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Autore: StewyT    20/12/2017    1 recensioni
1625 Inghilterra: Carlo I vuole ottenere la supremazia su tutte le terre in territorio Inglese, ma Robert Lightwood, Re di Scozia non accetterà mai di cedere a quello che si dichiara unico vero re del Regno Unito con un’unica religione, e l'unica possibilità che gli resta è il Re Magnuspossessore del più grande esercito conosciuto al mondo, a cui promette la mano di sua figlia Isabelle.
Magnus Bane, il più ricco possidente terriero conosciuto al mondo, regna nelle calde isole indonesiane e in Scozia non ci metterebbe mai piede se non fosse che tempo prima, lì ci ha lasciato la donna che credeva di amare: Camille Belcourt.
Arrivato in Scozia, però, tutto quello che Magnus aveva in mente scompare con un soffio di vento dagli occhi blu e i capelli neri. Magnus, infatti, allettato all’idea di conoscere Isabelle, viene totalmente colpito da Alexander, fratello maggiore di quest’ultima, e timido ragazzo dal carattere forte chiuso in sé stesso.
Riuscirà la magia che scorre nelle vene di Magnus ad avvolgere il cuore freddo e cinico di Alec e a salvare Isabelle da un matrimonio obbligato? L'amore, in fondo, è in grado di compiere grandi magie.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You get me so high.
 
La mattinata era stata fin troppo noiosa per Re Magnus; tra chiacchiere inutili con Robert e Maryse per decidere come e quando sarebbe stato celebrato il matrimonio – e soprattutto il contratto matrimoniale che in pratica avrebbe reso Magnus schiavo dei Lightwood a vita – visite di tessitori, sarti e venditori di pregiati tessuti tanto brutti quanto pesanti, e il solito silenzioso pranzo a base di pesce e verdure varie.
La verità era che quindici giorni passati in quell’inferno erano fin troppi; era ancora dell’idea di voler ingannare quanto più possibile Robert e soprattutto voler avere quante più informazioni possibili su Camille prima di andare via, certo, ma quello era un sacrificio troppo grande
L’unico motivo per cui al mattino continuava a svegliarsi, vestirsi bene e presentarsi ai vari appuntamenti era sempre e solo lui: Alexander Gideon Lightwood.
Il principe Alec era giorno dopo giorno più bello; di solito Magnus si annoiava molto presto delle persone, soprattutto quando quelle persone non gli davano neanche spago con cui giocare, ma quella situazione era totalmente diversa. Non si annoiava mai di guardare di nascosto quel ragazzo, o di sorridergli quando lo beccava ad osservarlo per scambio, o ancora, sentirlo parlare di quel maledetto castello ogni sera al ritorno verso le loro rispettive camere. Certo, ogni notte la voglia di invitarlo a restare in camera sua aumentava sempre di più, ma stava resistendo. Poteva farcela.
Per quanto riguardava Isabelle, la sua promessa sposa, tutto andava a gonfie vele tra loro; quindici giorni sono così pochi per conoscere davvero qualcuno, eppure con lei aveva proprio quell’impressione.
Gli sembrava di conoscerla da tempo e di aver appreso giorno dopo giorno qualcosa di prezioso da lei.
Proprio perché ormai la conosceva troppo bene, però, era ancora più sicuro della sua iniziale scelta di non volerla sposare – e anche se non ne avevano parlato era assolutamente certo del fatto che lei fosse più che d’accordo –. Suo fratello aveva contribuito a quella scelta, certo; anche perché se quindici giorni sono pochi per conoscere qualcuno e diventargli amica, altrettanto pochi sono per conoscerlo qualcuno ed innamorarsene follemente, ma con Alec non era successo. Con Alec era nato tutto all’improvviso, dal primo momento che i loro occhi si erano scontrati e avevano deciso di innamorarsi. Perché lo sapeva, anche Alec non gli era indifferente. Altrimenti perché trovava ogni sera una scusa per accompagnarlo in camera e parlargli, dopo aver passato una giornata intera ad ignorarlo?
Certo, quella non era una cosa molto carina da fare, ma Alexander aveva molto da nascondere ai suoi genitori e forse quello era l’unico modo che vedeva per farlo.
D’altronde in Scozia non erano certo avanti e aperti come nel suo regno. Che peccato.
Il sole ormai stava per calare ma questo non spaventava Re Magnus e la sua promessa sposa dal salire su un cavallo ben sellato e girovagare per i boschi attorno al castello; Isabelle gli aveva promesso che lo avrebbe portato nel suo posto preferito tempo prima e quello era stato il primo momento disponibile per accettare il suo invito, quindi non se ne sarebbe di certo tirato indietro.
E dunque, eccolo in quel momento, ad osservare il cielo azzurro diventare più scuro e fare da sfondo ad una bellissima Isabelle con un bellissimo abito rosso a fasciarle la vita e mettere in risalto il prosperoso seno, con una lunga treccia nera a sottolineare la bellezza della sua morbida schiena, e le labbra rosse inarcate su un adorabile sorriso. Il tutto mentre era intenta a parlare con quel ragazzo che ormai notava spesso a cena; i ricci ribelli castani lasciati scivolare sul viso, con i suoi abiti più comodi – dei pantaloni di pelle ed una blusa bianca – e il sorriso più grande che avesse mai visto fare a qualcuno.
