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Autore: BabaYagaIsBack    17/12/2017    1 recensioni
Re Salomone: colto, magnanimo, bello, curioso, umano.
Alchimista.
In una fredda notte, in quella che ora chiameremmo Gerusalemme, stringe tra le braccia il corpo di Levi, come se fosse il tesoro più grande che potesse mai avere. Lo stringe e giura che non lascerà alla morte, il privilegio di portarsi via l'unico e vero amico che ha. Chiama a raccolta il coraggio e tutto ciò che ha imparato sulle leggi che governano quel mondo sporcato dal sangue ed una sorta di magia e, per la prima volta, riporta in vita un uomo. Il primo di sette. Il primo tra le chimere.
Muovendosi lungo la linea del tempo, Salomone diventa padrone di quell'arte, abbandona un corpo per infilarsi in un altro e restare vivo, in eterno. E continuare a proteggere le sue fedeli creature; finchè un giorno, una delle sue morti, sembra essere l'ultima. Le chimere restano sole in un mondo di ombre che dà loro la caccia e tutto quello che possono fare, è fingersi umani, ancora. Ma se Salomone non fosse realmente morto?
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo Diciannovesimo
§ Non più lo stesso §
parte prima

 

"I'm making up my mind right now, right now
No more looking back, now I'm looking toward the future
Waited for my time, it's right now, right now"

One Man Army, Sleeping with sirens

 

Dopo il battibecco tra Levi e Alexandria, nessuno aveva più aperto bocca - a parte Zenas - e per un intero giorno Noah si era trascinato tra la propria stanza e il salotto, alternando i pensieri a qualche episodio di Lost o alle futili chiacchiere con l'omaccione.

Aveva rimuginato più volte sulle parole di lei, su quella proposta a cui il fratello si era tanto opposto e, se doveva essere del tutto onesto con se stesso, non poteva negare di aver sviluppato una sorta di curiosità a riguardo; dopotutto, se come dicevano loro era la reincarnazione di un alchimista millenario, compiere una piccola "trasmutazione" non avrebbe dovuto causargli alcun problema - al contrario però, se non lo fosse stato, gli effetti collaterali sarebbero potuti essere disastrosi: detta di Nakhaš sarebbe persino potuto andare incontro alla morte. E non era certo una prospettiva che, a ventiquattro anni, lo allettava più di tanto.

Così, dopo un'intera giornata passata rinchiuso tra le mura domestiche, aveva infine deciso di tornare a lezione, in modo d'allontanare la mente da tutto ciò che riguardava Salomone e le sue Chimere - e per farlo, aveva chiesto loro di non seguirlo. Sarebbero potute rimanere nell'appartamento a patto che gli lasciassero un po' di spazio, che gli dessero modo di ritrovare un po' di normalità, ma quella mattina, subito dopo aver varcato la soglia di casa ed essersi richiuso la porta alle spalle, non poté evitarsi di dubitare fortemente di essere riuscito a convincerle. Per quel che aveva potuto sperimentare infatti, non erano creature propense a farsi persuadere.

Ad ogni svincolo o fermata del bus, aveva quindi cercato oltre le proprie spalle le loro ombre, tra la folla i loro visi, eppure non le aveva scorte nemmeno una volta: possibile che gli avessero dato ascolto?
E persino in università, quando Hans e Gretchen gli avevano chiesto chi fossero i due ragazzi apparsi nell'auditorium, si era guardato attorno con circospezione, sperando che parlando di loro non desse il via a una sorta di evocazione - dopotutto non sapeva ancora cosa fosse o meno in grado di fare -, ma né Levi né Alexandria erano apparsi, lasciandogli modo di illudersi per qualche ora di essere davvero tornato alla propria quotidianità.

