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Autore: Blue Flash    08/01/2018    2 recensioni
«Parlami di loro Zetsu.»
L'essere, o meglio, la pianta si voltò celermente verso la ragazza, incuriosito da quella sorta di domanda.
«Di loro?» domandò sibilino lo Zetsu Nero continuando a camminare al suo fianco.
«Vuoi che te ne parli io?» chiese, invece, il bianco speranzoso.
«No, Zetsu nero.» e Reyko lanciò uno sguardo indagatore al suo compagno.
«Sei più furba di quel che sembri a differenza di qualcuno li in mezzo. Dunque, di chi vuoi che ti parli mentre andiamo?»
«Di tutti loro. Voglio sapere con chi sto avendo a che fare.»
Quell'affermazione fece scaturire una sorta di risata sommessa da parte di entrambi gli Zetsu, quasi entusiasti di poter parlare.
«Allora ti dirò quello che vuoi sapere dei membri dell'Akatsuki ad una sola condizione che dovrai rispettare condizione.»
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Eccomi qui con la mia FF. Protagonista è l'Akatsuki, in particolare dopo l'abbandono di Orochimaru si unirà a loro un nuovo elemento (Oc) per completare lo schieramento vincente. Sarà ambientata inizialmente durante Naruto e poi durante Shippuden, con variazioni nell'arco degli eventi e tratterà di quello che successe nell'Akatsuki per ottenere la sua attuale fama ed anche quello che succederà durante la guerra.
Genere: Angst, Guerra, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akatsuki, Deidara, Itachi, Kisame Hoshigaki, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Fall in love
The crow and the wolf 

Buio.
Intorno a sé vi era solamente buio ed un’inaspettata pace che sembrava regnare sovrana. Il silenzio era sempre stato il suo migliore amico, ma in quelle tenebre gli faceva quasi paura. Era questo l’inferno? Il posto che spettava a chi come lui aveva commesso atti indicibili?
Meritava davvero quella pace nonostante avesse deliberatamente scelto il proprio villaggio sulla sua stessa famiglia? 
No, di questo Itachi ne era più che sicuro. Tutto ciò che gli era stato concesso lui non lo meritava perché per seguire i propri ideali era stato costretto a spingersi così oltre. Ricordava bene le parole di suo padre in punto di morte: il suo dolore di quei momenti era niente paragonato al proprio. Era riuscito a convivere con quel peso per tutto quel tempo, ma a che prezzo? Una vita di privazioni e negazioni, anche su piccole cose, come se quei gesti servissero a scontare una pena che meritava da tempo. 
Magari, adesso che era morto, avrebbe finalmente incontrato di nuovo i suoi genitori, avrebbe rivisto Shisui. Sarebbe stato tutto molto più semplice. Peerché era vero: la morte era pacifica mentre la vita era un inferno. Eppure gli sarebbe mancato suo fratello, il suo caro fratellino per cui si era battuto fin dal principio con Danzo. L’unico che aveva avuto il permesso di risparmiare. Anche in punto di morte gli aveva sorriso e gli aveva detto ciò che pensava. Chissà se lui aveva capito, in fondo Sasuke è sempre stato un tipo sveglio abbastanza da cogliere al volo ciò che gli veniva detto. Ma fra le mancanze in quel mondo pieno di pace vi era anche l’eremita. Era stato uno sbaglio affezionarsi a lei, ed anche in parte egoistico, ma non era riuscito nell’impresa di negarsi anche un rapporto con Reyko. Era giusto così, si era ripetuto fino alla fine, lei non c’entrava niente con quella storia e sicuramente se ne sarebbe fatta una ragione. Anche lei era intelligente e sicuramente non avrebbe sofferto per la perdita di un assassino come lui. 
La propria morte era stata la decisione più dura da prendere fino ad allora, ma alla fine era giunta ed inesorabilmente lo aveva portato via. 
Buio.
Silenzio. 
E poi giunse il dolore. 

Questa era decisamente una cosa inaspettata.
La morte doveva essere semplice e serena, non doveva portargli più alcun dolore, ed invece fu proprio quello che sentì. Dapprima un  debole dolore alla schiena che s’irradiò in tutto il petto e poi nel resto del proprio corpo. Ogni arto gli faceva male, perfino le dita. Ma perché stava succedendo questo? Doveva davvero soffrire anche nell’altro mondo? 
No, questo non quadrava, secondo Itachi. La morte non porta dolore. Eppure lui lo stava sentendo sempre più forte, al punto tale che fu costretto quasi a lanciare un urlo per contrastare quella forza sempre maggiore. 
