Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: aoinohjme    19/01/2018    0 recensioni
«Sai che si dice che il sole e la luna si amino, segretamente, e che ciascuno muore per far vivere l'altro?» chiese, ricordandoti la cazzata più cliché che avessi mai sentito in tutta la tua vita. Facesti una smorfia disgustata. […]
«Se ci pensi un attimo, ci conosciamo da due giorni e non abbiamo fatto altro che arrenderci all'altro, proprio come il sole e la luna.»
Giurasti che il suo monologo sembrava uscito da un libro di Nicholas Sparks, quel ragazzo era per davvero un personaggio di un libro.
«Sarei felicissimo se questo rapporto continuasse così, sai? È come se avessi ritrovato un'amica persa ormai da tempo.»
https://www.wattpad.com/story/132546648-the-blue-light-that-was-with-me
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
         
 
 
   I'm alone under the moonlight
   I'm alone, only the cold night air is by my side.
   That person I'm looking for,
   I'm sure that person is looking at the same night sky.
 




















                       5.



 

Il giorno dopo ti alzasti che erano le sei del mattino, nonostante l'appuntamento all'agenzia di editoria fosse poco prima delle dieci. Poco t'importava, avevi da prepararti psicologicamente e parlare da sola fino a quando non fossi stata in grado di avere una conversazione con un altro essere umano che non fosse per prendere il pane al panificio o ringraziare il commesso al supermercato o rimproverare Juun nonostante non ti capisse. Facesti una doccia lunga almeno due ore, solo per rilassarti e lasciare la te stressata sotto la doccia, così da non fare la figura della depressa davanti a chi doveva giudicare se sarebbe stato okay affidarti un lavoro come la traduzione di un saggio, libro, qualunque cosa fosse. Ti truccasti, addirittura, considerando che non lo facevi dall'ultima volta che eri stata a fare un colloquio, cioè sembrava essere passata una vita e il fatto che la mano ti tremasse mentre provavi a mettere l'eyeliner non era d'aiuto. 
Un'altra ora per truccarti e già erano le nove, ed eri ancora in intimo e non avevi idea di cosa avresti messo. Osservasti il riflesso allo specchio di te stessa e ti insultasti perché come al solito eri una persona assolutamente inutile e lenta, ma proprio per questo ti fiondasti il prima possibile davanti l'armadio e poi fuori casa non appena ti copristi nel modo più ottimale per poter affrontare la giornata fredda che occorreva.
Pronta a scendere in metropolitana, prendesti un bel respiro e ti tuffasti nel traffico e tra le persone, sapendo quanto fossi fragile a tutto quel caos, ma ignorando ogni tua sensazione. Non t'importava più che la gente ti fissasse o che ti urtasse distrattamente, il tuo unico obbiettivo era arrivare in orario in quell'edificio da cui l'ultima volta eri uscita stremata, che invece era stato l'unico ad averti dato un'opportunità.
Pensandoci, era un po' un controsenso e forse per questo eri un po' preoccupata, ma comunque continuasti a camminare pronta a chiarire cosa stessero cercando in te e cose avevano visto durante quel colloquio così da incubo. Forse ne stavi semplicemente facendo un dilemma e ti avevano preso solo per il curriculum decente, il che non sarebbe stato strano, ma in quel momento non potevi far a meno di viaggiare con la fantasia pur di distrarti dalla tua ansia.

Arrivasti ben presto davanti al palazzo, dentro cui ti affrettasti, incredula che ti avessero davvero proposto di lavorare in quel luogo enorme e sofisticato, in cui sembravi del tutto fuori posto. Entrasti e ti dirigesti velocemente verso la segretaria alla quale ti eri rivolta pure la volta di prima, dandole il tuo nome e chiedendo dove dovessi andare per l'incontro. Quella signora ti vedeva per la seconda volta morire dall'ansia, doveva avere davvero una bella impressione di te.

«Oh, sì, prenda il corridoio sulla sinistra, nella prima stanza a destra dovrebbe esserci la signora Bianchi.»

Signora... Bianchi?
Come se il cognome avesse appena fatto accendere una lampadina nel tuo cervello, capisti che quella donna doveva per forza avere origini italiane, ma non capisti subito se fosse una coincidenza o meno. Ti trascinasti verso la stanza, entrando timidamente e dando il buongiorno alla signora che sedeva da sola dietro l'unica scrivania nella stanza, dando l'aria di essere una persona importante. Occupasti una sedia davanti a lei, stringendole la mano che ti tendeva.
Aveva un viso liscissimo, i capelli erano neri e legati in una coda, i suoi occhi erano abbastanza pronunciati ed evidentemente non a mandorla. Sembrava una donna sulla quarantina, ma decidesti di non soffermarti troppo sulla sua età, sembrava comunque molto giovane.