Si nascose dietro un albero, anche se non voleva ovviamente spiare, e sorrise a sua volta; quei due erano il ritratto dell’amore. Sembravano così legati uno all’altra, così sinceri, così felici.
Stette dietro l’albero fino a quando non li vide scambiarsi un bacio veloce – frutto di un ‘errore’ di Simon, il ragazzo, che si sporse senza che Isabelle se ne accorgesse, e quindi madre dell’ira di Isabelle che lo spinse via subito dopo aver ricambiato il bacio, con due enormi schiocche rosse sul viso. -.
Magnus per evitare qualsiasi litigio ne sarebbe potuto venir fuori, uscì dal suo nascondiglio e poggiando le mani dietro la schiena assunse la sua aria più annoiata; prese a camminare come se nulla forse, e si fermò al fianco di Isabelle come se fosse stato sorpreso di trovarla lì, avanti alla stalla.
“Re Magnus!” esordì lei; la voce ricca di apprensione, il viso rosso come non mai.
In quel momento somigliava così tanto a suo fratello Alexander, sebbene la sua ingenuità non fosse neanche un decimo di quella del fratello.
“Principessa Isabelle. Simon” salutò con un leggero inchino verso la ragazza e un sorriso al ragazzo.
“Siamo pronti per la nostra cavalcata?”.
Simon lo guardò di traverso – era forse gelosia quella? – e balbettò qualcosa come “Sì, Re Magnus” che però risuonò più come un “spero tu ti rompa una gamba, Re Magnus”, o almeno questo fu quello che percepì il cervello del Re che sorrise soddisfatto e si allungò per dare una pacca sulla spalla al ragazzo.
Prese quindi il cavallo nero con la sella di pelle bianca che gli passo Simon e allontanandolo leggermente vi ci salì sopra abilmente. Isabelle fu invece aiutata da Simon e Magnus era certo che lo avesse fatto per stringergli la mano più che per reale necessità.
“Tranquillo, Simon” disse Magnus sorridendo prima di dare un leggero colpo al cavallo per farlo partire “Nessuno cercherà di rubarti la tua Principessa!”.
Simon quasi non si strozzò con la sua stessa saliva, Isabelle che pensò di poter morire da un momento all’altro, diede un piccolo colpo al suo cavallo Meliorn e partì, girandosi indietro per gridare un “Allora, Magnus Bane, vi farete battere da una donna?” seguito da una risata di Magnus che partì subito dopo.
 
Il cavallo di Isabelle andava veloce, quasi come se chi lo stava cavalcando volesse allontanarsi il più possibile da qualcosa, ma Isabelle gli urlò un “Fate presto! Sta per avvicinarsi il crepuscolo, Magnus! La radura dove voglio portarvi è più bella al crepuscolo” che per un momento fece dimenticare al Re quello che pensava riguardo all’allontanarsi. Si mosse più velocemente contro il cavallo che come se fosse stato programmato solo per farlo prese a correre più veloce fino a quando Magnus non fu al fianco di Isabelle che lo guardò con un grosso sorriso e due occhi pieni di aspettative “Vi piacerà, ne sono certa, Re Magnus”.
Magnus le sorrise “Tutto quello che vuoi, Isabelle. Ma ti ho già di non chiamarmi Re e di darmi del tuo, te ne prego” Isabelle rise “Allora d’ora in poi per te sono solo Izzy. E fa presto!” gli fece un occhiolino e riprese a correre nuovamente, veloce come il vento; con la treccia scompigliata dalla quale fuggivano capelli selvaggi che volavano nel vento.
Era bellissima.
Così come – anche se gli costava ammetterlo – era bellissimo il cielo indaco costellato di nuvole bianche e una enorme sfera di fuoco che diventava sempre più scura, momento dopo momento.
Così come il vento freddo che soffiava e scompigliava i capelli del re inebriandolo però del profumo dei fiori sparsi sull’erba verde e delle foglie vive che svolazzavano sugli alberi.
Ormai erano fuori dal castello –certo, non fuori dalle proprietà del Re – e Magnus riusciva quasi a sentire quella pesantezza che riusciva a trasmettergli Re Robert con un solo sguardo. Era orribile.
Si domandava come facessero i quattro figli di quell’uomo a sopportarlo, a non diventare pazzi, a non desiderare di scappare. Forse lo facevano.
Alec a volte gli dava quell’impressione; quando lo guardava a cena o quando era vicino a suo padre, sembrava boccheggiare in cerca d’aria, cercare una scappatoia, un modo per allontanarsi da quello che Robert lo forzava ad essere. Sangue del suo sangue. Suo successore altro trono. Futuro erede della sua corona. Quanto peso sulle spalle doveva avere quel ragazzo.
Magnus si risvegliò dai suoi pensieri solo quando fu Isabelle a urlargli di fermarsi e lui lo fece, aprendo poi gli occhi su quello che la principessa gli stava mostrando.
Avanti ai loro occhi si apriva lo spettacolo più emozionante e vello che avesse mai visto o persino desiderato di vedere in quel posto dimenticato dagli dei.
