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Autore: Axel Knaves    14/01/2018    1 recensioni
Un patto di sangue involontariamente stretto e un'invocazione fatta per scherzo, portano Eva Rossi a condividere il suo appartamento con Helel (a.k.a. Lucifero) e Azrael (a.k.a. Morte).
Ma cosa potrebbe mai andare storto quando condividi la vita e la casa con la Morte, che entra nei bagni senza bussare, e il Diavolo, che ama bruciare padelle?
Eva non potrà fare altro che utilizzare le sue armi migliori per sopravvivere a questa situazione: il sarcasmo e le ciabatte.
~Precedentemente intitolata: Bad Moon Rising e Strange Thing on A Friday Night
~Pubblicata anche su Wattpad
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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[3]» Il lunedì mattina e le figure di cacca: una novella. «[3]

I lunedì mattina non sono mai stati il mio forte… O meglio la mattina non è proprio il mio momento preferito della giornata… Poi se è lunedì mattina è ancora peggio. E quel lunedì mattina era di certo uno dei più devastanti che avevo avuto da un po’.
Il week-end era stato stressante all’inverosimile e i miei nervi avevano quasi rischiato di rimanerci secchi un paio di volte.
Sospirai posizionandomi a stella sul letto. Quella mattina sarei arrivata tardi a lezione, decisi. 
Non che mi sentissi in colpa: odiavo la materia delle prime ore, e avevo una mezza teoria che il nostro professore avesse un oscuro passato da rapper di strada, per quanto veloce riuscisse a parlare durante la lezione… Davvero! Se si cercava di prendere appunti alla fine delle due ore avevi un crampo alla mano per quanto avevi scritto!
Sospirai e mi portai le mani alla fronte, tirandomi in dietro i capelli, quando nel mio cervello ritornarono i nomi dei miei due nuovi coinquilini che ora dividevano la mia camera degli ospiti.
Una cosa di certo l’avevo imparata: gli angeli erano ancora più viziati di certi umani che conoscevo! Se da una parte c’era Azrael che cercava di abituarsi alle abitudini di noi umani – a quanto pare con il legame di sangue avevano ereditato cose come la necessità di cibo e sonno di noi umani, come io avevo ereditato alcuni loro poteri e una capacità di guarigione più veloce – dall’altra vi era Helel che mi odiava per il semplice fatto che l’avevo trasformato in un essere che lui riteneva inferiore.
Anche io lo avrei rinchiuso negli inferi una persona con quel carattere, pensai velenosa.
E se non l’avevate già capito cari lettori: il mio rapporto con Helel non era certo migliorato. Se non fosse che ero immune a ogni genere di attacco da parte dell’uomo dagli occhi bianchi ero certa che quest’ultimo mi avrebbe già spedito all’inferno più e più volte.
Sospirai una terza volta tornando a guardare il mio soffitto bianco. Dovevo smetterla di sospirare mi faceva sentire vecchia e burbera.
Mentre fissavo il soffitto e la mia mente si affollava con tutti i miei problemi mi resi conto che nella vita avevo già affrontato e superato molte cose – alcune che alla luce di fatti non erano cose così drammatiche mentre altre erano cose decisamente serie – e di certo imparare a convivere con un angelo scorbutico e uno bambinesco era di certo al di sotto di molte altre cose.
Sentii le sopracciglia muoversi in un’espressione decisa: non mi avrebbero di certo fermato due uomini, che erano apparsi all’improvviso nella mia quotidianità, dal vivere la mia vita come ne avevo voglia! Avrei dovuto cambiare qualche abitudine tipo smettere di girare in casa in solo intimo d’estate? Probabilmente sì, ma una cosa l’avevo imparata nella mia vita: non tutti i cambiamenti avvenivano per peggiorare le cose.
Un vecchio ricordo tornò limpido nella mente e una lacrima mi scese lungo la guancia.
Mi misi a sedere di scatto e mi asciugai con un gesto la parte umida del volto.
NO! Mi urlai mentalmente. Niente sarebbe stato come quella volta! Avevo imparato dai miei errori!
Chinai il capo e mi passai una mano tra i capelli, fermandomi a massaggiare la nuca. Dovevo piantarla di pensare a certi ricordi.
Con uno sforzo immenso uscii dal calore e la comodità del mio letto. Frugai nell’armadio per tirare fuori la mia tenuta di combattimento contro il genere umano… Okay… Forse dovevo smetterla di pensare anche questo.
Con il cambio d’abiti sotto braccio mi diressi in bagno per prepararmi alla giornata.
Il silenzio dell’appartamento indicava che gli altri due abitanti del posto erano ancora a letto.
Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e mi fermai davanti allo specchio.
Se scattassi una foto e la mandassi ai produttore di Hollywood, mi metterebbero a fare la comparsa in ogni film di zombie che hanno in produzione da qui alla mia morte! Pensai ridacchiando al mio stesso sarcasmo. Mamma mia se ero la regina del sarcasmo!