«Buongiorno, Y/n.»
Inizialmente sbiancasti, non avendo sentito dell'italiano di presenza da fin troppo tempo. Ti aveva appena salutata in italiano, non coreano, italiano.

«Oh, b-buongiorno» balbettasti, quasi interrogativa, facendola ridacchiare soddisfatta. Non eri sicura di poter parlare la tua lingua madre.

«Lo so, lo so, avevo già programmato di sorprenderti così. Come te sono italiana e mi sono trasferita venti anni fa, sono l'unica italiana da queste parti e vederne un'altra mi riempie il cuore.»
I suoi occhi ti scrutarono delicatamente, osservando i tuoi lineamenti quasi come se volesse riconoscere in essi qualcosa che sembrasse italiano.

«Ieri abbiamo parlato al telefono, era lei?» chiedesti educatamente, provando a sforzare il tuo cervello italiano.

«Sì, ero io, ma non darmi del lei» ti corresse, sorridendoti ampiamente.

«Oh, okay, non avevo capito che fossi italiana perché hai un accento coreano perfetto» borbottasti, imbarazzata di doverle rivolgerle del tu così all'improvviso.

«Venti anni a parlare coreano direi che mi sono bastati» affermò, senza rinunciare al proprio sorriso. Poi sospirò, passando ai fatti, sapendo che non aspettavi altro che sentirla parlare di lavoro.

«Ti ho fatto venire prima solo per spiegarti il tuo ruolo nel progetto che stiamo per lanciare, ora conoscerai una serie di persone che lavoreranno con te e ti aiuteranno in qualunque cosa, so che come primo lavoro potrebbe essere complicato-»

«Meglio così» dicesti determinata, sorprendendoti da sola. Sorrise di nuovo.

«Ottimo, mi fa piacere che tu pensi questo, ma non venirti a lamentare quando non riesci a finire in tempo e rispettare le scadenze.»

In quel momento ti inquietò un po', ma un momento dopo tornò dolce come prima. Cominciò a spiegarti il motivo per cui eri stata chiamata, chiarendo chi sarebbero stati i tuoi principali punti di riferimento e tempi di lavoro: ti stavano chiedendo di utilizzare le tue conoscenze in lingue per tradurre dei saggi coreani che l'autore desiderava di vendere all'estero, ti riempì di informazioni prima che il vostro tempo a disposizione potesse scadere. L'incontro iniziò da lì a poco, una marea di persone ti circondavano e non riuscivi a capire come così tante persone avrebbero lavorato per lo stesso progetto. Al centro di tutto vi era l'autore, il quale consegnò ai presenti i propri saggi da leggere rigorosamente entro un lasso di tempo e li spiegò, facendo capire verso cosa avrebbe mirato la traduzione; dopo una lettura attenta dei brani, sarebbe cominciato il lavoro vero e proprio, con traduzioni e scadenze, fino a quando il materiale non sarebbe stato completamente consegnato. Gli incaricati erano tantissimi, ognuno specializzato in diversi aspetti, e ovviamente vi era lo scrittore, una persona interessantissima che diede il proprio numero di telefono a tutti gli aspiranti traduttori in caso avessero bisogno di chiarimenti, in quanto avrebbero alla fine mandato ognuno la propria versione, e le migliori sarebbero state pubblicate internazionalmente. In quanto unica traduttrice italiana, non avevi alcuna competizione e sicuramente il tuo guadagno sarebbe stato relativo, ma sicuramente più degno di quello di una baby-sitter.
Non riuscivi a capacitarti di quello che avevi intorno, ma ti pizzicasti abbastanza da capire che non si trattava affatto di un sogno.

L'incontro andò avanti più o meno tranquillamente, quando uscisti dalla stanza il tuo cervello era pieno di informazioni, nozioni riguardo la traduzione e aiuti vari, mentre le tue mani erano piene di libri. La signora Bianchi ti aveva affiancato nuovamente, dandoti consigli personali su come svolgere un lavoro talmente arduo per un principiante. Quando menzionò di lavorare al mattino, davanti ad un caffè ed in un bar poco frequentato ti sembrò che stesse riferendosi all'Aoi, quando in realtà eri sicura che non sapesse nemmeno della sua esistenza e che la tua mente semplicemente tornava troppo spesso a quel nome. Dopo due settimane dall'ultima volta che avevi messo piede in quel posto, ti tornava in mente come se avessi psicologicamente bisogno di ricordarti di aver avuto contatto umano con altre persone e che non era stata semplicemente la tua immaginazione, ma poi ripensavi allo sguardo freddo di Taehyung e ti passava qualunque voglia di pensarci.