Avanti ai suoi occhi si stagliava un’enorme vallata costeggiata da un infinito insieme di alberi dagli enormi rami che si abbracciavano verso l’alto in un intrico di foglie. Come braccia che cercavano di tirare un albero verso l’altro. Come se quegli alberi non fossero stati in grado di vivere da soli ma per farlo avessero avuto bisogno l’uno dell’altro.
Dietro quell’intrico di tralci era possibile vedere il cielo al crepuscolo: blu, rosso, rosa, azzurro.
Colori mischiati a formare qualcosa di ancora più incantevole del solito, con il sole enorme e radioso a dare un’aura di caldo arancione su tutto. Come se stesse osservando e amando quegli alberi.
“WoW” fu tutto quello che disse Magnus fermando il suo cavallo. Sentì Isabelle ridere.
La seguì quando scese dal suo cavallo e fece come aveva fatto lei, lo legò ad un albero solitario che sembrava essere stato messo lì solo per vegliare sull’intrico che aveva avanti e soffrire perché lui non ne faceva parte.
Seguì Isabelle in silenzio, guardando la sua gonna oscillare avanti e dietro, vino al centro esatto di quella meravigliosa galleria naturale, e rise quando la vide sedersi a terra; non si aspettava certo da una elegante e tanto attenta al suo aspetto fisico che si sedesse sull’erba già leggermente bagnata di rugiada per osservare il crepuscolo!
Pensò un secondo ai suoi bellissimi pantaloni di seta arancio prima di decidere che potevano sacrificarsi pur di star seduto al fianco di quell’adorabile donna, per sentire la sua storia; quindi prese un grosso respiro e poi le si sedette accanto, toccandole gentilmente una mano. Isabelle si girò verso di lui e gli sorrise.
“Allora, ti piace?” chiese con gli occhi neri luminosi e Magnus annuì, non riuscendo a staccare occhio dalla meraviglia della natura che aveva avanti. “Questi colori…” disse, sorridendo “Mi ricordano tutto quello che amo” sussurrò, decidendo poi di sdraiarsi con la schiena sul prato; l’odore forte dei fiori bianchi ad addolcirgli il momento, il sole a renderlo più caldo, Isabelle a renderlo speciale.
“Quindi” disse “Questo è il tuo posto preferito solo perché è l’unica cosa bella che avete in queste lande congelate?” chiese, curioso. Sentì Isabelle ridere di gusto e la vide scuotere la testa.
“Mi ha portata qui Alec per la prima volta” confessò “Aveva quindici anni, io ne avevo un paio di meno. Qui mi ha svelato i suoi più profondi segreti” sussurrò “Mi ha reso davvero partecipe della sua vita. E qui io ho fatto altrettanto con lui”. Concluse il discorso stendendosi al fianco di Magnus, i gomiti che si sfioravano, i pensieri che girovagavano verso la stessa medesima persona: Alexander.
Isabelle doveva amarlo moltissimo; il legame tra loro due era così forte da essere evidente e palpabile.
Era felice che entrambi avessero qualcuno su cui contare per scappare via da Robert.
Aveva avuto un padre opprimente, uno di quelli che lo voleva a sua immagine e somiglianza e sapeva quanto potesse far soffrire non essere la sua prima scelta. Lui non lo era mai stato.
E lui era stato da solo a combattere contro la sua potenza e la sua forza, ma aveva vinto.
“Questi sono faggi” Isabelle interruppe il silenzio che si era creato e Magnus ne fu estremamente felice, visto la direzione che stavano intraprendendo i suoi pensieri.
“Ricordo ancora la prima volta che Alec mi ha parlato dei faggi” rise “Lo ha fatto come incipit per la sua confessione” scosse la testa e Magnus la osservò sorridere al ricordo “Il Faggio ci insegna ad essere liberi, ad andare oltre le limitazioni delle nostre idee e delle nostre credenze. Ci insegna ad aprirci agli altri, ad accoglierli, ma anche a rispettare noi stessi e i nostri confini. Il Faggio ci fa guardare indietro alle nostre radici e poi ci chiede di alzare gli occhi al cielo e volare verso la nostra vita, verso la nostra storia, finalmente liberi.” Citò a memoria. “Aveva iniziato proprio in quel periodo ad appassionarsi alla natura e al significato di tutto quello che ci circonda. Mi raccontò tante di quelle leggende sul faggio. Ma non le ricordo. Ricordo solo le sue parole e quello che mi spinsero a fare. Aveva ragione, non possediamo altro che la nostra libertà nella vita; è infinita, così come il cielo, così come le possibilità che potremmo vedere se alzassimo un secondo lo sguardo verso l’alto”.
Magnus annuì a quelle parole e le sfiorò nuovamente una mano “Siete delle persone meravigliose” sussurrò. “Alexander è l’essere più interessante che abbia mai conosciuto. E tu, tu Isabelle, meriti tutte le cose belle che la vita possa darti e l’amore è una di quelle. Non scappare dall’amore solo perché temi il giudizio di tuo padre” affermò.
“Sei innamorata, Isabelle? O lo sei mai stata?” chiese, sommessamente. Isabelle arrossì e allontanò lo sguardo, come se volesse allontanarsi a sua volta, ma non rispose.
