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Autore: LadyNabla    16/01/2018    3 recensioni
Eppure l'uomo, per quanto fosse riuscito a cogliere solo un lampo dell'immagine, era quasi certo di aver riconosciuto un volto femminile, giovane e incorniciato da una chioma folta e candida come fiori di cotone.
Che fosse...? Vide la mora sollevare ancora il calice e bisbigliare un "auguri", prima di svuotarlo.
Non resistette più.
Si alzò in piedi, raggiunse il bancone fingendo di attendere il ritorno dell'inserviente dall'aria ottusa, e intanto si concesse di mormorare alla donna:
- E così stamattina hai ammazzato quell'agente governativo per festeggiare degnamente tua madre, Nico Robin?-
L'altra non si scompose, né cambiò la sua posizione.
Si limitò a posare la bottiglia dopo aver nuovamente riempito il calice.
La sua espressione si era mantenuta mite come quell'umida notte di pioggia leggera, ma i suoi occhi chiari erano ora freddi, duri e taglienti come la lama di un pugnale.
- Veramente no- rispose infine, con un lieve sorriso impertinente ad incresparle le labbra -l'ho fatto solo perché me l'hanno ordinato. Non ne avevo neppure voglia.-
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Mugiwara, Nami, Nico Robin, Sanji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                    III. Worth

 
  I say: " Love, love, it don't mean nothing
 unless there's something worth fighting for".
            It's a beautiful war



- Ma tu non hai proprio mai paura di partire da solo e lasciare quest'isola, Ace? gli domandava a volte quel rompiscatole di Rufy, quando si arrampicavano sulla cima della scogliera e pensavano tutti e due a Sabo e alla loro promessa.
- Mfh! Che domande sceme mi fai?! Abbiamo già deciso da un pezzo, no?- rispose il più grande imbronciato come sempre, stando in piedi ad osservare l'infinita distesa di blu e verde che scintillava sotto il sole alto.
- Sì, ma...- protestò debolmente il ragazzino con la paglietta, sdraiato a pancia in giù sull'erba fresca e con le braccia incrociate sotto il mento. I suoi grandi occhi scuri erano persi oltre la linea piatta e nitida dell'orizzonte, non si capiva se con desiderio o paura.
- Io...sarebbe stato bello se...a volte la notte sogno di essere già in mare, e siamo insieme su una nave grandissima! E se sogno
forte, ogni tanto mi capita che ci sia anche Sabo con noi!-
Ace si voltò a guardarlo, un po' spiazzato.
Sarebbe stato grande, concesse tra sé il ragazzino con le lentiggini, ma quella era solo la fantasia di un sempliciotto col cuore troppo tenero, di Rufy insomma; lui sapeva benissimo che anche se il loro fratello non fosse morto, ognuno di loro avrebbe intrapreso un viaggio da solo.
Quelle erano le regole sacrosante della pirateria, e non si potevano infrangere, neanche per i propri fratelli.
- Che stupidaggine, queste cose vanno bene per i bambini, Rufy. Da grandi mica si può stare sempre insieme.- mormorò dopo un po', e la voce gli uscì più triste di quanto avrebbe voluto.
Prima che il suo insistente fratellino ricominciasse a contraddirlo, riprese a parlare.
- Non si tratta di fare i turisti in giro per il mondo, lo sai, no? Saremo pirati di ciurme diverse, e quindi rivali. Pensaci bene, ognuno di noi voleva essere il più forte, non avrebbe senso viaggiare tutti insieme. Cioè, noi due assieme.- si corresse.
- Sì, però...- balbettò Rufy un po' deluso, ma lasciò perdere subito.
Non lo avrebbe mai ammesso neanche a Makino, a Dadan o ai banditi di montagna; figurarsi se poteva dirlo ad Ace, dirgli che a lui la prospettiva di andarsene in giro per il mare tutto solo, senza suo fratello, lasciava la bocca secca e faceva diventare le gambe molli come gelatina, anche se dopo un po' passava.
