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Autore: Urban BlackWolf    05/02/2018    6 recensioni
Può un falco forzare se stesso e rallentare per mettere in discussione le scelte fatte nonostante la sua natura lo costringa alla velocità, alla determinazione nel raggiungimento dell’obbiettivo di una vendetta?
E può una gru riuscire a proteggere con l’amore e la cieca fedeltà tutto ciò nel quale crede fermamente?
Possono due esseri tanto diversi fondersi in uno per tentare di abbattere le barriere che li separano pur solcando lo stesso cielo?
Ungheria 1950: Michiru, figlia della ricca e storica Buda, dove tutto è cultura e tradizione, lacerata tra il dovere ed il volere, dalla parte opposta di un Danubio che scorre lento e svogliato, Haruka figlia di Pest, che guarda al futuro correndo tra i vicoli dei distretti operai delle fabbriche che l’hanno vista crescere forte ed orgogliosa.
Una serie di eventi le porteranno ad incontrarsi, a piacersi, ad amarsi per poi perdersi e ritrovarsi nuovamente, a fronteggiarsi e forse anche a cambiare se stesse.
Genere: Romantico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Le Gru della Manciuria

 

 

I personaggi di Haruka Tenoh, Michiru Kaioh, Usagi Tzukino e Minako Aino apparsi in questo capitolo appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

Capitolo II

 

 

I pensieri sotto il cielo di Buda…

Buda – Distretto I, Palazzo Kaioh

 

 

Rigirandosi tra le lenzuola completamente priva di sonno, si sistemò sulla schiena fissando il lampadario di cristallo della sua camera da letto sentendosi inquieta. Michiru Kaioh si conosceva abbastanza bene per sapere quanto quello che era accaduto quella mattina nel ritrovo della voce di Buda rappresentasse una svolta. Sia per lei, che per il gruppo. Si era offerta d'iniziare un’azione di protesta all’indirizzo del Regime che avrebbe portato al rilancio di una serie di volantini sulla folla venuta a celebrare la Festa della Vendemmia. Lo aveva fatto senza pensarci su più di tanto e forse per questo, ora, all’inizio della notte, si ritrovava a chiedersi il perché di un gesto tanto impulsivo. Non era certo il timore di essere scoperta a darle pensiero, era una donna coraggiosa che sapeva spingersi oltre i propri limiti, ma cos’avrebbe pensato di lei suo padre se fosse stata fermata ed arrestata dalla polizia? Cresciuta in un paese dove il rispetto genitoriale veniva prima di tutto, Michiru non avrebbe mai e poi mai gettato fango su quello che per una figlia del Sol Levante rappresentava il fulcro della famiglia. Era perciò inevitabile che nel trascorrere di quelle ore di solitudine chiusa nella sua stanza, non si capacitasse di come non fosse riuscita a spegnere la fiamma di ardente rivolta femminista che aveva avvertito al sentir parlare gli uomini del suo gruppo. Un gesto tanto impulsivo quanto inedito per una ragazza come lei.

Sospirando si rigirò a pancia sotto afferrando il cuscino come il petto di un’amante. Adesso avrebbe anche dovuto prepararsi per una gara di corsa per lei inutile e per niente allettante e tutto per dimostrare a quei ragazzi di essere degna della loro fiducia pur se donna e mezzosangue. Amava nuotare, ma non l’atletica, il sudore, la polvere e si trovava in una di quelle fasi della vita nella quale si sentiva dannatamente fuori esercizio. Già, avrebbe dovuto allenarsi ed anche così un risultato decente non sarebbe stato scontato fino al suo arrivo. Se fosse stata una ragazza priva di aspettative, sarebbe andato bene anche il solo partecipare, ma il dramma era che da sempre possedeva uno spirito di competizione abbastanza ingestibile che nel caso specifico di una gara, non le avrebbe mai permesso di fare brutta figura. Il suo motto era sempre stato quello di partecipare per provare a vincere e non per provare e basta. In ogni cosa della vita. Su qualsiasi fronte. Per qualunque traguardo.

Avrei dovuto pensare prima di parlare, ma ormai sono in ballo e correrò come meglio posso. A papà dirò che sono stata spinta in gara da una scommessa, ma per il resto… dovrò stare molto attenta. Non voglio rischiare che s’inneschi uno scandalo a danno della famiglia o della banca pensò nascondendo il viso tra il cotone non facendo ancora i conti con gli inesorabili sensi di colpa che le sarebbero venuti nell’inanellare al genitore una serie interminabile di menzogne.