Dovevo smetterla con certi pensieri, oppure la mia modestia si sarebbe trasferita a Honolulu un giorno per non fare più ritorno.
Mi gettai in doccia e dopo aver detto brutte parole contro l’acqua fredda, che avrebbero fatto sbiancare anche mia madre, uscii come un razzo avvolgendomi nel calore del salviettone che utilizzavo come accappatoio.
Ah! L’acqua gelata mi aveva proprio svegliato e tolto di dosso i brutti ricordi.
Avevo appena finito di infilarmi la parte inferiore dell’intimo e stavo per slegare l’accappatoio quando all’improvviso la porta del bagno venne spalancata.
Guardai stupefatta l’ancora sonnolento Azrael che aveva la mano sulla maniglia e un piede sulle piastrelle azzurre del bagno.
Ci furono alcuni attimi di silenzio mentre i nostri neuroni, rallentati ancora per l’assenza di caffeina, cercavano di dare un senso a ciò che stava accadendo. Fissai Azrael finalmente svegliarsi e comprendere cosa aveva davanti, mentre sentivo il sangue salirmi alle guance e quasi esplodere dall’imbarazzo.
«SCUSA!» Urlò Azrael saltando in dietro e chiudendo la porta di scatto, lasciandomi di nuovo sola nel bagno.
Rimasi ancora qualche secondo immobile dov’ero, poi mi lasciai cadere sul gabinetto con la tavoletta abbassata e nascosi il volto nelle mani.
Oh sì! Pensai, disperata. Sarebbe stata proprio dura!
Sospirai ancora una volta e mi vestii per la giornata.
Uscii dal bagno solo dopo altri venti minuti e trovai i due angeli aspettarmi in cucina. Ovviamente essendo angeli non sapevano neanche da dove cominciare a cucinare, non che gliene facessi una colpa: non avevano mai avuto bisogno di cibo prima perciò vedevo come mai non sapessero neanche che cosa fosse una padella.
«Come mai ci hai messo tanto in bagno?» Mi chiese irritato Helel. «Non hai pensato che potesse servire anche a noi, mortale?»
Chiusi gli occhi e appoggiai la fronte contro lo sportello, davanti cui ero inginocchiata. Dovevo stare calma, non dovevo rispondergli a tono, non dovevo fare il suo gioco.
«Non sono abituata a vivere con altri esseri viventi, mi sono persa nei miei pensieri». Risposi tra i denti. La realtà era che ero troppo imbarazzata per il piccolo incidente mio e di Azrael, e per dieci minuti ero rimasta bloccata con la mano sulla maniglia incapace di uscire.
Anche ora non riuscivo a guardare in direzione dell’Angelo della Morte!
«Abituatici allora!» Esclamò chiaramente scocciato l’uomo dagli occhi bianchi, alzandosi ovviamente diretto al bagno. «Di certo non starò qua a vivere ai tempi di una mera mortale!».
Sapete tutti i miei buoni propositi di pochi secondi fa, di essere la persona adulta dei due? Bene; li ho appena gettati fuori dalla finestra.
«Come, prego?» Chiesi velenosa tra i denti, mettendomi in piedi e fissando con tutto l’astio che avevo in corpo l’uomo che aveva appena parlato.
Con la coda dell’occhio notai Azrael rizzarsi sulla sedia, sveglio e sull’attenti. Pronto a intervenire se la discussione fosse degenerata.
«Ho detto che non vivrò ai tuoi tempi da stupida mortale», ripetè il Diavolo.
Questo puttaniere di merda, come si permetteva? Gli stavo dando cibo, gli stavo dando un letto, gli stavo dando un tetto!
Senza dire una parola uscii dalla cucina e mi avviai alla porta, prendendo dall’attaccapanni il cappotto e lo zaino vicino alla porta.
«Eva dove stai andando?» Mi chiese la voce di Azrael alle mie spalle, probabilmente mi aveva seguita fuori dalla cucina. Lo guardai con la coda dell’occhio e notai una nota di preoccupazione nei suoi occhi.
«All’università». Risposi secca mettendomi lo zaino sulla spalla.
«Eva…» Cercò di dirmi ma lo interruppi.
«Sto bene, lasciami andare all’università e vedrai che mi tranquillizzerò per l’ora in cui sono in dietro». Dissi con tono piatto. Non volevo sfogarmi su di lui, non lo meritava.
«Non hai mangiato nulla». Cercò di cambiare discorso lui, ovviamente preoccupato questa volta.
«Mi fermo a prendere qualcosa per strada, tranquillo». Detto questo uscii dall’appartamento senza neanche salutare Azrael.

