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Autore: hinata 92    14/01/2018    0 recensioni
L'atteso (o forse no) seguito di Polvere Incantata.
A Death City volano fiori di arancio per Lucy e Simon e tutti sono pronti a festeggiare il lieto evento. Ma nessuno immagina che stanno per finire tutti vittima della più grande maledizione stregonesca della storia...
Una sorpresa in più: questa è una storia... a bivi!
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Polvere incantata'
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Nel bivio precedente avete deciso di seguire Simon e Kevin?

Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.

Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?

Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.

Per caso avevate deciso che Simon dovesse diventare buono?

Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.

Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?

Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.

Siete convinti di seguire Lucy?

Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!

 

Una delusione quasi inspiegabile! Perché devo essere sempre così dolce?

 

Lucy si svegliò un po’ più tardi del solito. Con un grosso sbadiglio cercò le ciabatte, ma queste erano finite sotto il letto, come se qualcuno ci avesse dato un calcio. Ingoiando un paio di maledizioni, si chinò a cercarle, poi, quando le ebbe in mano, si fermò perplessa. Perché prendersela tanto per un paio di ciabatte? Non era da lei. Prese un profondo respiro imponendosi la calma. Cos’era successo alla fine? Nulla! Sorrise leggermente. Forse aveva fatto un brutto sogno quella notte e le era rimasto addosso il nervosismo, non era niente di grave.

Cercando di dissimulare, soprattutto con se stessa, il crescente nervosismo, si preparò e andò in cucina. Lì trovò Kevin ancora appisolato, mentre di Simon pareva non esserci traccia. Per una volta che rimaneva addormentata nessuno che preparasse la colazione, eh?

Lucy ignorò volutamente l’irritazione per quel pensiero e con un atteggiamento quasi apatico cominciò a preparare il pasto. Poco dopo entrò nella stanza Simon.

«Buongiorno Lucy!»

«Ciao.»

Simon si avvicinò preoccupato: «Va tutto bene?»

Lucy si rese conto di aver risposto con un tono decisamente più cupo del solito e si affrettò a rimediare: «Sì, certo! Credo solo di non aver dormito bene stanotte, mi sono svegliata ancora stanca.»

Simon le sorrise comprensivo: «Può capitare. E a proposito di sonno, penso mi tocchi andare a buttare giù da divano Kevin... torno subito.»

Ma prima di allontanarsi le diede un fugace bacio sulla guancia. Lucy sorrise e si rimise al lavoro, col sottofondo delle proteste di Kevin che le fecero solo allargare il sorriso.

Fu però quando la caffettiera non volle saperne di avvitarsi correttamente che le salì nuovamente quello strano nervoso, così improvviso che la ragazza non riuscì a controllarsi e lanciò tutto contro il muro più vicino. Per qualche secondo rimase lì a fissare il punto dell’impatto e il caffè sparso a terra, ansimante, come se in quel lancio avesse messo tutta la sua forza e la sua anima, ma quello che provò, anche se solo per un istante, la lasciò sorpresa.

Delusione?

Perché avrebbe dovuto essere delusa?

Forse perché la caffettiera non aveva funzionato a dovere?

Solo il colpo di tosse di Kevin alle sue spalle la riportò alla realtà.

«Ehm... volevo augurarti buongiorno, ma non so se lo sia...»

Lucy si voltò imbarazzatissima: «Scusa Kevin! Buongiorno! Ora raccolgo tutto, scusa!»

Simon scosse la testa: «Lascia, per oggi faccio io.»

Con un gesto della mano il ragazzo fece sparire ogni traccia di caffè e fece apparire la colazione sul tavolo, esattamente identica a quella preparata da Lucy ogni mattina.

La ragazza sospirò: «Non dovresti...»

Il suo promesso sposo le scostò la sedia: «Lo so, ma tengo alla nostra incolumità... e se il prossimo oggetto che lanci fosse diretto a noi?»

Lucy ridacchiò: «Esagerato... ma che non sia un’abitudine!»

«Promesso.»

Il resto della colazione si svolse come di consueto, ma Lucy rimase più silenziosa del solito. Non riusciva a spiegarsi cosa le fosse preso, non era da lei. Kevin dopo un po’ provò a metterle una fetta biscottata davanti alla bocca. Lei lo guardò perplessa e il ragazzo ridacchiò.

