Capitolo secondo
Passarono
due giorni e Ramsay Bolton migliorava… nel senso che la febbre diminuiva,
ovviamente, non per altro! Tuttavia una mattina giunsero notizie piuttosto
seccanti per Roose Bolton, che dunque si presentò con la sua miglior faccia da funerale
nella stanza del figlio bastardo per sfogare tutta la sua frustrazione.
Il
problema era che Petyr Baelish aveva risposto picche alla proposta di
matrimonio tra Ramsay e la sua protetta Sansa Stark…
“Quel
presuntuoso di Baelish ha scritto di essere sinceramente
desolato per il fatto che questa unione non sia possibile: Sansa Stark è
già felicemente sposata con Lord
Robin Arryn, il signore di Nido dell’Aquila ed ha tutti i Lord alfieri della
Valle al suo servizio!” sibilò, con evidente nervosismo. “Sono tutte menzogne!
Se è vero che Sansa Stark ha sposato Lord Arryn è stato solo per avere un
esercito tutto suo e, magari, tentare di riconquistare Grande Inverno. Non
esiste altra ragione, quell’Arryn è un bambinetto viziato e debole di mente, è
stato solo un matrimonio di convenienza e Lord Petyr si premura di farcelo
sapere. Che gli Estranei lo portino alla dannazione!”
Pareva
che Roose Bolton avesse dimenticato chi
intendeva far sposare a Sansa, a proposito di marmocchi viziati e deboli di
mente…
“Non
è quello che intendevamo fare anche noi? Un matrimonio di convenienza” gli
rammentò Ramsay che, a quanto pareva, con la febbre diventava più lucido, visto
che delirava già tanto quando stava bene. “Lord Baelish è arrivato prima, tutto
qua.”
Lord
Bolton fulminò il figlio con un’occhiataccia.
“Non
penso proprio che ti convenga scherzare su questa faccenda, Ramsay” lo redarguì
subito. “Sposare Sansa Stark e avere un erede da lei era l’unico modo che avevi
per consolidare il tuo dominio su Grande Inverno, caso mai te ne fossi
dimenticato. Senza la Stark, gli uomini del Nord non ti appoggeranno.”
Ramsay
pensò bene di starsene zitto, sebbene ritenesse che non ci fosse ragione di
arrabbiarsi così con lui. Dannazione, non era mica colpa sua se Sansa Stark si
era sposata? Una volta tanto che lui non c’entrava niente…
Ma
Roose Bolton era furioso e, prima di andarsene sbattendo la porta, lanciò
un’ultima frecciata maligna al suo bastardo.
“A
quanto pare mi resta soltanto da sperare che Walda abbia davvero un figlio maschio” esclamò.
Sì,
ammettiamolo, questa era stata una cattiveria gratuita da parte del Lord. Anche
perché, detto tra noi, se Ramsay gli era venuto in quella maniera cosa sperava
di ottenere da un eventuale figlio nato dal suo sangue unito a quello dei Frey? Vengono i brividi soltanto a
pensarci…
Ma
torniamo a noi. Mortificato dalle parole del padre e stizzito per quella
malattia che gli si era appiccicata addosso, Ramsay reagì in modo piuttosto
infantile, raggomitolandosi sotto le pellicce e brontolando tra sé.
“E
che cosa voleva dire con questo? Mi ha riconosciuto, no? Rimango sempre io il
suo primogenito, sarà bene che se lo ricordi, altrimenti glielo faccio
ricordare io, e poi…”
Theon,
sempre presente nella stanza, ebbe la bella pensata di provare a consolare il
suo padrone.
“Mio
signore, tuo padre era soltanto infuriato con Lord Baelish e di certo…”
“Vattene
anche te!” esclamò il giovane Bolton,
senza nemmeno voltarsi.
Ogni
parola di Ramsay era un ordine per Theon. Si precipitò alla porta, nel caso nemmeno
tanto improbabile che il suo gentile signore volesse sfogare su di lui la
rabbia che provava contro il padre.
“Come
desideri, padrone” mormorò, prima di uscire. “Sarò qui fuori, se avessi bisogno
di qualcosa.”
Uno
dei tanti doni di Ramsay Bolton era
quello di cambiare idea in meno di mezzo secondo.
“Bravo,
e secondo te come potrei fare a chiamarti se avessi bisogno di te? Non provare
nemmeno a uscire da quella porta” gli intimò.
“Non
mi muovo, mio Lord” rispose Theon, tornando indietro a testa bassa, senza
sapere se si sentiva più terrorizzato, esasperato o magari entrambe le cose.
“Vieni
qui, mi è venuta un’idea” disse Ramsay.
