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Autore: Crilu_98    21/12/2017    3 recensioni
Gli occhi severi di Ronja nascondono una bambina che non ha mai avuto davvero la possibilità di crescere, protetta dal mondo e dimenticata dal padre, un guerriero troppo occupato a conquistare nuovi territori per occuparsi di lei. Quando le viene imposto di comprare un nuovo schiavo, lei prende la prima decisione azzardata della sua vita: sceglie Aurelio, un ragazzo testardo che cova un malcelato disprezzo nei confronti di tutti i barbari. Lui sa che le deve la vita e il legame che si instaura tra la nobile Ostrogota e l'ex-legionario mescola antipatia e rispetto, lealtà e discussioni.
In un mondo sorretto a stento da alleanze deboli come ragnatele, i due dovranno sopravvivere non solo all'ostilità di un misterioso cavaliere vestito di nero che osserva ogni loro mossa, ma anche alle spietate lotte di potere che minacciano di trascinare di nuovo l'Italia nel caos.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
Capitoli:
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Aurelio aveva in bocca il sapore acre del sangue.
"Quei maledetti bastardi devono avermi fatto saltare qualche dente!" pensò.
Sentiva il capo troppo pesante per poterlo mantenere alzato per più di qualche istante: il mondo attorno a lui girava, le persone erano solo macchie indistinte di colore e le voci si confondevano in un unico rumore confuso.
Riconobbe il timbro rauco ed adirato del mercante che l'aveva comprato parlare con i suoi mercenari: non afferrò tutte le parole, ma capì il senso.
"Mi vogliono uccidere!" si disse, cercando di racimolare abbastanza energia per reagire.
"Forza, devo alzarmi! Combattere ancora!"
Provò a far forza sulle braccia, ma i polsi cedettero e scivolò nuovamente a terra, nel fango.
Strinse i denti fino a farli scricchiolare, non sapendo se fosse maggiore il dolore delle ferite o l'umiliazione di una morte così vergognosa.
"Mi taglieranno la gola come se fossi un cane rabbioso e mi lasceranno a morire nel sudiciume per lo svago di questi barbari… Prima di gettare il mio corpo in pasto ai dannati corvi!"
Con un ultimo gemito reclinò il capo all'indietro, fissando il cielo grigio sopra Ravenna: del resto, sapeva che sarebbe andata a finire così fin da quando l'avevano catturato sugli Appennini un anno prima.  
"Sono nato libero… Non voglio morire così! Non così!"
Con la coda dell'occhio vide uno dei mercenari avvicinarsi con la spada in pugno… Poi tra lui ed il soldato apparve una tunica di lana lavorata di un delicato color avorio.
Inizialmente, tutto ciò che Aurelio riuscì a notare furono gli schizzi di fango che impregnarono l'orlo di quella tunica sicuramente pregiata. Poi alzò lo sguardo e spalancò gli occhi, stupito.
Tra lui ed il suo boia sostava una ragazza che non aveva mai visto prima: gli dava le spalle, ma il ragazzo capì dalle lunghe trecce che le ricadevano sulla schiena e dalla pelle chiarissima degli avambracci che era una barbara.
La sua simpatia e la gratitudine evaporarono come neve al sole; avrebbe voluto alzarsi e rifiutare il suo aiuto, ma i suoi arti erano intorpiditi, come paralizzati. Impotente, non poté fare a meno di assistere all'imprevista piega degli eventi.
"Salvato da una ragazzina barbara… Ora le ho viste davvero tutte!" borbottò.
"Togliti!" sbraitò il mercenario, ma fece un passo indietro, intimorito, quando accanto alla ragazza apparve la figura massiccia e minacciosa di un guerriero.
"Come osi rivolgerti così a mia figlia?" ringhiò l'uomo, stringendo i pugni. Si fece allora avanti il mercante, dopo aver osservato i due con curiosità e sospetto:
"Non sapete tenere a freno vostra figlia, signore? Sta proteggendo quel criminale!"
"Credevo fosse uno schiavo…" replicò il guerriero "Per quanto irruento!"
"E' uno schiavo, infatti. Ma è ingestibile e bisogna abbatterlo!"
Aurelio grugnì nel sentirsi apostrofare come un animale e a quel suono lei si voltò, squadrandolo con due occhi gelidi ed azzurri come il ghiaccio. Quello sguardo impassibile, insieme ai lineamenti affilati e alle labbra sottili, trasmetteva una sensazione di alterigia ed insormontabile distanza.