“Alec mi ha parlato di questa radura” ammise allora il Re, poi “Ma non credevo di trovarla bella come me la descriveva” sorrise leggermente imbarazzato dalla sua poca fede “E mi ha detto anche che il faggio è l’albero dei desideri o almeno così dicono le leggende. Isabelle, aiutami a far avverare i vostri desideri”. E con vostri intendeva i suoi e quelli di suo fratello; perché per quanto li conosceva in quel momento di due cose era certo: Isabelle voleva Simon e Alec voleva la libertà dalle sue bugie.
Isabelle si morse il labbro inferiore, le guance rosse e un sorriso imbarazzato.
“Spero che tu abbia capito che puoi contare su di me per qualsiasi cosa” le disse, in fine, chiudendo gli occhi per rilassarsi al suono degli uccellini che volavano a nascondersi nei loro nidi, e del vento che suonava tra le fronde.
“Lo so” sentì dire ad Isabelle “E te ne ringrazio”.
Avrebbe davvero fatto di tutto per le persone a cui voleva bene e Isabelle ormai era una di quelle, seppur si fosse intromessa così velocemente nella sua vita; a quanto pareva quello era un tratto distintivo dei Lightwood. Avrebbe fatto di tutto per aiutare lei e suo fratello e non solo perché temeva di potersi seriamente innamorare di Alexander.
 
Il ritorno al castello non fu pieno di confessioni come la sosta nella radura, ma fu altrettanto piacevole e divertente; Magnus riusciva ad essere sé stesso e divertirsi con Isabelle, così come gli era successo poche volte nella sua vita e tutte solo con Clary che aveva cresciuto, Raphael e Ragnor con cui era cresciuto e Catarina, la dottoressa del suo castello che era stata assunta come tale ed era finita per diventare la migliore amica del Re che si trovava spesso nel suo ambulatorio inventandosi i dolori più strani.
Il rientro al castello non era stato gradevole come il resto del pomeriggio; Robert non gli piaceva, quella era le verità. E trovarselo avanti in ogni momento della sua giornata non era la sua cosa preferita.
Il tutto peggiorava se ogni volta che lo vedeva leggeva nel suo sguardo apprensione e aspettativa, come se lui fosse stato lì per dovergli qualcosa e non per sua – stupida – scelta.
Anche quel pomeriggio il suo sguardo non fece eccezione, né tantomeno le sue inutili domande e il suo atteggiamento; a migliorare la situazione c’era stato Alexander che in quel momento con le braccia incrociate e lo sguardo indagatore – o forse infastidito? – gli era sembrato l’esatta copia di suo padre, a parte venti anni in meno e fisico mozzafiato in più.
Era stato fastidioso rientrare dalla cavalcata con Isabelle sotto braccio - entrambi ancora ridenti per qualche battuta che Magnus avevano fatto – e ritrovarsi i due Lightwood ad aspettarli quasi all’entrata del castello; Robert con le braccia dietro la schiena, Alec con le braccia incrociate al petto.
Magnus aveva sbuffato e alzato gli occhi al cielo – voleva vedere Alec quanto più possibile, certo, ma non in quelle condizioni. Non gli serviva una copia di Robert che gli desse il tormento peggio del Robert originale – e aveva salutato entrambi con un cenno del capo “La cavalcata è stata favolosa” aveva detto “Ma a quanto pare i faggi non hanno avverato i miei desideri” aveva poi borbottato, facendo ridere di gusto Isabelle e aggrottare le sopracciglia di Alec. “Ora se mi scusate sono estremamente stanco, ho bisogno di ritirarmi”.
Robert, che odiava non poter parlare e sputare quello che pensava ogni secondo, sbuffò guardandolo mentre si abbassava per dare un bacio sulla guancia alla ragazza e poi andava via, seguito dallo sguardo di Isabelle ed Alec. Dunque aveva dato una pacca sulla spalla del figlio e dopo aver guardato Isabelle si era allontanato a sua volta. Alec, che intanto non aveva spostato lo sguardo dal punto in cui aveva visto Magnus allontanarsi, era arrossito da testa a piedi quando Isabelle si era poggiata alla spalla, sorridendogli nell’orecchio ed esordendo un “Magnus è così dannatamente bello, intelligente e sexy. Credo saprebbe soddisfare ogni tuo desiderio” prima di scappare via a sua volta. Quella era una congiura contro di lui, ne era certo.
Il rientro in camera invece fu eccezionale: Clary gli aveva preparato una vasca piena d’acqua calda con i suoi aromi preferiti: sandalo e cannella migliorati con un’enorme quantità di schiuma arancio, e lo stava spettando con la sua vestaglia di seta preferita; era certo che avesse qualcosa da dirgli ma non era stata quella la prima cosa che gli aveva chiesto. Le aveva dato un bacio sulla guancia, si era tolto via le scarpe e poi i pantaloni e la camicia, entrando nella vasca ancora con le mutande – che aveva gettato via non appena era stato abbastanza coperto dalla schiuma per non scandalizzare la piccola Clary, che ogni volta rideva delle premure, tenendo a ricordargli che non era di certo la prima volta che vedeva un uomo nudo e che in più non sarebbe mai riuscita a guardare suo fratello con occhio critico. E anche per quel motivo non riusciva mai a ritrarlo in una delle sue incantevoli opere-.
