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Autore: ArrowVI    15/01/2018    1 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 1-1: Casa
 

Il silenzio intorno a me era rotto solamente dal mio ansimare: ero solo in quella stanza.
Intorno a me vi erano tanti oggetti: manubri, sacchi da boxe, funi, e svariati oggetti che ero solito usare per allenarmi.

Colpii il sacco pieno di sabbia davanti a me, appeso nel soffitto, con un rapido pugno seguito poi da un calcio orizzontale. Non appena il sacco tornò indietro verso di me lo colpii con un secondo pugno, stavolta da destra verso sinistra.
Mi fermai per qualche istante, osservando il sacco che lentamente rallentava il suo moto oscillatorio. 
Ero stanco, zuppo di sudore e ansimavo. Dopo aver preso fiato per qualche istante, ripresi ad allenarmi con il mio "compagno".

<< Mi chiedevo cosa fossero gli strani versi che sentivo provenire da qui da qualche ora. >>
Sentii dire da una voce femminile alle mie spalle.
Bloccai il sacco con una mano, e mi voltai rapidamente verso quella persona: riconoscendola, un sorriso apparve nel mio volto.

<< Leona? A cosa devo la tua visita? >>
Le domandai, sorpreso, mentre cercavo di asciugarmi il sudore in fronte con il braccio... Inutilmente, visto che era zuppo fradicio.


Una ragazza dai capelli corti e arancioni, era appoggiata sull'uscio della porta. I suoi occhi erano castani, e il suo volto era illuminato dalla luce del sole che penetrava da una finestra al suo fianco. Indossava una tuta da ginnastica verde.

<< Sono appena tornata da una corsa mattutina intorno al lago. Notandoti ho pensato di portarti qualcosa di utile. >>
Mi disse, mostrandomi una bottiglia d'acqua e un asciugamano pulito.
Mi avvicinai a lei e, rapidamente, mi passai l'asciugamano nel volto.

<< Ancora usi quel soprannome? >>
Mi domandò, con una espressione mista tra stupore e divertimento.

<< E' più semplice da pronunciare del tuo nome, dopotutto. >>
Le risposi rapidamente.

Leona si avvicinò lentamente a me, e cominciò ad annusarmi.
Sorpreso, la guardai con una strana espressione.

<< Cosa sei, un cane per caso? >>
Le domandai, confuso.

<< Ti serve una bella doccia, già. >>
Mi disse, con un tono divertito e tappandosi il naso con le dita, passandomi la bottiglia d'acqua.
Non appena la afferrai, notai che fosse fredda.

<< Fottiti. >>
Le risposi, infastidito, bevendo il contenuto della bottiglia quasi in un sorso.
Non appena le resi la bottiglia vuota, e l'asciugamano, Leona mi guardò con una espressione preoccupata.

<< Hey... Non ti fa di certo bene bere qualcosa di così freddo tutto insieme, specialmente quando sei così accaldato... >>
Mi disse, osservando la bottiglietta di plastica vuota.

<< Ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco. >>
Le risposi, voltandomi e tornando verso quel sacco da boxe.

Dopo quelle parole, ripresi ad allenarmi come mio solito. Cadde di nuovo il silenzio, ed ero fortemente convinto che Leona fosse andata via... 
Mi sbagliavo.

<< Non ti andrebbe di fare una pausa? Sei qui dalle sette del mattino, e sono le undici. Sai, ci sono alcune mie amiche che vorrebbero incontrarti... Sono tue ammiratrici. >>
Le sentii dire dopo meno di un minuto di silenzio, con una vocina stridula.

<< Spiacente, non sono interessato. >>
Le risposi, senza smettere di prendere a pugni e a calci quel sacco di sabbia.

La sentii sbuffare.

<< Non sapevo fossi di quella sponda, Yuu. >>
Le sentii dire poco dopo, con un tono ironico.

Mi voltai lentamente, con una espressione seria, dopo aver bloccato il sacco di sabbia con una mano.

<< Divertente, considerando che dovresti sapere meglio degli altri che non lo sono. >>
Le risposi, con un tono serio.
Dopo quelle parole mi voltai di nuovo verso il sacco. 

<< Ora lasciami tornare al mio allenamento. >>
Aggiunsi, senza voltarmi.

Sentii Leona sbuffare, di nuovo, più forte di prima.

<< Lo vedi? Questo è il motivo per cui ti ho lasciato.  Anche quando qualcuno vuole darti una mano, dopo qualche minuto cominci a comportarti come uno stronzo. >>
Esclamò, parlandomi con un tono infastidito.

