Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Simon e Kevin?
Allora siete
nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di seguire Lucy?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Una delusione quasi inspiegabile!
Perché devo essere sempre così dolce?
Lucy si svegliò un po’ più tardi del solito. Con un
grosso sbadiglio cercò le ciabatte, ma queste erano finite sotto il letto, come
se qualcuno ci avesse dato un calcio. Ingoiando un paio di maledizioni, si
chinò a cercarle, poi, quando le ebbe in mano, si fermò perplessa. Perché
prendersela tanto per un paio di ciabatte? Non era da lei. Prese un profondo
respiro imponendosi la calma. Cos’era successo alla fine? Nulla! Sorrise
leggermente. Forse aveva fatto un brutto sogno quella notte e le era rimasto
addosso il nervosismo, non era niente di grave.
Cercando di dissimulare, soprattutto con se stessa, il
crescente nervosismo, si preparò e andò in cucina. Lì trovò Kevin ancora appisolato,
mentre di Simon pareva non esserci traccia. Per una volta che rimaneva
addormentata nessuno che preparasse la colazione, eh?
Lucy ignorò volutamente l’irritazione per quel
pensiero e con un atteggiamento quasi apatico cominciò a preparare il pasto.
Poco dopo entrò nella stanza Simon.
«Buongiorno Lucy!»
«Ciao.»
Simon si avvicinò preoccupato: «Va tutto bene?»
Lucy si rese conto di aver risposto con un tono
decisamente più cupo del solito e si affrettò a rimediare: «Sì, certo! Credo
solo di non aver dormito bene stanotte, mi sono svegliata ancora stanca.»
Simon le sorrise comprensivo: «Può capitare. E a
proposito di sonno, penso mi tocchi andare a buttare giù da divano Kevin...
torno subito.»
Ma prima di allontanarsi le diede un fugace bacio
sulla guancia. Lucy sorrise e si rimise al lavoro, col sottofondo delle
proteste di Kevin che le fecero solo allargare il sorriso.
Fu però quando la caffettiera non volle saperne di
avvitarsi correttamente che le salì nuovamente quello strano nervoso, così
improvviso che la ragazza non riuscì a controllarsi e lanciò tutto contro il
muro più vicino. Per qualche secondo rimase lì a fissare il punto dell’impatto
e il caffè sparso a terra, ansimante, come se in quel lancio avesse messo tutta
la sua forza e la sua anima, ma quello che provò, anche se solo per un istante,
la lasciò sorpresa.
Delusione?
Perché avrebbe
dovuto essere delusa?
Forse perché
la caffettiera non aveva funzionato a dovere?
Solo il colpo di tosse di Kevin alle sue spalle la
riportò alla realtà.
«Ehm... volevo augurarti buongiorno, ma non so se lo
sia...»
Lucy si voltò imbarazzatissima: «Scusa Kevin!
Buongiorno! Ora raccolgo tutto, scusa!»
Simon scosse la testa: «Lascia, per oggi faccio io.»
Con un gesto della mano il ragazzo fece sparire ogni
traccia di caffè e fece apparire la colazione sul tavolo, esattamente identica
a quella preparata da Lucy ogni mattina.
La ragazza sospirò: «Non dovresti...»
Il suo promesso sposo le scostò la sedia: «Lo so, ma
tengo alla nostra incolumità... e se il prossimo oggetto che lanci fosse
diretto a noi?»
Lucy ridacchiò: «Esagerato... ma che non sia
un’abitudine!»
«Promesso.»
Il resto della colazione si svolse come di consueto,
ma Lucy rimase più silenziosa del solito. Non riusciva a spiegarsi cosa le
fosse preso, non era da lei. Kevin dopo un po’ provò a metterle una fetta
biscottata davanti alla bocca. Lei lo guardò perplessa e il ragazzo ridacchiò.
«Se hai ancora intenzione di morderci, addenta prima
questa.»
Lucy ridacchiò nervosamente per lo scherzo: «Già...
scusate ancora per prima.»
Simon rispose tranquillamente, imburrando il pane: «Te
l’ho detto, stai tranquilla, non è successo niente. Una giornata partita col
piede storto capita a tutti. E non puoi dire di non essere sotto stress,
ultimamente. Non preoccuparti.»