Non
avrebbe potuto dire una frase più agghiacciante neanche se ci avesse pensato
per mille anni, e quella gli era venuta anche spontanea! Ma che altro poteva
fare Theon se non obbedire? Si avvicinò al letto del suo padrone, domandandosi
con angoscia quale orribile tortura avesse immaginato…
“Non
fare quella faccia, sembra che tu abbia visto un fantasma. Siediti, avanti, non
farmelo ripetere, lo sai che odio ripetere le cose. Voglio parlarti della mia
idea” insisté il giovane Bolton, invitando Theon a sedersi sul letto, accanto a
lui.
Che
cosa poteva avere in mente? Tuttavia, Theon dovette obbedire ancora una volta e
si sedette, cercando di prendere meno posto possibile per non infastidire il
suo signore.
“Ti
ho già detto che ho intenzione di restituirti il tuo nome e la tua identità per
ricompensarti, vero?”
“Sì,
Lord Ramsay, me lo hai detto, è un pensiero molto… generoso.”
Ramsay
pareva non averlo nemmeno sentito: continuava a seguire i meandri tortuosi
della sua mente per ricavarne l’idea che il suo neurone solitario aveva appena
generato e parlava soprattutto per se stesso… che, poi, era quello che faceva
più o meno sempre.
“Convocherò
i rappresentanti delle famiglie che si sono unite a me: gli Umber, i Manderley
e i Karstark; ti mostrerò a tutti loro e spiegherò che questo è ciò che faccio
a chi minaccia Grande Inverno” spiegò il giovane Lord, tutto infervorato.
Ah, ecco, mi pareva
strano che non ci fosse un prezzo da pagare per riavere la mia identità…
“Naturalmente
loro mi domanderanno perché non ti abbia decapitato, come avrebbe fatto Ned
Stark. Magari qualcuno di loro si offrirà di farlo al mio posto e… per gli
Antichi Dei, non fare quell’espressione da cane bastonato! E’ chiaro che non
glielo lascerò fare, ma per chi mi prendi?”
Per chi ti prendo?
Dopo tutto quello che mi hai fatto lo chiedi anche?, pensò Theon, ma
le sue parole furono molto diverse.
“No,
mio signore, so che tu sai essere molto magnanimo…”
“Sarà
bene che tu ricordi sempre quanto sono stato generoso con te e quanto tu mi sia
debitore per questo” replicò Ramsay con un’invidiabile faccia tosta. “Lo sai
che sei l’unico ad essere uscito vivo e quasi del tutto integro dalle mie
segrete? Ad ogni modo, io dichiarerò che adesso sei tenuto a Grande Inverno
come ostaggio e che nessuno dovrà nemmeno pensare di farti del male, perché è
il momento di fare fronte unito contro un nemico comune e molto più pericoloso
e fare del male a te significherebbe sfidare l’ira dei Greyjoy, che è l’ultima
cosa che ci serve al momento.”
“E…
chi sarebbe questo nemico, se mi è concesso chiedertelo, mio signore?” si
azzardò a domandare Theon.
“Ah,
no, quella sarà una sorpresa per tutti!” ridacchiò il giovane Bolton, molto
compiaciuto di se stesso. “Sappi solo che tu sarai al sicuro… chiaramente, se e
solo se ti mostrerai sempre così fedele e obbediente, altrimenti sai bene che
cosa potrei fare, no?”
Theon
lo sapeva fin troppo bene…
“Lo
so, Lord Ramsay” mormorò. “Devo tutto a te e sarò sempre il tuo devoto
servitore.”
Le
minacce del giovane Lord erano chiare e per nulla rassicuranti, eppure Theon
riuscì a leggere tra le righe e a trovare un piccolo seme di speranza anche tra
le mille cretinate che Ramsay aveva sciorinato.
Ramsay
aveva bisogno di lui. Non aveva nessun altro di cui potesse fidarsi, era solo e
anche suo padre lo aveva abbandonato, in favore del figlio legittimo che
sarebbe nato. Aveva soltanto lui e, se avesse saputo giocare bene le sue carte…
“Convocherò
le famiglie non appena mi sentirò meglio” sospirò il giovane Lord, esausto. “La
febbre mi è diminuita, ma non sono ancora del tutto guarito. Comunque lo devo
ammettere, tu mi hai servito molto bene in questi giorni, nessun altro lo
avrebbe fatto. Meriti di essere ricompensato, sì. Chissà, forse in qualche
maniera me lo sentivo che facevo bene a tirarti fuori dalle segrete… lì per lì
non mi sono nemmeno chiesto perché avessi preso quella decisione, ma credo che
sia stata la cosa migliore per me.”
