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Autore: White_Oleander    28/06/2009    2 recensioni
I desideri? Qualcosa di effimero. Vorremo raggiungerli a tutti i costi, però si deve prestare attenzione a ciò che si desidera, perchè tante volte non è esattamente quello che ci potevamo aspettare.
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nella sua pelle3 Capitolo 2: Tacchi, cuori e l’inizio dei guai.

Nami non aveva dovuto aspettare molto. Nemmeno cinque minuti che Zoro, cioè il suo corpo, le era apparso davanti agli occhi. E li aveva sbarrati quando aveva visto come si era conciato quel disgraziato.
Non che avesse qualche problema ad indossare jeans, ma quei pantaloncini erano troppo corti pure per lei, almeno la maglietta era una comunissima t-shirt bianca. Già s’immaginava i commenti degli abitanti di quell’isola.
C’è da precisare che normalmente se ne sarebbe infischiata, ci aveva pur fatto il callo nel corso degli anni, ma sapere che era Roronoa ad andare in giro col suo corpo non era di certo rassicurante, anzi, casomai tutto il contrario.
Spiattellandosi una mano sulla fronte pensò bene di fermare lo spadaccino che, in quinta, era partito verso il ponte. “E le scarpe?”
Roronoa produsse una risata altamente sarcastica prima di fulminare l’altra con lo sguardo. Cioè fulminò se stesso. “Non penserai davvero che io mi muova con quei trampoli.”
Il tono lugubre usato da Zoro avrebbe impietosito chiunque. Certo, sempre se la persona con cui stava parlando non fosse stata la navigatrice, che in barba a tutto lo afferrò per un polso trascinandolo in camera per poi indicargli le calzature.
“Non ci penso nemmeno.” Zoro provò di nuovo ad incrociare le braccia al petto trovando di nuovo l’impedimento che, solo dieci minuti prima, lo aveva costretto a portare le braccia lungo i fianchi. Cosa che per altro fece anche questa volta.
Ma Nami, che già si era immaginata una scenata simile, sorrise facendo sudare freddo a Zoro.
“Potrei sempre andare a fare qualche moina a Sanji-kun.” E mai frase fu più azzeccata. Non ci aveva impiegato molto Roronoa ad infilarsi quelle trappole ai piedi imprecando contro qualche dea, di cui è meglio non fare nome, tanto si sa qual è.
Con un ghigno di vittoria stampato sul volto, lo spadaccino, pardon, volevo dire Nami, nel corpo dello spadaccino, si apprestò a raggiungere la porta che li avrebbe condotti al ponte. Sbirciò velocemente appurando che tutti erano in cucina e si fiondò all’aria aperta intimando al compagno di muoversi.
Questo, sotto lo sguardo divertito di Nami, si apprestò bestemmiante a mettere un piede sul ponte rischiando di sfracellarsi al suolo a causa di quei piccoli tacchi che portava. Maledisse le navi, le scarpe, i tacchi, gli dei e pure le maledizioni stesse. Non era certo abituato a portare simili diavolerie lui, per tutti gli dei, era un uomo lui. O una donna?
“Non è difficile.” Nami di certo non badò alle maledizioni che Zoro le lanciava, anzi, cominciava a divertirsi a vederlo in difficoltà. Lei, al contrario di lui, si trovava a suo agio in quegli abiti, forse le spade erano un ingombro. Sentiva un peso alla parte destra del corpo, ma pochi minuti e sarebbe tornata nel suo di corpo, poteva sopportare. Poteva sopportare anche quella ridicola pancera verde.
S’incamminò a passo spedito verso la passerella che l’avrebbe portata a terra. Solo quando fu giunta a metà di essa si accorse di non sentire il ticchettio dei tacchi. Tornò velocemente indietro più che intenzionata a dine quattro al tonto di Roronoa, ma quando lo vide, attaccato come un polipo allo stipite della porta e con nessuna intenzione di staccarsi, provò pietà per lui. Anche se la sua vena sadica ululava di gioia.
“Va bene ho capito.” Alzando gli occhi al cielo gli porse la mano. “Attaccati a me, almeno così non cadi.”