Non appena fu completamente immerso nell’acqua calda che gli sciolse e rilassò i muscoli, si sentì nuovamente in grado di poter guardare Clary con il suo miglior sguardo indagatore e puntarle un dito contro, chiedendole un “Cosa mi nascondi?” al quale Clary arrossì come poche altre volte in vita sua.
“Io…” sussurrò la ragazza abbassando lo sguardo a terra prima di riprendere a parlare.
“Io in questi giorni sono diventata molto amica di Jace e…” la vide mordersi l’interno della guancia, quello poteva voler dire solo una cosa: Clarissa voleva nascondergli qualcosa ma non ci riusciva.
“Mi piace. È un bravo ragazzo oltre che un principe. Può sembrare eccentrico e presuntuoso ma giuro che non lo è. Ha una storia difficile alle spalle. Ha un passato pesante e oscuro che per certi versi somiglia molto al mio. So che ha qualche anno in più a me ma mi fido di lui, Mag” sbuffò “E mi fido di lui quando dice che vuole aiutarmi a trovare mia madre. So che non vuoi aprire l’argomento e quindi non ti chiederò informazioni, non ti pregherò di dirmi cose che non so, non più. Lo giuro. Ma voglio trovarla e vorrei che tu mi dicessi che per te va bene. Perché lei è mia madre ma sei stato tu a crescermi e non vorrei mai fare qualcosa che ti facesse stare male”.
Magnus si morse il labbro inferiore –ricordando troppo tardi che quella era un’abitudine di Alec, non sua -  e annuì, desiderando fortemente di uscire da quella vasca ed abbracciarla. Dunque prese la vestaglia che Clary aveva poggiato a terra poco prima e provò a nascondersi quanto meglio uscendo dalla vasca, per poi legarsela alla vita ed inginocchiandosi ancora grondante d’acqua ai piedi di Clary, che lo guardò con gli occhi ricolmi di lacrime sebbene non fosse molto avvezza al pianto.
“Clarissa” sussurrò lui, prendendole il mento, un piccolo sorriso ad increspargli le labbra.
“Ho giurato due cose a tua madre: la prima è che ti avrei cresciuta con tutto l’amore possibile, piena di speranze, desideri e positività; in un mondo pieno di magia e possibilità, lontano al male che ti avrebbe divorata qui. Piena di virtù ed ideali. La seconda cosa è che non ti avrei mai dovuto parlare di lei; non voleva che scoprissi il suo nome per tenerti quanto più possibile lontano da tuo padre. Avrò anche mantenuto la prima parte della promessa, ma ho quasi disobbedito alla seconda parte portandoti qui con me. Il problema è che per uno cresciuto senza madre e sa cosa si provi, è facile mettersi nei tuoi panni. Tua madre aveva ragione a volerti proteggere ma non a voler cancellare le tue origini. Ebbene qui ci sono le tue origini ma non c’è altro per te. Sei libera di conoscerle, di conoscere il nome di tua madre e di cercare il modo per conoscerla almeno un po’. Non disobbedirò alla promessa di non dirti il suo nome ma da oggi in poi sei libera di fare quello che preferisci. Vai!” lasciò il suo mento solo per portare entrambe le mani sulle sue e stringerle forte “Ti voglio bene, mia piccola Clarissa” le sussurrò e Clary scoppiò a piangere abbracciandolo.
“Anche io” rispose, schiacciando il viso sulla sua vestaglia di seta “Sono fortunata”.
E lo era. Ma anche Magnus era stato fortunato ad aver avuto la possibilità di poter crescere e conoscere una tale persona speciale.
Era stato meno fortunato invece ad aver accettato l’invito in quelle maledette terre e se ne accorse per l’ennesima volta quando dovette accantonare l’idea di trascorrere tutta la serata con Clary sul suo letto di oro a guardare il cielo pieno di stelle dalle sue finestre di marmo, con due piatti di riso e cocco grattugiato e due freschi dawet tra le mani, per doversi rivestire di tutto punto e presenziare all’ennesima cena a base di carne e chissà quali altre porcherie tipiche di quel maledetto posto.
 
La cena come al solito era stata noiosa ma era stata migliorata di tanto in tanto dalle battutine di Clary, quel Jace biondo maledetto e Isabelle. Era stato bello, inoltre, spiare gli sguardi che si lanciavano Isabelle e Simon; non riusciva a capire come riuscissero a stare così lontani quei due quando erano nella stessa stanza, eppure l’elettricità che li legava era forte e palpabile, la sentiva sotto la sua stessa pelle.
Alec. Ci avrebbe voluto stendere un velo pietoso su Alec. Lui era muto. Costantemente muto. Mangiava.
Ascoltava le parole inutili di Robert. Mangiava. Guardava di sottecchi Magnus quando lui faceva finta di essere distratto. E così aveva continuato anche quella benedetta sera; non lo aveva visto per quasi tutto il giorno quindi si era aspettato almeno un cenno, un sorriso, un qualcosa da parte sua.
Ma evidentemente aveva avuto ragione Clary alla loro prima cena: Alec non era affatto interessato.
Forse lo odiava, anzi; lo vedeva come una minaccia. Come colui arrivato a corte per potarsi via sua sorella.
Peccato che tutto quello che avrebbe voluto portare via sarebbe stata la sua verginità.
