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Autore: Gojyina    09/01/2018    2 recensioni
Questa è la mia versione della stagione 4. Stanno registrando ora il telefilm ma è quasi certo che non sarà presente il personaggio di Zero. Ho "rimediato" scrivendo questa fanfiction.
Genere: Angst, Commedia, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jude Kinkade, Un po' tutti, Zero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hit the Floor 4

Epilogo

Gojyina

 

– Devil, stai lontana da quelle tartine! – Sibilò Jude, puntandole un mestolo contro. – Qualcuno la controlli, prima che mangi tutto. Gideon?

– Arrivo, arrivo! – Borbottò il giocatore, scendendo le scale.

– E non correre! È pericoloso!

– Sì, mamma! – Lo prese in giro, baciandolo prima che potesse insultarlo.

– Che schifo! – Si lamentò Sean, tirando fuori il naso dal suo libro sui dinosauri.

– Invece di lamentarti, vai a controllare le tue sorelle. – Disse il biondo.

– Quali?

– Tutte! Gli ospiti arriveranno a momenti.

– La torta è pronta, le tartine anche, dovrebbe esserci tutto. – Borbottò Jude tra sé, passando lo sguarda dal tavolo della cucina al frigorifero e viceversa.

– Ehi, va tutto bene. Ogni volta che c’è un compleanno temi di aver dimenticato qualcosa! – Lo prese in giro, riuscendo a farlo ridere.

– Hai ragione. – Ammise, posando la fronte contro la sua spalla. – Gideon?

– Mmm?

– Ci sarà anche Ahsha con le bambine. Se dovesse passare anche Derek…

– Mi saprò comportare da perfetto padrone di casa. – Promise. – Non rovinerò il compleanno di Amy.

– Dieci anni, mi sembra ieri quando usava quell’orso gigante come letto. – sussurrò Jude incredulo. – Ricordi? Quei peluche giganteschi che Michael aveva regalato a lei e alle gemelle. Erano così ingombranti!

– E Matt che ne ha quattordici, allora? Stanno crescendo così velocemente che non ho il tempo di stare al loro passo.

– Tra qualche anno li avrai a tempo pieno. – Gli ricordò, accarezzandogli i capelli biondi. – Sei ancora troppo in forma per lasciare il basket.

– Parli da marito o da presidente? – Indagò increspando la fronte.

– Entrambi! – Sorrise, baciandogli le labbra. – Vado a controllare le gemelle. Proteggi le tartine, ti prego!

– Signorsì, signore! – Lo prese in giro, scuotendo mestamente il capo.

Come al solito suo marito si preoccupava troppo. Di tutte le possibilità valutava sempre le peggiori. Cosa avrebbe mai potuto andare storto in una festa di compleanno?!

Arrivati gli ospiti furono servite tartine per gli adulti e panini per i bambini. Avevano invitato alcuni compagni di scuola di Amy, oltre che i figli dei giocatori dei Devils con i quali aveva più confidenza.

Sfruttando la bella stagione, avevano organizzato la festa in piscina, dove i bambini giocarono sino a quando non fu il momento di tagliare la torta.

Matthew fu costretto a tenere Devil quasi in braccio, per paura che saltasse su di essa.

I bambini giocarono ancora un paio di ore prima che cominciassero ad andare via.

Era quasi il tramonto quando Jude si mise a ripulire il giardino ormai vuoto.

– Ehi, ci penseranno domani i Vega. – Gli ricordò suo marito.

– Levo solo il grosso o Devil ce lo porterà in casa. Dove sono i ragazzi? – Chiese, chiudendo un sacco pieno di carta regalo strappata.

– Le ragazze stanno guardando i regali di Amy in camera sua e Matt sta ascoltando la musica nello studio.

– E i gemelli?

– Non saprei, penso in camera loro.

– Sono avanzati due vassoi di tartine e uno di panini, lascerei quelli per cena. Ma non so se ne abbiano voglia.

