiese suo zio con aria di compatimento, dandogli una pacca sulla spalla.
“Dal canto mio, non vedo l’ora che tu e Rose li passiate” aggiunse, in tono confidenziale, “tua zia e tua cugina mi stanno uccidendo, nelle lettere di Rose c’è così tanta ansia che quando le leggo vado in iperventilazione, e Hermione si comporta come se gli esami dovessimo sostenerli noi due”.
Albus ridacchiò.
“Rose è in perenne competizione con sua madre” spiegò “è andata a vedere i risultati di zia Hermione ai G.U.F.O., e ha scoperto che l’unico modo che ha di batterla è di prendere tutte E, perciò è nel panico”.
Ron alzò gli occhi al cielo.
“Ottimo, quindi mi toccherà consolarla se prende anche solo una O! Per fortuna, Hugo è nato normale…”. Albus sorrise. “Non mi fraintendere” aggiunse Ron “non avrei passato neanche mezzo esame se non fosse stato per tua zia, e anche tu dovresti essere grato di avere Rose. Ma c’è un limite a tutto – l’altra notte ho avuto un incubo in cui la McGonagall mi convocava a Hogwarts dicendomi che dovevo ripetere tutti i miei esami davanti alla corte marziale del Wizengamot!”. Albus rise, e annuì con comprensione.
“Rose e Scorpius mi stanno facendo diventare matto” confessò “voglio dire, vado in libreria e c’è Rose che studia, vado in Sala Comune e c’è Scorpius che studia, non so più dove nascondermi!”. Risero insieme. “Albus, ti do un compito molto importante” disse Ron in tono serio, guardando il nipote negli occhi “vigila sulla sanità mentale di mia figlia. Se la vedi studiare più di otto ore al giorno, ti autorizzo a darle di nascosto un Preparato Sonno Istantaneo”.
“Lo farò” promise Albus.
“Ci conto” disse Ron “e se puoi, manda ogni tanto un gufo a Hermione dicendogli che Rose è preparatissima o cose del genere, magari si dà una calmata. Quando cerco di tranquillizzarla, mi risponde cose tipo ‘l’istruzione è una cosa seria, Ron, ma non mi aspetto che tu lo capisca’ o ‘solo perché tu non hai concluso la scuola, Ron, non significa che nostra figlia debba seguire il tuo esempio’, così ci ho rinunciato e mi limito ad annuire a tutto quello che dice”. Albus lo guardò interessato.
“Tu e mio padre non avete mai finito la scuola, giusto? Non vi ho mai chiesto cosa sia successo, beh, dopo la guerra”.
“A nessuno interessa molto cosa sia successo dopo la guerra” commentò Ron saggiamente. “Beh, come sai abbiamo saltato l’ultimo anno di scuola per andare a caccia di Horcrux, ma niente di meno che Voldemort risorto dai morti avrebbe potuto tenere tua zia lontano da Hogwarts per un altro anno. Le servivano i NEWT, sai, per la carriera al Ministero che aveva in mente, e comunque non penso avrebbe potuto convivere con sé stessa pensando di non aver concluso la propria educazione. Naturalmente, cercò di convincere in tutti i modi me e Harry a fare lo stesso”. Alzò gli occhi al cielo.
“All’epoca eravamo fidanzati, e mi assillava continuamente perché tornassi con lei per l’ultimo anno. Per me e Harry non era così importante, naturalmente; volevamo entrambi diventare Auror, e avevamo acquisito una certa esperienza sul campo che sapevamo valere ben più di un M.A.G.O. in Incantesimi”.
Albus lo ascoltava rapito.