3rd POV

«Helel!» Urlò Azrael appena fu sicuro che Eva non fosse a portata di orecchio.
«Che c’è?» Chiese svogliato Helel quando emerse dal bagno. Sapeva benissimo cosa c’era che non andava e perché Azrael era arrabbiato per lui. Ma non gli importava.
Era arrabbiato con quella stupida umana perché li aveva bloccati in questo regno e li aveva trasformati in esseri inferiori a quelli che erano destinati ad essere.
Ovviamente avevano ancora la loro immortalità e i loro poteri ultra-terreni; ma ora avevano anche bisogno umani come mangiare, dormire e dover usare il gabinetto.
«“Che c’è”?!» Esclamò esasperato il fratello minore allargando le braccia. «Seriamente?!»
«Non credo di aver fatto nulla di male, A». Helel fece spallucce.
Azrael strinse le mani a pugno. In millenni di vita non aveva ancora ucciso il fratello solo perché condividevano lo stesso sangue e non voleva far imbestialire sua madre; ma avrebbe mentito se avesse detto che le tentazioni non fossero state tante.
«Quella ragazza ci sta aiutando e tu la stai trattando come merda!» Sottolineò l’Angelo della Morte.
«Perciò… La sto trattando come ciò che è?» Chiese sarcastico il Diavolo.
Azrael, in un istante, perse ogni contegno: prese il fratello per il colletto e lo attaccò al muro.
«Non osare mai più dire una simile profanità sulla razza umana!»
Negli occhi di Helel passò per un momento quello che sembrava essere paura. Sapeva che il fratello minore, come anche gli altri componenti della famiglia, aveva qualche problema a controllare le emozioni – un lascito della mortalità passata di loro madre – ma Azrael era sempre stato il più calmo dei quattro figli. Era sempre stato il fratello che faceva finire le liti e che metteva ognuno al suo posto anche se era il più piccolo e il più smilzo, dopo solo Mikael.
Vederlo così selvaggio, senza un briciolo di controllo, aveva davvero spaventato Helel: questo giro l’aveva fatta proprio grossa. Sperava solo di riuscire a rimediare al casino che aveva appena combinato.
«Nostra madre era umana!» Esclamò ancora il fratello minore non lasciando andare Helel. Il viso contratto in un’espressione di rabbia era a pochi centimetri da quello del Diavolo, che stava cercando di guardare ovunque meno che al fratello.
«Ci ha insegnato a rispettare la vita umana! Ci ha insegnato a non ritenerci superiori solo perché la nostra è una vita senza fine! Ci ha insegnato che siamo noi essere immortali a fare più errori che questi stupidi umani! Appunto perché non conosciamo la paura della morte, non riusciamo a renderci conto quando una nostra scelta porterà a delle conseguenze disastrose!» Continuò ad urlare l’Angelo della Morte, mentre attorno a loro ogni oggetto iniziava a fluttuare a mezz’aria. 
Helel quando se ne accorse comprese che il fratello non aveva solo perso il controllo delle sue emozioni, ma anche quello dei suoi poteri.
«O i tuoi sottoposti ti hanno avvelenato così tanto quella cosa che dovrebbe essere il tuo cervello, e ti sei dimenticato ogni cosa che nostra madre ci ha insegnato?!» Urlò ancora l’uomo dagli occhi neri.
«A-A-Azrael… I tuoi poteri…» Cercò di dire Helel, ma Azrael lo stava stringendo troppo forte e gli stava impendendo di respirare e parlare.
«SEI DIVENTATO COME UN COMUNE ANGELO?! BIGOTTO E PIENO DI PREGIUDIZI?!» Fu questa unica frase a far scattare Helel contro il fratello.
«NO!» Urlò il Diavolo in risposta, perdendo il controllo dei suoi poteri alla rabbia che gli aveva infiammato in un attimo ogni singolo muscolo del corpo.
Un’onda d’urto investì Azrael mandandolo a terra, dopo aver perso la presa sul fratello. Helel fu vittima della gravità e si ritrovò accovacciato a terra; immediatamente le mani corsero alla gola, in fiamme per l’inaspettata intrusione di ossigeno.
Tutto l’arredamento ricadde a terra. I libri si aprirono, i vasi si ruppero e il divano lasciò piccole conche nel parquet, dove i piedi erano atterrati.
Azrael grugnì di dolore e lentamente si girò a pancia sotto per poi mettersi tremolante a gattoni. Lo schianto a terra era stato così poco violento che lo aveva lasciato prima senza fiato, poi con il corpo indolenzito e i muscoli della schiena infiammati dal dolore; a terra aveva lasciato la sua sagoma corporea incisa nel legno.
I due fratelli si guardarono un’altra volta.
Helel sgranò gli occhi quando comprese che emozione era scritta in quelle iridi nere che conosceva fin troppo bene: delusione. Helel aveva deluso Azrael.
L’Angelo Caduto distolse immediatamente lo sguardo vergognandosi davanti alla delusione che il fratello minore provava nei suoi confronti. Anche se con l’andare dei millenni i due fratelli non avevano fatto altro che litigare sempre più; Helel non si era dimenticato come nei primi anni della loro esistenza Azrael aveva sempre guardato a lui come punto di riferimento, chiedendogli consigli su tutto.
Ora vedere quegli stessi occhi, che una volta lo veneravano, essere pieni di delusione era peggio di essere lapidato. 
Era disgustato di quello che aveva appena compreso: suo fratello aveva ragione. I discorsi dei suoi sottoposti che invocavano alla superiorità dei demoni su gli angeli, i mietitori e i mortali, gli erano entrati dentro e lo avevano reso un essere orribile.
«Quando sarai tornato ad essere quel Helel che conosco e che è mio parente, chiamami». Disse Azrael con voce gracchiante, mentre lentamente si alzava ancora dolorante. «Io vado in camera». Aggiunse e con passo mal fermo si incamminò verso la camera da letto che condivideva con il fratello.
Helel rimase seduto a terra. Quando vide la figura del fratello sparire dietro la porta che si stava chiudendo, lasciò andare le lacrime che gli stavano pungendo gli occhi.
Si passò una mano fra i capelli in piena agonia.
Come era potuto diventare un essere così spregevole senza neanche notarlo?