– Vado a chiede. Torno subito. – Zero rientrò in casa e salì al piano superiore. – Ehi, ciurma? Per cena abbiamo ancora tartine e panini a volontà, va bene? – Domandò posando una spalla contro lo stipite della porta della camera di Amy e Kim, dove le quattro sorelle stavano sistemando i regali della festeggiata.

Ricevuto il loro consenso, aspettò la risposta dei ragazzi.

Dalla sua stanza Matthew urlò di sì, prima di tornare ai suoi libri di matematica.

Quando i gemelli rimasero in silenzio, bussò alla porta della loro camera, insolitamente chiusa, e attese.

– Ehi, piccoli ninja, state bene?

– Vai via! – La voce rabbiosa di Sky lo fece trasalire.

– Cosa succede? – Chiese, aprendo la porta.

Sean era seduto alla scrivania e sembrava in profondo imbarazzo. Il fratello era rannicchiato in un angolo della stanza, tra la finestra e l’armadio.

Da alcuni anni il letto a forma di macchina era stato sostituito con uno a castello. Nonostante lo spazio in casa, i due volevano ancora dormire in camera insieme.

– Daddy, non penso sia un buon momento. – Borbottò Sean.

– Dimmi cos’ha tuo fratello e me ne andrò. Non siamo abituati a urlarci contro.

Sky lo guardò con gli occhi azzurri pieni d’odio.  – Dovresti dirci qualcosa tu, invece!

– Non ho idea di cosa tu stia parlando. – Zero incrociò le braccia al petto, iniziando seriamente a irritarsi.

Kimberly, decise di andare a chiamare Jude, prima che la situazione degenerasse. Stavano urlando così forte che persino Matt li sentì, nonostante la porta chiusa.

– L’altro giorno eravamo da zia Lionel e, parlando del compleanno di Amy, le ho chiesto perché tua sorella non sia mai stata invitata alle nostre feste. Persino gli ex giocatori dei Devils vengono qui, ma lei non ci ha mai messo piede. – Sky si alzò in piedi, fronteggiando il padre. – Zia si è subito messa sulla difensiva e mi ha risposto dicendo che non lo sapeva. Era ovvio che mentisse, dato che Papa le racconta sempre tutto!

Jude entrò trafelato. – Che succede?

Sky gli mostrò un foglio. – Ho cercato nella cassaforte dello studio e ho trovato questo.

L’uomo impallidì, riconoscendo l’atto di nascita dei gemelli. – Sky…

– Perché non ce lo hai detto? – Urlò, con gli occhi lucidi. – Sei stato con la sorella di Daddy! Cos’era? Una madre surrogata? Un modo perverso per avere dei figli vostri? Cosa?

– No, no! – Jude si passò una mano tra i capelli. – Tesoro, non siete miei!

– C-Cosa?! – Balbettò il ragazzino. – Ma il documento…!

– Laura ha scritto il mio nome per facilitarci l’affidamento. – Spiegò, sedendosi di fronte a lui.

– Non capisco.

– Ti abbiamo raccontato di come, da piccoli, Daddy e Laura siano stati separati. Molti anni dopo, lei ci ha contattato. Era ancora all’università e, dopo una relazione con uno studente straniero, aveva scoperto di essere incinta di due gemelli. Non poteva crescervi ma, non volendo che foste separati anche voi, ci ha chiesto di adottarvi. Ha scritto il mio nome sul certificato di paternità per semplificare l’aspetto burocratico. Chiedere l’affidamento di quelli che risultavano, per legge, figli miei, era più semplice di una adozione.

– Ma… perché lei non è mai venuta a trovarci? Non ci ha voluti come figli, però come nipoti… non so…

– Mia sorella era giovane e spaventata, – Spiegò Zero, sedendosi accanto la marito. – Voleva solo il meglio per voi, per questo ci ha chiamati. Nel corso degli anni ha chiesto di voi e degli altri membri della famiglia.

– Ma non è mai venuta a trovarci di persona. Si è limitata a salutarci tramite Skype o al telefono. – Gli fece notare Sky.