«D'accordo, ci proverò» rispondesti alla sua proposta, per niente convinta.

«Io mi sono inserita così, andavo sempre in un bar vicino casa mia a lavorare ed è capitato che abbia fatto amicizia con alcuni ragazzi che allo stesso orario facevano colazione lì. So come ci si sente a vivere da soli in un paese del tutto nuovo, per questo mi permetto di darti questo consiglio.»

Sapevi che lo stava facendo solo per gentilezza, che credeva di poterti aiutare, la apprezzasti perché i suoi occhi sembravano sinceri, ma non troppo perché sapevi che non l'avresti davvero ascoltata. Il discorso si concluse con la tua risposta, poi il tuo cellulare squillò e decidesti che avresti cambiato una volta per tutte quella suoneria imbarazzante.
Con una mano salutasti la signora e scappasti fuori dall'edificio per rispondere ad una Alice che non sentivi talmente entusiasta dall'ultima volta che le avevi le comprato la Nutella quando ancora vivevate insieme.

«Davvero hai trovato lavoro?»

Il suo tono era troppo alto per poterlo persino descrivere, dovesti allontanare il cellulare dall'orecchio.

«Sì» dicesti, al contrario con un tono bassissimo, per evitare che la gente che ti camminava intorno ti fissasse male.

«Cazzo» fu la risposta che ricevesti, che ti riempì il viso con un sorriso ampio.

«Sono appena uscita da là.»

«Raccontami tutto, bastarda, e questa sera bevi per festeggiare, non importa che tu sia sola, bevi sempre quando sei felice!»

La sua risposta ti confermò che quella ragazza, con tutta la sua grinta, era l'unica cosa giusta che avessi fatto in tutta la tua vita.

**

'Bevi sempre quando sei felice' d'accordo, verissimo.

'Questa sera trovi qualche pub e ti fai offrire qualcosa, è da una vita che non esci' la voce di Alice risuonava nella tua testa ricordandoti quanto avesse fottutamente ragione.

'Poi appena sei ubriaca mi chiami e ne parliamo, mi manchi da ubriaca' non riuscivi più a capire perché quella conversazione fosse avvenuta, avevi dimenticato quanto fossi influenzabile.

Barcollando, più o meno avevi ancora una visione annebbiata della strada che portava a casa tua. Dopo una meravigliosa serata a ballare con sconosciuti in un pub poverissimo, speravi che nessuno vedesse com'eri combinata o saresti definitivamente diventata lo zimbello del quartiere, a sua volta poverissimo, in cui vivevi - ti guardavano già male per i tuoi occhi non a mandorla, se avessero avuto un movente del genere avrebbero finalmente giustificato i loro sguardi sospetti. 
Mascherando la tua camminata in una più lenta, così che non fosse evidente che non avevi equilibrio, ti portasti sempre più avanti, timorosa che spuntasse fuori chiunque in grado di deriderti anche in un momento simile, e non vedendo l'ora di tornare a casa per coprire dignitosamente il vestito mini che indossavi e per chiamare Alice, la quale, dall'altra parte del mondo, era sicuramente sveglia e aspettava di poter sentire le descrizioni dei ragazzi con cui avevi possibilmente fatto qualcosa.
Quando raggiungesti il parco proprio dietro casa tua decidesti di fermarti un attimo, camminare un po' dove eri sicura che nessuno ti vedesse, sperando di riprenderti dalla sbornia e poter ricominciare a camminare più sicura di dove andavi, prendendo grossi respiri perché sentivi un masso al posto della testa e sentivi che saresti svenuta da un momento all'altro. 
Entrasti dal cancello verso l'unico piccolo laghetto del luogo, davanti al quale eri passata una marea di volte ma che non avevi mai attenzionato. Ti copristi con le tue stesse braccia, maledicendoti di esserti vestita in quel modo, decidendo che non sarebbe mai più successo - nemmeno per quel ragazzo dannatamente carino che ti era salito addosso solo perché indossavi quei vestiti, proprio no. Mai più.

