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Autore: Madama Aracne    15/12/2017    3 recensioni
La risata di Harry non ebbe altro risultato che quello di farmi innervosire ancora di più. D'altra parte cosa mi aspettavo da uno come lui, incapace di vedere al di là del suo naso e trincerato dietro innumerevoli mura di pregiudizi nei confronti delle persone come me?
«Amelia» rise, scuotendo la testa «Te lo hanno mai detto che sei un'isterica? E sei troppo permalosa. E come al solito non capisci niente»
«Ah, io non capirei niente? Ma se-»
«No, non capisci niente, ragazzina, altrimenti avresti capito che sto cercando di dirti che io t'amo»
Se in quel momento mi avessero chiesto che aspetto, a mio avviso, potesse mai avere la morte, io avrei risposto che non ne conoscevo il volto, ma che di sicuro non avrebbe potuto essere troppo diverso dalle parole che Harry mi aveva appena scagliato contro.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II. Party Rock

 

Amelia

 

Chiusi gli occhi, osservandomi con sguardo critico al grande specchio della mia cabina armadio.
Il vestito che indossavo era scuro, di una tonalità di bordeaux assolutamente perfetta che richiamava esattamente le sfumature del rossetto che avevo scelto; l’abito era largo ma non troppo, mi scivolava addosso accarezzando la mia figura magra per poi fermarsi a metà coscia.

Lo scollo a barca e il cinturino in pelle nera completavano l’effetto vintage, rafforzato anche dalle scarpe col tacco a rocchetto che avevo deciso di indossare.

Per una questione di pura comodità avevamo deciso di organizzare la festa di bentornato per Louis nel mio appartamento, essendo il più grande e, soprattutto, il più libero. Il mio migliore amico aveva assicurato di aver invitato solo “qualche amico”, per una “cosetta intima, un aperitivo, qualche snack e un po’ di musica”: questo, tradotto in un linguaggio più sincero, avrebbe significato solamente che mi sarei trovata la casa invasa da almeno mezza Londra – la metà più dissoluta, quantomeno.
Risi tra me al pensiero, dando un’ultima controllata anche al make-up, prima di spegnere le luci e dirigermi nel salotto, per controllare che tutto fosse pronto.
Sul lungo tavolo in cristallo avevo disposto snack salati di ogni tipo, rustici e bottiglie di champagne; il tavolino davanti al divano, invece, faceva sfoggio degli alcolici più a buon mercato e dalla gradazione decisamente più alta.
Avevo invitato anche Harry, per buona educazione, il quale aveva accettato con un semplice “ci sarò”: non era sembrato molto entusiasta all’idea, ma d’altra parte non potevo permettermi di pensare anche ad eventuali problemi che avrebbe potuto presentare lui – né tanto meno avrei potuto facilmente giudicare il suo tono da un singolo sms.

- Non iniziare con le tue psicosi da maniaca dell’organizzazione -

Ronnie, stravaccata comodamente sul mio divano, mi osservava con uno sguardo accusatorio, le braccia incrociate sullo schienale e il viso posato su di esse.
- Non preoccuparti, ci penserà Louis più tardi… - risposi, proprio mentre il campanello della porta annunciava la presenza del mio migliore amico. Sorrisi consapevole, ritrovandomi poi ad essere letteralmente travolta l’attimo dopo, quando Louis entrò come un tornado nell’appartamento.

- Hai già preparato gli alcolici? Sì, vedo che l’hai fatto, perfetto. Il cibo è pronto, le decorazioni le ho qui, e Zayn porterà alcune sue compilation tra poco per quanto riguarda la musica, è rimasto completamente bloccato nel traffico e… Ronnie, cos’è quella cosa che hai indosso? -
Si arrestò momentaneamente solo per squadrare con aria critica la bionda, la quale rispose con un sorriso imperturbabile, alzandosi per mostrare il proprio abbigliamento con orgoglio.