Però era dispiaciuto che Ace non volesse partire con lui, anche se forse neanche lui avrebbe aspettato tre anni se fosse stato lui il più grande; almeno poteva dirgli che sì, gli sarebbe piaciuto, non era giusto che non fosse mai gentile con lui e non lo consolasse neanche un pochettino.
- Non fare quella faccia patetica- lo rimproverò il più grande, che si era reso conto della sua inquietudine.
- Mica ti ho detto che il viaggio te lo dovrai fare tutto da solo! Vedrai che troverai dei compagni in gamba che ti seguiranno, ma naturalmente prima devi diventare molto più forte e coraggioso di come sei adesso, o col cavolo che vorranno avere un pappamolle come te per capitano!- ridacchiò, con la sua solita espressione da birbante.
Eppure Rufy aveva ancora la stessa faccia abbattuta di prima, e perfino gli occhi lucidi.
La pazienza di Ace, già notoriamente scarsa, stava iniziando a dileguarsi del tutto.
- Oh, insomma Rufy! Che palle che sei! Si può sapere perché oggi ti sei fissato con quest'idiozia che non vuoi partire da solo?!-
- Ma come faremo a ritrovarci?!- strillò l'altro di rimando, con la sua vocetta acuta già rotta dal pianto in arrivo. - Il mare è così grande, e ci sono così tante isole, e tanta, tanta gente...!- farfugliò, prima che due lacrime tonde gli corressero lungo le guance.
Ace finse di non averle viste, si girò di nuovo verso l'oceano e rifletté prima di rispondere.
- Ce la faremo, ci ritroveremo da qualche parte. Basta che ci facciamo un nome come pirati e poi sentiremo parlare l'uno dell'altro, e prima o poi ci raggiungeremo.- sentenziò convinto.
- Ah, davvero? Basta...basta fare così?- singhiozzò Rufy.
- Sì, davvero! E adesso smettila di frignare come una femminuccia! Non ti sopporto quando fai così! E poi tu pensi solo a te stesso, ma anche io partirò da solo, sai?! A me non ci pensi?- sbraitò.
Rufy sussultò, stupito da quelle parole, poi si asciugò con foga gli occhioni bagnati.
- Perché...tu...anche tu...?-
Ace fece spallucce, atteggiandosi a qualcosa che in realtà non era, ma non poteva dire a quello scemo che pure lui aveva paura, un po' perché ci avrebbe perso la faccia (e suo fratello non era certo il tipo che sapeva tenersi le cose per sé), e un po' perché...come poteva proteggere quel buono a nulla, se si mostrava debole di fronte a lui?!
- Io non sono un bambinetto piagnucolone come te.- disse scuotendo la testa mora. - E poi non vedo l'ora di lasciare questo cavolo di posto. Voglio andare lontano, dove non mi conosce nessuno, e voglio dei compagni che se ne freghino del posto da dove vengo o di chi era mio padre, che mi rispettino e credano in me per quello che sono, solo per questo.-
Rufy ascoltava sospeso tra l'incredulo e l'ammirato quel discorso così...da grande, che lui neanche capiva bene del tutto; però aveva capito che suo fratello era
davvero uno tosto come aveva sempre creduto, che niente lo poteva spaventare sul serio, e che il suo nome sarebbe di sicuro diventato famoso in tutto il mondo.
Ace intanto si era ricordato di una cosa, chissà perché gli veniva in mente proprio in quel momento; era successo prima che Rufy diventasse suo fratello, e prima ancora di conoscere Sabo.
Un giorno aveva chiesto al vecchio Garp che senso poteva avere per uno come lui nascere e vivere in un mondo che sembrava solo odiarlo e volerlo mettere all'angolo in tutti i modi, che lo faceva sentire ogni giorno sporco e maledetto.
Il vecchio gli aveva semplicemente risposto...