E poi c’erano quelle due ragazzine a darle pensiero. Molto pensiero. Ma come si può!? Accidentaccio! Se l'erano ritrovate davanti, strattonate dal ragazzo preposto al controllo dell’entrata, leggermente confuse per il repentino cambio della luce passata in pochissimi secondi da brillante a soffusa, vagamente intimorite, ma non più di tanto, curiose come dopo la scoperta di chissà quale mistero. E si che con tutto il materiale politicamente compromettente che erano riusciti a stampare nell’ultimo periodo, il gruppo avrebbero dovuto quanto meno essere più accorto. Eppure erano bastate due semplici ragazze poco più che adolescenti, una delle quali persino minorenne, a far saltare in aria tutta la sicurezza. Erano riuscite a seguire lei e Hairàm senza essere notate, ad infilarsi facilmente nella porta che dava accesso ai sotterranei, a svoltare l’angolo per i locali tecnici e solo li, dopo un percorso di svariati metri tra il chiaro oscuro della luce solare che ancora riusciva a filtrare attraverso le bocche di lupo incastrate tra il solaio e la parete perimetrale della struttura, erano state intercettate dalla “sentinella”.

“Razza di stupido! Si può essere più sconsiderati?” Borbottò con le labbra soffocate dalla stoffa all’indirizzo del loro fantasmagorico palo.

Non appena Minako e Usagi avevano finito di essere interrogate da Hairàm sul perché e per come si trovassero in un luogo tanto “fuori mano”, era risultato chiaro il loro essere innocue. Ma comunque e nonostante la buona fede da loro dimostrata La voce di Buda adesso aveva un problema in più e questo era rappresentato da due biondine che non sarebbero mai dovute venire a conoscenza dei loro piani, ma che di fatto avevano intuito tutto perfettamente. Ma la cosa non era finita li. Quelle due ragazze nate e cresciute nella zona centrale del secondo distretto, che ad un primo sguardo potevano benissimo passare per due svampitelle di buona famiglia, erano in realtà le figlie di uno degli uomini più illustri della città. Non appena Adam aveva sentito il cognome Aino, aveva emesso un forte fischio iniziando a scuotere la testa in segno d'incondizionato assenso.

“Niente di meno che le figlie del grande Ferenc Aino, uno dei comandanti che combatté fino allo stremo per evitare la caduta di Budapest alla fine della guerra!” E Michiru, che aveva vissuto quel conflitto sotto un'altra bandiera, aveva visto negli occhi di tutti i suoi compagni una scintilla d'orgoglio nazionale che l’aveva preoccupata e fatta sentire, se possibile, ancora più emarginata.

Forse sono troppo allarmista, ma dovremmo prestare più attenzione a come ci muoviamo. La ÁHV ha ramificazioni ovunque, inclusi i licei e le accademie. Ma da questo orecchio Hairàm sembra proprio non volerci sentire. Chi ci garantisce che dietro il nome di quel generale non si nascondano delle spie? Mettendosi seduta sul letto Michiru affondò le dita tra i capelli ravvivandoli. Il dormire era reso ancora più difficile dal ricordo della conversazione avuta con le sorelle Aino una volta deciso che sarebbe stato più saggio riportarle a casa.

La macchina guidata dal signor Takaoka, richiamato da una telefonata fatta al volo da una delle cabine telefoniche poste nell’ingresso della Facoltà di Economia, aveva percorso lentamente le strade del secondo distretto, mentre tra le tre ragazze era andata consumandosi una conversazione per Michiru allucinante.

“Kaioh, non prendertela a male, ma devo dirtelo… tralasciando la scarsa sicurezza del vostro ritrovo, il vostro gruppo non mi sembra poi così affiatato come dovrebbe.” Aveva improvvisamente detto Usagi guardandola sicura.

“Usa fa silenzio!”

“Mina... è vero!”

Dilatando gli occhi, Michiru aveva guardato la più giovane schiudendo leggermente le labbra.

“Non… non capisco a cosa tu voglia alludere. Siamo un gruppo di studenti come ce ne sono tanti.”