Ed allora le tenebre che lo avevano circondato fino a quel momento iniziarono pian piano a svanire lasciando posto alla luce. Che cosa succedeva? Perché stava letteralmente vedendo la luce? Improvvisamente si ritrovò a riaprire gli occhi, soprattutto per via del dolore sempre maggiore, ed in quel momento capì una cosa terribile. 
Lui non era morto.
Quella era di certo una stanza, un’ampia stanza con il soffitto in legno, la luce soffusa, a causa della tenda, che entrava dalla finestra al suo fianco, ed una ciotola piena d’acqua al proprio fianco. 
Tutto ciò non aveva senso, anzi, era assolutamente impossibile. Che stesse immaginando tutto questo prima di morire per sempre ed addormentarsi di nuovo?
Cercò di sollevare una mano ma il dolore era davvero forte, quindi lasciò perdere e cercò soltanto di girare il viso. Era certo di non essere solo a causa di un profondo respirare che proveniva da non molto lontano dov’era disteso lui ed allora i propri occhi, rossi come il sangue, incontrarono le iridi smeraldine di un grosso lupo nero, che era accucciato nell’angolo opposto. 
Ebbe paura di quell’essere, decisamente più grande del normale, e la terribile sensazione di essere ancora vivo si fece sempre più largo nella propria mente.
No, tutto questo era decisamente sbagliato, lui doveva morire. Per suo fratello. Per il suo clan. Per i suoi crimini. 
Quella era la giusta conclusione alla propria infelice vita, eppure eccolo li, dolorante ma vivo. 

«Finalmente ti sei risvegliato, Uchiha. 
» mormorò il lupo sollevando lentamente il muso e mettendosi in piedi su quattro zampe. 
Schiuse le labbra secche, ma perfino parlare gli portava dolore, però cercò di dire qualcosa, doveva accertarsi della propria situazione. 
«E’ un sogno? »
«Vorresti che lo fosse? » 
«Non lo so—… » mormorò allora Itachi prima di distogliere lo sguardo e puntare le proprie iridi in direzione del soffitto. 
«Se ti dicessi che questa è la realtà e non un sogno, come ti sentiresti? » gli domandò quel lupo. 
«Non so neanche questo. » 
Fu l’unica risposta sensata che riuscì a trovare per poter dire qualcosa. Non sapeva come sentirsi. Era davvero vivo? Forse sì. 
Il lupo rimase in silenzio per qualche secondo, ma lo sentì e lo percepì camminare anche piuttosto chiaramente.
«Dove mi trovo? » fu lui a rompere quel silenzio cercando di voltarsi stancamente nella direzione del proprio interlocutore. 
«Sei nel Tempio dei Lupi. » gli rispose il lupo, fermandosi a pochi passi di distanza da dove si trovava, ed allora lui chiuse gli occhi per un singolo istante mentre un’unica parola, anzi, un nome, iniziò ad aleggiare nella sua mente. 
«Reyko. »
«Esatto. » commentò con tranquillità assoluta il lupo. «E’ stata lei a portarti fin qui, insieme al suo amico, lo spadaccino. »
E quello di cui parlava doveva sicuramente essere Kisame. Schiuse le labbra per dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma il suo interlocutore fu più rapido. 
«Qualsiasi cosa tu stia per dire fermati e rifletti. Loro si sono esposti molto per salvarti e prima che tu possa accusarli, visto che mi hanno informato delle tue intenzioni, ti consiglio di pensarci due volte. »
Sentì il lupo irrigidirsi e soprattutto parlare con una sicurezza ed una determinazione non indifferente. Ma aveva ragione, se era vivo questo voleva dire che loro due si erano esposti anche a Zetsu ed a Madara. Erano stati dei folli a portarlo fin li, quello era oltretutto un luogo sacro e per quanto ne sapeva lui nessuno, eccezione fatta per gli allievi, potevano mettere piede in un tempio simile dove si padroneggiava l’arte eremitica. 
Lentamente Itachi socchiuse gli occhi e sospirò profondamente, ritrovandosi vittima nuovamente di mille dubbi. 
«Io dovevo morire per salvare mio fratello e per pagare per i miei crimini. » fu l’unica cosa che riuscì a sussurrare con un filo di voce, ma il lupo sentì tutto. 
«Lo so, ma credi davvero che la morte, in questo caso, possa essere la migliore delle soluzioni? Davvero non hai nient’altro a cui tieni se non l’onore? » 
«E’ tutto quello che mi è rimasto—… » continuò Itachi parlando a bassa voce. 