< Ci risiamo. >
Pensai, sbuffando, chiudendo le palpebre senza però smettere di colpire il sacco.

<< Sei sempre qui, minimo quattro ore di mattina e quattro ore durante il pomeriggio, ad allenarti. Capisco che tu voglia migliorarti, ma non starai esagerando? Di questo passo ti distruggerai da solo! >>
Mi disse, con un tono mistro tra preoccupazione e rabbia.

<< L'allenamento non ha mai fatto male a nessuno. >>
Le risposi, senza voltarmi, e continuando a prendere a pugni quel sacco di sabbia.
Dopo appena pochi istanti, sentii uno schioccare di dita: subito dopo il sacco rimase sospeso in aria.

Mi voltai di novanta gradi, e la guardai con uno sguardo infastidito.
<< Non puoi semplicemente lasciarmi in pace? Grazie per la preoccupazione, ma cominci ad essere noiosa. >>
Le dissi, con un tono serio.

Leona mi guardò in silenzio per qualche secondo, con una espressione infastidita e preoccupata, per poi schioccare di nuovo le dita.
Pochi  istanti dopo venni colpito nella spalla destra dal sacco pieno di sabbia, e caddi nel suolo.

<< Lo hai fatto di proposito, vero?! >>
Esclamai, infastidito, sedendomi nel terreno.

<< Guarda il tuo corpo, razza di idiota! >>
Mi rispose, indicandomi. Era furiosa.
Non le risposi nulla: abbassai lo sguardo e mi guardai il petto. Mi stavo allenando a petto nudo.

<< Sei pieno di cicatrici! Nel petto ne hai tre, e se contiamo quelle nella schiena saliamo a sette. Otto, se contiamo quella che ti sei fatto una settimana fa, che va dal tuo gomito destro fino alla spalla! >>
Aggiunse, urlandomi contro.

<< Mi chiedo davvero come faccia Blake a sopportarti. >>
Le risposi, istintivamente, dopo aver sbuffato.
Non appena alzai lo sguardo, notai che aveva cambiato espressione: si era portata una mano nella bocca, e mi guardava con uno sguardo preoccupato, in silenzio.

<< Non ti sei offesa per quello che ho detto, vero? >>
Le domandai, sorprendendomi.

<< N-No! Il tuo braccio, guarda il tuo braccio! >>
Mi rispose, indicando il mio braccio destro.

Non appena abbassai lo sguardo notai del sangue che goggiolava nel terreno dal mio gomito.
Mossi leggermente il braccio, guardandomi la spalla, e notai che la ferita che andava dalla spalla al gomito si era parzialmente riaperta.

<< Oh, fantastico. Dovevi per forza usare la tua telecinesi, vero? >>
Dissi, infastidito dall'accaduto, guardandola con uno sguardo serio.

Leona portò le mani in avanti, agitandosi.
<< Non volevo, davvero! Mi dispiace... >>
Mi disse, cercando di scusandosi.

Sbuffai, e mi rialzai dal terreno.
Mi appoggiai una mano sopra la ferita, e mi diressi lentamente verso l'uscita della stanza.

<< E' ok. Vado da Blake, mi cucirà di nuovo la ferita. >>
Le dissi, superandola.

<< Quello che è successo ora non significa che avevo torto, ok? >>
Le sentii dire, da dietro di me.

Mi bloccai davanti all'uscita, e feci un sospiro.
<< Lo so. Vedo se posso accontentarti. >>
Le risposi, senza voltarmi.

<< Grazie. >>
Le sentii dire, non appena lasciai la stanza.


Percorsi un lungo corridoio vuoto, le pareti bianche e colmo di stanze, fino a quando non raggiunsi un piccolo laboratorio.
All'interno vi era un ragazzo, intento a leggere delle cartelle cliniche, e bere un caffè dietro una scrivania.

Bussai con due dita sulla porta, attirando la sua attenzione.

<< Oh, Yuu! Come mai sei q... Perché non indossi una maglietta? >>
Mi domandò, con un tono sorpreso.
Come risposta gli mostrai il braccio destro, sorridendo.

<< Di nuovo?! >>
Esclamò, appoggiando con forza la cartella clinica sulla sua scrivania.


Passarono una decina di minuti prima che cominciasse a farmi delle domande.
<< Puoi pure spiegarmi come tu sia riuscito a riaprire una ferita che avevo personalmente cucito. >>
Mi disse, mentre mi tamponava la ferita, ormai cucita, con del cotone.