Kevin sorrise: «Forse sei stata anche troppo chiusa in
casa. Perché non esci a fare una passeggiata?»
Lucy abbassò lo sguardo: «Non posso rischiare che mi
riconoscano.»
«E se ti aiutassimo a mascherarti?»
Lucy si voltò sorpresa verso Simon: «In questa città
piena di ricercati nessuno farà caso a una persona con il volto coperto anche
solo da una sciarpa... non serve niente di elaborato.»
Lucy rimase per un po’ pensierosa, poi annuì:
«D’accordo.»
La ragazza si guardò allo specchio: un vecchio
cappello, un impermeabile e una sciarpa ed effettivamente diventava dura
riconoscerla.
Simon le sorrise: «Ecco fatto! Ora puoi andare a fare
la spesa senza problemi, no?»
«Sì... penso di sì.»
Kevin le aprì la porta di casa: «E allora vai,
coraggio!»
«Ci vediamo tra poco.»
«Va bene.»
«Buona passeggiata!»
«Grazie.»
Lucy si ritrovò sul marciapiede, quasi smarrita.
Doveva avere davvero una brutta aria perché sia Simon che Kevin la spingessero
a uscire con così tanta insistenza. Sospirò, avviandosi verso il centro. Non
voleva ammetterlo, ma i suoi nervi erano a pezzi. L’aria fresca però la tirò un
po’ su di morale. Forse Kevin non aveva tutti i torti, una passeggiata forse
era quello che le ci voleva. Imboccò un vicolo quasi sovrappensiero, andando a
sbattere contro qualcuno.
«Scusi...»
La ragazza alzò lo sguardo per vedere contro chi fosse
andata a sbattere e improvvisamente la sua bocca si fece secca. Di fronte a lei
c’era un energumeno due volte più grande di lei, pelato e con una faccia
piuttosto spaventosa.
«Scusa un corno, non crederai di scamparla così, eh?»
La prima reazione di Lucy fu la fuga, ma l’uomo
l’agguantò per la giacca e la sollevò di peso quasi senza sforzo, facendole
scivolare via il cappello.
«Oh, ehi... ma non sei un moccioso, anzi... sei
piuttosto carina, sai? Più delle sgualdrine che girano a Nisty
di solito...»
Lucy era terrorizzata. Cosa voleva farle quell’uomo?
Doveva scappare, doveva trasformarsi in polvere, addormentarlo e fuggire dritta
a casa per non uscirne mai più, era la cosa giusta da fare! Ma non riusciva a
muoversi. Fissò dritto negli occhi quell’uomo... e improvvisamente la assalì di
nuovo quel senso di delusione, chiaro, netto.
Non era stata delusa dalla caffettiera, come in quel
momento non era delusa dal suo aggressore o dal risultato della sua passeggiata.
Era delusa da
se stessa e dalla sua debolezza.
Perché quella mattina pur avendo lanciato quella
caffettiera con tutte le sue forze non aveva nemmeno scalfito il muro. Perché
era così debole da non voler uscire di casa. Perché era così debole da farsi
maltrattare dal primo venuto. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, e allora
cos’era cambiato quella mattina?
La risposta le giunse spontanea. Quella mattina era
nato in lei un desiderio di rivalsa.
Era stufa di essere la piccola, dolce,
innocente Lucy. Voleva essere qualcosa di più forte, anche se ancora non
sapeva cosa. E quella parola, cosa, le
accarezzò l’anima. Non chi, cosa. Fosse
stato anche un qualcosa di completamente diverso da ciò che era, le andava
bene, purché ci fosse un modo per cancellare quella sciocca e debole parte di
sé che in quel momento disprezzava con tutta se stessa. Lo sguardo che rivolse
verso il suo aggressore era già molto diverso da quello che aveva esibito poco
prima. Chissà se lui poteva aiutarla...
Fu con quel pensiero che Lucy si risvegliò. Era a
terra e del suo aggressore non c’era più alcuna traccia. Afferrò cappello e
giacca e corse verso casa, trovandola vuota. Simon e Kevin dovevano essere
usciti. Posò tutto e si buttò sul divano.
Ma davvero, che le stava succedendo? Prima il nervoso,
poi l’aggressione e infine lo svenimento. Senza contare quel... quel...