Jude annuì. – Credo lo abbia fatto per me.

– In che senso? – Suo figlio era sempre più confuso.

– Forse pensava che potessi avvertire la sua presenza come una minaccia. Dopotutto, per legge, lei potrebbe venirvi a riprendere in qualsiasi momento.

– Pensi che lo farebbe? – Domandò Zero, increspando la fronte.

– No, perché sa meglio di chiunque altro che i genitori sono coloro che crescono i figli, non chi li fa fisicamente. Tua madre vi ha abbandonati nella prima casa famiglia che ha trovato, senza mai più farsi né sentire né vedere. Laura invece ha voluto sincerarsi che i bambini fossero cresciuti da due persone affidabili e amorevoli. – Sorrise ai suoi figli. – Spero che io e Daddy vi abbiamo fatto sentire amati.

Sky tirò su col naso prima di annuire. – Mi dispiace di avere gridato, prima. – Bofonchiò, abbracciando i genitori.

– Mi dispiace non avertene parlato prima, – sussurrò Jude, – volevamo aspettare ancora qualche anno.

– Non importa, adesso so la verità. Zia Laura per me resta solo una lontana parente. Non è cambiato nulla, solo… – il ragazzino si strinse nelle spalle, –… non lo so. Pensavo fosse schifoso che tu avessi avuto una storia prima con lei e poi col fratello.

Non visto dal figlio, Jude diede un pizzicotto sul braccio del marito, che sobbalzò gemendo.

– Stai male, Daddy?

– Sta benone! – Si affrettò a rispondere il moro. – Ma non può restare seduto sul pavimenti, ha una certa età ormai!

– Ehi! – Sbottò il giocatore.

– Bene! Adesso è tutto chiarito Sky?

– Sì, mi dispiace di aver pensato male. – Mormorò imbarazzato.

– Te lo dico da sempre, – sbuffò il gemello, seduto alla scrivania, – tutto questo casino solo perché sei quello meno ragionevole!

Jude e Zero lasciarono i gemelli intenti a lanciarsi i cuscini addosso e scesero in cucina per sistemare gli avanzi della festa.

– Non gli avrei detto di me e Jelena. Solo il ricordo mi dà il voltastomaco! – Si difese il biondo.

– Meglio non rischiare. – Sospirò posando la testa contro il frigorifero. – Mi dispiace che l’abbiano scoperto in quel modo.

– C’è stato un fraintendimento e ora è tutto chiarito.

– Sì, ma…

– Non puoi prevedere il futuro, Jude. Ma abbiamo cresciuto dei ragazzi molto intelligenti. – Gli baciò la punta del naso. – Il Team Zude può affrontare qualsiasi difficoltà.

 

Venne il tempo in cui Logan e Devil li lasciarono, andando via proprio come erano arrivati: insieme.

Una mattina Logan andò a dormire sotto al patio e, nel pomeriggio, fu raggiunto da Devil che gli si accucciò di fronte.

Fu l’immobilità prolungata di quest’ultima a mettere Jude in allarme.

Matthew rimase chiuso in camera per due giorni. I gemelli si rintanarono nei rispettivi letti senza voler uscire, Amy e Kim piansero per ore tra le braccia di Zero, anche lui molto provato per la perdita.

Bera e Taty si aggrapparono a Jude, mentre i tre cani si accucciarono sul lato del divano più vicino al camino, il posto preferito di Logan per sonnecchiare in casa.

Jude li fece cremare insieme e sotterrò l’urna in giardino, tra il muro e il cancello poco distante dal punto in cui li avevano trovati anni prima.

Quando Matt finalmente uscì dalla sua camera, trovò le sorelle sedute sul divano con Zero, che commentavano le vecchie foto di famiglia, ridendo delle espressioni buffe dei loro cani.

Entrato in cucina strinse con forza i pugni e tornò in sala rosso in viso.

– Dove sono le loro ciotole?

– Cosa? – Domandò l’uomo, non capendo di cosa stesse parlando.