EVA POV

«Hai due coinquilini maschi?!» Claudia aveva gli occhi che minacciavano di fuoriuscire dalle cavità mentre mi fissava ovviamente incredula a ciò che stava sentendo.
«S-sì» Balbettai in risposta grattandomi appena sotto l’orecchio. Mio padre mi aveva sempre che detto che facevo quel gesto quando mentivo… Fortuna che le tre persone che avevo davanti non mi conoscevano ancora così bene, oppure non avrebbe mai creduto alla balla che gli avevo appena raccontato.
Ero arrivata all’università con l’irritabilità probabilmente scritta in volto, visto come gli altri studenti mi evitavano; osservandomi preoccupati che potessi scattare contro di loro in un raptus omicida.
Avevo incontrato Sonia, Claudia e Vittorio come al nostro solito alle macchinette della facoltà di giurisprudenza, dove di solito si tenevano le nostre lezione.
Come non era passato inosservato a metà della popolazione studentesca di questa università, anche i tre notarono immediatamente il mio umore da “non è la giornata per parlarmi”.
Appena Vittorio mi aveva chiesto cosa c’era che non andava, avevo risposto in un grugnito: «I miei coinquilini non vanno».
Appena le parole avevano lasciato la mia bocca, avrei voluto sbattermi la testa contro al muro violentemente. Perché tra il mio cervello e la mia bocca non esistevano filtri? Ah! Giusto! Helel mi aveva fatto uscire di casa prima che potessi bere il mio benedettissimo caffè mattutino!
Azrael mi aveva spiegato nel week-end che aveva cancellato la memoria ai miei tre amici dell’invocazione e l’aveva rimpiazzata con un ricordo fasullo di noi quattro che passavamo il venerdì sera a guardare film e mangiare schifezze… Non che fosse una così anormale da fare per noi quattro, ma tornando al discorso: essendo che i tre non si ricordavano nulla di venerdì sera, avevo dovuto presentare Azrael ed Helel come due ragazzi che sabato mattina aveva suonato al mio campanello perché avevano visto l’annuncio della camera in affitto su un giornale, e chi io ovviamente avevo dimenticato di aver fatto… E non era neanche del tutto una balla. Infatti il primo mese che avevo vissuto da sola avevo davvero pensato di mettere un annuncio per affittare la camera in disuso.
«Aww, la nostra pargoletta sta crescendo e scoprendo il mondo adulto!» Esclamò Sonia con un sorriso in faccia mentre mi scompigliava i capelli. Scacciai la mano candida prima che facesse troppi disastri e continuai a camminare in direzione dell’aula in cui la lezione, che avevo deciso di saltare quella mattina, era già iniziata da un quarto d’ora.
Per colpa di Helel ora mi toccava pure sopportare l’Eminem dell’università. La mia vita non poteva andare peggio!
«Ricordati di chiudere a chiave sia la porta della tua stanza, sia quella del bagno». Mi impartì Vittorio con tono serio, mentre le sue iridi erano tinte di preoccupazione.
«Sì, papà!» Esasperai, cercando di scacciare dalla mente l’incidente che era avvenuto quella mattina con Azrael. Non volevo raccontarlo ai tre oppure non mi avrebbero mai più fatto tornare in quella che ora era divenuta una, vera e propria, casa di matti.