«Ne sei proprio sicuro? »
Quella domanda postagli lo costrinse a voltarsi nella sua direzione, studiandolo con lo sharingan, con il suo solito fare guardingo, ma non ebbe la forza di mantenerlo a lungo, infatti qualche attimo dopo gli occhi tornarono del solito colore nero pece. 
«In realtà no. »  fu costretto ad ammettere. 
In quel mondo era davvero l’orgoglio l’unica cosa che gli era rimasta? Poteva anche aver cercato di convincersi che non meritasse più niente, che non fosse giusto concedersi distrazioni simili, che non era degno di ricevere nuovamente amore da qualcuno, ma ogni volta che si ripeteva questo il sorriso della ragazza gli tornava in mente. I suoi occhi. Le sue risate. I suoi capelli. 
Non la meritava neanche un poco, perché lui, fino alla fine, era stato costretto a rinunciare ad una delle poche cose buone che gli erano capitate ultimamente solo per il proprio orgoglio e per il proprio villaggio.
Ma lei era andata ben oltre. 
Itachi sarebbe dovuto esser più egoista e provar a vivere, una volta tanto la vita che desiderava, ma non  c’era riuscito. 
«Lo so, in questo modo tutti quanti abbiamo dei problemi. » continuò il lupo che stranamente s’andò a sedere accanto a lui, mentre lo fissava dall’alto. «Chi più o meno grossi. Poi ognuno sceglie di affrontarli a modo suo. Ti sei portato dietro un grande dolore, di questo ne sono più che certo e te lo leggo anche negli occhi. Scommetto che tu pensavi che la morte sarebbe stata più facile e più serena. »
A quell’affermazione Itachi lo guardò e si ritrovò in imbarazzo perché effettivamente il lupo aveva ragione. Erano così tanti anni che soffriva e poche erano le cose che avrebbe salvato della sua vita attuale.
«La morte è più serena. » mormorò lui socchiudendo appena le iridi oscure come la notte. 
«Hai ragione, la morte è più serena. Ti porta la pace. Ma la vita è decisamente più bella. »
Le parole del lupo, decisamente inaspettate, gli diedero quasi una scossa repentina, che lo costrinse a provare a sollevare il busto, in modo tale da guardarlo meglio meglio occhi. Non gl’importava del dolore fisico che stava provando, aveva semplicemente bisogno di sentirsi ripetere quella frase ancora ed ancora. Perché lui un tempo era convinto della stessa cosa, infatti inizialmente non era riuscito a perdonare Shihui per quel gesto folle compiuto anni ed anni addietro. Ma poi aveva perso la retta via, o meglio era stato costretto a prendere una strada differente da ciò che lui avrebbe davvero voluto. Era stata una vita di costrizioni e di scelte difficili, che l’avevano portato ad anelare la morte piuttosto che la vita, dimenticandosi quanto quest’ultima potesse essere bella. 
«Come posso però meritarla dopo tutto quello che ho fatto? » domandò in direzione del lupo, che lo studiava attentamente. 
«Intendi la vita oppure lei? » probabilmente, se solo fosse stato umano, quel grosso lupo nero gli avrebbe sorriso, ma fu un’impressione di Itachi, che spiazzato dalla domanda si fissò le mani ancora piene di graffi e lividi. 
«Entrambe. »
Lo sentì sogghignare, forse perché si era effettivamente lasciato sfuggire una risata divertita. 
«Per quanto riguarda la vita posso dirti con certezza che c’è gente peggiore di te che continua a camminare impunemente su questa terra. Non sei il primo né sarai l’ultimo ad aver fatto degli errori, sono questi a rendervi così umani e fragili—… »
«Il dolore—… »
«Quello passerà solamente se sarai tu a volerlo fare passare. Non portare da solo un peso immane, perché altrimenti rischi davvero di non farcela più e di spezzarti. Consenti a qualche altro di aiutarti a sopportare il tuo dolore. Per quanto riguarda lei è solo per merito tuo se quella mocciosa ha finalmente capito che cosa vuol dire essere un vero eremita. »
Itachi, sorpreso come non mai dalle sue parole, lo fissò confuso ed infatti sbatté più volte le palpebre, in attesa di una spiegazione. 