Proprio mentre il tuo flusso di pensieri diventava autocritico a tal punto che cominciasti a sentirti offesa dalla tua stessa mente, ironicamente, vedesti la sua ombra dall'altra parte del lago. All'inizio ti sembrò un profilo qualunque appoggiato al tronco di un albero, con l'unico scopo di rilassarsi considerando che da altre parti sarebbe stato impossibile, o sarebbe anche potuta essere una tua allucinazione da ubriaca. Compatendo chiunque stesse cercando conforto in quel tronco d'albero ghiacciato e nella circostante tranquillità, cominciasti a focalizzare il soggetto in un momento in cui la luce della luna illuminava il suo viso semi-dormiente. Pensando di star sognando, strofinasti i tuoi occhi ubriachi, riaprendoli e vedendolo nuovamente, in quello stato di vulnerabilità in cui qualunque cosa gli fosse successa intorno non l'avrebbe notata.
Camminasti verso Taehyung quasi come se ti stesse chiamando, benché i tacchi fossero difficili da gestire sopra il terreno bagnato che dovevi percorrere per raggiungerlo, facendoti capire che aveva probabilmente piovuto e tu non ti eri accorta di niente. 
Impiegasti più del tempo previsto, non preoccupandoti di star rovinando delle scarpe meravigliose per cui anni prima avresti pianto pur di averle, né tantomeno considerando la possibilità di scivolare e cadere.
I suoi occhi si aprirono quando percepì che qualcosa gli era sempre più vicina, così capisti che stava semplicemente sonnecchiando, il suo udito era ancora vigile e i tuoi passi gli furono chiari. Puntò i suoi occhi sul tuo corpo, poi sul tuo viso, e quando ti riconobbe sembrò calmarsi dall'iniziale inquietudine.

Erano passate due settimane.

«Non stai congelando?» ti chiese, con la voce un po' roca, come se non avesse parlato per molto tempo. Il fatto che quelle fossero le prime parole che ti rivolse dopo tutto quel tempo fu ironico, ma eri troppo ubriaca per pensarci. Eri troppo ubriaca per i sensi di colpa, per ripensare al motivo per cui non lo avresti mai più voluto vedere, eri troppo ubriaca per far caso alle piccole sfumature del tuo carattere egoista.

«Ho bevuto un po' e magari non percepisco la stessa temperatura che percepisci tu» borbottasti in risposta.

«Da come parli non sembri ubriaca» ammise, fissandoti meglio, alzando un sopracciglio perplesso alla vista di quello che indossavi e probabilmente facendosi un'idea di dove fossi stata. Si sistemò e si appoggiò meglio all'albero, per poter accurare che in quel mese freddo andavi ugualmente camminando in giro senza coprire le gambe.

«Reggo bene l'alcool» dicesti fiera, sorridendogli appena, nonostante non ci fosse niente di cui andar fieri. Seguì un attimo di silenzio, in cui ti scrutò con i suoi occhi scuri come se stesse analizzando ogni parte del tuo corpo al fine di capire quanto realmente fossi ubriaca, e tu giurasti di poter improvvisamente sentire tutto l'alcool che avevi ingerito come se lo stesse pesando.

«Ti ho vista camminare prima, non ne sono così sicuro» affermò, per poi sbadigliare e riportare le braccia al petto, forse infreddolito. Evidentemente non stava dormendo per niente sin dall'inizio.

«Ti assicuro che non sono ubriaca, è il mio corpo che si scollega dalla mia mente in questi casi e-»

«Siediti qui, non mi sembri molto felice di stare in piedi» ti fece spazio accanto a lui, così che ti potessi poggiare a tua volta all'albero. Ti aveva vista quasi scivolare, tremare, era quasi premuroso a farti posto.
Esitasti, ma accettasti l'offerta visto che i tuoi piedi rischiavano di cedere tanto ti facevano male. Sentendo la sua spalla contro la tua, non riuscisti a capire come facesse ad emanare tutto quel calore e comunque sentire freddo.

«Scommetto che nemmeno ricordi come mi chiamo eppure mi parli come se ci conoscessimo» ed ecco l'alcool che parlava al tuo posto. Non eri sicura che gli avresti detto una cosa del genere anche da sobria - non eri sicura che gli avresti parlato anche da sobria.

«Y/n» pronunciò piano il tuo nome, un po' sorprendendoti.

«Sento parlare di te abbastanza da sapere il tuo nome e tante altre cose che potrebbero anche essere inutili, ma che io so» confessò, rivolgendoti il profilo ma senza fissarti. Tu invece lo osservasti perplessa, attenta, aggrottando le sopracciglia e collegando velocemente il tuo cervello alla situazione: sapevi che la signora Choi c'entrava qualcosa, ma ancora non capivi che collegamento avessero dal momento che non frequentavi il bar. Non sapevi niente del ragazzo, ed evidentemente non era vero il contrario.

