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Autore: Mannu    29/01/2018    0 recensioni
Mai come stavolta Veruska è convinta di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ma ormai è in ballo e deve ballare! Che le piaccia o no sarà coinvolta nuovamente in un pericoloso gioco a base di spionaggio internazionale dove nulla è ciò che sembra... oppure sì? Non ci si può tirare indietro di fronte al cupo Capitano Grimovski, agli agenti del Kaiser colmi di risentimento oppure sottrarsi agli altri giocatori per nulla intenzionati a lasciarsi beffare di nuovo.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Veruska'
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Flugzeug!
5.

Ivan Grimovski pagò il taxi e proseguì a piedi. La stagione stava volgendo al bello e la sera il mantello, sebbene fosse non di lana ma di stoffa leggera e fresca, stava diventando fastidioso. Un peccato: il più comodo mezzo per celare qualsiasi cosa decidesse di portare addosso sarebbe presto divenuto inusabile. Per via del caldo ma anche perché vistosamente fuori luogo.
Bastone da passeggio e falcata misurata, percorse un tratto della Spandauer Damm, un groviglio serpentino in lento scorrimento di autovetture private e piccoli veicoli commerciali cui era affidata la consegna delle merci ai negozianti della zona. Nè mancava l'affollamento sugli ampi marciapiedi: impettite signore strette in busti rigidi, uomini d'affari, commercianti, artigiani, giovani e graziose mamme chine sui figlioletti e prosperose e felici ragazze dalle lunghe trecce bionde che facevano la spola tra la spina della birra e i tavoli gremiti fuori dalle bierhaus presso cui lavoravano. Respinse un paio di mendicanti e un insistente ambulante deciso a vendergli lucidi orologi da taschino e carillon, sicuramente contraffatti o rubati. Un'auto di lusso si fermò davanti a lui sbuffando vapore e il lacché aprì lo sportello alla sua padrona sontuosamente vestita di pizzi e ricami. Questa presto si infilò nella lussuosa bottega di un sarto poco distante. Non lontano dominava su tutto lo Schloss Charlottenburg, magnifico e imponente. Illuminato dalla luce del sole calante pareva un palazzo fatto d'oro, o una gigantesca torta di crema decorata da pinnacoli di zucchero e coperta da polvere di cacao. Sopra di lui incrociava in lontananza un pigro dirigibile passeggeri bianco con un airone blu dipinto sugli impennaggi. Superò diverse gallerie d'arte, ristoranti, un negozio interamente dedicato al vizio del fumo e numerose edicole e parcheggi di taxi.
Finalmente giunse all'incrocio con Nithackstrasse. Fu come entrare in un'oasi ancora inviolata. Il traffico quasi cessava di esistere: una sola modernissima auto elettrica gli ronzò incontro risalendo il senso unico sfavorevole a chi dalla Spandauer Damm cercasse una via di fuga dal traffico rallentato. Isole di verde con alti alberi fronzuti agivano come barriere contro rumore, sole, polvere. L'odore del carbone e il calore del vapore, simboli del progresso tecnologico insieme allo scoccare di una scintilla elettrica, sembravano non riuscire a penetrare quella strada così vicina eppure fuori dal mondo caotico. Per il momento, almeno.
Congetturò che, com'era già accaduto in altre parti di Berlino, in altre città dell'operosa Germania e nelle città di tutta l'Europa occidentale presto ogni metro di terreno sarebbe stato edificato e coperto di case, fabbriche, strade, ponti, ferrovie, negozi e officine. C'era un gran fame di tecnologia, di progresso, di futuro. Tutte cose a loro volta affamate di energia, lavoro, forza. Il prezzo da pagare era ovunque il medesimo: fatica, consumo, sovrappopolazione. In cuor suo il capitano sperò che quel bel fazzoletto di Berlino in cui si trovava a camminare con quasi mezzo chilo d'oro distribuito in diverse tasche non dovesse vedere demolite le belle palazzine di pochi piani, ognuna caratteristica e decorata a modo suo, a favore di complessi abitativi alti, massicci, spersonalizzati. Progettati per sfruttare al massimo il terreno su cui sorgevano, ma grigi e opprimenti. La bellezza affascinante dello Schloss Charlottenburg pareva già lontana.