– Le ciotole di Logan e di Devil! Dove cazzo sono?

– Ehi! Capisco il tuo dolore, ma modera il linguaggio!

Attirato dalle loro voci, Jude uscì dallo studio per raggiungerli.

– Che succede?

– Sei stato tu, vero? – Ringhiò il figlio maggiore che, a sedici anni compiuti, era alto quasi quanto Zero. – Hai preso le ciotole e le hai buttate via perché tanto ci sono altri tre cani, no? È quello che hai fatto con noi, no? Ti sei preso in casa sette randagi e se uno di noi crepa, tanto ne hai altri sei…

– Matthew Robert Kinkade! – Tutti si zittirono sentendo. Era la prima volta che sentivano Jude alzare la voce e si spaventarono. Persino suo marito increspò la fronte, preoccupato. – So quanto tu stia soffrendo, Logan è stato il tuo primo, vero, amico, ma non ti permettere mai più di pensare che voi siate degli animali domestici, per me e per tuo padre. Hai capito? Hai capito? – Ripeté con tono severo.

Matt tirò su col naso e annuì, mentre si passava una mano sugli occhi di nuovo umidi.

Intenerito, Jude si affrettò ad abbracciarlo.

– Papa…

– Lo so che ti dispiace. – Sussurrò, stringendolo a sé. – Mancano tanto anche a me. Ma questo dolore non è paragonabile alla felicità e all’affetto che loro ci hanno dato in tutti questi anni.

– Logan era il mio migliore amico. – Sussurrò, contro la sua spalla.

– Andiamo a sederci con gli altri. – Gli propose, raggiungendo il divano. – Ricordare i momenti migliori è di aiuto. – Prese un album di fotografie e passarono insieme le successive tre ore a raccontarsi aneddoti. Attirati dalle loro risate, anche Sean e Sky li raggiunsero, sedendosi sul pavimento accanto ai tre cani.

Ordinarono la pizza e continuarono a ridere e ricordare sino a quando non fu l’ora di andare a dormire.

– Mi sento un po’ meglio. – Ammise Kim. – Il peso che avevo sul petto è sempre lì, ma è meno soffocante.

– Lo stesso vale per me, piccola guerriera, – le sorrise Zero, – adesso andate a letto. Si sta facendo tardi.

Entrato in camera sentì il suono della doccia del loro bagno privato. Aspettò quasi mezz’ora, poi decise di bussare alla porta. Non ricevendo risposta, entrò e sentì il suo cuore stringersi alla vista di suo marito, seduto sul pavimento tra la doccia e il mobile del lavandino. La testa nascosta tra le ginocchia, stava finalmente piangendo anche lui per la perdita dei loro adorati cani.

Zero chiuse la manopola della doccia e si affrettò ad abbracciarlo.

– Va tutto bene, – lo rassicurò, massaggiandogli la schiena, – sei sempre il solito. Prima pensi a noi e poi a te stesso. – Gli baciò la cima della testa.

Era stato intelligente a usare lo scroscio dell’acqua per coprire il suono del suo pianto, ma il biondo lo aveva scoperto comunque.

– Daddy? Hai visto la…? – Sky si zittì non appena li vide e andò via senza finire la sua domanda.

Zero aiutò suo marito ad alzarsi e infilarsi sotto le coperte. Non si stupì quando, alcuni minuti dopo, i suoi figli entrarono nel lettone con loro.

Era la prima volta che si trovavano loro al centro, protetti dai loro ragazzi.

– Abbiamo fatto bene a comprare un letto king size. – Commentò Zero, facendo sorridere il marito.

– Guarda che non ci stiamo più, Daddy! – Bofonchiò Sean, schiacciato dal peso del gemello.

– Non è colpa mia se siete alti come giraffe! Cosa vi avremo dato da mangiare, non lo so.

– Loro crescono e noi invecchiamo, è normale. – Sorrise Jude, che già si sentiva meglio, avvolto nel calore della sua famiglia.