«Cosa sai?» chiedesti, curiosa di cosa pensasse la signora di te, se gli parlasse tanto di te o meno. O semplicemente volevi sapere cosa potesse sapere di te il ragazzo che ti aveva incuriosito già dal primo momento in cui lo avevi visto e che, da ubriaca, ti sembrava attraente almeno il doppio del normale ed i suoi occhi tristi ne erano la causa. Taehyung aveva tutta la tua attenzione, era il protagonista di quella che il giorno dopo ti sarebbe sembrata una semplice allucinazione.

«So che parli quattro o cinque lingue-» cominciò a parlare, mentre una delle sue mani andava a spremere il suo labbro inferiore come ad aiutarlo a ricordare, facendoti venire il dubbio che avesse già finito lì. Il fatto che da lì in poi cominciò ad elencare fatti più o meno intimi ti colse impreparata.

«Che ti piacciono i bambini, che ti piacciono gli anime, che hai avuto un sacco di ragazzi-»
«Non riesco a capire come tu sappia che ho avuto un sacco di ragazzi ma d'accordo» commentasti, interrompendolo un attimo, ricordando di aver parlato con la signora Choi della qualunque, ma non riuscendo a ricordare i dettagli. Sorrise appena prima di continuare.

«Poi, hai un sacco di amici e non qui in Corea, sei ambiziosa, sei eccentrica e questo penso di averlo dedotto io, non lo sai ma sei una persona estremamente gentile, faresti di tutto pur di piacere agli altri, poi-»
Ci dovette riflettere un attimo, ma tu eri già a bocca aperta. Cosa ne era del cameriere carismatico solo dietro al bancone?

«Oh, già, e sei povera, potrebbero essere tutte cazzate ma per come mi parlano di te sei particolare» parlò lentamente, ma nessuno dei due aveva tempo da perdere.

«Chi ti ha detto che sono povera?» chiedesti, estremamente offesa, alzando il tono della voce e cominciando a capire che quel tizio non aveva come unica fonte di informazioni la signora Choi, perché quello sicuramente non glielo aveva detto lei che non si sarebbe mai permessa: te li dava lei i soldi per vivere. Mentre ripensavi a Jin e all'unica conversazione che avevate avuto, capisti, mentre lui rideva in risposta.

«Ho detto un sacco di cose e tu ti concentri su quello? Almeno è vero che sei eccentrica» scherzò mentre lo osservavi, cauta ad ogni sua espressione, riconoscendo che il suo viso era ancora troppo spento per essere quello del ragazzo di settimane prima.
Qualche secondo di silenzio fece capire ad entrambi dove andava a parare il discorso.

«Ho chiesto di te a Yoongi e Jin settimane fa ed entrambi non mi sono sembrati molto felici di parlare di te, ti dispiace se ne approfitto un po' per chiederti se è successo qualcosa o-» esitasti, voltando lo sguardo per riflettere su quello che avevi da dire, per poi voltarti nuovamente e ritrovarti i suoi piccoli occhi addosso. Furono proprio loro a fermarti, con tutta la loro espressività.

«Sì, mi dispiace» sussurrò, capendo più o meno subito cosa volevi sapere, probabilmente perché sapeva anche che avevi chiesto di lui a Yoongi e Jin.
Non avendo altro da dirgli, ti spegnesti immediatamente alla sua negazione.

«Però ho una condizione» aggiunse, benché fosse evidente che si stesse sforzando. Aveva sospirato ampiamente, poi aveva riportato lo sguardo su di te.

«Dimmi» gli concedesti, sapendo che avresti accettato la sua proposta senza pensarci due volte, tanta era la tua curiosità di svelare cosa stesse dietro quei piccoli occhi carismatici.
Continuò a fissarti, alzando il viso e rivolgendo il mento nella tua direzione. Ti fissava dall'alto, quasi come se ti stesse studiando, cercando di prevedere quale espressione gli avresti rivolto già prima di parlare.

«So che abiti qua vicino e io sto morendo dal freddo, non voglio assillarti e non voglio sembrarti strano, ma ho bisogno di una doccia calda e di dormire in un posto caldo che non sia casa mia, quindi-» se non fosse stato così bello non avresti accettato così facilmente, eri sempre stata un po' ingiusta col genere umano.

«Solo se sei disposto ad aiutarmi a camminare fino a casa, da sola rischio di fare una brutta fine in ogni caso.»
Alla tua proposta, quasi immediata, ti sorrise cordialmente. Desiderasti che quel sorriso non si spegnesse mai.
Ti aiutò ad alzarti, prendendoti per mano al fine di aiutarti a raggiungere il punto incementato più vicino e vedere che ricominciasti a barcollare; poté costatare nuovamente che non eri affatto sobria.