Quella sera non si era alzato per primo dal tavolo; sebbene avesse avuto molta voglia di parlare con Alec non voleva che lo seguisse e gli parlasse per i due minuti del tragitto verso camera sua.
Preferiva non parlargli affatto, anche perché avrebbe potuto dirgli davvero poche cose carine, era infastidito.
Aveva dunque aspettato che occhi blu si alzasse, con Isabelle sottobraccio, e lasciasse la camera; dopodiché si era alzato a sua volta e si era avviato verso la grande biblioteca che Clary gli aveva consigliato di visitare.
Odiava con tutto sé stesso quel posto, l’oscurità che circolava in quel castello, la costante presenza di persone in armatura con delle enormi lance tra le braccia, pronte per essere infilzate nella carne calda di qualcuno, ma c’erano posti di quel castello in grado di togliergli il respiro. Posti come la biblioteca.
Era enorme, con le pareti piene di libri, con un soppalco che portava a due corridoi pieni di libri, interrotti solo da un enorme rosone sulla parete – decisamente gotico – da splendenti colori che al buio della notte sembravano più scuri e profondi. Delle poltrone di pelle erano sparsi qui e lì per la sala, e il centro era occupato da un tavolo massiccio ricolmo di libri mezzi aperti.
Magnus si ritrovò ad immaginare un piccolo Alec ed una piccola Isabelle intenti a studiare tra quei libri, un piccolo principino felice di poter respirare l’odore caldo e forte dei libri, concentrato a sapere quanto più possibile su quel castello costruito centinaia di anni prima.
Sorrise sedendosi su una delle poltrone e chiudendo gli occhi, giusto perché stare tra tutti quei libri, con l’odore di polvere e pagine a stuzzicargli le narici, con la luce lunare che entrava dal rosone e quella calda delle candele lungo il soffitto, lo rilassavano oltremodo.
Gli mancava il suono delle onde calme, il calore del sole, l’odore del cocco, ma quel posto riusciva a rilassarlo quasi quanto casa sua; doveva ringraziare Clary, aveva appena trovato il suo rifugio.
Aprì gli occhi quando sentì un fruscio di vento contro la guancia e un respiro sorpreso, e a sua volta sorpreso provò a sorridere a chi si trovava avanti: Alec.
Il ragazzo lo guardava a bocca leggermente aperta, le guance rosse come i boccioli di fiori più belli che avesse visto in Indonesia, gli occhi lucidi.
“Io- Mi dispiace di averti svegliato Re Magnus. Sono venuto solo..”.
Magnus scosse la testa divertito “Non mi hai svegliato. E questa è casa tua, non devi darmi spiegazioni” si sedette meglio sulla sedia, accavallando le gambe “E smettila di chiamarmi Re Magnus, ormai ci conosciamo, no?”.
Alec arrossì ancora di più e annuì “È che ‘Re Magnus’ ti sta così bene. È vigoroso e maestoso come te..” disse, mordendosi subito dopo la lingua per quello che aveva detto “Perdonami..” sussurrò, dando uno schiaffetto sulla copertina di cuoio che aveva tra le mani. Magnus rise e scosse la testa.
Gli avrebbe dimostrato con piacere il suo vigore se solo fosse stato possibile, ma non lo era; si era completamente sbagliato su Alexander. Dunque non fece altro che ignorare quello che aveva appena detto, ed indicare il libro che Alec aveva tra le mani.
“Sogno di una notte di mezza estate” disse con un grosso sorriso sulle labbra.
Alec annuì sedendosi su una delle sedie attorno al tavolo. Quello era un buon segno, no?
Il principe era disposto a trascorrere qualcosa che non fosse un minuto e mezzo con lui – e per di più magari senza parlare di quel maledetto castello -  o si sbagliava?
“È la decima volta che la rileggo” sorrise imbarazzato mostrandogli leggermente le pagine consunte.
“Mi diverte! Ma mi fa anche riflettere e sperare. Se la storia di Ermia e Lisandro è finita bene forse anche la mia può finire bene”.
Magnus lo guardò e gli venne voglia di abbracciarlo, ma restò lì al suo posto.
“Ermia ha avuto il coraggio di essere sé stessa e disobbedire a suo padre, però. È scappata con Lisandro pur di non sposare Demetrio come le aveva ordinato Egeo. Tu lo faresti? Saresti in grado di andare contro tuo padre pur di affermare te stesso?”.
Anche lui aveva amato profondamente quella commedia; gli aveva dato un altro punto di vista, gli aveva fatto capire che se voleva poteva diventare quello che voleva: proprio come Ermia era riuscita a sposare chi amava lui poteva essere chi amava.
Alec lo guardò di traverso e poi chiuse gli occhi, quasi stesse riflettendo sui segreti del mondo.
“Ermia ha avuto Lisandro dalla sua. La natura dalla sua. È stata aiutata dalle fate, dai folletti e dagli elfi, però” fu quello che disse, invece. Facendo quasi sorridere Alec.
“Beh più che aiutata direi danneggiata, in parte. Ma sì, non era sola contro suo padre. Tu credi di essere solo?” chiese, curioso.
“Io non sono in lotta con mio padre” esordì lui, le guance rosse e gli occhi bassi.