Giunto a destinazione non esitò a suonare il campanello. Era un bottone bianco che si offriva a lui come una perla dentro le valve una conchiglia di nero ottone ossidato. Pensò alla cameriera che sarebbe venuta ad aprirgli la porta: alta e bionda, professionale e impassibile, i lineamenti un po' angolosi che ne tradivano le origini dell'Est europeo. Appena ne avesse avuta l'occasione lo avrebbe aspramente rimproverato per quella dimostrazione di sfacciataggine. Grimovski se ne compiacque. La bella Veruska Meinhertz da arrabbiata era anche più intrigante.
Ma non accadde nulla. La porta nera, in alcuni punti offesa dalle intemperie e bisognosa di un poco di vernice, rimase chiusa. Non essendo proprio il tipo da fermarsi di fronte a una simile sciocchezza, suonò di nuovo con maggiore insistenza.
«Sto arrivando, verdammt! Che fretta c'è?»
Udì quelle parole ovattate dal generoso spessore della porta. Era di certo il dottor Haase, l'inquilino e datore di lavoro di Veruska. Doveva essere subito dietro la porta e infatti i chiavistelli e le serrature presero a scattare.
«Capitano! La pazienza è la virtù dei forti, l'ha mai sentito dire?»
Sorvolò sull'aggressione verbale. Più interessante sarebbe stato sapere come il vecchio professore fosse venuto a conoscenza del suo grado. Si rammentò che una volta aveva commesso l'errore di presentarsi in divisa: probabilmente il dottore lo aveva visto in quel frangente.
«Dottor Haase – esordì freddo indicando il bastone cui si appoggiava il professore – non dovrebbe riposare?»
«Avrò tempo di riposare più avanti. Corra a cercare la sua bella: è partita.»
Questa volta Grimovski non poté fare a meno di accusare il colpo. La notizia gli diede più fastidio di quanto volesse ammettere. Si sentì scaricato e dal momento che era stata una domestica a farlo, gli bruciava un po' di più. Com'era possibile che quella ragazza se ne fosse andata da un giorno all'altro senza un cenno, senza tradirsi minimamente?
«Partita? Per dove?» il capitano dovette ammettere di essere stato ridotto a mal partito. Da una giovane domestica. Diplomata a pieni voti, certo... ma pur sempre una domestica.
«Non offenda la sua intelligenza, capitano... e non sottovaluti la mia. Sarò forse vecchio, ma non sono totalmente rimbecillito. Non ancora!»
L'intrattabile dottore ghignava beffardo. Grimovski era solito rimettere al loro posto quelli come lui facendo fare loro conoscenza col suo pugno sinistro, ma quello non era il caso. Era successo qualcosa e a lui spettava scoprire cosa. Anziché farsi nemico il professor Haase avrebbe dovuto trovare il modo di fargli sputare fuori quello che sapeva. In fretta: ogni minuto trascorso aumentava la distanza tra lui e la sua bionda, imprevedibile spia preferita.
«Lungi dal considerarla fuori dai giochi per sopraggiunti limiti d'età, dottor Haase» Grimovski non si sentiva in svantaggio: doveva solo aspettare una nuova mano di carte, dato che la sorte non era stata a lui favorevole.
«Teufel, capitano... non è il momento di prendere tempo. Se non ci arriva lei, glielo dico io. Se lei fosse una giovane fanciulla e dovesse scappare da un cocciuto capitano d'artiglieria, che farebbe?»
Ora sì che Grimovski si sentì messo sotto. Non era solito battere in ritirata: le cicatrici che portava addosso erano muti ma convincenti testimoni del suo coraggio. Ma Herr Doktor non era il nemico.
«Danke schön» il capitano si portò il bastone dalla testa di levriero alla tesa del cappello a cilindro in segno di saluto e di rispetto. Una formalità: se il dottore che insisteva col suo sguardo beffardo e insolente avesse avuto una ventina di anni in meno, non l'avrebbe fatta franca così facilmente.
   
 
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