«Se hai ancora intenzione di morderci, addenta prima questa.»

Lucy ridacchiò nervosamente per lo scherzo: «Già... scusate ancora per prima.»

Simon rispose tranquillamente, imburrando il pane: «Te l’ho detto, stai tranquilla, non è successo niente. Una giornata partita col piede storto capita a tutti. E non puoi dire di non essere sotto stress, ultimamente. Non preoccuparti.»

Kevin sorrise: «Forse sei stata anche troppo chiusa in casa. Perché non esci a fare una passeggiata?»

Lucy abbassò lo sguardo: «Non posso rischiare che mi riconoscano.»

«E se ti aiutassimo a mascherarti?»

Lucy si voltò sorpresa verso Simon: «In questa città piena di ricercati nessuno farà caso a una persona con il volto coperto anche solo da una sciarpa... non serve niente di elaborato.»

Lucy rimase per un po’ pensierosa, poi annuì: «D’accordo.»

 

La ragazza si guardò allo specchio: un vecchio cappello, un impermeabile e una sciarpa ed effettivamente diventava dura riconoscerla.

Simon le sorrise: «Ecco fatto! Ora puoi andare a fare la spesa senza problemi, no?»

«Sì... penso di sì.»

Kevin le aprì la porta di casa: «E allora vai, coraggio!»

«Ci vediamo tra poco.»

«Va bene.»

«Buona passeggiata!»

«Grazie.»

Lucy si ritrovò sul marciapiede, quasi smarrita. Doveva avere davvero una brutta aria perché sia Simon che Kevin la spingessero a uscire con così tanta insistenza. Sospirò, avviandosi verso il centro. Non voleva ammetterlo, ma i suoi nervi erano a pezzi. L’aria fresca però la tirò un po’ su di morale. Forse Kevin non aveva tutti i torti, una passeggiata forse era quello che le ci voleva. Imboccò un vicolo quasi sovrappensiero, andando a sbattere contro qualcuno.

«Scusi...»

La ragazza alzò lo sguardo per vedere contro chi fosse andata a sbattere e improvvisamente la sua bocca si fece secca. Di fronte a lei c’era un energumeno due volte più grande di lei, pelato e con una faccia piuttosto spaventosa.

«Scusa un corno, non crederai di scamparla così, eh?»

La prima reazione di Lucy fu la fuga, ma l’uomo l’agguantò per la giacca e la sollevò di peso quasi senza sforzo, facendole scivolare via il cappello.

«Oh, ehi... ma non sei un moccioso, anzi... sei piuttosto carina, sai? Più delle sgualdrine che girano a Nisty di solito...»

Lucy era terrorizzata. Cosa voleva farle quell’uomo? Doveva scappare, doveva trasformarsi in polvere, addormentarlo e fuggire dritta a casa per non uscirne mai più, era la cosa giusta da fare! Ma non riusciva a muoversi. Fissò dritto negli occhi quell’uomo... e improvvisamente la assalì di nuovo quel senso di delusione, chiaro, netto.

Non era stata delusa dalla caffettiera, come in quel momento non era delusa dal suo aggressore o dal risultato della sua passeggiata.

Era delusa da se stessa e dalla sua debolezza.

Perché quella mattina pur avendo lanciato quella caffettiera con tutte le sue forze non aveva nemmeno scalfito il muro. Perché era così debole da non voler uscire di casa. Perché era così debole da farsi maltrattare dal primo venuto. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, e allora cos’era cambiato quella mattina?

La risposta le giunse spontanea. Quella mattina era nato in lei un desiderio di rivalsa. Era stufa di essere la piccola, dolce, innocente Lucy. Voleva essere qualcosa di più forte, anche se ancora non sapeva cosa. E quella parola, cosa, le accarezzò l’anima. Non chi, cosa. Fosse stato anche un qualcosa di completamente diverso da ciò che era, le andava bene, purché ci fosse un modo per cancellare quella sciocca e debole parte di sé che in quel momento disprezzava con tutta se stessa. Lo sguardo che rivolse verso il suo aggressore era già molto diverso da quello che aveva esibito poco prima. Chissà se lui poteva aiutarla...

 

Fu con quel pensiero che Lucy si risvegliò. Era a terra e del suo aggressore non c’era più alcuna traccia. Afferrò cappello e giacca e corse verso casa, trovandola vuota. Simon e Kevin dovevano essere usciti. Posò tutto e si buttò sul divano.