“Forse sei in lotta con te stesso, allora?!” chiese Magnus, guardandolo dritto negli occhi, ma Alec scosse la testa. “Forse dovrei andare a letto” sbottò Alec alzandosi in piedi, le braccia stese lungo i fianchi, lo sguardo scosso.
Magnus sorrise, ma per nulla divertito. “Certo. Dimostri proprio di essere un’Ermia moderna, Alexander” fu quello che disse tornando a chiudere gli occhi, pensando di vederlo andare via, ma sentì la sedia strusciare a terra, un movimento d’aria avanti al suo viso e un’altra sedia essere spostata, dunque aprì gli occhi e si ritrovò Alec proprio seduto di fronte. Si morse l’interno della guancia per non sorridere.
“Io non lotto con me stesso” fu quello che disse.
“Ho avuto il piacere di guardare questa meravigliosa opera al Globe quindici anni fa e sono davvero certo che sia stata scritta per far ridere chi la guardava, non per far rattristare, Alexander. Stavo solo cercando di comunicare con te, non volevo offenderti”.
Alec annuì e portò una mano tra i capelli facendo quel gesto che mandava il cervello del re in escandescenza.
“Sei stato al Globe…?” chiese curioso, gli occhi scintillanti di genuina interesse.
Magnus sorrise, riconoscendo in Alec un bambino, in quel momento; forse era vero, non lottava contro sé stesso, forse semplicemente non si conosceva ancora. Non sapeva ancora cosa voleva e come lo voleva.
Non sapeva ancora che era possibile non essere manipolato da Robert. Anche lui lo aveva scoperto tardi.
“Oh certo, Alexander. Esattamente quindici anni fa, quando seguii mio padre qui in Scozia per degli affari con tuo nonno” sorrise, chiudendo gli occhi per ricordare quei momenti, ma in particolar modo il viaggio verso Londra che aveva intrapreso con Camille; i baci che si erano scambiati lungo la via, l’entusiasmo di un giovane che amava davvero per la prima volta; la curiosità del vedere quello di cui tutti parlavano al fianco della donna che amava. L’amore. Una cosa di cui tutti parlavano. Quelli erano stati bei momenti.
“Ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita. È stato qui che ho conosciuto una delle persone che più ho amato e più mi ha fatto soffrire in tutta la mia vita; è stata lei a convincermi a scappare per andare a Londra a guardare questa meravigliosa opera di Shakespeare e io l’ho fatto e ho riso da morire quando al teatro mi sono riconosciuto in Ermia. Ero scappato da mio padre con la donna che amavo verso luoghi sconosciuti. Oh Londra era stupenda! Con tutti quei colori, tutta quella vita, tutta quella cultura!
E quanto ho amato questa commedia? La bravura degli attori! Oh Richard Burbage. Alexandere quello è stato uno dei primi uomini di cui mi sia mai invaghito. Ricordo di aver fantasticato tutta la sera con Camille sui suoi addominali. Capelli neri, occhi blu, labbra gonfie, mascella squadrata; me ne ero innamorato.
Ma sfortunatamente avevo già qualcuno e a quanto pareva non ero proprio il suo tipo” si fermò per ridere un secondo e guardare l’espressione leggermente shockata sul viso di Alec che però lo guardava sognante.
“E William? Oh Dio lui era l’essere più sexy che avessi mai conosciuto, dopo l’eterno dannato Marlowe!
Kit aveva quella sensualità del bello e dannato, Will invece aveva un’anima pura la si leggeva nei suoi occhi. Non so chi preferisco tra i due anche se forse dovrei preferire Kit perché la sera dopo lo spettacolo, ha provato a portarmi a letto! *nella realtà Christopher Marlowe era già morto. Sappiamo che la data del suo decesso risale al 1593 mentre l’opera è stata scritta nel 1595 ed inscenata nel 1596! Perdonatemi per questa licenza poetica ma Marlowe è una di quelle persone che renderei immortali. A proposito, tutto il discorso si incentra praticamente sulla serie Will, correte a guardarla se non lo avete fatto* 
È stato così difficile dover rifiutare quegli occhioni blu! Oh Dio, Alexander. Quello è stato il periodo migliore della mia vita. Quanto vorrei poter tornare a Londra a rivedere qualche opera di Shakespeare al Globe!
E quanto mi piacerebbe poter parlare di nuovo con William!”.
Magnus gettò la testa sul bracciolo della poltrona, conscio di aver parlato forse, troppo; eppure Alec non era andato via, anzi. Gli sembrava ancora più curioso e desideroso.
“Mi piacerebbe…” disse schiarendosi poi la voce “Mi piacerebbe così tanto poter andare a Londra. Non sono mai stato al Globe e non ho mai visto un’opera di Shakespeare al teatro!”.
Magnus lo guardò sorridendo “Sei un principe, puoi fare qualsiasi cosa tu voglia”.
Vide Alec scuotere la testa e grattarsi il sopracciglio inciso da una leggera cicatrice che rendeva il suo sguardo ancor più sexy.
“Sono un principe scozzese. La Scozia e l’Inghilterra sono in continua lotta dunque dovrò per sempre desiderare andare a Londra dal momento che non potrò mai metterci piede” sbuffò, quasi, e Magnus annuì ricordandosi in quel momento il motivo per il quale era finito lì.