“A certo... per studiare, preparare esami e ridere spensierati fuori dai caffè… , ma per divulgare quello che volete divulgare non basta, te lo assicuro…”

“Cosa…”

"Ti prego di non offenderti per le parole di mia sorella, ma vedi Michiru, se nelle vostre intenzioni ci dovesse essere una matrice politica a danno dell’attuale governo, bè è consigliabile che vi muoviate con maggior prudenza di quella dimostrata oggi e comunque in maniera più coordinata.”

Michiru aveva così compreso che di fronte a quelle due ragazze, nate e cresciute in un ambiente militare e fortemente populista, non avrebbe mai potuto “giocare sporco”. Minako, dall’aria superficiale e frivola e sua sorella Usagi, buontempona ed innocente, nascondevano un qualcosa di molto più segreto di un semplice pacco di volantini. La freddezza nel rispondere della più grande e la lucida semplicità che traspariva da ogni fibra del corpo della più piccola, lasciavano in Michiru una serie di pesanti domande. Chi erano in realtà quelle due e cosa nascondevano dietro la normalità delle loro vite?

Afferrando la vestaglia ed alzandosi dal materasso, perse lo sguardo agli arabeschi del tappeto accanto al letto quasi del tutto nascosti dalla semi oscurità. E non avevano dimostrato paura o soggezione neanche per l’autorità sprigionata da un tipo come Hairàm. Guardandosi intorno ancora stretta per un braccio, Usagi gli aveva sorriso come se fosse stato un vecchio compagno di giochi e quando lui aveva iniziato a sommergerla di domande, lei aveva risposto candidamente ammettendo che nessuna delle due avrebbe mai fatto parola con chi che sia di quel nascondiglio “segreto”.

“Usagi..., devo ammettere che hai avuto un gran coraggio questa mattina a parlare così schiettamente al leader del nostro gruppo.” Aveva confessato Michiru mentre la macchina correva verso la loro abitazione.

"Grazie e a tal proposito vorrei che tu mi togliessi una curiosità. Perché è quel ragazzo ad essere il capo e non tu?” E ancora quel modo di guardare le persone come se riuscisse ad intravedere in loro chissà quale scrigno meraviglioso.

Già, perché? “Non sono un leader e non voglio esserlo. Mi basta che le mie idee vengano rispettate e giudicate per la loro valenza.” Aveva confessato con un po’ di sforzo guardando fuori dal finestrino i palazzi in stile Liberty tipici di quella parte di città.

“Vedi Michiru, mia sorella Usagi può anche essere una piagnucolona alle volte anche troppo infantile, ma ha il grande dono di capire immediatamente di quale pasta siano fatte le persone. Chiamalo intuito o… sesto senso se vuoi, ma se afferma che dentro di te batte il cuore di un leader, allora ti consiglio di darle ascolto.” Aveva ammesso Minako lasciandola ancora più spiazzata.

Una volta arrivate davanti alla piccola villa dove risiedeva la famiglia Aino, la ragazza più grande le aveva salutate raccomandandosi per l’ennesima volta di non far parola con nessuno di quello che avevano visto e compreso, ed accomiatandosi da loro si era fatta riportare a casa desiderosa di potersi finalmente congedare dalle preoccupazioni della giornata suonando qualche brano con il suo violino.

“Oggi il mettere l’archetto sulle corde non è servito a nulla, vero Michiru?!” Si disse stringendosi la cinta della vestaglia alla vita andando alla finestra per aprirla e lasciar passare cosi' un po’ d’aria.

La brezza notturna invase quasi nell’immediato la stanza, mentre lei prendeva ad inalarla lentamente. Grazie al cielo il signor Takaoka era un uomo più che affidabile e non avrebbe mai rivelato ad Alexander la conversazione che a larghi tratti aveva sentito tra le tre ragazze, come tutto quello che nei mesi precedenti aveva scoperto della figlia del suo padrone.

Perdonami papà, non vorrei mentirti sempre, ma non credo che riusciresti a capire quanto male io provi giornalmente nel sentirmi tanto diversa dagli altri e perdendo lo sguardo alla parte bassa di una dormiente Buda, scorse le luci della sua gemella; la caotica e rumorosa Pest.

 

 

i sogni sotto il cielo di Pest.

Pest – Distretto VI, Casa Tenoh.