Il suo outfit era composto da una gonna di jeans slavata sopra delle calze grigie leggermente satinate: il tutto era completato da una maxi canotta nera con la scritta “I woke up like this” e degli stivaletti bassi da rocker dello stesso colore.

- Cosa c’è di male in quello che indosso? -

- Cosa non c’è di male, vorrai dire. Sopporto quotidianamente la tua mancanza di stile, ma almeno stasera, per favore, vorresti rimediare in qualche modo?
Ci sarà anche Brandt, e non voglio che pensi che ho raccattato i miei amici da un angolo di Hollywood Boulevard – sospirò teatralmente Louis, portando una mano sul viso con aria esasperata.

Brandt, ultimo anno di Medicina, era una delle più recenti cotte del mio migliore amico: lo aveva conosciuto un giorno che mi era venuto a prendere fuori dall’università, avendogli chiesto informazioni riguardo il mio corso, e da quel momento era scoccata una scintilla.

“Il mio gay radar non sbaglia mai” aveva sentenziato presuntuoso, quando avevo provato a suggerirgli di mettere in conto che potesse essere eterosessuale “e fidati, quello è completamente gay”.

Brandt, d’altra parte, non aveva mai dato segno di disprezzare le attenzioni di Louis, né tanto meno si era tirato indietro se invitato ad un’uscita, un drink o una festa. A me non era mai piaciuto – il classico ragazzo bene tutto buoni voti, macchine sportive e club di golf – ma finché non avesse fatto soffrire in alcun modo il mio migliore amico, avrei continuato a tollerarlo per buona misura.

- Sai, non credo che sia molto carino dire a quella che dovrebbe essere una delle tue amiche più care che somiglia ad una prostituta… - Ronnie si era infervorata, puntando un dito accusatorio contro Louis. Come se non lo conoscesse. Lui era fatto così: uno specchio chiaro e limpido, esempio di sincerità estrema, non aveva filtro alcuno che impedisse ad ogni suo singolo pensiero di trovare espressione tramite la sua bocca.

- Non sarà carino ma è la verità. Amelia, per favore, puoi fare qualcosa per rimediare al disastro? -

Il viso della bionda assunse una particolare sfumatura di rosso alquanto preoccupante, mentre il suo sguardo saettava tra me e Louis pieno di rancore.

- E tu non dici niente? - sbottò nella mia direzione, portando le mani ai fianchi in un gesto istintivo.

- Ronnie, lo sai che valore hanno le feste qui da noi.
Sono praticamente sacre… E conosci anche Lou e il suo modo di dare di matto. Non guardarmi così, Louis, è vero – aggiunsi, prima che il mio migliore amico potesse ribattere. - E tu dovresti ricordare che c’è modo e modo di esprimere un parere. Dio, ragazzi, ma devo davvero farvi da balia? - sospirai, alzando gli occhi al cielo.

Ronnie lanciò un’ulteriore occhiata di fuoco verso Louis, il viso ancora arrossato dall’irritazione. Poi, con un gesto volgare, - Al diavolo, fammi vedere cosa possiamo fare, Lia – sbottò irata. - E sia chiaro, Louis, è l’ultima volta che sopporto il tuo modo di denigrarmi costantemente -
Si allontanò con passo teatrale verso la mia stanza, sbattendosi la porta alle spalle.

Scoccai al biondo un’occhiata severa. - Era proprio necessario? -

- Sai anche tu come la penso. Può vestirsi da gitana quando le pare e nessuno le dirà niente, ma sa che importanza ha per me questa serata. Sa che importanza ha per me Brandt – borbottò, a mo’ di spiegazione.

- Lo capisco, ma Ronnie… lei si sente diversa, e lo sai.
Non voglio si senta ancora più inadeguata, non ha bisogno di te a metterla in soggezione - mi avvicinai per scoccargli un bacio sulla guancia. - So come ti senti, Lou, e ti capisco. Ora prova anche tu a capire lei… -

Mi allontanai con un sorriso incoraggiante, raggiungendo la mia migliore amica in stanza e pronta ad operare il miracolo.
La bellezza di Ronnie era raggiante e solare: in un modo o nell’altro, l’avrei convinta a portarla fuori.