– Tsk! Forse tu invecchi! Io miglioro, come fa il vino. – Borbottò Zero, avvicinando i loro visi. – Però, lo ammetto, con gli occhiali sei molto, molto sexy!

– Daddy! – Tuonarono i figli in coro, le voci piene di disgusto.

Jude nascose il viso sul petto di Zero per attutire il suono della sua risata.

 

Il tempo passò senza far loro altro male.

Un pomeriggio di primavera, Kimberly tornò a casa di pessimo umore.

– È tutta colpa tua! – Disse a Zero, seduto sul divano con Bera.

– Probabile. Che è successo? – Le chiese, posando il libro di storia della figlia.

– Deve essere andato male l’appuntamento. – Sussurrò la più piccola.

– Appuntamento? Che appuntamento?!

Kim roteò gli occhi. – Non era un appuntamento! Ero fuori con Alyssa e Katy e abbiamo incrociato Ricky!

– Chi è Ricky?! Perché nessuna di voi mi risponde? – Indagò l’uomo. – Merito un po’ di considerazione, cambiavo i vostri pannolini!

– Che schifo! – Le due arricciarono il naso, mentre Taty scendeva le scale in accappatoio.

– Non mentire. Ci cambiava Papa, – disse andando in cucina, – perché ti veniva da vomitare.

– Non è vero! È che giocavo e le mie mani valevano milioni! Vi hanno raccontato male la storia! Ma non è questo il punto! Chi è Ricky e perché sarebbe colpa mia?!

Kim sbuffò mentre si lanciava a peso morto sulla poltrona più vicina. – Perché non troverò mai nessuno che mi guardi come tu guardi Papa, o lui guarda te, ecco perché! Morirò vecchia e sola!

– Con i gatti! – Urlò sua sorella, con la testa nel frigo. – Hai dimenticato i gatti.

Thor sollevò il muso dalle ginocchia di Bera e sbuffò infastidito.

– Vanno bene anche dei cani. – Sussurrò, abbracciandolo.

– Non so di cosa stiate parlando. – Ammise l’uomo, sempre più confuso.

Amy uscì dallo studio con due libri in mano.

– Che succede?

– Il non appuntamento di tua sorella è andato male e sta incolpando me! – Brontolò l’ex giocatore.

– Ahia. Niente scintilla, eh? – Capì, sedendosi sul bracciolo accanto a lei.

– No. Era così carino! – Si rammaricò, abbracciando un cuscino.

Zero guardò le due ragazze, ricordando quando correvano per casa con le loro bambole.

Kimberly sarebbe andata al college quell’autunno e Amy si sarebbe diplomata entro un paio di anni.

Il tempo stava scorrendo troppo velocemente per i suoi gusti.

Allungò un braccio e strinse a sé Bera, lei e Taty avrebbero iniziato il liceo dopo l’estate.

– Almeno ho ancora voi. – Bofonchiò, baciandole la testa.

– Matt ha chiamato, – disse Taty, bevendo il suo succo di frutta, – ha detto che passerà  le vacanze con noi.

Zero accolse la notizia con un largo sorriso. – Papa ne sarà davvero felice.

Matthew studiava informatica al MIT, il Massachusetts Institute of Technology. Vista la distanza considerevole tra Cambridge e Los Angeles, il ragazzo riusciva a tornare a casa solo a Natale e in estate.

Stesso discorso valeva per i gemelli che studiavano a New York: Sean architettura e Sky legge.

Non sapeva quale università avesse scelto Kimberly, era stata molto reticente ed evasiva quando avevano affrontato l’argomento.

– Anche Sean e Sky ci saranno. – Disse Amy – Sarà divertente stare tutti insieme prima che… – Kim le diede una gomitata su un fianco. – Cioè, dopo. Dopo gli esami. Prima che riprendano i corsi. – Balbettò, passandosi una mano tra i capelli biondi. – Vado a fare la doccia. – Annunciò correndo su per le scale.

Zero sollevò un sopracciglio. – C’è qualcosa che dovrei sapere?