"Lo scoprirai solo vivendo, Ace."
Ma quanto tempo doveva aspettare ancora?! Quando Sabo era diventato suo amico, e poi a loro si era unito anche Rufy, le cose erano sembrate così
facili, la vita era sembrata per la prima volta dolce, tutto era possibile...
Ma la morte del suo migliore amico gli aveva aperto gli occhi: erano ancora dei bambini che non sapevano niente del mondo, che niente durava davvero per sempre, e che forse lui 
quel senso non l'avrebbe mai trovato.
Si mise una mano sul petto: da un po' di tempo il peso sul cuore era tornato a farsi sentire.
- Che hai? Tutto bene? Ti fa male la pancia?- gli chiese suo fratello, che intanto aveva iniziato ad infastidire con due ramoscelli secchi una colonna di formiche.
- Nah, non è niente, sarà solo fame. Dai, vieni, che ci procuriamo un po' di coccodrillo per pranzo.-
- Sìììì, che bello! Il coccodrillo è il mio preferito! Facciamocela di corsa fino al fiume! - propose.
- Come se avessi qualche possibilità di battermi- lo sfidò Ace, che già stava guadagnando terreno con un ghigno.
***
- E per l'ottava volta di seguito vince lui! Il comandante della seconda divisione batte ancora quello della prima! Yuhuuuu!- una giovane voce maschile risuonò nella luminosa notte estiva, turbando la quiete di quell'isoletta semi disabitata su cui la Moby Dick era ormeggiata da qualche ora.
- Ma non la smette più?- mormorò Vista rassegnato e contemporaneamente divertito, con le braccia intrecciate dietro la testa appoggiata al parapetto della nave pirata.
Al suo fianco Izo scosse la testa con un sogghigno, mentre ripuliva con attenzione le sue pistole, mentre Satch raccolse con una mano un mazzo di carte sparpagliate sul ponte per iniziare una nuova partita con i compagni seduti accanto a lui.
Fece un cenno a Marco, prima di punzecchiarlo:
- A volte mi chiedo come fai a sopportarlo.-
Il biondo si sedette pesantemente alla sua destra.
- E' quello che mi chiedo anch'io onestamente...devo proprio smetterla di prestarmi a queste pagliacciate.- sospirò.
Intanto Ace continuava a sparare palle di fuoco su in alto, verso il cielo blu scuro e le tonde stelle palpitanti che lo tempestavano, palpitanti come i suoi proiettili che ad alta quota sbocciavano nei loro petali di oro rosso che rischiaravano tutto quel tratto di mare.
- Meno male che la costa sud-occidentale è disabitata.- sottolineò Izo.
- Non vi stancate mai di queste gare tra deficienti a chi riesce a sparare il suo fuoco più in alto?- intervenne Jaws, deridendo Marco che ogni tanto si lasciava andare a quei giochetti puerili con il moro, sempre quando la Marina e i civili erano ben distanti dalla loro posizione.
L'altro pirata si limitò a fare spallucce.
Anche se l'intera ciurma lo prendeva in giro per quelle sciocchezze, tutti loro poi non riuscivano a fare a meno di restare imbambolati davanti allo spettacolo delle fiamme azzurre e arancioni che danzavano intrecciandosi nell'aria, così in alto che sembrava sfiorassero la luna e il firmamento.
- Secondo me lo lasci vincere tutte le volte, non è possibile che ti batta sempre.- commentò Curiel.
Marco fece uno dei suoi sorrisi pigri, indecifrabili.
- E' solo che non mi va di continuare per tutta la notte, sai quant'è testardo quel ragazzino.-
- Potresti sempre volare e sparare il tuo fuoco più in alto, così almeno per una volta non ci romperebbe le palle con le sue urla e i suoi balletti da scimmia.- gli fece notare Vista.
Marco, che teneva una gamba piegata e il braccio appoggiato sopra, a quelle parole non poté trattenere una risata a labbra serrate, passandosi una mano sul viso.