«Scommetto che hai mandato giù un intero pub» commentò, lasciandoti afferrare il suo braccio e camminando con calma, aspettando che tu lo seguissi.

«Non basterebbe nemmeno quello per farmi ubriacare ultimamente» dovesti ammettere, triste, fissando le sue scarpe quasi imbarazzata mentre gli camminavi accanto, rendendoti conto che stava accadendo troppo all'improvviso e che tu eri stata troppo debole a delle circostanze che ti erano sembrate sospette. Quel 'dormire in un posto caldo che non sia casa mia' ti era rimasto troppo impresso.

«Ho letto una volta che ti ubriachi soltanto se sei dell'umore, altrimenti è solo mal di testa. A me non piace bere, ma penso sia abbastanza vero» ti informò, mentre guardava a sua volta i tuoi passi per evitare che cadessi, e tu pensavi che era impossibile che non avesse bevuto a sua volta, si era appena invitato a casa tua da solo!

«Dovresti provare se ti senti giù, di sicuro provoca mal di testa ma ti calma un po'» la smorfia che ti rivolse ti fece capire che non sarebbe stata una buona idea, né tantomeno fu una bella idea il tuo commento, il quale smorzò il suo sorriso.

«Arriviamo a casa tua e ti spiego anche perché non voglio bere, ma prima ho bisogno di pensare a cose belle» sussurrò, facendosi di nuovo cupo. Sembrava bipolare, passava da un umore all'altro come se fosse un interruttore.

«A questo punto non so cosa potrebbe renderti felice o meno, scegli tu» dicesti insicura, fissandolo preoccupata e assicurandoti che vedesse bene il tuo sguardo. Taehyung non rispose subito, continuò a camminare e fece finta di non aver sentito niente per una ventina di secondi.

«Se vuoi possiamo anche stare in silenzio, non mi ha mai dato fastidio in ogni caso» provasti a dire, vedendo subito nel suo sguardo quanto fosse d'accordo. Gli sorridesti, lui voltò lo sguardo e ricominciò a fissare i propri passi, seguendo il tuo consiglio e non aprendo bocca fino a casa tua, ritornando nella sua testa che tanto ti sembrava misteriosa.

Fu un'ottima occasione anche per te per riflettere su quello che stava accadendo, sul fatto che avevi appena incontrato il cameriere dell'Aoi che avevi sognato senza sosta in quell'ultimo periodo perché il suo sguardo freddo ti aveva sinceramente intimorito, e ora stava cercando da te un minimo di aiuto. In fin dei conti eri sempre stata veloce a giudicare la gente, ma non avevi mai sfruttato l'alcool nel tuo stomaco a fin di bene, al fine di aiutare una persona nonostante non fossi a conoscenza delle sue circostanze. Forse ti convinse anche aver constatato che il ragazzo era in buoni rapporti con la donna-angelo che condividevate, ti rassicurava il fatto che parlassero di te, e ti lusingava che lui ti conoscesse almeno un minimo, che tutte quelle informazioni che ti aveva rivelato di sapere avessero uno spazio nel suo cervello a te sconosciuto.

Alla possibilità di un'amicizia, già un po' modellata dalla signora Choi, non riuscisti a far altro che guidarlo fino a casa tua.
La parte più difficile fu prendere le chiavi di casa, ma anche in quel caso il ragazzo ti aiutò per quanto potesse. Aspettò che trovassi le chiavi, poi aprì lui stesso la porta e ti lasciò entrare per prima, evidentemente impacciato.

«Spero che nessuno abbia visto la scena, non hai idea di quanto siano pettegoli da queste parti» ammettesti, mentre finalmente toglievi le scarpe.

«Non solo da queste parti» borbottò, fissandosi intorno non appena entrò, puntando lo sguardo sul piccolo soggiorno e immaginandosi già a dormire lì sopra il divano. Vedendo che non voleva far altro che andare a dormire, considerando l'orario, decidesti di esortarlo.

«La doccia è sopra, però non so che vestiti darti come cambio» ammettesti, pensandoci un attimo mentre ti sedevi sulle scale esausta e fissavi quello che indossava, notandone i colori ora che eravate alla luce. Osservasti anche il colore un po' sbadito del suo viso, i suoi occhi, i suoi capelli morbidamente lunghi.