Fu solo durante la terza lezione della giornata che, voltandosi verso la finestra che dava sulla strada principale, si rese conto di quanto sciocco fosse stato a credere che tutto ciò fosse possibile. Non c'era più nulla di normale nella sua vita e Zenas, tra un'omelette fatta volare al di sopra della propria testa e una spruzzata di limone sul petto di pollo, si era prodigato a spiegargliene il motivo e a fargli capire per quale ragione fosse necessario che lui non venisse mai lasciato solo. A detta sua infatti, da secoli, un nemico, o come lo aveva definito lui ro'a gadol , aveva tentato di catturare l'Hagufah e le Chimere: nel primo caso per estorcere a Salomone i segreti dell'Ars e imparare a governarla, nel secondo per compiere chissà quali esperimenti. Eppure, mentre l'uomo gli parlava di tutti quei pericoli, Noah si era ritrovato a pensare che, a parte loro tre, in tutti i suoi anni di vita non aveva mai incrociato alcun soggetto sospetto, men che meno si era sentito pedinare - di cosa avrebbe dovuto aver paura, quindi?
 

Appoggiando il mento su un palmo, quasi a nascondere il viso da chiunque altro, si lasciò sfuggire un sospiro esasperato, poi fece un cenno ad Alexandria. Seppur inutilmente, stava cercando di attirare la sua attenzione, di farle sapere d'averla notata; peccato che lei sembrasse tutto fuorché realmente interessata a lui - e la cosa, in parte, lo fece sentire ancor più sconsolato.
La scorse osservarsi attorno con circospezione, infossandosi sempre più in un cappotto evidentemente troppo grande e provando passare inosservata, eppure tutto ciò a Noah parve impossibile. A direi il vero, più ci pensava e meno riusciva a spiegarsi come le Chimere fossero riuscite a non farsi notare per tutto quel tempo; anche se Levi, a spizzichi e bocconi, aveva cercato di spiegarglielo.

Prima che Zenas s'intromettesse nel discorso, portando a galla la fantomatica minaccia di "un nemico", Nakhaš aveva accennato ad alcuni stravaganti aneddoti nel tentativo, forse, di risvegliare in lui qualche ricordo; ma anche in quel caso era stato tutto pressoché inutile.
Nel rievocare quei momenti, nello sguardo serpentino del Generale si era fatta sempre più luminosa la luce della speranza, un ardore che era parso tangibile - e il suo entusiasmo aveva pian piano coinvolto anche lui, strappandogli sorrisi, mozzandogli il fiato e facendolo sentire come un bambino all'ascolto della meravigliosa favola della buonanotte. Alcune volte si era sentito il cuore bloccato in gola, altre aveva percepito il vuoto nello stomaco, ma mai c'era stato di più - e come lui, anche Levi doveva essersi accorto di quel muro invisibile erettosi tra di loro, così alla fine si era rintanato in un silenzio che, insieme a quello di Alexandria, aveva perseguitato il ragazzo fino al momento in cui il sonno aveva avuto la meglio.

Noah a quel pensiero socchiuse gli occhi, poi tornò a fissare Z'èv.
C'era qualcosa, in lei, che lo attirava come una calamita, una sorta di questione in sospeso che sentiva di dover risolvere, eppure ogni volta che le si avvicinava, la Chimera faceva un passo indietro, rintanandosi al di là di quello stesso muro che lo teneva lontano anche da Nakhaš e, in parte, da Akràv - peccato che non riuscisse nemmeno a immaginare cosa potesse essere.

D'improvviso il rumore delle sedie strisciate sul pavimento e il vociferare sempre più confuso dei compagni lo riportarono con lo sguardo di fronte a sé: la lezione era finita. Nemmeno si era reso conto del passare dei minuti, di non aver preso appunti; era stato completamente assorbito dai propri pensieri, dalla figura di Alexandria addossata alla parete - e dovette affrettarsi per non restare indietro.
Infilando alla bene e meglio i libri in borsa , prese a seguire la fiumana di studenti fuori dall'aula scongiurando i gran segreto di non incrociare ne Hans né Gretchen - non aveva tempo per loro e, men che meno, aveva voglia di rispondere a qualsiasi nuova domanda potessero fargli. Come avrebbe risposto a quesiti più specifici? Non ne aveva alcuna idea e persino le poche, false spiegazioni che gli erano venute in mente non sembravano abbastanza plausibili.
Non importava quanto le Chimere sostenessero che fosse esperto nell'evitare verità e celarsi dietro le menzogne, lui era certo di non poterci riuscire.