<< Mi stavo allenando, Leona è entrata nella stanza e... La cosa è andata fuori controllo. >>
Gli spiegai, molto brevemente.

<< Mirajane? Cosa ha fatto di preciso? >>
Mi domandò, mentre si fermò un istante a guardarmi la ferita nel braccio.

Ero seduto su una sedia, mentre lui era seduto davanti a me. Tra di noi c'era un piccolo tavolo che ci separava, sul quale avevo appoggiato il mio braccio.

<< Le solite cose. >>
Gli risposi, voltando lo sguardo.
Blake mi punse con un ago.

Feci un verso di dolore.

<< La hai fatta innervosire, come sempre. >>
Disse.


Conoscevo Blake fin da quando arrivai in questa comunità, circa quindici anni fa. 
Era un ragazzo di circa la mia stessa età, meno robusto di me, con capelli corti e neri e occhi verdi. Indossava un camice da dottore. Era molto abile come medico, e la gran parte delle volte mi rivolgevo a lui quando necessitavo di qualche genere di cura o intervento.

<< Non fare movimenti bruschi per il resto della giornata. Se la ferita dovesse riaprirsi, torna di nuovo da me. Intesi? >>
Mi disse, dopo aver coperto la mia ferita con delle garze.

<< Si, va bene, ok. >>
Gli risposi, quasi ignorando le sue parole, alzandomi dalla sedia.
Prima che potessi allontanarmi dal suo raggio d'azione, Blake mi afferrò per un orecchio e mi tirò verso sé.

<< Ehi! >>
Esclamai.

<< Non mi hai sentito bene, a quanto pare. NON fare movimenti bruschi per il resto della giornata, significa che per oggi tu non torni in quella stanza di allenamento. >>
Mi disse, con un tono minaccioso.

<< Va bene, ma lasciami andare! >>
Gli risposi, afferrandogli il polso con una mano.
Subito dopo, Blake lasciò la presa e si sedette nella sua scrivania.

<< Visto che non mi fido, ti darò qualcosa di sicuro da fare. >>
Disse, guardandomi con uno sguardo divertito.

<< Devo preoccuparmi? >>
Gli domandai, con un tono spaventato.

<< Il Maestro ha domandato a me e Mirajane di aiutare con la spedizione al villaggio. >>
Mi rispose.

<< Di nuovo? Non sono andati ieri? >>
Gli domandai, incuriosito dalle sue parole.

<< Si, ma ci sono stati dei problemi. Purtroppo ho alcuni pazienti da visitare oggi, quindi non posso dare una mano... Il che significa che tu andrai al mio posto. Non hai di meglio da fare, in ogni caso. >>
Mi spiegò, prendendo una cartella clinica e cominciando a leggerla.

<< Non ho voce in capitolo, quindi? >>
Gli domandai. Blake mi rispose con un gesto negativo della testa.

Sbuffai, e poi mi alzai preparandomi a lasciare la stanza.

<< Mi devi un favore. >>
Gli dissi, salutandolo e lasciando la stanza.

<< Non ti lascio flirtare con Mirajane. >>
Gli sentii rispondere dal suo ufficio.

<< Non ti prometto nulla. >>
Gli risposi dal corridoio.

<< E' la mia ragazza! >>
Urlò alle mie spalle.



Trascorsero un paio d'ore prima che io e Leona venimmo chiamati per prendere parte alla spedizione. 
La comunità di cui facevamo parte io, Blake e Mirajane, si trovava nascosta in una foresta foresta, nei pressi del mio villaggio natale. Non avevo la benché minima intenzione di vedere né i miei genitori né mio fratello.
Questa "comunità nascosta" nacque grazie al Maestro, ovvero il dottore che venne cacciato anni fa dal mio villaggio. Lui prese svariate persone che avevano sviluppato abilità speciali e diede loro una casa, aiutandoli a sviluppare i loro poteri in modo tale che non li usassero per fini poco nobili.

Le persone come noi, infatti, non potevano ambientarsi nelle città, sia fuori che dentro le mura. Infatti, una volta scoperti, gli esiti erano due: o venivi cacciato, o ucciso.
Quindi, chi sviluppava questi poteri, scappava via o li teneva nascosti alle altre persone.


Non appena arrivammo all'entrata del villaggio, il leader della spedizione ci divise in più gruppi formati da una o due persone e ci sparpagliammo in giro per la città. 
Io ero da solo.
Ad ogni persona, o coppia, era stato dato un certo quantitativo di soldi e una lista con dei viveri da compare: pane, grano, cereali, acqua e anche, ad esempio, medicine erano presenti nella lista.
Fortunatamente per me, ero stato inviato in una direzione opposta a dove si trovava casa mia.