"Non sarà necessario!" mormorò la ragazza misteriosa, senza interrompere il contatto visivo.
"Voglio acquistarlo!"
Il mercante boccheggiò, colto alla sprovvista:
"Devo avvertirvi che è un pessimo affare, davvero! Io… Io non mi sento sicuro nel vendervi un individuo di quel genere! Insomma, è robusto, certamente, e anche in buona salute, ma è un ex-legionario! Uno di quei Romani testardi ed ingovernabili! Vi darebbe solo grattacapi, signore!"
Il guerriero rifletté, accarezzandosi la barba con aria meditabonda:
"Forse avete ragione: un soldato di Roma non può essere uno schiavo adatto per il ruolo che ho in mente! Andiamo, Ronja!"
La ragazza non si mosse; si limitò a chinare il capo e a lasciar vagare lo sguardo lungo tutto il suo corpo. Aurelio strinse i denti e tentò di tenere la testa sollevata abbastanza a lungo per ottenere la sua attenzione:
"Ti piace quel che vedi, piccola sgualdrina barbara?" ringhiò in latino con un sorriso strafottente. L'espressione di lei non mutò: il ragazzo non vide nessun fremito o un guizzo nello sguardo che indicassero la comprensione di quella frase.
Il guerriero biondo le afferrò un braccio per strattonarla via, ma con grande sorpresa di Aurelio la ragazza scosse la testa:
"No, padre. Ho detto che voglio lui come guardia del corpo!"
L'uomo alzò gli occhi al cielo e si chinò verso di lei per sussurrarle qualcosa all'orecchio; erano così vicini che il ragazzo fu l'unico a captare le sue parole.
"Mi stai mettendo in imbarazzo davanti a tutti, sciocca ragazzina! Ora sii ubbidiente e vieni via con me!"
"Vi ho sempre ubbidito e seguito con rispetto i vostri ordini! Voi mi avevate chiesto di scegliere uno schiavo ed io l'ho fatto: quest'uomo è la mia unica scelta. Potete comprarlo oppure tornare alla villa a mani vuote, mi rimetterò alla vostra decisione!"
Contro ogni suo proposito, Aurelio sentì un moto di ammirazione nei confronti di quella ragazza che, per quanto giovane ed apparentemente fragile, non esitava a sfidare suo padre.
"Non confondere il coraggio con il capriccio!" si ammonì poi "Deve essere abituata ad ottenere tutto ciò che vuole!"
Il guerriero sembrò diventare ancora più imponente e minaccioso mentre sovrastava la figlia con la mascella serrata. Poi, all'improvviso, sembrò rasserenarsi e ghignò:
"Si vede che sei mia figlia! Per questa volta ignorerò la tua insolenza, ma sappi che questo schiavo è sotto la tua diretta responsabilità: ha un mese di tempo per dimostrare la sua fedeltà a te. Prima della mia partenza mi premurerò di controllare come l'avrai addomesticato!"
Ancora incredulo, Aurelio vide una borsa gonfia di monete d'oro passare dalle mani del guerriero a quelle del mercante dopo una breve, ma animata conversazione; poi i mercenari lo tirarono in piedi, sostenendolo quando le gambe gli cedettero, e gli legarono strettamente le mani davanti al corpo.
Si fece guidare attraverso il mercato come se fosse in un sogno, riscuotendosi solo quando la corda con cui era legato venne attaccata alla sella di un imponente cavallo da battaglia.
Ronja lo superò, montando sull'animale e voltandosi verso di lui con uno sguardo indecifrabile.
Era innegabilmente bella e sembrava molto giovane, quasi una bambina; ciononostante era più alta di lui e quel dettaglio lo infastidì oltre misura. Nella sua vita aveva conosciuto solo un tipo di donne, ovvero le prostitute che seguivano l'esercito come un branco di lupi affamati; aveva sempre gestito quei rapporti da una posizione di superiorità, mentre ora si trovava a dipendere da quella ragazzina che non riusciva a decifrare e che lo sovrastava dall'alto della sella su cui si era accomodata.
Vide un angolo della sua bocca piegarsi verso l'alto, in un sorriso appena accennato, mentre gli occhi azzurri lo fissavano senza vederlo, come se stesse rincorrendo un pensiero lontano. Infine, Ronja piegò il capo di lato e disse, in un latino storpiato dal pesante accento barbaro:
"Da quello che ho visto, non dovrebbe essere un problema per te tenere il passo con Angus!"
Prima che Aurelio riuscisse a riprendersi dalla sorpresa il cavallo si mosse ed in pochi istanti il ragazzo fu costretto a correre con tutte le forze rimaste.
 