 

**

 

La festa, come previsto quando Amelia Dunne e Louis Tomlinson univano le loro menti da organizzatori seriali, era un vero spasso. Continuavo a girare per la sala compiaciuta, trattenendomi brevemente con ciascuno dei miei ospiti: salutavo gli amici di vecchia data, stringevo la mano ai perfetti sconosciuti, ponevo domande di circostanza ai conoscenti; nonostante ciò non sarei mai riuscita ad essere un’ospite gioviale, simpatica e spontanea come Louis. Aveva brindato, aveva riso e fatto ridere, ringraziando ogni singolo invitato per la presenza: non aveva mancato di fermarsi con – letteralmente – ognuno di loro, presentando qualcuno a qualcun altro, invitando chi per un caffè, chi per un aperitivo.
Brandt non si era ancora presentato e la cosa lo stava tenendo in agitazione, ma era più che abile a nascondere l’ansia dietro la sua aria da perfetto dandy.
Soltanto io che lo conoscevo così bene – e forse Zayn, compagno di una vita – avrei potuto capire cosa davvero stava accadendo nella testa del mio migliore amico.
Zayn, dal canto suo, era completamente preso dal suo ruolo di dj: aveva montato in un angolo la sua piccola console, e ogni volta che il mio sguardo incontrava per caso la sua figura lo trovavo a sorridere entusiasta – chissà se per la propria musica che si diffondeva dalle enormi casse, o se per la presenza di Ronnie che gli ballava accanto, allegra e lasciva come suo solito.
Lei d’altra parte era meravigliosa. Dopo lo scontro con Louis – che l’aveva probabilmente toccata più di quanto volesse dare a vedere – si era lasciata convincere ad indossare qualcosa di mio: non volendo perdere completamente il suo look e la sua identità, avevo messo insieme un completo di pantaloncini neri ed una camicetta di pizzo bianco, lasciandole tenere i propri stivali e truccando pochissimo il viso fresco, colorato appena da una linea sottile di eyeliner nero sugli occhi azzurri e vivaci.

- Però, niente male questa “festicciola” -

Sussultai per l’improvvisa vicinanza di quella voce ancora poco familiare, girandomi di scatto verso sinistra.
Harry sorrideva divertito, a mo’ di saluto.
- Ciao. - lo salutai semplicemente, avvicinandomi leggermente per poterlo ascoltare nonostante la musica a tutto volume. - sì, Louis ci tiene molto a queste cose, e devo ammettere che anche a me non dispiace avere tempo di festeggiare un po’… Non credevo saresti venuto –
- E perché mai? -

Mi strinsi nelle spalle. - Beh, sono le dieci passate… -
Harry assunse un’aria colpevole, sorridendo imbarazzato.
- Sì, beh, ho… ho avuto un contrattempo – spiegò, portandosi una mano a scompigliare i capelli, visibilmente a disagio.

Alzai gli occhi al cielo, divertita. Da maniaca della puntualità quale ero, sapevo riconoscere a chilometri di distanza un ritardatario cronico, quando lo incontravo, e lui aveva tutta l’aria di essere quel tipo di persona.
Glielo dissi con una risata divertita, cercando di rendere chiaro che non me la fossi affatto presa, e il suo viso acquistò appena un po’ di colore in più mentre spiegava che lui ce la metteva tutta, ad essere puntuale, ma a volte “il tempo sembrava sfuggirgli di mano”.

- Non è un problema – asserii nuovamente, per metterlo a suo agio – allora, vuoi qualcosa da bere? - aggiunsi poi.

Harry scrollò le spalle e – Cosa offre la casa? - domandò, seguendomi tra la calca di corpi che si muoveva a ritmo di musica fino al tavolo degli snack.
Indicai con un gesto imperioso una bottiglia di champagne ancora piuttosto piena, sorridendo vittoriosa.
- Non ci contavo, ma è ancora intatta! - scherzai, versando il liquido ambrato in due calici, porgendone poi uno al ragazzo accanto a me.