Non se lo fece ripetere due volte Zoro. In men che non si dica si attaccò al braccio che la navigatrice gli porgeva, ignaro della strana sensazione che questa provò a quel contatto.
Titubante mosse i primi passi cercando in tutti i modi di rimanere in equilibrio. Impresa per nulla semplice, ma il sostegno di Nami, cioè del suo corpo, aiutarono l’impresa e dopo quasi venti minuti si ritrovarono a percorrere le vie della città cercando, l’uno di tenersi in piedi, l’altra di scorgere il vecchio. L’impresa fu fruttuosa per entrambi.
Trovarono il vecchio nello stesso punto del giorno prima e miracolosamente, Roronoa riuscì a non slogarsi una caviglia.
Si fissarono negli occhi per qualche minuto, poi il vecchio si decise a parlare. “Per tutti gli dei.” Sbottò alzando gli occhi al cielo cercando di trattenere le risate. Cosa impossibile dato che si mise a ridere come un pazzo attirando l’attenzione di tutti, anche di quelli all’interno delle case.
“FINISCILA DI RIDERE!” Solo su di una cosa, navigatore e spadaccino, si trovavano d’accordo. Non ne potevano più di quella situazione.
Quello cercò di trattenersi e ci riuscì per qualche secondo. Poi ristoppiò a ridere additandoli entrambi e tenendosi lo stomaco.
Si bloccò quando vide i due davanti a se lividi di rabbia.
“Perdonatemi.” Cercò di asciugarsi le lacrime con un fazzoletto. “Non credevo esistesse davvero qualcuno così stupido da beccarsi la maledizione.” E con questa infelice uscita rischiò davvero d’essere ucciso a colpi di lama. La ma che prontamente Nami levò dalle mani dello spadaccino.
“Ti ricordo che ci serve vivo.” Soffiò velenosa strappando dalle mani dell’altro la spada e riponendola nel suo fodero.
Zoro borbottò qualcosa stringendo i pugni, dato che non se ne parlava di incrociare le braccia al petto. Questione di qualche secondo e si riappiccicò alla navigatrice. Lui ed i tacchi non andavano per nulla d’accordo.
Alzò gli occhi al cielo Nami per poi puntarli sul vecchietto che ora li fissava affascinato.
“Come si fa a togliere sta roba?” Ma fu Zoro a parlare, producendo una vocina molto vicina all’isteria.
Ancora una volta la navigatrice preferì soprassedere, di certo non poteva prendere a pugni il proprio corpo anche se doveva dare ragione allo spadaccino. Anche lei era sulla soglia di una crisi di nervi. Fissò speranzosa il vecchietto.
“E che ne so io?” Proruppe quello stringendosi nelle spalle.
Fu Zoro questa volta a fermare Nami dal commettere un omicidio.
“Sentite.” Continuò poi cercando di calmarli. “La dea vuole solo la pace e l’armonia. Voi due invece avete passato tutto il tempo a litigare, ci credo che la maledizione vi abbia colpiti.” Si accorse, dallo sguardo di fuoco che i due gli lanciarono, che quella era l’ultima cosa che non avrebbe dovuto dire. “Ehm, facciamo così…” Sparì in una nuvola di fumo ricomparendo pochi secondi dopo, un libricino in una mano. “Un mio antenato diceva che per interrompere la maledizione.” E qui sfogliò velocemente le pagine fino a fermarsi su una. “Basta imparare ad andare d’accordo.” Lo disse come se fosse la cosa più semplice di questo mondo.
Di certo Nami e Zoro non la pensavano così.


“E ora?” Lo domandò più a se stesso che a Nami, Zoro.
“Non ne ho idea.” Nami guardò il compagno che con un ghigno si liberava dei graziosi sandali, graziosi solo per lei logico. “Dove vai?” Gli chiese poi vedendolo allontanarsi.
“A fare colazione, ho fame.” Rispose l’altro salendo gli scalini a piedi scalzi.
La porta della cucina si aprì all’improvviso rivelando una cascata di cuoricini rosa ed il biondo cuoco fece la sua comparsa, magicamente comparendo di fronte a Zoro, che ancora stava salendo gli scalini, esibendosi in un inchino galante.
“Mia dolce Nami-san!”
Nami, ancora all’inizio della scala, si schiaffò una mano sul volto.
Ora sì che iniziavano i guai.



  
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