- Sarebbe troppo facile così.-
In quel momento il suo sguardo celeste incrociò quello d'ebano di Ace, e quest'ultimo gli rivolse una smorfia arrogante, facendo sprizzare dalla mano destra una nube di scintille dorate, simili a lucciole minute, che gli avvolsero il capo senza bruciare le sue ciocche arruffate.
- Perso ancora, eh? Dai, domani potrei sentirmi buono e concederti la rivincita, non metterti a piangere davanti a tutti!-
- Ehi babbo, che dici? Posso buttarlo a mare con un'ancora legata al collo?- urlò il comandante della prima divisione della ciurma, rivolto all'enorme uomo comodamente seduto su una poltrona, circondato come sempre dalle solerti infermiere.
Il capitano smise per un attimo di svuotare l'ennesima ciotola di saké, si ripulì le labbra con il dorso di una mano, e dopo aver inarcato un sopracciglio, scoppiò nella sua tipica risata tonante, tutta di gola, simile al rombo furioso di una frana di montagna.
- Gurarara! Mi fate ridere, bambini! Voi e i vostri giochi!-
Al che anche Marco lo imitò, mentre Satch, non visto da nessuno, lanciò un vecchio sandalo di legno contro la schiena di Ace che aveva ripreso a fare casino.
Ace sbatté le palpebre un paio di volte, e la placida, sfavillante immagine di una notte di piena estate evaporò dalle sue retine, mentre tutt'attorno a lui e al suo patibolo di Marineford impazzava l'inferno.
Cos'aveva appena detto quello stupido di Rufy? Che per lui le regole della pirateria non contavano nulla e che lo avrebbe salvato, anche a costo di andare contro la sua volontà?
Che moccioso testardo! Come se poi Ace avesse potuto perdonarsi di aver avuto bisogno di lui, esponendolo a certi pericoli.
Era così triste non poter fare nulla, incatenato su quel patibolo maledetto, alla mercé dei bastardi della Marina...eppure era anche stupidamente felice, pensò il ragazzo mentre lacrime caldissime gli rigavano le guance, scivolando giù dal suo mento.
Era felice che qualcuno si preoccupasse e che stesse combattendo con tanta foga per una canaglia come lui, che Rufy, il babbo, Jinbe e tutti gli altri ce la stessero mettendo tutta solo per salvare la sua inutile pellaccia.
Non avrebbe mai creduto che qualcuno potesse considerarlo degno di tutta quella fatica e quel dolore, e in quei momenti Ace sentì che il peso che si portava sul cuore si era notevolmente affievolito.
Forse non sarebbe morto dopotutto, forse ce l'avrebbe fatta.
Nelle ultime settimane aveva cercato di non lasciarsi dominare dalla paura e dalla disperazione, non aveva chiesto a nessuno di salvarlo, e aveva appena cacciato via Rufy (o meglio, ci aveva provato) e la sua ciurma, perché non voleva rischiassero il collo ance loro per colpa di un suo stupido, patetico errore.
Eppure anche lui...si era sentito schiacciare dalla consapevolezza della fine che si avvicinava sempre di più, del terrore di morire come un cane tra le grinfie dei suoi peggiori nemici, che l'avrebbero esibito come un trofeo di caccia in giro per il mondo, umiliando lui e il suo ricordo per avere l'ultima definitiva vendetta su quel bastardo di suo padre.
Adesso che i suoi compagni si erano riuniti lì tutti per lui, provava una gioia e un sollievo che quasi lo soffocavano, e un briciolo di pietà per quell'uomo che era morto solo e sconfitto vent'anni prima, nonostante il sorriso arrogante sul volto.
Forse anche lui si era aggrappato all'amore per la libertà fino alla fine, al dolce ricordo di una vita trascorsa sulle onde, tra le voci e le risate dei suoi fratelli, a quello delicato di sua madre?