“Il tutto solo per una stupida maledetta religione e un Dio che non sappiamo neanche se esiste”.
Era rosso dalla rabbia, o forse dall’imbarazzo. Fatto stava che era ancora più sexy.
Se Magnus quindici anni prima aveva desiderato poter fare l’amore con Burbage nel modo più appassionato che conoscesse per una notte, quindici anni dopo stava desiderando di poter fare l’amore con un altro ragazzo dai capelli neri e gli occhi blu. L’unica differenza stava nel fatto che con Alec non gli sarebbe bastata una notte, ne era certo. Alec lo voleva al suo fianco per la vita.
“Tu non credi in Dio?” fu quello che chiese, cercando di allontanare l’immagine di Alec nudo seduto sulle sue gambe con la bocca spalancata per il piacere.
“No se il Dio che tutti venerano è lo stesso per cui continuano a morire centinaia di innocenti”.
Che anima pura poteva essere Alexander?
Magnus sorrise pensando che Alec era una brava persona. Una di quelle che meritano il meglio dalla vita.
“Sembri avercela molto con la guerra…” constatò Magnus, guardandolo dritto negli occhi; per forse la prima vera volta il principe sostenne il suo sguardo e annuì.
“Contro la guerra e la morte inutile di giovani della mia età costretti ad indossare delle armature e lanciare spade e lance nella pelle di qualche altro giovane della mia età costretto a morire lontano dalla sua patria e dalla sua famiglia. Vorrei che tutto questo non fosse vero..”.
Magnus annuì “Sei una brava persona” disse alzandosi dalla poltrona per avvicinarglisi.
“E mi piacciono le brave persone!” sussurrò poggiando una mano sulla spalla di Alec che non si ritrasse ma voltò lo sguardo altrove. Stava per morire, ne era certo.
“Che ne dici di andare a fare una passeggiata al lago, Alexander? Non me lo hai ancora mostrato…”.
E avrebbe voluto chiedergli di mostrargli anche altro ma il suo buonsenso lo aveva fermato, fortunatamente.
Vide il giovane principe boccheggiare e quasi riuscì ad immaginare la lotta che stava avvenendo nel suo meraviglioso cervellino: il volere di suo padre contro il suo stesso volere. Chi avrebbe avuto la meglio?
“Io..” aprì la bocca, era tentennante, quasi deluso da quello che stava per dire.
“Io non posso” sbuffò.
Aveva vinto Robert. Come sempre.
Magnus annuì sconfitto e allontanò la mano da Alec che si girò immediatamente verso di lui come se avesse intuito la delusione di Magnus. Magnus abbassò lo sguardo e sbuffò conscio del fatto che poteva essere attratto fino alla morte da Alec ma lui non ricambiava o quanto meno se ricambiava si costringeva a non farlo perché essere attratto da lui sarebbe stata una delusione per l’immagine che suo padre si era creato di lui.
“Magnus” balbettò Alec allungando una mano sul suo braccio per fermarlo “Mi piacerebbe” disse sorridendogli. Puntò lo sguardo nel suo. Quegli occhi blu sarebbero stati in grado di salvare il mondo.
“Ma domani dovremo svegliarci entrambi all’alba, abbiamo la battuta di caccia in tuo onore, ricordi?”.
Magnus lo guardò e annuì; non era certo che quello fosse il vero motivo del rifiuto ma voleva fingere di crederlo, dunque sorrise.
“La battuta di caccia in mio onore, giusto” rise scuotendo la testa “Quale onore vedere dei poveri animali uccisi in mio nome, no? Sentirli soffrire sapendo che quelle ferite gli sono state fatte in mio onore” sbuffò e si massaggiò le tempie “Preferirei decisamente andare a fare quella passeggiata assieme. Ma la battuta di caccia in mio onore e non sarebbe carino non presentarmi. Anche se noi non faremo comunque qualcosa di carino domani” alzò le spalle e si passò una mano tra i capelli lunghi fino al collo.
Alec rise e annuì “Odio farlo anche io” concordò “E quindi domani proverò a sbagliare quanto più colpi possibili in tuo onore Re Magnus”. Magnus lo guardò ridere e si unì a lui.
Era così cristallina e pura la sua risata. Voleva baciarlo. Voleva farci l’amore. Voleva amarlo.
“Buonanotte Alexander” disse.
Per l’ennesima volta reprimeva i suoi impulsi; sarebbe scoppiato in quel modo.
Si allontanò con le mani dietro la schiena e la testa piena di Alexander verso la notte; amava fare passeggiate all’aria fresca – gelata in quel caso – gli schiariva sempre le idee.
Eppure anche alla fine di quella passeggiata tutte le sue idee convergevano verso un’unica idea: Alexander.


Spazio autrice.
Eeeeeehilà gente! Come va la vita? Vi avevo promesso che avrei aggiornato ogni settimana ma così non è stato: mea culpa. Perdonatemi, davvero.
Purtroppo non ho tempo per fare assolutamente nulla in questo periodo. Spero che almeno questo capitolo abbia ripagato l'attesa.
Nada, vi auguro un feliciiiiiissimo Natale e in caso non aggiornassi in tempo, anche un felice Capodanno!
A presto!
StewyT~
  
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