Non sprecai molto tempo, e in meno di mezz'ora avevo completato quasi per intero la lista che mi era stata assegnata.

Ero perso tra i miei pensieri, leggendo gli oggetti rimanenti nella lista assegnatami, quando mi scontrai con qualcuno, facendo cadere quella persona, e ciò che stava portando, nel terreno.

<< Perdonami, non stavo guardando dove camminavo. >>
Dissi, abbassandomi e aiutando quella persona a raccogliere ciò che stava portando. Erano tre grosse scatole di legno.
Il contenuto di una di esse, una strana polvere rossa, si era riversato nel terreno.

<< N-Non importa, non si preoccupi... >>
Mi disse la ragazza con cui mi ero involontariamente scontrato.

Aveva dei lunghi capelli bianchi e occhi azzurri come il cielo. Indossava un vestito bianco, con una croce dorata nel mezzo, grossa quanto l'intero vestito, e una gonna bianca.
Ad occhio, sembrava più piccola di me, non solo in altezza, di qualche anno.

<< Oh... >>
Disse poco dopo, guardando il terreno.
Seguii il suo sguardo, e capii che stesse guardando il contenuto della scatola che si era riversato nel terreno.

<< Mi dispiace, è colpa mia. >>
Le dissi, cercando di salvare il salvabile, ma era ormai troppo tardi.

<< Non ho i soldi per ricomprarlo... E ora come faccio... >>
Le sentii dire sotto voce.
Non voleva farsi sentire.

Istintivamente, guardai la lista, alla ricerca di cosa mi mancasse per completarla, poi misi una mano in tasca per vedere quanti soldi mi restavano.

< Bastano appena per comprare gli ultimi viveri... >
Pensai, infastidito.

Dovevo scegliere se tenere i soldi e completare il lavoro che mi era stato assegnato, o aiutare una persona che avevo messo in difficoltà.
La scelta fu molto facile.

<< Ecco, dovrebbe bastare per ripagarlo. >>
Le dissi, porgendole una banconota e due monete d'argento.

La ragazza mi guardò con uno sguardo stupito, per poi rifiutare i soldi.

<< Non posso accettare, assolutamente! E' stata colpa mia: stavo camminando con le tre scatole una sopra l'altra, e non vedevo bene la strada... >>
Mi disse, vergognandosi.
Rapidamente raccolsi una delle due scatole ancora intere e la sollevai in aria.

<< E allora questa me la prendo io. >>
Le dissi, minacciandola scherzosamente.

<< N-No! Me la renda, la prego! >>
Esclamò, alzandosi da terra e provando a prendermi la scatola.
Essendo più bassa di me non riuscì a rubarmela, nemmeno mettendosi in punta di piedi.

Cominciai a ridere sotto i baffi, e la ragazza arrossì.

<< Lei non è una persona gentile... >>
Mi disse, imbarazzata.

<< Lascia, allora, che ti ripaghi quello che ti ho fatto perdere. >>
Le dissi, porgendole la scatola.
La ragazza mi guardò in silenzio per qualche secondo, per poi prendermi la scatola in legno.

<< Non deve, davvero... >>
Disse, abbassando lo sguardo.

Subito dopo mi mossi verso una bancarella, e acquistai ciò che le avevo fatto cadere. Erano delle spezie in polvere.



<< Non serviva che facesse tanto per me, davvero... >>
Mi disse, mentre la accompagnavo.

<< Tre casse erano in ogni caso troppo per te. In questo modo evitiamo che tu ne possa perdere altre scontrandoti con qualche altro sbadato come me. >>
Le risposi.
Avevo deciso di accompagnarla fino alla sua abitazione, portando due di quelle tre scatole.

<< Sono sicura che quei soldi le servivano, vero? >>
Mi domandò, senza guardarmi.

<< Non saranno tre ingredienti a fare la differenza, in ogni caso. Sono sicuro che i miei compagni avranno già preso il necessario. >>
Risposi rapidamente.
Per qualche motivo, le strade erano vuote: la cosa mi turbava.

<< Si trovano poche persone come lei in questo periodo, da queste parti... >>
Mi disse, sorridendo.

<< Davvero? >>
Le domandai, incuriosito.

<< Si... Non è di queste parti? >>
Mi domandò, guardandomi dritto negli occhi, con uno sguardo incuriosito.
Esitai per qualche secondo prima di rispondere.. Credo di aver sospirato, involontariamente.

