Il carretto avanza, lentamente si lascia alle spalle l’oscura foresta e la nebbia sembra essere sciolta dai forti raggi di luce che iniziavano ad aprirsi varchi nella vegetazione che stava cambiando totalmente aspetto. La terra ha via , via un colorito più rosastro e vivo ed infine si ricopre d’erba, gli alberi sono pieni di foglie e vita, tutto risplende di verde, ogni foglia uno smeraldo bellissimo. Pian piano iniziano anche suoni e rumori, cinguettii d’uccelli, grilli ed infine la vita si fa vedere. Knght non riesce più a restare chiuso nelle sue domande e così si apre a quel paesaggio spettacolare che gli fa omaggio con mille farfalle colorate che gli danzano intorno e se ne vanno, un talpa lo saluta dalla sua tana e torna in casa, ed ogni altro animaletto della foresta si sporge per guardarlo. L’atmosfera rimette di buon umore il ragazzo che solo adesso si rende conto che il suo compagno di viaggio sta ancora parlando.
<< Acqua, dobbiamo cercare lo specchio della tua anima, acqua pura per i tuoi occhi, luce per guardali spendere, buio per vederli meglio! Lontani da noi brutti vermi! Non avrete mai il mio principe, l’ho trovato io! È mio! >>
Per quanto lo smemorato trovi inquietante il chiacchiericcio del ometto si limita a non rispondere, adesso che non riesce più a non ascoltare.
<< I lumaconi neppure dovranno avvicinarti! Ti proteggerò non temere! Nessuno può fare del male al vecchio Black, tutti hanno paura di me, il vecchio Jack, e poi ci vuole cibo! Tu non hai fame Knight? >> domanda avvicinandogli l’enorme espressione allegra con disgusto del ragazzo che sente un fortissimo odore di cipolla provenire dalla fauci del tipo.
<< Io.. io… >> il giovane si ritrova ancora a balbettare, il buon senso gli dice di non accettare nulla da un uomo così, ma il suo stomaco ordina rumorosamente il contrario << Beh si, ho fame. >> ammette.
<< Quasi arrivati, quasi arrivati, quasi arrivatiii >> canticchia entusiasta il conducente in modo stonato mentre i rumori della vita aumentano ancora e diventano sempre più piacevoli. Ed ecco, compare chiaro davanti a loro un piccolo laghetto ed il ruscello che l’alimenta. << Arrivati, arrivati, arrivati. >> cambia la canzone del ometto che scende dal carretto e di rifugia nello spazio chiuso del mezzo. Il ragazzo lascia perdere lo strano comportamento e si avvicina all’acqua, mette le mani a conca e beve. E beve ancora. La lucentezza del acqua lo sconvolge, lo colpisce a tal punto che la sua mente torna a vagare, chiude gli occhi, e vede altri occhi. Bellissimi, azzurri come quelli del matto ma tante e tante volte più limpidi e splendenti come l’acqua che sta bevendo, ma ecco altri occhi, scuri, cattivi, che gli portano via la visione dei precedenti con forza, violenza e crudeltà.
<< No… >> sussurra, riapre gli occhi e fissa il suo sguardo su alcuni ciuffi d’erba, la perdita di quella visione gli strige il cuore, martoriato dal non sapere da dove vengano le visioni e le sensazioni. Con grande forza d’animo il ragazzo si riscuote e si specchia nel acqua. Ecco, adesso può osservare se stesso, anche se l’immagine è increspata dai movimenti del acqua. Non riesce a definirsi bello o brutto ma ammira il volto, un ovale un po’ schiacciato, guarda il suo naso piccolo e tondetto, le sue labbra sottili e gli occhi verdi e dalla bella forma, i suoi capelli invece non riesce a capirli, sono tutti in disordine e forse un po’ troppo lunghi, con curiosità cerca un modo di sistemarli bene, ma non è mai convitto dalla posizione dei suoi ciuffi neri, rassegnato li spettina nuovamente e si stende sul prato.
<< Ecco il pranzo! >> tuonò l’ometto portando un grosso pentolone.
Entrambi si siedono sul manto verde e vivo, brulicante di insetti vivaci come coccinelle, bruchi e lumache. Mentre il tipo prepara le porzioni, Knight ammira ancora la natura del luogo, tra gli alberi intravede un cerbiatto che lo guarda anch’esso curioso, una coppia di scoiattoli gioca su un albero e persino una volpe, dall’ altro lato della sua visuale sembrava spiarlo con un certo affetto. L’armonia del luogo placa l’animo, porta serenità alla mente e favorisce il buon appetito del ragazzo che accetta volentieri il piatto, per quando il suo aspetto sia tutt’altro che gradevole. Un pezzo di carne cotta gli galleggia davanti in un liquido giallastro, l’afferra, con tutta la grazia che mangiare con le mani permette d’avere, e, seguendo la sua concezione di buone maniere si rivolge al cuoco che ha appena smesso di cantare per divorare, nel modo più simile a quello animale, il cibo.
<< Grazie per tutto quello che fate per me, sono certo che questo sia un attimo pasto. >>
Non ricevendo risposte riprova un approccio di conversazione.
<< Signore, non mi avete detto ancora il vostro nome… >>
L’ometto reagisce a queste parole guardando il ragazzo e pronunciando il suo nome tra una masticazione e l’altra << Mhuagud >> esce dalle sue labbra.
<< Scusi.. non ho capito… >> Riferisce con aria molto interrogativa il giovane, l’atmosfera è capace anche di fargli sopportare il disgusto per la sciatteria del altro.
<< Mad >> Ripete dopo aver ingoiato il boccone e un solo istante prima di aver azzannato di nuovo la carne.
<< Ah, piacere Mad! >> concluse Knight e finalmente morse anche lui la cerne.
Viscido e vivo, il sapore che sente è viscido e vivo, molto metallico. Sangue e vermi gli hanno riempito la bocca. Le creature iniziano a strisciare tra i suoi denti, il liquido rosso minaccia di entrare subito nella gola, disgusto infinito riempie il giovane, resta paralizzato un solo attimo, impossibile ignorare quel sapore.