“Normalmente, per diventare Auror servono ottimi voti ai M.A.G.O. e tre anni di addestramento a cui si accede con un test di selezione. In quel momento, però, era passato a malapena un mese dalla caduta di Voldemort, e c’era bisogno di un piano d’azione immediato per incastrare tutti i Mangiamorte conosciuti, cercare quelli in fuga, riportare i giganti nelle loro terre, insomma, un sacco di lavoro urgente e pericoloso. Kingsley – Kingsley Shacklebolt – era appena diventato Ministro della Magia, e disse a Harry che non aveva certo bisogno di un addestramento, dopo tutto quello che aveva passato, e che poteva diventare un Auror seduta stante. Sarebbe stato affiancato ad Auror più anziani che gli avrebbero insegnato man mano tutto il necessario. Era una decisione saggia, perché c’era bisogno di tutto l’aiuto possibile in quel momento, e sapeva che Harry non se ne sarebbe stato in disparte mentre altri combattevano.
Tuo padre era entusiasta, e accettò subito, naturalmente. Poi disse a Kingsley che aveva sempre combattuto con me al suo fianco, che ero coraggioso e capace e che garantiva lui per me. Dopotutto anch’io avevo cercato gli Horcrux, combattuto Voldemort, eccetera eccetera.
Kingsley mi conosceva di persona, sapeva che non ero eccezionale come Harry, ma si lasciò convincere. Disse che avrebbe fatto un’eccezione anche per me, ma che non poteva estendere l’invito a nessun altro dei nostri amici, per quanto coraggioso fosse – in tempo di guerra non importa molto quanti anni hai e cosa hai studiato, ma solo se sei pronto a combattere o no; in tempo di pace però subentrano una quantità incredibile di scartoffie da compilare e cavilli da seguire, e Kingsley era pur sempre Ministro. Comunque, tutti facevano volentieri qualche eccezione per il Ragazzo-Che-è-Sopravvissuto.
Il nostro sogno si sarebbe realizzato: io e Harry saremmo stati Auror, avremmo combattuto a fianco a fianco, per la prima volta senza essere considerati dei ragazzini. Era l’occasione della mia vita”.
Ron fece una breve pausa, lo sguardo perso. “Rifiutai”.
“COSA?” esclamò Albus incredulo, preso alla sprovvista. Ron sorrise.
“Rifiutai” ripeté, con più convinzione. “Sapevo che se avessi accettato, non avrei mai ottenuto il rispetto degli altri Auror. Non sarei mai stato trattato come un adulto e un professionista. Avrebbero detto che ero lì solo perché ero il migliore amico di Harry, e avrebbero avuto ragione, Al.
Così rifiutai, e in attesa di scegliere cosa fare della mia vita andai a lavorare da George ai Tiri Vispi Weasley. Fred – tu non l’hai conosciuto, Albus, ma Fred e George insieme erano una forza della natura – era appena mancato, e George aveva bisogno di una mano in negozio.
Non che gli mancassero assistenti, naturalmente – gli affari andavano a gonfie vele – ma pensavo che avere vicino qualcuno di famiglia gli avrebbe fatto bene. Lavoravo con mio fratello, guadagnavo bene, il negozio era uno spasso e finalmente vedevo volti allegri dalla mattina alla sera”. Ron guardò Albus negli occhi. “Riesci a vedere il problema, Al?”.
“Zia Hermione” rispose Albus in un sussurro.
Ron annuì con aria grave.
“Zia Hermione” confermò. “Lei ormai era a Hogwarts, e prima della partenza le avevo detto genericamente che avevo avuto una grossa opportunità e che sapevo quello che facevo nel lasciare definitivamente la scuola. Quando le arrivò la notizia che lavoravo ai Tiri Vispi Weasley, diede di matto. Mi mandò una Strillettera al giorno per settimane”. Albus lo guardò con un misto di orrore e compatimento.
“E così, la mia ragazza era a Hogwarts a costruire il suo brillante futuro, collezionando E, ed era infuriata con me. Il mio migliore amico era diventato un Auror, era spesso in missione e non nascondeva la sua delusione per il mio rifiuto. Lavorare in negozio era più stressante di quanto mi fosse sembrato all’inizio, e George stava passando un brutto periodo di depressione, così ero io a sobbarcarmi della maggior parte del lavoro. Ma non era solo questo.