- Sai, non sono tanto il tipo da champagne… - ammise lui con un sorrisetto colpevole.

Sgranai gli occhi in una finta espressione scioccata, portando una mano al petto come a volergli far intendere che la sua affermazione mi avesse colpita al cuore.
- Non dire sciocchezze, Harry, tutti sono “tipi da champagne”. Semplicemente non sanno di esserlo, o non sono mai stati iniziati propriamente al mondo delle vere bevute – replicai ammiccando, per poi far tintinnare il mio bicchiere contro il suo. Prendemmo entrambi qualche sorso – Harry più insicuro, io decisamente soddisfatta – per poi allontanare i calici; lo osservavo in attesa di una reazione, un qualsivoglia indizio che mi dicesse qualcosa a proposito del suo gradimento – o dell’assenza di esso.

- Sai… - iniziò, prendendo un altro sorso. - non è così male -

- Certo che non è così male. Il vero champagne si distingue sempre da quelle bottiglie dozzinali che i ragazzi comprano nei supermercati da quattro soldi tanto per una sbronza facile e low-cost – sospirai, alzando gli occhi al cielo.
Harry non avrebbe potuto saperlo – e certo io non ero molto propensa a sbottonarmi a quello che, per me, era ancora un perfetto sconosciuto – ma in realtà io e l’alcol avevamo un rapporto di amore platonico che andava avanti da quando avevo compiuto diciott’anni; una mia tradizione invernale era bere ogni sera un bicchiere di vino caldo con le spezie, rintanata sul divano e coperta da due plaid diversi. Andavo sicuramente molto più d’accordo con gli alcolici che con le persone, in ogni caso – poiché, d’altronde, il vino non sarebbe mai stato capace di parlare e dire tutte le cose sbagliate, cosa che invece sembrava essere un vero e proprio sport per la maggior parte delle persone che conoscevo.

- Tu sei molto… sofisticata, hm? - riprese Harry dopo un po’, finendo il suo champagne e posando il calice sul tavolo.
Inarcai un sopracciglio, guardandolo scettica.
Di solito, quando mi era stato affibbiato quell’aggettivo, non aveva mai una connotazione positiva.
- Non capisco cosa intendi… - lo sollecitai, incrociando le braccia.
Harry scrollò le spalle. - Niente di offensivo, solo… si vede dal tuo modo di vestire, ecco, e… dalla festa, e dalla concezione che hai dello champagne – concluse con una risata, forse per smorzare la tensione che emanava la mia persona. A detta dei miei amici ero piuttosto… permalosa, ecco: la mia modesta opinione era che, più che essere io quella permalosa, erano gli altri a saper toccare ogni mio singolo nervo scoperto, trovando il coraggio di dire cose assolutamente orrende con un’aria terribilmente angelica.
Harry non faceva eccezione: in quel momento mi ritrovai a sottrargli tutti i punti che credevo potesse aver acquisito, innervosita.
- Non ci vedo niente di male nel volere il meglio, sai? Probabilmente mi troverebbero tutti più simpatica se andassi anch’io in giro vestita come una barbona, con qualche capo scadente di H&M o Zara, ma io non sarei più me stessa, e poi mi vado bene così. E se tutto questo ti sembra troppo, beh, mi dispiace – conclusi poi, allontanandomi velocemente e lasciandolo lì, l’espressione confusa e forse anche un po’ offesa, gli occhi spalancati che non avevano ancora capito cosa fosse accaduto.

 

**

 

Quando riaprii gli occhi la prima cosa che notai fu che il soffitto della mia stanza, di un grigio perla molto chiaro, era troppo illuminato.