«Un vero eremita? »
«Sì—… lei poteva anche aver sbloccato le sue più alte modalità di trasformazione, di senjutsu e tutte quelle cose da shinobi, ma non ha mai compreso davvero che cosa significasse la ricerca dell’armonia e dell’amore. Principi fondamentali per essere un eremita vero—… ma con te, dopo aver rischiato tutto per salvarti, ha capito quello che ho sempre cercato d’insegnarle. Non si combatte per odio bensì per amore. » 
Erano parole chiare alle orecchie di Itachi, eppure lui non avrebbe mai detto che l’essere un eremita richiedesse un grande sforzo morale oltre che fisico. Questa era una propria mancanza, ma il sapere che lei era riuscita a fare qualcosa di buono grazie a lui lo fece quasi stare meglio, anche se riflettendoci si era messa in pericolo.
«E valeva davvero la pena rischiare tutto per salvare uno come me? »
Questa domanda era rivolta più a sé stesso che al proprio interlocutore, perché adesso il dubbio fondamentale era questo. 
«A quanto pare per lei sì. Dice che fra di voi c’è un legame, qualcosa di simile—… è diventata stranamente smielata quando mi ha parlato di te, però era sincera come mai prima d’allora. » 
«Un legame—… » fu l’unica cosa che Itachi riuscì a sussurrare prima di guardare negli occhi il lupo. «Ha davvero detto così? »
«Ovvio, altrimenti non sarei qui a dirtelo. Volevo solamente assicurarmi che tu non combini stupidaggini dopo tutto quello che il mio eremita ed il tuo amico hanno fatto per te. » 
Ed aveva fatto bene ad assicurarsi una cosa simile, anche perché se si fosse svegliato da solo avrebbe davvero rischiato d’impazzire per il dolore. Ma lui, quel lupo, lo aveva fatto ragione e lo aveva spinto ad aprire gli occhi laddove lui cercava di esser cieco. 
«Abbiamo davvero un legame e questa era una delle poche cose che non avrei voluto perdere. » 
Per un attimo ci fu un momento di tetro silenzio fra di loro, seguito da uno sbuffo da parte del lupo. 
«Magari questo lo dici anche a lei, Itachi Uchiha. Adesso, però, ti consiglio vivamente di bere quella tisana che hai al tuo fianco. E’ preparata con le migliori erbe mediche che crescono nel bosco e ti farà stare meglio. » 
Lentamente il ragazzo si voltò in direzione di quella ciotola contenente un liquido tendente al verde. Non sarebbe stato un problema bere l’ennesimo intruglio, anzi, ne sentiva quasi la necessità visto il dolore fisico che aveva ancora. 
«Chi altro sa che sono vivo? » si limitò a domandare allungando una mano verso la ciotola ed allora l’afferrò sentendo il calore invadergli il corpo. Era bollente, ma di questo poco gl’importava. 
«Penso nessuno eccezione fatta per i tuoi amici di sotto. »
«D’accordo—… al momento va bene così, devo affrontare un problema alla volta altrimenti rischio d’impazzire. »
«Secondo me hai già superato quella fase, adesso devi solo concentrarti sullo stare meglio. A proposito ti consiglio anche di non usare  molto quei tuoi occhi maledetti, non pensavo che li avrei rivisti da vicino. »
Itachi, nonstante fosse concentrato nell’assaggiare quella tisana alle erbe, non riuscì a nascondere un’espressione vagamente confusa, tanto da inarcare un sopracciglio. 
«Di chi era l’ultimo sharingan che hai visto? 
» 
Domanda più che lecita, visto e considerato che quel lupo sembrava anche piuttosto vecchio.
«Non ricordo il nome ma avevo giurato, da quel giorno, di non voler più provare uno scontro contro tali occhi. Sono la vostra salvezza ma anche la vostra maledizione. 
» ed allora, il lupo, si rimise lentamente in piedi dirigendosi però verso l’uscita della porta. 
«Già—… » riuscì a rispondere Itachi dopo aver preso un sorso di quella brodaglia calda. Era terribile ma l’effetto fu quasi immediato, infatti lentamente il dolore iniziò a diminuire. 
Il lupo non sembrò più dargli  attenzione, ma una volta sulla soglia della porta si voltò lanciandogli uno sguardo di sbieco. 
«Vado ad avvertire quei due. Ti consiglio di prepararti a parlare anche con loro, Itachi. » 
E lui annuì lentamente, perché era certo che avrebbe dovuto parlare sia con Kisame che con Reyko, forse addirittura scusarsi per essere stato così avventato. Ma doveva farlo, altrimenti le cose sarebbero decisamente andate peggio. 
Così una volta bevuto un altro sorso di quella sostanza medicinale, attese in silenzio l’arrivo degli altri. 