Sospirò. Non sapeva nemmeno come definirlo, di quel
momento aveva ricordi un po’ confusi, forse oltre allo stress poteva anche star
covando qualche malattia. Si alzò e si diresse verso la cucina. Per evitare
altri svenimenti la cosa migliore era mangiare qualcosa di dolce, e visto anche
il suo umore, non c’era niente di meglio di qualche cucchiaiata di miele, come
faceva sempre quando era giù di morale...
Prese il solito vasetto, ormai quasi vuoto. In effetti
ultimamente ne aveva mangiato parecchio...
Fu solo a quel punto che notò un altro vasetto, più
indietro, quasi nascosto. Per raggiungerlo le fu necessaria una sedia e quando
lo afferrò ne fu piuttosto sorpresa. Era un miele rossastro, senza alcuna
etichetta sul vasetto, che era certa di non aver mai comprato. Lo osservò
controluce. Da quali fiori poteva essere stato ricavato per avere quel colore?
Rose, forse? Alzò le spalle, scese dalla sedia e svitò il coperchio dal barattolo,
immergendo un cucchiaino nel miele, per poi portarselo alla bocca. Trasalì
dalla sorpresa. Quel miele non era affatto dolce, anzi! Tuttavia...
Ne prese una seconda cucchiaiata. Il gusto non le
dispiaceva affatto, per quanto fosse strano, le sembrava quasi adeguato al suo
umore. Prima che se ne rendesse conto ne mangiò altri tre cucchiaini. Si
sentiva meglio. Quel curioso miele sembrava non tanto risollevarle il morale,
come le accadeva di solito, ma rilassarla. I problemi sul suo stato d’animo le
sembrarono molto più piccoli e accettabili cucchiaino dopo cucchiaino. Si era
sentita debole e imperfetta, e allora? Non doveva fare altro che cambiare, e le
sembrava così semplice in quel momento, come se le bastasse desiderarlo e
basta. Forse era già diversa, diversa dal giorno prima, quando un miele come
quello probabilmente non le sarebbe piaciuto, mentre in quel momento aveva
l’impressione che non sarebbe più riuscita a mangiare quello normale... troppo
dolce, troppo nauseante, come il suo solito atteggiamento, di cui
improvvisamente aveva quasi il voltastomaco.
Fu il rientro di Kevin a risollevarla dai suoi strani
pensieri.
«Lucy, sei già a casa?»
«Sì.»
Si sarebbe aspettata che le chiedesse come fosse
andata la sua passeggiata, invece Kevin fissò quasi inorridito il vasetto di
miele.
«E quello dove l’hai preso?»
«Dal fondo dell’armadio, quello che avevo comprato io
era finito. È un problema?»
«No, no, assolutamente... era un vasetto che avevo
preso per me, non pensavo ti piacesse, ha un gusto un po’... particolare...»
Lucy annuì: «Me ne sono accorta, però non mi
dispiace.»
«Davvero?»
«Sì.»
La ragazza si rese conto che sovrappensiero si era
mangiata quasi mezzo vasetto: «Scusa, era tuo e te l’ho quasi finito.»
Kevin le rispose di spalle, mentre ritirava
impermeabile e cappello: «Non fa nulla, davvero. Se ti piace così tanto posso
procurartene dell’altro.»
«Davvero?»
«Certo!»
«A proposito, di che cos’è? Non c’è l’etichetta...»
«Papavero.»
Lucy ripeté sovrappensiero: «Papavero... ok...»
Rimise in bocca un’ultima cucchiaiata, prima di
chiudere il vasetto.
Lucy: E adesso
come lo rimetto su?
Kevin: Lascia,
faccio io.
Lucy: Oh, grazie.
Kevin: Lo sai che i papaveri, sono alti alti alti,
e tu sei piccolina, e tu sei... AAAAAHH!!!
Soul Eater, Richiamo di sangue, 24° capitolo: La violenta
esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza?
Kevin: EHI!
Che bisogno c’era di togliermi la sedia da sotto i piedi?
Lucy: Non mi
piaceva la canzone.
Kevin: Ma c’è
modo e modo di protestare!
Simon: Mfff...
Kevin: E tu
non ridere! Proprio adesso dovevi tornare?