Sicuramente anche lui si era sentito grato alla fine, pensò Ace mentre le ultime forze lo abbandonavano come falene in fuga dalle fiamme che già le bruciavano, anche lui aveva capito che il valore di certe cose non si perdeva con la morte, quelle cose che rendevano degna di essere vissuta anche una vita come la sua, una vita che almeno negli ultimi anni era diventata calda e brillante come il fuoco.
 ***
- Ma perché sei ossessionato da questa storia? Non puoi lasciar perdere per una sola, maledetta volta? Anche il babbo ha detto che non vuole che tu lo segua, che non c'è bisogno di insistere.-
Marco non ne poteva più di quell'idiota avventato e dei suoi assurdi propositi di vendetta contro Teach, anche perché nel profondo del suo cuore e nelle ossa si sentiva che non avrebbe portato a niente di buono, che in qualche modo Ace si sarebbe messo nei casini e forse loro neanche sarebbero riusciti a salvarlo.
Purtroppo però far ragionare quel cretino era un'impresa che di solito metteva perfino lui a dura prova, e in particolare su quell'argomento l'uomo più giovane si era dimostrato irremovibile.
"Cazzo" pensava il biondo nervoso, nonostante dall'esterno apparisse flemmatico come sempre "tutto questo finirà male, molto male".
Erano settimane che quel brutto presentimento non lo abbandonava, e anche se lui non credeva alle sciocchezze soprannaturali, avrebbe comunque preferito che Ace si scordasse del loro ex compagno e di quello che aveva combinato.
Il ragazzo dai capelli scuri nel frattempo aveva continuato a radunare il necessario per la sua partenza ormai imminente, e non sembrava dare troppo peso alle proteste di Marco.
- Tranquillo, so quello che faccio e non sono un pivello incapace che cadrà in trappola come niente.- gli rispose infine, sempre rivolgendogli la schiena tatuata.
Troppo deciso, troppo testardo, e soprattutto troppo roso dai sensi di colpa per rinunciare così facilmente.
- Andrà tutto bene, non metterti a fare il gufo pure tu, per quello bastano già il vecchio e gli altri.- scherzò Ace, sfoderando uno dei suoi sorrisi insolenti.
Gli faceva piacere che i suoi fratelli si preoccupassero per lui, anche se chiaramente non l'avrebbe mai ammesso, però non voleva che lo ostacolassero su quel punto: Teach aveva ucciso un loro compagno sotto la sua guida, aveva infranto la loro unica, sacrosanta regola per poter far parte di quella ciurma, e aveva calpestato anche la sua autorità, mancandogli di rispetto come se niente fosse.
Non avrebbe mai potuto perdonarlo, si meritava appieno ciò che lui gli avrebbe fatto passare e anche molto peggio, era un ignobile e ipocrita bastardo e solo ripensare a lui gli faceva rimescolare dolorosamente le viscere.
Si voltò verso Marco e vide che lo stava fissando con un sorriso triste ad aleggiargli sulle labbra; sapeva di non poterlo fermare, ma quella decisione lo metteva comunque in ansia.
Ace proprio
non capiva: non è che non lo considerasse forte o affidabile, ma Teach nascondeva tanti segreti, era un tipo vile e senza scrupoli, con chissà quali altri avanzi di galera dalla sua parte, mentre Ace, nonostante tutto il suo valore e il suo coraggio, sarebbe stato da solo...un agnello sacrificale in mezzo ai lupi.
Il comandante della prima divisione non avrebbe saputo dire se quella del suo fratello minore acquisito era totale temerarietà o totale
demenza...una tale incoscienza del resto poteva appartenere solo ad un pirata così giovane e di belle speranze, oppure a qualcuno di speciale, come Ace appunto.
Che però non è che fosse meno idiota per quello, sghignazzò appena Marco.