«Non credo di avere vestiti che indosseresti, anche se ho sicuramente qualche camicia che potresti mettere che ho comprato più grande di proposito. Se non riesci a chiuderla, almeno la metti sopra la maglietta che hai sotto, per i pantaloni non so che dirti-»
T'interruppe il suo sorrisino divertito ed il suo tono addolcito, in sintonia con le sue parole un po' imbarazzate.

«Sembri mia madre, stai tranquilla, starò bene anche con i miei vestiti.»
Al suo commento, sorridesti a tua volta e non facesti caso al suo sguardo curioso.

«Scusa, sono abituata a voler controllare cose simili, mi dà fastidio che tu non sia comodo a casa mia» borbottasti, imbarazzata.
Ridacchiò, e in quello stesso momento ti venne un'idea. Non esitasti nemmeno un istante a formurarla.

«Dormi senza vestiti!» esclamasti, con l'espressione più seria che potessi avere, pensandola davvero come una buona idea. Ti guardò confuso, poi fece una smorfia e ricordò un piccolo dettaglio.

«Già, sei ubriaca. D'accordo, io vado a fare la doccia» prima che potessi fermarlo, saliva già le scale. 
Era appena scappato dalla tua affermazione, il che ti lasciò a rifletterci. Avevi davvero detto una cosa così imbarazzante? Gli avresti dato delle coperte, così da non farlo morire dal freddo, non stavi semplicemente facendo la pervertita!

Mormorasti qualcosa che sembrava un insulto a te stessa - ma che effettivamente non esisteva in alcuna lingua -, prima di salire a tua volta e dirigerti verso la tua stanza, finalmente cambiandoti in vestiti più comodi. Per sì e per no, apristi l'armadio alla ricerca di qualcosa che gli potesse entrare, di vestiti maschili finiti lì a caso, ma il fatto che la tua vita sessuale fosse inesistente ti fece capire che non avresti trovato nemmeno un capello maschile per sbaglio.
Con quel triste pensiero in testa, richiudesti l'armadio e decidesti di aprirgli il divano letto in soggiorno e prepararglielo nel frattempo - non avevi una stanza per gli ospiti, ma sicuramente non lo avresti fatto dormire sul divano. Prendesti delle coperte che non usavi e sistemasti con cura il letto, rendendoti conto di starti comportando veramente come una madre che si sarebbe fatta il figlio? Scuotesti la testa al pensiero, colpendoti da sola sul braccio. Quel ragazzo aveva bisogno d'aiuto e tu pensavi sempre alla stessa cosa, soprattutto quando era fidanzato; dovevi trattenerti ancora di più dal momento che il tuo corpo non rispondeva esattamente ai comandi della tua mente, come se fosse un'entità a parte. Conoscendoti abbastanza bene decidesti di non parlare troppo, di non muoverti troppo, di limitare qualunque cosa volessi fare o eri sicura che avresti rovinato tutto.

Camminavi avanti e indietro decidendo in che modo avresti evitato di saltargli addosso quando scese le scale, con addosso i vestiti di prima. I capelli bagnati gli cadevano sul viso e non riuscisti a capire come potesse essere bello anche in quel caso e pensasti che avrebbe dovuto fare l'attore, poi ricordasti che anche tu con gli stessi capelli bagnati saresti sembrata la protagonista di un film. Horror.
Prendesti un respiro profondo mentre la tua mente provava a mandare via qualunque pensiero pervertito, ascoltando la sua richiesta di prendergli un asciugacapelli. Provasti a non guardarlo in faccia mentre lo superavi e tornavi in bagno, dove cercasti lo strumento di cui aveva bisogno per poi scendere al piano inferiore e trovarlo osservare il letto che avevi montato, con occhi quasi nostalgici.

«Taehyung?» lo richiamasti, attirando la sua attenzione. Ti rivolse uno sguardo triste, ma si risvegliò dal suo sogno non appena vide l'asciugacapelli.

«Grazie mille» ti disse, mentre lo attaccavi ad una spina e glielo porgevi, interrogativa vedendolo talmente pensieroso. Aspettasti che si asciugasse i capelli sedendoti sul letto che avevi montato, paziente, mentre il tuo mal di testa migliorava pian piano.
Non appena finì, sistemò accuratamente l'asciugacapelli e lo posò a terra, raggiungendoti in soggiorno cauto.

«Non pensavo avessi un altro letto» commentò, sedendosi a sua volta per vedere se fosse comodo.

«Mi sarei accontentato anche del divano, ma così mi sento decisamente meglio, grazie per averlo montato.»

Ti voltasti al suo gentile commento, fissandolo negli occhi dolci. Allora sospirasti, facendogli finalmente presente quello a cui avevi pensato fino a quel momento, razionalmente, avendo represso i tuoi istinti primordiali.