Alzando lo sguardo indagò i visi dei presenti cercando un segno, qualcosa che mettesse a tacere i suoi dubbi. Chissà se anche in quel momento, uno qualsiasi degli studenti, riuscisse a leggergli in faccia la fatica nel tacere, nel nascondere tutto ciò che aveva scoperto in quei giorni. Chissà se, invece, tra di loro ci fosse qualcuno che, come lui, fosse a conoscenza della verità, di tutto ciò che Levi, Zenas e Alexandria gli avevano raccontato. E se tra di loro ci fosse stato un alchimista? E se anche lui avesse compiuto a sua volta dei Lazerikhah, oppure avesse vissuto decine di centinaia di vite oltre a quella? Un brivido gli corse lungo la schiena, facendolo sussultare. 

E chissà come avrebbero reagito i suoi amici, i suoi genitori!
A quel pensiero, mordendosi il labbro, si chiese se in passato avesse mai svelato a qualcuno quel segreto, se oltre alle Chimere vi fossero state persone degne di conoscere la verità. Come avevano reagito? E come si era comportato, il sé di quelle vite?
Amaramente si rese conto che avrebbe davvero voluto ricordare, in modo da sapere, da agire senza commettere errori - perché viste le premesse, poteva davvero combinare enormi casini.
Se solo la sua mente fosse riuscita a sbloccarsi avrebbe potuto conoscere le risposte a tutte quelle domande, rivivere le sensazioni che tanto aveva visto smuovere Nakhaš e i suoi fratelli - eppure non succedeva mai. Persino le allucinazioni, da quando quei tre si erano catapultati nella sua vita, parevano essersi dileguate: sintomi febbrili schiacciati dall'azione del paracetamolo. E così, si era ritrovato senza nulla a cui aggrapparsi. Solo le loro parole, le flebili reazioni del suo corpo e quella instancabile sensazione nostalgica erano rimaste a fargli compagnia e, se doveva essere sincero, non sapeva bene che farsene.

Noah si lasciò sfuggire uno sbuffo prima di passarsi la mano sugli occhi, quasi a levarsi di dosso la frustrazione che sentiva crescere. La situazione diventava sempre più sfiancante e non negava che temesse per i giorni a seguire. Dopo la notizia di essere un Re millenario, un alchimista e il bersaglio di un ipotetico nemico, cosa lo aspettava ancora?

Svoltando, si ritrovò improvvisamente di fronte al portone d'ingresso all'ateneo e, intontito, rallentò il passo. Non si era accorto di aver corso lungo i corridoi sino a raggiungere l'uscita, men che meno di essere sceso lungo le due rampe di scale che dividevano l'aula di Fisica Generale dal piano terra - eppure, la sua confusione fu presto sedata. Oltre la soglia, a qualche manciata di metri da lui, scorse nuovamente la sagoma di Alex ancora addossata all'edificio di fronte; e quasi guidato dall'istinto, Noah le andò incontro, zittendo ogni dubbio.

C'era qualcosa di inspiegabilmente rassicurante, calmante nella sua presenza. Forse, pensò, perché era stata lei, un paio di giorni prima, a correre in suo soccorso quando aveva perso i sensi; a salvarlo, se così si poteva dire. Oppure, perché rispetto ai fratelli non era altrettanto assillante: non gli parlava di Salomone, non cercava di far emergere in lui ricordi probabilmente inesistenti. E così, seppur avesse disubbidito alla sua richiesta di non essere seguito, Noah non riuscì a impedire alle gambe di raggiungerla - perché Alexandria, in fondo, lo attirava davvero come una calamita.


ro'a gadol
: un grande male
Lazerikhah: risveglio

 

 

 


 
   
 
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