Ma davvero, che le stava succedendo? Prima il nervoso, poi l’aggressione e infine lo svenimento. Senza contare quel... quel...

Sospirò. Non sapeva nemmeno come definirlo, di quel momento aveva ricordi un po’ confusi, forse oltre allo stress poteva anche star covando qualche malattia. Si alzò e si diresse verso la cucina. Per evitare altri svenimenti la cosa migliore era mangiare qualcosa di dolce, e visto anche il suo umore, non c’era niente di meglio di qualche cucchiaiata di miele, come faceva sempre quando era giù di morale...

Prese il solito vasetto, ormai quasi vuoto. In effetti ultimamente ne aveva mangiato parecchio...

Fu solo a quel punto che notò un altro vasetto, più indietro, quasi nascosto. Per raggiungerlo le fu necessaria una sedia e quando lo afferrò ne fu piuttosto sorpresa. Era un miele rossastro, senza alcuna etichetta sul vasetto, che era certa di non aver mai comprato. Lo osservò controluce. Da quali fiori poteva essere stato ricavato per avere quel colore? Rose, forse? Alzò le spalle, scese dalla sedia e svitò il coperchio dal barattolo, immergendo un cucchiaino nel miele, per poi portarselo alla bocca. Trasalì dalla sorpresa. Quel miele non era affatto dolce, anzi! Tuttavia...

Ne prese una seconda cucchiaiata. Il gusto non le dispiaceva affatto, per quanto fosse strano, le sembrava quasi adeguato al suo umore. Prima che se ne rendesse conto ne mangiò altri tre cucchiaini. Si sentiva meglio. Quel curioso miele sembrava non tanto risollevarle il morale, come le accadeva di solito, ma rilassarla. I problemi sul suo stato d’animo le sembrarono molto più piccoli e accettabili cucchiaino dopo cucchiaino. Si era sentita debole e imperfetta, e allora? Non doveva fare altro che cambiare, e le sembrava così semplice in quel momento, come se le bastasse desiderarlo e basta. Forse era già diversa, diversa dal giorno prima, quando un miele come quello probabilmente non le sarebbe piaciuto, mentre in quel momento aveva l’impressione che non sarebbe più riuscita a mangiare quello normale... troppo dolce, troppo nauseante, come il suo solito atteggiamento, di cui improvvisamente aveva quasi il voltastomaco.

Fu il rientro di Kevin a risollevarla dai suoi strani pensieri.

«Lucy, sei già a casa?»

«Sì.»

Si sarebbe aspettata che le chiedesse come fosse andata la sua passeggiata, invece Kevin fissò quasi inorridito il vasetto di miele.

«E quello dove l’hai preso?»

«Dal fondo dell’armadio, quello che avevo comprato io era finito. È un problema?»

«No, no, assolutamente... era un vasetto che avevo preso per me, non pensavo ti piacesse, ha un gusto un po’... particolare..

Lucy annuì: «Me ne sono accorta, però non mi dispiace.»

«Davvero?»

«Sì.»

La ragazza si rese conto che sovrappensiero si era mangiata quasi mezzo vasetto: «Scusa, era tuo e te l’ho quasi finito.»

Kevin le rispose di spalle, mentre ritirava impermeabile e cappello: «Non fa nulla, davvero. Se ti piace così tanto posso procurartene dell’altro.»

«Davvero?»

«Certo!»

«A proposito, di che cos’è? Non c’è l’etichetta...»

«Papavero.»

Lucy ripeté sovrappensiero: «Papavero... ok...»

Rimise in bocca un’ultima cucchiaiata, prima di chiudere il vasetto.

 

Lucy: E adesso come lo rimetto su?

Kevin: Lascia, faccio io.

Lucy: Oh, grazie.

Kevin: Lo sai che i papaveri, sono alti alti alti, e tu sei piccolina, e tu sei... AAAAAHH!!!

 

Soul Eater, Richiamo di sangue, 24° capitolo: La violenta esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza?

 

Kevin: EHI! Che bisogno c’era di togliermi la sedia da sotto i piedi?

Lucy: Non mi piaceva la canzone.

Kevin: Ma c’è modo e modo di protestare!

Simon: Mfff...

Kevin: E tu non ridere! Proprio adesso dovevi tornare?

 

 

  
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