 

Sentendosi le spalle indolenzite Johanna sgrullò le mani ancora parzialmente insaponate afferrando poi il catino per rovesciare l’acqua nel lavabo. Era stanca, ma tutto sommato si sentiva soddisfatta, sia per la cena preparata a quei due lupi con lo stomaco senza fondo del padre e della sorella, sia per l’aggiudicazione della commessa. Da li in avanti avrebbero dovuto lavorare come forsennati per cercare di rispettare l’organigramma che sarebbe stato imposto loro dal Ministero dei Trasporti. Non avrebbe avuto più il tempo per far nulla; vedere i suoi amici, studiare, frequentare o sostenere gli ultimi esami che le sarebbero serviti per l’agognata laurea alla quale il padre teneva tanto. In pratica sarebbe rimasta segregata in fabbrica con un genitore ed una sorella completamente fuori fase.

Dal carattere simile, Jànos ed Haruka non reggevano la pressione e non sarebbe trascorso molto tempo prima di un’epocale trasformazione, neanche tanto figurata, in due leoni stretti nella medesima gabbia.

“Sei stranamente silenziosa questa sera.” Johanna avvertì la voce profonda del sua apa provenire dalla poltrona del soggiorno sulla quale sedeva ogni sera dopo aver mangiato per fumare la sua pipa, leggere il giornale cittadino ed ascoltare un po’ di buona musica alla radio.

“Stavo solo pensando che non appena entreremo nel piano dei lavori, tu e Ruka inizierete a punzecchiarvi.” Asciugandosi al canovaccio lo sentì ridere.

“E’ un modo come un altro per stemperare la tensione.” Ammise aspirando a pieni polmoni. Il giornale parlava della loro “vittoria”. Un articolo in terza pagina con nel mezzo il disegno di come sarebbe stato il ponte dopo l’inaugurazione.

“Magari lo sarà per voi, ma per tutti quelli che vi stanno intorno un po’ meno… Ruka di grazia, quando intendi finire di sparecchiare?” Chiese con voce sostenuta non immaginando che con la voglia di leggere la prefazione di un libro di testo abbastanza importante, riscaldata dal vino bevuto a cena ed abbattuta dalla stanchezza di quell’esaltante giornata, la bionda aveva adagiato la testa alle braccia intrecciate sulla tavola perdendosi nel sonno.

“Credo che il cucciolo sia crollato Johanna.”

Affacciandosi alla porta lei sospirò stirando le labbra. “Ne conosce sempre una più del diavolo per evitare di entrare in cucina.”

Andandole vicino se la guardò scuotendo la testa mentre le accarezzava la frangia.

“E’ stato un giorno lungo, porta pazienza figliola.”

“Mmmm… lo è stato per tutti. Tendi sempre ad essere troppo indulgente con lei apa.” Lo rimproverò bonariamente.

In effetti la sorella non dava mai o quasi una mano in casa e toccava sempre alla maggiore fare tutto, ma era pur vero che Haruka si spezzava la schiena al lavoro ed era sempre china sui libri.

Se non ti volessi tanto bene finirei con l’ucciderti nel sonno, zucca vuota, pensò afferrando il paniere e la bottiglia di vino vinta da quel sentimento di protezione che aveva sempre manifestato per la sorella e che era andato acuendosi dopo la morte della madre. Avrebbe fatto qualunque cosa per lei e negli ultimi anni lo aveva dimostrato cercando di farle da esempio, dilatando i suoi tempi di permanenza universitari pur di permettere alla minore di finire il liceo, di fare apprendistato in fabbrica dietro ai migliori tecnici della CAP e di studiare per entrare alla BME con la soddisfazione di una buona borsa di studio che avrebbe sgravato le spese della casa. Non se ne pentiva Johanna e non lo avrebbe mai fatto, perché l’avere Haruka per lei era la cosa più importante del mondo e lo aveva capito sin da quella fine di gennaio di venti anni prima, quando dopo giorni di vero terrore dove per causa di una nascita prematura aveva rischiato la vita, la secondogenita di Jànos aveva battuto ogni nefasta previsione medica sopravvivendo e riuscendo finalmente ad uscire dall’ospedale. Da quando aveva saputo che sarebbe diventata una sorella maggiore da una madre trepidante ed un padre in completo brodo di giuggiole, Johanna aveva cercato infantilmente di opporsi in tutti i modi alla cosa, arrivando persino a salire sul tetto della loro casetta a schiera per gettare nel panico mezzo quartiere pur di urlare a squarcia gola a tutto il mondo che MAI avrebbe accettato la cosa. Poi, dopo tanti tira e molla e compromessi di ogni genere, quella bambina di quattro anni aveva dovuto piegarsi al fatto che non avrebbe più avuto una stanza tutta sua e l’amore esclusivo dei genitori ed attendendo seduta con il nonno sulle scale di casa l'arrivo di quel mostro usurpatore, aveva rimuginato vendetta fino a vedere la macchina di Jànos far capolino dalla strada. Ma una volta che l'auto si era fermata davanti al civico e la madre ne era uscita stringendo al seno un ammasso di coperte, era bastato uno sguardo, una manina tesale da quel fagotto con quattro capelli chiari messi in croce e gli occhi verdi più grandi che avesse mai visto, a fregarla per tutto il resto della sua vita. Da quel giorno Johanna Tenoh sarebbe stata lo scudo dell’altra, o almeno ci avrebbe provato con ogni stilla di forza posseduta.