<< Non proprio. >>
Le risposi, senza guardarla in volto.

<< Da qualche giorno il villaggio è stato attaccato da un piccolo gruppo di banditi, ma nessuno ha il coraggio di opporsi a qualcuno di armato... Quindi le persone ormai cominciano a pensare a loro stesse, piuttosto che a chi necessita di aiuto...  >>
Le sentii dire, con un tono rattristato.

<< Come se non bastasse, c'è un plotone militare non molto distante da qui, ma per far allontanare questi banditi vogliono essere pagati... Il sindaco non ha il denaro che chiedono, quindi siamo rimasti soli... >>
Aggiunse.

Feci un verso infastidito.

<< Questo non mi piace dell'impero. Dentro le mura vivono in tranquillità, hanno tutto ciò che vogliono, mentre noi che viviamo al di fuori dobbiamo soffrire anche solo per un pezzo di pane, e non ci aiutano nemmeno! Quei bastardi necessitano di una bella punizione. >>
Dissi, pensando ad alta voce.

La ragazza si mosse rapidamente davanti a me, bloccandomi il passaggio.
Il suo sguardo era triste, ma, allo stesso tempo, sembrava mi stesse rimproverando.

<< Non parli così, per favore! Noi umani non abbiamo alcun diritto di giudicare i nostri simili: è un compito che spetta solo al Signore! >>
Disse, unendo le mani davanti al petto e guardandomi intensamente negli occhi.

~ Da come parla, direi che sia una donna di chiesa. ~

Mi disse la voce.

<< Si, hai ragione... >>
Risposi, ad entrambi, guardandola.
Notai che una espressione sorpresa apparve nel suo volto.

<< Cosa c'è? >>
Le domandai, incuriosito dal suo stupore.

<< N-No, non è niente! Siamo arrivati! >>
Esclamò, indicando una chiesa e muovendosi verso il cancello.
La riconobbi: una volta la avevo visto anche da piccolo, insieme a mio fratello. Non era cambiata per niente in tutti quegli anni.

La ragazza aprì lentamente il cancello in ferro, e poi mi prese le casse di legno che avevo in mano.

<< Quindi non mi sbagliavo. >>
Dissi, mentre lei appoggiò goffamente le scatole in legno una sopra l'altra.

<< Si, sono una suora... O, per lo meno, dovrei diventarne una... Oggi purtroppo non è permessa l'entrata a nessuno, però non andare via! Appoggio queste scatole e ti ringrazierò a dovere. >>
Mi disse, sorridendo. 
La guardai divertito, mentre entrò goffamente dentro la chiesa, cercando di non far cadere le scatole nel terreno.

~ Se non la avessi aiutata, mi chiedo quante scatole le sarebbero cadute durante il tragitto. ~

Disse la voce, divertita.

<< Si, concordo. >>
Risposi, con un sorriso malizioso.
Subito dopo, però, mi guardai intorno.

Le strade erano, ancora, completamente vuote. Non avevamo incontrato assolutamente nessuno negli ultimi dieci minuti... Per un villaggio grande come quello, era qualcosa di davvero insolito.

~ Non siamo soli, Yuu. ~

Mi disse la voce, subito dopo.

<< Venite fuori. >>
Esclamai, mentre mi guardai intorno.
Da dietro un angolo uscì rapidamente un grosso gruppo di persone armato di coltelli e armi da fuoco.

<< Mi piacerebbe sapere come tu ci abbia visto, ma ho paura che non potremo perderci in discorsi troppo a lungo. Non vorrei far del male a nessuno, davvero, quindi se vai via di tua spontanea volontà renderai il tutto più semplice. >>
Disse un uomo, facendo un passo in avanti.

Mi voltai verso di lui, schioccando le dita di entrambe le mani, con una espressione seria.

<< Suppongo sia un no. >>
Disse l'uomo, facendo un passo indietro.
I suoi compagni estrassero le loro armi e me le puntarono contro.

<< Mi dispiace, Blake. Ho paura che non potrò rispettare i patti. >>
Dissi tra me e me.

____________________________________________________________________________________________________________

Fine del capitolo 1-1, grazie dell'attenzione!
Vi do ufficialmente il benvenuto in questa serie, il primo capitolo dopo il prologo, spero che vi stia piacendo! 
Ovviamente, e questo vale da ora fino alla fine del libro, se notate errori non esitate a farmeli notare e provvederò ad aggiustarli (non dovrei averne fatto troppi, in ogni caso, visto che rileggo due o tre volte il tutto).
Alla prossima!



 
   
 
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