La seconda cosa fu che il mio letto matrimoniale era troppo occupato per i miei gusti. Scattai a sedere, guardinga, pronta a prendere a pugni chiunque si fosse intrufolato nella mia stanza la sera prima – quando, troppo stanca e provata per poter fare alcunché, non avevo controllato troppo attentamente che se ne fossero andati tutti – per poi notare che il corpo accanto al mio, perfettamente dormiente e capace di occupare da solo i tre quarti del mio letto, era quello del mio migliore amico.
Scoppiai a ridere nell’osservare l’espressione beata di Louis, la “o” perfetta delle sue labbra e la fronte rilassata; gli scostai un ciuffo di capelli dagli occhi, poi, piegandomi a scoccargli una fila di baci sulla guancia e sulle tempie.
- Lou… - cercai di svegliarlo, scuotendolo piano – Lou, svegliati -

Tentavo con convinzione di smuoverlo nonostante la mia più che rinomata mancanza di forze, soprattutto alle… che ore erano? Un’occhiata alla sveglia digitale mi annunciò che erano le 10.30 del mattino.
Tutto ciò che ottenni da parte sua furono grugniti infastiditi e un borbottio sconnesso che interpretai come un “sto dormendo” assonnato. Risi ancora una volta tra me, scostando poi le coperte per alzarmi e lasciarlo riposare ancora un po’ - d’altra parte era domenica, lui non doveva lavorare ed io potevo tranquillamente prendere una pausa dallo studio “matto e disperatissimo” che aveva caratterizzato le mie giornate nelle ultime settimane.
Mi diressi in cucina, rabbrividendo per il contatto del pavimento freddo contro i piedi nudi e per l’aria del mattino contro le mie gambe scoperte, giacché ero solita dormire con una semplice camicia a giro maniche in seta, la quale – seppure incredibilmente bella e, soprattutto, morbidissima intorno al mio corpo – non rappresentava una grande barriera contro l’aria mattutina, specie quando poi dimenticavo di chiudere le ante della grande finestra del salone – cosa che in effetti era accaduta.
Mi diressi al bancone per azionare la macchina per il caffè, iniziando ad imburrare dei toast nell’attesa. Conoscendo Louis, probabilmente si sarebbe svegliato con un mal di testa incredibile dovuto ai troppi alcolici della sera precedente – reggeva benissimo, come me, eppure alla mia stessa maniera non poteva comunque sfuggire al classico mal di testa del giorno dopo. Decisi di posizionare i toast su un vassoio, insieme ad un paio di aspirine e dell’acqua, che affiancai alle tazzine del caffè una volta che questo fu pronto. Speravo di fare un favore al mio migliore amico, anche se probabilmente non sarebbe stato troppo contento di venire svegliato.

- Lou – riprovai a chiamarlo appena entrai in camera, accomodandomi nuovamente sul letto facendo attenzione al vassoio – ho preparato la colazione -

Louis mugugnò qualcosa di indistinto, iniziando a muoversi lentamente e provocandomi un sorriso.
Mi sporsi nuovamente verso di lui non appena si mise a sedere, reclamando un abbraccio che non tardò ad arrivare: agli occhi di qualcuno che non fosse stato consapevole delle preferenze sessuali del mio migliore amico il nostro rapporto sarebbe potuto sembrare ambiguo, e più volte era capitato che in passato qualche mio ex si fosse sentito minacciato dalla sua presenza, prima di spiegare loro per quale motivo – fra i tanti – non avrebbero mai potuto preoccuparsi di Louis, anche volendo.

- Buongiorno, dolcezza – mormorò assonnato, schioccandomi un bacio sulla fronte che mi fece sorridere.
Sorrisi. - Allora, cosa ci fai nel mio letto? -

- Non lo so, Amelia, non ricordo quasi niente di ieri… forse ero solo troppo stanco per tornarmene a casa -
Louis fece spallucce noncurante, conscio del fatto che casa mia sarebbe sempre stata anche la sua seconda casa, per poi sporgersi verso il vassoio e prendere una tazzina tra le mani grandi e pallide.