Anche per me, Lord
Ramsay, non immagini quanto…, pensò Theon. Tuttavia si rendeva conto
che la debolezza della malattia lo faceva straparlare più del solito e, in
mezzo a tante bestialità, stava venendo fuori anche qualche importante ammissione,
qualcosa che poteva essere molto utile e prezioso per il futuro di Theon.
“In
fondo nemmeno tu hai nessuno che ti cerca, no? Almeno io mi prendo cura di te”
riprese Ramsay, in tono stanco. Si capiva che era stremato, ma nonostante ciò aveva
troppa voglia di chiacchierare con qualcuno. “Cosa ne sarebbe stato di te se
non ci fossi stato io, eh?”
Tanto
per cominciare, Theon avrebbe avuto tutte le dita delle mani e dei piedi… ma
questo non era proprio il caso di dirlo al Bastardo di Bolton, nemmeno adesso
che era debole e provato dalla malattia. Sarebbe pur guarito, prima o poi.
Quanto mai avrebbe potuto resistere quel morbo accanto a lui?
“Non
lo so, padrone, non sono mai riuscito a fare niente, ho fallito in tutto nella
mia vita, ho commesso azioni di cui non potrò mai perdonarmi…” replicò Theon,
in tono sottomesso.
“E’
proprio vero” concordò Ramsay, che di certo non era un campione nel consolare
qualcuno… “Hai cercato di conquistare Grande Inverno per fare colpo su un padre
a cui non è mai fregato un beneamato di te… nonostante, nel tuo caso, tu fossi
un figlio legittimo… beh, questo sì che è interessante. Comunque, in quel tuo
assurdo e patetico tentativo non hai avuto altro risultato che quello di
tradire le uniche persone che si erano affezionate a te. Insomma, non c’è male
come figura di merda.”
Le
parole di Ramsay erano come sale sulle ferite ancora aperte di Theon: lui
stesso si era quasi convinto di meritarsi tutto ciò che gli era accaduto, perfino
di essere finito tra le grinfie di quello psicopatico con cui stava amabilmente
conversando!
“E
le azioni che hai commesso… oh, sì, hai tradito il tuo caro amico Robb, hai
ucciso un cavaliere fedele come Rodrick Cassel e hai addirittura assassinato i tuoi due fratelli Bran e Rickon. No, non ci siamo
proprio, che pessimo soggetto sei, mi fai quasi pentire di averti liberato!”
Da
che pulpito veniva la predica!
In
realtà, però, Ramsay voleva solo mortificare e umiliare Theon. Insomma, visto
che aveva deciso di non fargli più del male fisico, in qualche modo doveva pur
passare le giornate, no? Oltretutto era ancora ammalato e non poteva andare a
scuoiare nessuno… si annoiava, poveretto!
“Non
ho ucciso Bran e Rickon, questo
no, è l’unica cosa di cui non posso essere accusato!” reagì Theon, senza
pensare che, forse, con il giovane Bolton non era proprio il caso di ribellarsi…
“Tu lo sai bene, mio signore, ti raccontai tutto quando credevo che… quando
credevo che fossi venuto a liberarmi…”
Ramsay
emise una debole risatina.
“Ah,
già, quando credevi che fossi solo un povero servo che aveva avuto pietà di te”
il ragazzo si emozionava nel ricordare quei momenti così esaltanti della sua vita. “Pensa un po’, sono già passati quasi due
anni e mi diverto ancora nel ripensarci. Eri proprio ridicolo! Io mi sono
dilettato spesso a fingere di liberare i miei prigionieri per poi cacciarli, ma
con te è stato più divertente che mai, non so come ho fatto a non scoppiarti a
ridere in faccia nel vederti così commosso, che mi confidavi tutte le tue pene…
Forse è stato per questo che alla fine non ti ho ucciso come gli altri,
immaginavo che mi saresti servito in molti altri modi e che mi sarei molto
divertito con te.”
Chissà in quali e
quanti altri modi potrò ancora servirti, mio Lord, pensò Theon,
esasperato. Subito si bloccò, sconcertato dal suo stesso pensiero. Cosa gli
veniva in mente adesso? Stava forse impazzendo anche lui? Allibito, preferì
ritornare su un terreno più familiare.
“Ma
tu sai che non ho ucciso Bran e Rickon,
padrone” insisté, scacciando i pensieri molesti.
“Sì,
io lo so. Ma non hai forse ucciso e bruciato altri due bambini al loro posto,
due contadini che nemmeno conoscevi e che non ti avevano fatto niente?” riprese
Ramsay. Cattivo.
“L’ho
fatto, mio signore” ammise Theon.
“E…
correggimi se sbaglio, ti prego… non è forse vero che non hai ucciso Bran e Rickon soltanto perché non li hai trovati? Altrimenti avresti
fatto fuori proprio loro, non è così? Avanti, sai che non devi nascondermi
niente.”