– No, figurati! – Rise Kim, balzando in piedi. – Vado a lavarmi i capelli. – Disse, prima di scappare via.

– State per andare a lavarvi anche voi due? – Indagò, guardando le gemelle.

Taty scrollò le spalle. – Già fatto e non so davvero di cosa stessero parlando.

– Nemmeno io. – Disse Bera, riaprendo il libro di storia.

 

Quando, dopo la diretta televisiva, Zero ritornò a casa, trovò suo marito steso sul divano concentrato a respirare dentro a un sacchetto di carta.

– Taty prendi i sali, Papa sta avendo una crisi! – Urlò Bera, seduta sul pavimento accanto al lui.

– Che livello è? “Ciclo mestruale” o “Primo appuntamento”? – Chiese la gemella dal piano superiore.

– “Concepimento”.

– Cavolo! Sto arrivando!

– Cosa gli avete fatto? – Si allarmò Zero andando dal marito, senza neanche togliersi la giacca.

– Ti avevo detto che l’avrebbe presa male. – Sibilò Amy, dando una gomitata a Kim.

– Mi dispiace. – Pigolò, guardando i due padri.

– No, no! – Protestò Jude. – Va tutto bene. È solo che non me lo aspettavo.

Zero si guardò attorno, confuso. – Non tifano per i Lakers, non si drogano, non stanno per sposarsi… mi dite che succede?!

– Kimberly andrà a studiare a Oxford. – Annunciò il marito, con un velo di tristezza nella voce.

– In Mississippi?!

– Nel Regno Unito.

– Ah. – I due di guardarono un lungo istante prima di abbracciarsi. – Ricordi?

Jude annuì. – Certo, stupido. Non importa le scelte che faranno, noi li sosterremo sempre. – Gli sorrise, affondando gli occhi nei suoi.

– Ecco, è quello sguardo! – Disse Amy. – Nessuno ci guarderà mai così.

Jude scosse la testa e andò ad abbracciare Kimberly. – Sono fiero di te! Sono certo che ti troverai benissimo! Per qualsiasi cosa, noi ci saremo sempre!

– Grazie, Papa. Ho già avvertito nonno e dice che ha tantissimi amici e collaboratori lì, pronti a darmi una mano se dovesse succedermi qualcosa. Non preoccuparti, ho le spalle coperte!

– Ne ero certo. – Le sorrise Zero, abbracciandola a sua volta. – Direi che puoi buttare quel sacchetto di carta! – Disse al marito.

– Non lo farei fossi in te. – Borbottò Taty, ricevendo un’occhiataccia da parte della gemella.

– Credo che i sali serviranno comunque. – Sussurrò Bera, con la bocca coperta da una mano.

– Cosa? Che cosa? – Cominciò a balbettare Jude.

– Amber Lillian Kinkade, hai intenzione di fargli venire un infarto? – Sbottò Zero, aiutando il marito a sedersi sul divano.

– Non lo dobbiamo dire noi! E se non lo vuole dire, non lo dirà. – Spiegò Taty, convinta di essere stata molto chiara.

– Di chi state parlando? – Chiese l’ex giocatore.

– Oh, aspetta! – Esclamò Jude, mettendosi seduto. – Matt e… quella cosa?

Le gemelle annuirono.

– Cosa? Cosa?! – Sbuffò Zero, preoccupandosi quando suo marito gli passò il sacchetto di carta.

– Credo servirà più a te che a me.

– Come lo sai, Papa? – Domandò Kim, sedendosi accanto a lui.

– Ahsha. Voi, invece?

– Alyssa.

– Lo immaginavo.

– Jude?

– Ah, sì! Ecco…  – si passò una mano tra i capelli castani, appena imbiancati sulle tempie. – Matthew e Amanda stanno insieme.

– Amanda, quella Amanda? Amanda la figlia di Derek? Sul serio?! – Cominciò a respirare dal sacchetto di carta. – Non basta l’essere stato una spina nel fianco da quando ho messo piede a Los Angeles? Anche come consuocero, adesso? Sul serio?!