- Caffè? Dio, potrei quasi diventare eterosessuale per te, se continui così -

- Ed io potrei lasciarmi usare come eccezione alla tua sessualità, se continui a riempirmi di complimenti – risposi divertita, iniziando a sbocconcellare un toast con aria assorta.
Avevo notato che i danni al salone non erano stati esagerati, dunque avrei chiamato più tardi la signora che da qualche mese a questa parte era diventata la donna più fidata, trattandosi di pulizie in casa mia: non ero solita sentirmi a mio agio con l’idea di un’estranea che avesse libero accesso a tutte le mie cose, con la scusa di dover pulire e spolverare, anche perché ero perfettamente consapevole di quanto valesse ogni singolo pezzo della mia abitazione e ne ero fortemente gelosa.
- Allora oggi arriva Harry? - domandò Louis dopo qualche istante, appropriandosi del telecomando del mio televisore personale per sintonizzarlo su un canale a caso.

Una bionda in abiti succinti, palesemente rifatta dalla testa ai piedi, stava spiegando ad una altrettanto finta presentatrice i suoi “segreti di giovinezza”, come se i chili di botulino e le varie chirurgie plastiche a cui si era sottoposta potessero davvero rimanere un “segreto”.

Mi concentrai sulla domanda del mio migliore amico e sbuffai successivamente, pensando alla sera prima e alla discussione avuta con Harry. - Sì – confermai atona, abbassando lo sguardo sulle mie mani lattee, appena costellate da poche lentiggini chiare – e non sono più tanto favorevole all’idea -

- E perché questo, pulcina? - il modo premuroso del mio amico di appellarmi mi fece sorridere, scacciando almeno momentaneamente il broncio che si era appropriato delle mie labbra.

- Perché ieri abbiamo discusso… -

- Cosa ti ha fatto? -

- Mi ha dato della sofisticata con quell’aria – sospirai, marcando particolarmente sul “quella” in un modo che sapevo sarebbe stato inequivocabile per il mio migliore amico. Venendo anche lui da una famiglia dalle condizioni piuttosto agiate poteva benissimo comprendere come ci sentisse ad essere sempre oggetto dell’invidia e delle frecciate della gente meno abbiente, persone convinte che tutto ciò che ottenevamo nella vita ci fosse regalato e che quindi non fossimo degni di rispetto, più simili a dei fantocci abili solo a dare ordini a destra e a manca che a dei veri e propri esseri umani.

Harry mi era sembrato un ragazzo gentile, la prima volta che lo avevo incontrato, e certamente non si era lamentato dell’appartamento grande, dei mobili costosi né dei dolci di piccola pasticceria che gli avevo offerto quel giorno, come benvenuto; di sicuro non mi aspettavo che avrebbe toccato così in fretta un mio nervo scoperto.

- Sono sicuro che non intendeva offenderti, dolcezza – provò Louis, sporgendosi per stringermi tra le braccia esili per quanto muscolose. Chiusi gli occhi, beandomi del suo profumo e di quell’abbraccio così familiare, desiderando segretamente di poter restare così per il resto della giornata, senza dover andare incontro a ciò che mi aspettava di lì a poche ore. Il trasferimento del mio nuovo coinquilino: Harry Edward Styles.




#NdA
Eccomi tornata, finalmente!
So che sono in un ritardo a dir poco tremendo, mio malgrado ho vissuto davvero un brutto periodo e, tra impegni universitari di ogni genere, mi sono trovata completamente imbottigliata in tante cose da fare che non m'hanno lasciato neanche qualche attimo per me stessa.
Ma bando alle ciance, eccomi tornata con il nuovo capitolo! Come potrete notare c'è stato un cambiamento nella narrazione, che da ora in poi non sarù più generale come nel prologo bensì dal punto di vista di Amelia; sono nell'epilogo torneremo poi al narratore esterno.
Non mi dilungo oltre, spero perdonerete il mio ritardo e che possa piacervi il capitolo, come al solito sarei super felice di sentire i vostri commenti a riguardo!
Au revoir,
Madama Aracne.


PS: Vorrei consigliarvi alcune storie davvero belle che mi hanno presa moltissimo!


Reunited
An incredible Night
The Beginning ||H.S||
Still a Flicker of Hope | Larry Stylinson  

 
   
 
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