“Non
lo so, non lo so, forse…” gemette il giovane, esausto. “Non posso saperlo
adesso!”
“Va
bene, non c’è motivo di prendersela tanto” tagliò corto Ramsay, “non fa poi
tutta quella differenza che tu li abbia uccisi personalmente o meno. Visto che
li hai costretti a fuggire e a nascondersi nella foresta, è molto probabile che
siano morti comunque per colpa tua, no?”
A
questo Theon non aveva mai pensato veramente. Già, era comunque responsabile
della morte di Bran e Rickon.
Poteva ringraziare sentitamente Lord Ramsay per avergli messo anche quella
spina in petto…
“Immagino
di sì, mio signore” mormorò, affranto.
“Non
ti affliggere tanto, guarda che stavo soltanto facendo le prove per quello che
dovrò dire di te davanti alle famiglie del Nord” commentò inaspettatamente il
giovane Bolton, sconvolgendo ulteriormente Theon. “Sì, dovrò andarci giù un po’
pesante, ma alla fine andrà tutto bene, non preoccuparti. Tu mi sei leale e
devoto, non è così?”
Ha scelto proprio
il momento migliore per chiedermelo…
“Certo,
padrone” replicò il ragazzo. “Sono al tuo servizio, non ho altri che te.”
“Molto
bene, allora siamo d’accordo” disse Ramsay. Su cosa potessero essere d’accordo
lo sapeva solo lui… “Mi ha fatto piacere fare questa bella chiacchierata con
te. Lo vedi a quante cose mi puoi servire?”
Non lo immagini
neanche…
“Se
ti compiace, mio signore, scendo a prenderti il pranzo” propose Theon, che
invece non ne poteva più di quelle chiacchiere stordenti che gli facevano
perdere la testa.
“Vai
pure” disse Ramsay.
Il
giovane Greyjoy era già arrivato alla porta e aveva messo la mano sulla
maniglia.
“Ah…
Theon?” lo richiamò Ramsay, come per un ripensamento.
E
lì si bloccarono entrambi.
Quel
nome non era più stato usato da tanto, troppo tempo. E mai, di sicuro, con
quella spontaneità.
Qualcosa
non andava…
“Sì,
mio signore?” rispose il ragazzo, fingendo di non averci fatto caso. Ma il
cuore gli era balzato in gola: poteva essere davvero un buon segno che Ramsay
lo avesse chiamato con il suo vero nome con tanta naturalezza? Forse davvero le
cose stavano cambiando?
Anche
il giovane Bolton aveva notato che quel nome gli era scappato di bocca prima
che avesse il tempo di pensarci… beh, non che di solito pensasse prima di parlare, ma insomma, ci siamo capiti, vero? E
anche lui decise che non era proprio il caso di arrovellarcisi troppo: aveva
deciso di chiamarlo col suo vero nome e così aveva fatto, che c’era di tanto
strano?
“Saprò
davvero ricompensarti per quello che fai per me” ribadì. “Stai dalla mia parte
e non te ne pentirai. Se invece ti venisse in mente di tradirmi… beh, sai cosa
ti aspetta.”
“Non
ti tradirò mai, padrone” promise Theon, prima di lasciare la stanza.
In
quelle ore erano state dette tante solenni idiozie e Ramsay aveva dato il meglio di sé, nonostante la malattia. Ma
in tutto quel cumulo di scemenze c’era stato qualcosa che si era fissato nella
mente di entrambi.
Theon
rifletteva sul fatto che Ramsay lo aveva chiamato per nome e aveva ripetuto più
volte di volerlo ricompensare: doveva significare qualcosa. Non era più tanto
sicuro della sua posizione e aveva bisogno di lui, poteva fidarsi solo di lui.
E Theon avrebbe potuto trarne vantaggio…
Ramsay,
invece, cercava di venire a patti con la nube oscura di cretinate che gli
volteggiava in testa per capire come mai, dopo tanti anni in cui si era
divertito a scuoiare e uccidere i prigionieri, avesse deciso di usare un
trattamento di favore (perlomeno rispetto ai suoi standard…) proprio a Theon Greyjoy. Nessun altro prigioniero gli
era mai rimasto impresso come quello, così sperduto, confuso e terrorizzato,
con quegli occhi chiarissimi sgranati… beh, ma non si poteva mica permettere
debolezze! Non era proprio il momento, quello.
O
forse sì? Forse aveva veramente bisogno di qualsiasi appoggio potesse trovare?
Magari
era solo la febbre, e quando fosse guarito sarebbe tornato normale… cioè, lo
psicopatico di sempre. Bastava aspettare ancora qualche giorno e lo avrebbe
saputo.
Fine secondo
capitolo