Eppure il moro non era uno sbruffone o un incosciente, se si attaccava alle cose come il rispetto e la lealtà come un cane con l'osso, ma se lo faceva era solo perché sentiva sempre di doversi guadagnare quella roba lì, di dover sempre dimostrare di esserne degno, senza dare nulla per scontato.
- Almeno cerca di non crepare mentre dai la caccia a quel cane senza onore, intesi?- mormorò infine il biondo.
Ace scoppiò a ridere come un bambino.
- Che cavolo di augurio è? Potresti fare di meglio...comunque tenetevi stretti la pellaccia anche voi, bastardi.-
Marco rise appena, nel suo solito modo, affondando gli occhi in quelli di ossidiana di Ace, che da un po' di tempo non erano più adombrati e sfuggenti come una volta.
La piccola imbarcazione scivolava agile sull'acqua, mentre un tramonto da cartolina infiammava l'orizzonte.
- Sta' attento, ragazzino, dico sul serio.- si raccomandò per l'ultima volta il più grande, una nota d'ansia nella voce che l'altro scacciò con una scrollata di spalle.
- Ma va' che torno presto, tu piuttosto smettila con quella faccia da gufo. Ti farai solo venire le rughe prima.-
- Moccioso- replicò sottovoce Marco,  con un sogghigno.
***
Il più grande sollevò lo sguardo annebbiato, davanti a lui c'era una distesa di fiori dai colori vivaci, e il vento accarezzava gentilmente il Jolly roger e il cappotto appartenuto a Edward Newgate, facendoli ondeggiare malinconici nell'aria sonnolenta del pomeriggio assolato.
Quella consapevolezza lo fece letteralmente vacillare, sbatté le palpebre e cercò di controllarsi, stringendo forte i pugni chiusi.
- Me l'avevi promesso Ace...cazzo. - mormorò.
 In quei giorni la consapevolezza di avere perso e di essere rimasti soli a volte lo schiacciava come un macigno, perché una volta, tanto tempo prima, Barbabianca li aveva trovati e riuniti tutti, solo che non sarebbe più successo.

Note (altamente deliranti) dell'autrice:

Dunque dunque...ho provato diverse volte a modificare questo stupidissimo capitolo al fine di migliorarlo, ma mi sa che tutte le sante volte che rivedevo e correggevo in realtà non facevo che peggiorare le cose -.-'.
E niente, ho provato a scrivere qualcosa di decente su Ace, Marco e la loro ciurma, ma non riuscivo ad ampliare o arricchire l'idea che avevo in mente, che gira e rigira era sempre quella...in particolare la scena finale è una pena, mi rendo conto, ma ho tagliato tantissimo e vi assicuro che in originale era anche peggio XD.
Non so, più allungavo il brodo e più mi sembrava di scadere nella retorica e nel banale, dannazione! E pensare che avrei voluto scrivere qualcosa di più sensato e originale a proposito di Ace, e invece m'è venuta solo 'sta ciofeca...del resto Marineford, la morte del fiammifero e le conseguenze sui suoi nakama credo che siano temi trattati fino alla consunzione dal fandom, e io di certo non brillo per grande creatività -____- .
E vabbè, io chiedo scusa a tutti per la sua mediocrità, imploro clemenza e intanto la pubblico (con una certa dose di sfacciataggine...), perché non ne posso più di rimaneggiarla e comunque ci sono stata parecchio dietro, e cancellarla o lasciarla a languire in eterno nel pc a questo punto un po' mi dispiace. Praticamente la pubblico per premiare la mia buona volontà XD!
E' abbastanza insulsa, ma...ci si prova e non sempre viene fuori qualcosa di carino, uff -.-'.
Un sentito ringraziamento a chiunque legga e alle anime caritatevoli che hanno commentato finora ;)!
Se volete recensire anche questa, anche in maniera perplessa e critica (o lanciarmi idealmente ortaggi marci XD) sono qui a vostra disposizione ^_^.
Ciauz :)


   
 
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