– Era per questo che non te lo volevo dire. – Sospirò, aiutandolo a sdraiarsi. – Poi sarei io il melodrammatico!

– Ma… Derek Roman, Jude? Derek Roman?!

– Almeno con Ahsha e le ragazze vai d’accordo, no? Meglio che delle sconosciute. – Provò a rincuorarlo. – Cosa posso fare per farti star meglio, Gideon?

Suo marito sorrise malizioso. – Dopo tutti questi anni, me lo chiedi ancora?

– Daddy! – Tuonarono le figlie, scappando via con vari livelli di disgusto dipinti sul viso.

– Ehi! Pensate che vi abbia trovate sotto a un cavolo? – Sbottò, suscitando l’ilarità di Jude, che cominciò a ridacchiare contro la sua spalla.

Zero lo abbracciò, facendosi serio. – Londra è lontana.

– Lo so. È molto difficile essere un genitore, vero? Per fortuna ho te!

– Certo, stupido! Non ti libererai di me tanto facilmente.

– Meno male!

 

Zero salutò le figlie e chiuse la videochiamata con un sorriso sulle labbra.

Kimberly e Amethyst, stavano studiando entrambe a Oxford. Saperle insieme aveva tranquillizzato un po’ tutti, anche se la loro mancanza si sentiva.

Da quando le gemelle si erano trasferite a New York per frequentare la scuola di arte e design, la casa era diventata un po’ troppo silenziosa. Per fortuna aveva sempre Jude e i loro tre cani. Thor e Hulk erano diventati molto protettivi nei confronti dei padroni di casa, forse temevano che potessero andare via come i ragazzi. Groot aveva preso l’abitudine di dormire in camera dei gemelli, dei tre era quello che sentiva maggiormente la loro mancanza, dato che era sempre stato con loro.

La porta si aprì e accolse suo marito con un ampio sorriso.

– Chi ha chiamato? – Domandò Jude, intuendo il motivo della sua gioia.

– Le inglesi.

Jude allentò la cravatta e tolse la giacca, lasciandola sul divano prima di sedersi accanto a lui. – Sono felice che stiano bene.

– Ehi, sei tornato presto. – Notò, guardando l’orologio.

– S-Sì, giusto. – Suo marito gli sorrise, imbarazzato.

– Sai che non resisto a quell’espressione. – Sogghignò malizioso, sulle sue labbra. – La cosa positiva di avere la casa tutta per noi è poterlo fare ovunque.

– Avessimo la resistenza dei vecchi tempi. – Rise Jude, cingendogli le spalle.

– Parla per te! Io sono ancora giovanissimo!

– Vero. – Sussurrò sulle sue labbra.

– Ehi, stupido? Non distrarmi e rispondi alla domanda.

Sospirò, posando la fronte sulla sua spalla. – Voglio lasciare il mio posto a Miguel, perciò gli sto insegnando le basi del mestiere. Oggi ho deciso di fargli affrontare un pomeriggio di lavoro da solo.

– Ne sei sicuro, Jude?

– Sì. I Devils erano un progetto di Oscar, io volevo farne parte per i motivi sbagliati. Penso di lasciare da quando ti sei ritirato, ma ho dovuto aspettare che Miguel fosse pronto.

– Cosa farai adesso, oltre a molestarmi sul divano? – Indagò incuriosito. – Non sei mai stato il tipo da stare con le mani in mano.

– Beh, qualcuno sta diventando uno showman piuttosto richiesto. Avrà bisogno di un agente, non credi? – Sussurrò mordendosi il labbro inferiore.

Zero sorrise con una luce maliziosa negli occhi azzurri. – Sul serio, Jude?

– Perché no? Come ai vecchi tempi!

– Team Zude più unito che mai! – Annunciò Zero, prima di unire le loro labbra in un bacio appassionato.

Aveva intenzione di regalare materiale per le fanfiction e le fanart delle loro fans ancora per molti, molti anni!

 

 

Fine


   
 
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