Quando finalmente si fermarono il sole stava tramontando e davanti a loro si stagliava la mole della villa. Aurelio crollò in ginocchio, sicuro che il cuore stesse per cedere da un momento all'altro per la corsa quasi ininterrotta a cui la sua nuova padrona l'aveva costretto: le lanciò un'occhiata colma di astio, ma Ronja non sembrava interessata a lui. Superò suo padre con passo affrettato, dirigendosi verso una porta dalla quale provenivano voci e odore di cibo sul fuoco.
"Deve essere la cucina!" pensò il ragazzo, guardandosi attorno. Era nel cortile di una casa che doveva essere stata ristrutturata più volte nel corso degli anni: davanti a lui sorgeva l'edificio principale, una costruzione squadrata e dalle solide fondamenta che probabilmente ospitava le camere padronali. Le colonne che sorreggevano il porticato erano in gran parte crollate e la facciata aveva subito i danni del maltempo e dell'incuria, ma la perizia con cui era stata costruita aveva permesso alla casa di sopportare bene il peso degli anni. I due edifici laterali avevano un aspetto migliore, probabilmente perché erano quelli usati dai viandanti di passaggio: alla sua destra c'erano le stalle e dal lato opposto la cucina in cui si era appena infilata Ronja. Poco distante da lui c'era un pozzo ed improvvisamente il ragazzo si rese conto di avere sete, oltre che una discreta fame.
"Da quant'è che non mangio?"
I suoi pensieri furono interrotti da un brusco strattone: la donna che aveva accompagnato i suoi nuovi padroni a Ravenna aveva sciolto il nodo che lo teneva legato alla sella del cavallo, tendendo poi le redini ad un uomo anziano che con pazienza iniziò a spingere le bestie verso le stalle.
Aurelio osservò bene anche lei, senza emettere suono e avendo cura di non lasciar trasparire nulla dalla sua espressione: la donna aveva labbra sottili piegate in una smorfia severa, profondi e malinconici occhi grigi e dei capelli nocciola legati in una pratica treccia.
Anche lei lo squadrò con attenzione, scuotendo la testa e mormorando qualcosa in un dialetto barbaro che non conosceva.
"Insulti, probabilmente!" ipotizzò il ragazzo, mentre lei gli faceva cenno di seguirlo, strattonando la corda che gli serrava i polsi.
Con riluttanza lui fece leva sulle gambe doloranti e zoppicando la seguì nella cucina in cui era all'opera una terza serva, una ragazza giovane che subito chiese notizie all'altra sul viaggio a Ravenna. Di quel pacato scambio di battute lui afferrò solo il nome della ragazza, Vevika, che lo osservava di sfuggita quando era convinta che non la guardasse. Mentre sbocconcellava un tozzo di pane che la schiava più anziana gli aveva buttato tra le mani Aurelio si guardò intorno, ma non v'era traccia di Ronja e con disappunto dovette ammettere che avrebbe voluto avere un altro confronto con lei prima che la giornata volgesse al termine.
"Magari la prossima volta potremmo parlare, visto che conosce il latino!" pensò "Potrebbe spiegarmi perché una ricca giovane visigota si sia abbassata a reclamare la vita di un suo nemico giurato!"
Immediatamente si rimproverò per la vanità di quei pensieri.
"Per lei non vali più del cavallo su cui montava! Faresti bene a ricordartelo…"
Perciò, quando la serva lo condusse alla sua stanza Aurelio non si stupì per la somiglianza con una cella: stretta, buia e scomoda. La donna controllò accuratamente che i suoi polsi fossero serrati ed abbozzò un sorriso poco amichevole.
Udendo la chiave girare nella toppa il ragazzo sospirò: quella, che lui lo volesse o meno, era la sua nuova casa.
 
 
 
Angolo Autrice:
E così avete fatto conoscenza anche del protagonista maschile di questa storia xD
Il passato di Aurelio verrà svelato man mano, ma preciso fin da ora che non è un legionario nel senso "classico" del termine: nel 493, anno in cui si svolgono gli eventi, le legioni imperiali e la loro disciplina erano solo un pallido ricordo. Esse erano sopravvissute alla presa di potere di Odoacre (476) e continuarono sporadicamente la loro attività fino agli albori del VI secolo, tuttavia si trattava di reparti formati per lo più da barbari di varia etnia.
Insomma, per chi ha letto Hereditas, Aurelio non è come Fabio xD non ha quell'ideale di orgoglio romano così insito negli uomini di qualche decade prima, piuttosto detesta i barbari per la devastazione che hanno portato in Italia.
Nello scorso capitolo mi ero dimenticata di inserire le note riguardo ai nomi, perciò eccole qui:
 
Ronja = "colei che porta la vittoria"
Ingegärd = "recinto di Yngvi" (divinità norrena)
Viveka = "vivo"
Bror = "fratello"
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Buone feste ^^
 
   Crilu 
   
 
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