Lavorare ai Tiri Vispi mi piaceva, ma non era il lavoro che volevo fare per tutta la vita.
Tutti i miei amici dell’Esercito di Silente sembravano aver trovato la loro strada, inebriati dall’improvvisa libertà che si respira solo dopo una guerra.
Neville si poteva finalmente dedicare a tempo pieno alla sua passione per l’Erbologia, Seamus era all’estero. Luna e Ginny erano a Hogwarts, ovviamente, per il loro settimo anno, e iniziavo a pentirmi di non esserci tornato anch’io.
Così decisi di fare due cose che non avevo mai fatto prima in vita mia: mettermi a studiare e credere nelle mie capacità. Mi allenai in segreto, senza dire niente a nessuno, dopo il lavoro; studiavo fino a tarda notte. Soprattutto, mi Smaterializzavo in continuazione, finché non fui sicuro che non mi sarei mai più Spezzato. Mi confidai solo con Bill, che mi era stato vicino l’anno precedente nel periodo più brutto della mia vita, e mi aiutò con le sue conoscenze da Spezzaincantesimi e la sua esperienza nell’Ordine. Lavorai duramente. Avevo perso la sessione di settembre, ma a febbraio c’era un’altra data. Mi presentai al test di ammissione per diventare Auror”.
Albus stava ascoltando suo zio con gli occhi sgranati.
“Non avevo le credenziali scolastiche necessarie, ma mandai un gufo alla McGonagall chiedendole una lettera di presentazione –  fu brutalmente sincera, come sempre, ma evidenziava i miei punti di forza – e il mio rifiuto aveva fatto un’impressione favorevole su Kingsley qualche mese prima, così mi ammisero al colloquio e al test. Lo passai”.
Il sorriso di soddisfazione di Ron brillava come se quello che stava raccontando fosse successo il giorno prima. Albus sapeva che Ron era stato Auror, ma questo non gli aveva impedito di seguire la storia con il fiato sospeso.
“E poi?” chiese, guardando suo zio con ammirazione, come se non l’avesse mai conosciuto veramente prima. Ron sorrise con una scrollata di spalle.
“E poi iniziai i tre anni di addestramento. A volte ci portavano sul campo, e lavoravo insieme a Harry. Quando diedi la notizia a casa, mia madre – nonna Molly – scoppiò a piangere e disse che non era mai stata così fiera di me in vita sua; George si congratulò con me pensando fosse lo scherzo più riuscito dell’anno, e mi servì la testimonianza di Bill per convincere i miei fratelli e mio padre che ero serio.
A San Valentino mi presentai a Hogsmeade per fare una sorpresa a Hermione, e lei fu così contenta che mi chiese di sposarla” ammise, leggermente imbarazzato. Albus scoppiò a ridere.
“Ah beh, tanto sapevamo entrambi che sarebbe stata lei a fare la proposta, io non avrei mai trovato il coraggio. E così ho ottenuto il lavoro dei miei sogni, la moglie dei miei sogni e due bellissimi bambini. E tutto questo, Al” gli puntò contro un dito ammonitore “perché ho avuto una briciola in più di fiducia in me stesso il giorno del test, quando nel panico pensavo di non presentarmi. Solo un pizzico di fiducia in me stesso”.
Albus sorrise. Ron era decisamente il suo zio preferito.
 
 
 
N.d.A.
Ciao a tutti, cari lettori che ancora non hanno desistito dai miei (ormai) proverbiali aggiornamenti ballerini!
Posso solo dire a mia discolpa che finalmente mi sono laureata, perciò ultimamente non ho avuto un attimo di respiro.
Ringrazio in particolare Guido per i suoi commenti puntalissimi che mi hanno fatto scoprire un bel po’ di imprecisioni.
Spero che il capitolo vi piaccia, ci sentiamo la prossima settimana :)
Thalassa_
   
 
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