«So che sei venuto qua convinto di dovermi raccontare quello che ti succede, ma sinceramente non voglio obbligarti. Facciamo che questa notte dormi tranquillo e me ne parli quando ci conosciamo meglio?» chiedesti, cercando la risposta nella sua espressione.
Forse non lo fece di proposito, ma i suoi occhi si riempirono di gratitudine, il che ti fece sentire un po' in pena. Probabilmente lo avevi fatto sentire addirittura sotto pressione.

«Non hai idea di quanto tu mi stia aiutando in questo momento» sussurrò, con lo sguardo basso, i capelli leggermente elettrizzati sulla fronte che gli nascondevano l'espressione pietosa.

Felice di aver parzialmente risolto la questione, ti riempisti di buoni propositi.

«Ti preparo un tè, poi devo fare una chiamat-» stavi per alzarti quando le tue gambe decisero improvvisamente di non voler funzionare più e la tua testa subì una fitta dolorosissima. Cadesti a terra, confusa, non riuscendo a capire come fosse successo, ormai essendoti convinta di aver smaltito l'alcool nonostante fosse passato pochissimo.
Taehyung si era chinato su di te quasi per riflesso, prendendoti per un braccio e facendo in modo che non ti facessi troppo male, praticamente salvandoti la vita.

«Lo preparo io il tè, se vuoi ti aiuto anche a vomitare, in questo momento stai peggio di me» il suo spirito d'iniziativa, decisamente più funzionale del tuo, lo fece sembrare una persone diversa, come se il suo viso non avesse mai conosciuto smorfie tristi tanto quanto quella che gli avevi appena visto addosso.
Ti prese in braccio delicatamente, attento a non muoverti troppo nel caso ti sentissi di vomitare, cominciando a salire le scale.

«Scusami se entro così nella tua stanza» borbottò, prima di entrare nella tua camera al primo piano, poggiandoti sul letto e aiutandoti a sistemare i cuscini dietro la tua testa.

«Provo a prepararti il tè se mi dici dove trovo tutto, tu stai ferma e non provare a muoverti, se devi vomitare urla il mio nome e corro» la sua espressione preoccupata ti scaldò il cuore.

«Taehyung, vai a letto, sto bene» provasti a frenarlo un attimo, ma probabilmente parlasti troppo piano per farti sentire o non volle sentirti - scese senza nemmeno sapere come preparare il tè promesso.
Tornò ugualmente una decina di minuti dopo col tè, che poggiò sul comodino e aspettò che ti sedessi per poterlo prendere. Lo ringraziasti, lo rassicurasti ancora una volta e lo lasciasti andare a letto.

«Domani mattina se stai bene vieni all'Aoi con me, non ti ho vista dopo l'ultima volta» ti disse, prima di uscire dalla stanza con un sorriso sul volto, chiudendo la porta dietro di sé. Il suo sguardo non era freddo come quello che ti aveva convinto a non frequentare il bar, per questo non avesti bisogno di contestare. Avresti voluto seguire la traiettoria di quello sguardo gentile ovunque, perché eri sicura che fosse unico nel suo genere ed eri emozionata all'idea di poter tornare in quel bar e poter abbandonare l'idea di qualunque altro posto; quel ragazzo ti riscaldava il cuore ogni volta che sorrideva e il tuo unico obbiettivo era ormai capire cosa lo avesse reso freddo, così da non rivederlo mai più in quel modo.
Eri sempre stata pronta a difendere ciò che lo meritava più di quanto lo fossi stata per te stessa, e la sua personalità calorosa sarebbe stata in qualunque caso motivo per te di lotta. Forse era una scusa per non pensare a quanto fossi fredda tu, ma sentivi il bisogno di proteggere chi genuinamente era così diverso da te, così buono, chi era in grado di colorare le tue giornate con un solo sguardo come persone come lui erano state in grado di fare. Taehyung era quel genere di persona, nemmeno lo conoscevi ed eri in grado di ammetterlo, perché giuravi di averne conosciute tante di persone e nessuno avrebbe preso così innocentemente la cosa di andare a dormire a casa di una ragazza ubriaca. Ormai abituata al gelo della tua stessa mente, incontrare il sole in una persona ti rese almeno un po' meno indifferente
.


 

 

 


こんにちは

I really care about this chapter, grazie mille per aver letto anche le prime due parole.
Grazie per aver letto i capitoli precedenti, grazie se leggerete i prossimi, spero la storia continui a piacervi e per favore scrivete una recensione super negativa se non è così.
:)

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: aoinohjme