«Non usare quel tono con me, pulce». Si impose. «Sono uomo e so come gli uomini ragionano. Chiudi ogni porta a chiave: è per la tua sicurezza».
Distolsi lo sguardo dal corridoio per rispondergli con un sorriso dolce alla preoccupazione da fratello maggiore che mi stava mostrando, ma in quello stesso momento compresi di aver fatto un’idiozia.
Senza neanche accorgermene in pochi secondi mi trovai la faccia spalmata contro a un muro… O almeno a quello che credevo essere un muro…
«Ah, scusa non stavo guardando dove stavo andando». Disse una voce da orgas— cioè una voce baritonale. Alzai gli occhi e…
Come era possibile che esistesse un essere così… asdfghjkl?!
ATTENZIONE! ATTENZIONE! NEURONI DI RISERVA RICHIESTI CON EMERGENZA!
Sentii le guance in fiamme e lo stomaco sottosopra solo a guardare il ragazzo che avevo davanti negli occhi a mandorla e neri. Erano due voragini in cui ci si poteva perdere da quanto sembravano che ti stessero studiando da dentro a fuori.
Era perfetto! E il fatto che lo ritenessi “perfetto” pur abitando con due angeli, la diceva lunga.
Lui corrugò le sopracciglia continuando a fissarmi. Mi spostò dal suo petto prendendomi per le spalle e con un: «Ooookay, ciao», mi superò e sparì nel corridoio da cui eravamo appena venuti.
Rimasi ferma a fissare il punto in cui era appena sparito.
Era stato un sogno o solo un’illusione? Quel ragazzo così tremendamente perfetto esisteva davvero? E mi aveva appena parlato?
«Terra a Eva, Eva ci ricevi?» Ridacchiò Sonia scuotendomi la mano davanti agli occhi.
Mi voltai verso i miei tre amici che stavano cercando in tutti i modi di trattenere le risate. 
Vittorio era rosso in volto e cercava di nascondere le risate con una tosse finta, Claudia aveva nascosto il volto contro la spalla di Vittorio mentre gli batteva la mano sul braccio, mentre Sonia aveva le labbra pressate l’una contro l’altra, questi chiuse ermeticamente.
Purtroppo ero ancora persa nel ricordo del volto perfetto che avevo appena visto, per comprendere appieno il loro comportamento.
«Qualcuno mi dica che quel ragazzo era vero e non stavo avendo le allucinazioni». Espressi i miei pensieri e i tre non si riuscirono più a contenere. Sonia si raggomitolò a terra, le lacrime agli occhi da quanto stava ridendo; Claudia si lanciò faccia al muro, il viso nascosto in un gomito mentre batteva un pugno contro al muro cercando di fermare la vigorosa risata che si stava facendo; Vittorio era letteralmente gettato a terra di schiena, i piedi che calciavano l’aria e le braccia erano strette allo stomaco.
Corrugai le sopracciglia alla loro reazione, cercando di comprendere perché i tre si stavano comportando come strani alieni da una galassia lontana lontana, quando finalmente il mio cervello riprese a funzionare e mi coprii d’istinto il volto, che all’improvviso era rosso dall’imbarazzo, con le mani.
Mi voltai verso il punto in cui il ragazzo era scomparso pochi minuti prima e lascia che le mani mi scivolassero nei capelli, gli occhi che mi stavano per uscire fuori dalle orbite.
«Perché nessuno mi ha fermato da fare questa surreale figura di merda, porco Ade!»