Conosceva fin troppo bene quelle pareti. La sua camera era rimasta intatta da quando aveva lasciato quel posto e sebbene si fosse distesa sul proprio letto in legno, attaccato al muro, non era riuscita a chiudere occhio per l’intera nottata. Le faceva male tutto, infatti Kenzo, in mattinata, le aveva portato il suo famoso decotto alle erbe che leniva ogni dolore. Ed una volta che tutto era passato si distese nuovamente a fissare il tetto in attesa di notizie. Ad un certo punto passò addirittura Kisame a vedere le sue condizioni, e dopo l’ennesimo cenno d’assenso decise di andare a farsi un giro. Incaricò personalmente Hina di accompagnarlo e spiegargli del Bosco e del Tempio, così da non fargli perdere troppo tempo, ma ormai era giunto il pomeriggio e non sembrava arrivare alcun segno di vita dal di fuori della stanza di Reyko. Rimase in silenzio, provò addirittura a meditare, forse anche per cercare di ristabilire il flusso continuo del proprio chakra naturale, ma ad un certo punto Kenzo fece il suo ingresso nella stanza. Era già passato altre volte semplicemente ad assicurarsi che stesse bene, quindi Reyko rimase distesa a guardarlo di sbieco, mentre teneva le gambe accavallate. 
«Sto bene, non preoccuparti—… » disse con tono apatico prima di rivolgere gli occhi in direzione del soffitto. 
«Mi fa piacere che tu stia bene, giovane lupo, anche perché credo che tu me lo abbia già ripetuto una decina di volte nel corso della giornata, ma non sono qui per questo. »
Ed allora Reyko s’irrigidì immediatamente voltandosi verso il lupo. 
«Lui è sveglio. » proferì con assoluta pacatezza Kenzo, come se avesse sottovalutato il livello d’allerta della ragazza.
Infatti, senza neanche dargli il tempo di rispondere, cadde giù dal letto, si rimise in piedi con agilità e poi lo scansò per uscire di corsa, dimenticandosi addirittura le scarpe. Non le importava di niente, eccezione fatta delle condizioni di Itachi. Già il fatto che fosse sveglio voleva dire che sicuramente doveva stare bene, ma una parte di lei aveva paura della reazione che avrebbe potuto avere una volta scoperto di non esser morto. Insomma lei lo aveva privato di un desiderio, anche se doveva essere sincera inizialmente il suo cuore aveva davvero smesso di battere, poi con un piccolo aiuto anche vagamente violento era riuscito a riprendere con i suoi regolari battiti. La propria camera si trovava al piano di sotto, semplicemente per abitudine, ma lei corse spedita verso le grandi scale, mentre alcuni lupi s’affacciano per osservarla, stupiti da quello scatto. Ed allora corse di nuovo senza fermarsi, imboccando il corridoio al piano superiore ed allora, a non molti metri di distanza dal corridoio, vicino la porta della stanza, si ritrovò dinnanzi ad un Itachi che si stava reggendo al muro ma che appena la vide s’immobilizzò, come se non sapesse cosa fare. 
Lei stessa smise di correre, percependo solamente allora, stando ferma, il freddo del pavimento di pietra. Stava bene ed era in piedi. Questa era già una grandissima cosa, sul fatto che le volesse parlare aveva ancora qualche dubbio, anzi tanti dubbi, così mosse un paio di passi nella sua direzione, fermandosi esattamente davanti a lui. 
Lo guardò negli occhi e lui ricambiò quello sguardo, lasciando che fra di loro calasse semplicemente un freddo silenzio. Era sempre più sicura che non volesse parlare e che addirittura stesse facendo di tutto per andarsene, cosa che non sarebbe stata poi tanto sbagliata, e questo le faceva paura. Probabilmente cercò di nascondere i brividi che le attraversavano la schiena, ma ad un certo punto le sue labbra si mossero da sole e si schiusero cercando di dire qualcosa di sensato. 
«Io—… se sei arrabbiato con me perché ho—… »
Non riuscì a finire la frase, sia perché le mancarono le giuste parole per poter continuare, sia perché Itachi allungò una mano verso di lei e l’afferrò per il polso strattonandola contro di sé, senza considerare o anche solo darle il tempo di reagire lucidamente. 