“Si, ma cascasse il mondo domani sera mi darai una mano.” Minacciò mentre la bionda muoveva impercettibilmente le palpebre ormai catturata da uno stranissimo sogno.

Il Danubio scorreva lento come sempre e lei lo guardava ferma ritta in piedi con le braccia dimenticate lungo i fianchi. Il vento soffiava leggero, mentre i lampioni dalle grandi sfere vetrate illuminavano la pavimentazione cadenzando le banchine d’attracco con una vaga luce ambrata. Tutto intorno a lei era intrisa da una strana aria innaturale fatta di colori a tinte blu e verdi. Era notte, il cielo illuminato a “giorno” da una luna quasi del tutto formata. Di fronte, dalla parte opposta della riva, addormentato, il primo distretto di Buda ed alla sua sinistra un ponte a tripla arcata, strallato e completamente forgiato nell’acciaio.

Gonfiando il petto riconobbe in quelle linee il lavoro di mesi. Tenendo sempre fisso lo sguardo su quell’opera imponente, iniziò ad avvicinarsi alla spalla e man mano che avanzava, lui diventava sempre più maestoso, tanto che arrivata a varcare con il passo l’asfalto della prima campata, un brivido le sferzò la pelle costringendola a fermarsi e ad alzare la testa sui cavi e poi oltre; al cielo. E nel cielo lo vide. Un falco dal volo nervoso, scendere per poi risalire più volte tra il ferro della struttura. Sorridendo tornò a camminare seguendolo e muovendo il collo come ipnotizzata. A destra, poi a sinistra per poi tornare nuovamente a destra, in alto, in basso. Rimase a guardarlo per interminabili istanti per poi intravedere il sopraggiungere un altro uccello, di gran lunga più grande del rapale. Placido si avvicinò così tanto che Haruka riuscì a vederlo abbastanza bene, ma non a riconoscerlo. Completamente diverso dall’altro, sia come stazza, colore, e forma, sia per il comportamento di un volo lento e lineare, si affiancò al più piccolo iniziando a percorrere assieme un tratto della volta celeste. In un primo momento il falco sembrò non gradire la sua vicinanza, scattando e modificando più volte traiettoria come a volerlo seminare, ma indomito, l’altro continuò a seguirlo sbattendo sicuro le ali.

Haruka riuscì a seguirli sino a quando non scomparvero verso le mura del castello di Buda.

 

 

Patti notturni

Buda – Distretto II, Villa Sàrin.

 

“La cena è stata deliziosa signor Sàrin. Vi ringraziamo ancora per l’invito.” Sbrodolò Nagyry alle spalle di colui che era il Ministro dei Trasporti e perciò una delle personalità di spicco del parlamento ungherese.

“Sono lieto che vi sia piaciuto il pollo alla paprika. E’ un sapore che non tutti apprezzano.” Condendo la risposta con una fragorosa risata invitò Andràs ed un taciturno Alexander nel salottino che si apriva accanto alla camera da pranzo, dove il conforto di un ambiente di buon gusto, due divani con comode sedute in velluto blu e rosso ed una bottiglia di Cognac, li stavano aspettando per concludere la serata.