 
»Angolo Autrice«

Finalmente ecco il nuovo capitolo!!!! Sopravvisuta a feste, botti di capodanno, appelli anticipati e in preparazione alla sessione d'esami che si sta per aprire; sono riuscita finalmente a mettermi a scrivere come si deve!!
Sono felicissima di come sia uscito questo capitolo e spero che sia piaciuto anche a voi! Dopo i temi prettamente paranormali dei primi capitoli, questo è molto più "ordinario": si vede come Eva gestisce la sua vita scolastica e come i nostri due angeli si stiano abituando alla vita semi-mortale. Ma ecco che appaiono anche i nuovi personaggi! Chi è questo ragazzo con cui Eva si è scontrata? Che parte avrà in tutto questo?
Per scoprirlo dovrete aspettare il prossimo capitolo ;) Tranquilli è già in processo di Editing!!! (T.T odio fare editing)
Per finire vorrei ringraziare A.S. che è sempre al mio fianco a incitarmi al lavorare a questa storia e che ha creato una bellisima copertina per la pubblicazione su Wattpad (link wattpad: 
https://www.wattpad.com/user/Axel_Slytherine a Elgul1 per aver recensito la storia (hai rischiato di farmi urlare dalla felicità in mezzo alla lezione di Analisi 1).
Al prossimo capitolo!!!

Axel Knaves

PS. Credo di aver perso la mia modestia a scrivere alcune frasi, se ritrovata ditele di tornare a casa, che è quasi ora di cena u.u
XD

 
   
 
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