Ed allora Reyko si ritrovò stretta fra le sue braccia, che non sembravano aver intenzione di lasciarla andare. Le mani del ragazzo si mossero lungo la sua schiena, reggendosi a lei, e poi affondò una di esse fra i suoi capelli, mentre il proprio viso si poggiò nell’incavo del suo collo. Inspirò profondamente, lasciandosi stringere e stringendo a sua volta, tanto che rischiarono di cadere a causa della forza che misero in quell’abbraccio. Perché se fino ad un attimo prima aveva pensato di averlo perduto per sempre, adesso ogni pensiero di quel tipo era svanito, lasciando solamente impresso nella sua memoria il ricordo di ciò che accadde in seguito. 
Si guardarono negli occhi, incapaci entrambi di dire qualcosa di sensato, le loro fronti si sfiorarono, proprio come le punte dei loro nasi e poi, a quel punto, una volta tanto Reyko chiuse gli occhi e smise di pensare lucidamente, dimenticandosi di tutti i problemi infiniti che quell’evento aveva causato. 
Fu in quell’istante che le loro labbra s’andarono ad incontrare in un bacio leggero. Il calore irradiato dal corpo del ragazzo la fece rabbrividire, anche perché strinse leggermente la presa su di lei, mentre le labbra di entrambi si muovevano all’unisono, cercandosi e trovandosi dopo tanto tempo, così da sollevarla appena sulle punte dei piedi. Era come se non ci fosse più il dolore, la tristezza e la preoccupazione. In fondo lei stessa aveva desiderato a lungo una cosa simile, solo che fra tutti i momenti immaginabili di certo quello era il meno adatto. E poi era la prima volta che baciava qualcuno, il suo ex compagno di accademia che per sbaglio andò a sbattere contro il suo viso, non contava. 
Quello era un vero bacio, intenso, con entrambi che si ricercavano e non volevano lasciarsi andare. Le loro labbra che s'incontravano e premevano le une sulle altre, accompagnate addirittura dalla lingua. Probabilmente non fece neanche caso al fatto che insieme a lui si mosse, cercando la porta della stanza da cui era uscito, impegnata com’era soffocare il proprio sospiro sulle labbra di lui. Ma fu certa che in qualche modo giunsero fin li e solamente allora, quando rimasero da soli nella stanza illuminata dalla luce del tramonto, si staccarono per riprendere fiato, anche se fu quasi dolorosa quella separazione. Le braccia di Reyko stringevano il collo del ragazzo, senza però fargli male, mentre le mani di Itachi erano serrate sulla schiena e sul fianco della ragazza.
Non sapeva neanche che due corpi potessero stare tanto vicini, quasi come se s’incastrassero alla perfezione, e solamente allora, riprendendo fiato, si ritrovarono a guardarsi negli occhi, perdendosi l’uno nelle iridi dell’altro. 
«Grazie. Grazie per avermi aiutato anche quando non lo meritavo. Credevo che ormai non ci fosse più niente per me in questa vita, che tutto si sarebbe esaurito combattendo e morendo contro mio fratello. Con tutto l’allenamento che ho fatto avrei dovuto controllarmi di più di così—… però tu non sei nulla che mi aspettavo. Sei diversa da tutti coloro che ho conosciuto fino ad oggi. Mi sono perso a guardarti quando non dovevo farlo. Ho pensato a te quando non avrei dovuto. E non è mai stato tanto difficile non pensare a te. Dovevo—… dovevo avere disciplina, come un vero shinobi. Ma arrivi tu, con il tuo potere, la tua passione ed i tuoi sorrisi. Non so se questo è a causa del legame che c’è fra noi due ma—… non voglio perderti. Né ora né in futuro. »
Probabilmente quello fu il più bel discorso che Reyko ebbe mai ascoltato, anche perché nessuno le aveva mai detto parole simili. Si era sempre ritrovata da sola, a dover combattere contro tutto e tutti, cercando di sopravvivere in un mondo che dell’odio e della crudeltà avevano fatto la loro armatura, ed adesso arrivava lui, con voce tremante, a sussurrarle quelle parole a poca distanza dal viso, con lo sguardo imbarazzato ed i capelli scombinati. 
Non era mai stato più bello di così, anche dopo tutto quello che era successo e forse fu in quel momento che Reyko ammise finalmente, anche a sé stessa, di provare qualcosa per lui. Qualcosa di così forte, forse amore. Ma lei non era brava a parole, quindi, dopo le sue parole così belle e profonde lei lo strinse di più, perdendosi fra le sue braccia. 
Avevano rischiato di perdersi già una volta, ma non sarebbe accaduto di nuovo. 
Adesso non erano più soli. Nessuno di loro due lo era.
   
 
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