Il signor Sàrin aveva voluto dalla Kaioh Bank tutte le garanzie possibili sulla commessa vinta dalla CAP e gli altri due gliele avevano date convincendolo che quell’apparente azzardo finanziario per il Ministero dei Trasporti non sarebbe stato tale.

“Sia che l’organigramma imposto alla C.A.P. venga rispettato o meno, il Ministero non avrà problemi se firmerà la clausola contrattuale che vi stiamo prospettando.” Aveva azzardato Nagiry durante la cena attirandosi contro lo sguardo stupito dell’uomo e quello non certo accondiscendente di Alexander.

Ovvio che sarebbe stato vantaggioso. Estremamente vantaggioso. Se infatti la costruzione del ponte fosse proceduta nel rispetto della tempistica, lo Stato avrebbe avuto il guadagno di avere un nuovo collegamento tra Buda e Pest, ma se nelle più disgraziate ipotesi questo non fosse accaduto, la Kaioh Bank si sarebbe rivalsa sulla CAP chiedendo la restituzione immediata del prestito con i relativi interessi ed una quota parte di questo voluminoso giro di denaro sarebbe stata versata nelle casse del Ministero dei Trasporti. Azione finanziaria questa, che ad Alexander non piaceva per niente.

Con quella che dalla fine della guerra era diventata una prassi consolidata in tutto il paese, mai del tutto ammessa, ma di fatto torbidamente in uso per qualsivoglia opera pubblica, per ottenere il permesso di prestare a terzi somme di una certa importanza, le banche private dovevano a loro volta sottoscrivere con lo Stato un contratto che tutelasse quest’ultimo in caso di problematiche. Una sorta di “indennizzo” o “tassa ombra” che andava ad arricchire le alte schiere del potere a danno degli stessi istituti di credito, che guadagnavano si, ma fino ad un certo punto.

“Il contratto che mi avete fatto vedere tra la CAP e la Kaioh Bank è molto dettagliato e non lascia clausole interpretative. - Disse il ministro versando il liquido in tre Ballon mentre gli altri due andavano a sedersi su uno dei divani. - Per quanto riguarda invece noi e voi, avrei piacere di rivedere la percentuale in caso di un fallimento della Cooperativa.”

Alexander evitò di sorridere. Erano stati sufficientemente generosi a concedere il trenta percento, ora quell’individuo voleva portare ulteriore acqua ai padroni che stavano gestendo da anni il paese.

Non guardando neanche Nagiry, Kaioh parlò saltando preamboli inutili e chiedendo direttamente a quale percentuale il politico avesse pensato.

“Il quaranta. Mi sembra giusto e decoroso per il nostro Stato.”

No, per Alexander non era ne giusto, ne decoroso, perché quel denaro sottratto con una scrittura privata alla sua banca non sarebbe andato al popolo, ma al Regime e ai maiali che grufolavano nel gran calderone della corruzione interna. E’ vero, lui era un banchiere e come tale si era arricchito sugli altri, ma aveva sempre cercato di venire incontro ai suoi creditori o ai risparmiatori, usando i tassi d’interesse più bassi del paese.

“O su andiamo signor Kaioh non fate quella faccia, lo sappiamo tutti che in un piatto dove si mangia in uno, con un po’ di buona volontà ci si può mangiare anche in due, no?”

Nagiry rise, ma ad Alexander parve un’uscita completamente fuori luogo. Fissando serio il Ministro abbassò la percentuale al trentacinque attendendo. Gli stava scoppiando la testa già dalla prima forchettata ingoiata in quella disgustosa serata e non aveva certo voglia di contrattare come se fossero stati in una casba. Conosceva benissimo la CAP e credeva cecamente nelle sue potenzialità, ma anche se sicuro che la cooperativa guidata da Jànos Tenoh sarebbe riuscita a portare a fine la commessa non facendo intervenire le rivalse contrattuali della sua banca, se disgraziatamente si fosse palesato uno slittamento nella consegna del cantiere, non avrebbe comunque dato la soddisfazione a Sàrin di mangiarsi una “fetta di torta” tanto grossa.

Porgendo i bicchieri agli ospiti per poi afferrare il proprio, il padrone di casa, uomo corpulento dalla testa quasi del tutto stempiata degna incarnazione del politico medio, rise prendendo posto davanti ai due. “Signor Kaioh, signor Kaioh… quanta arroganza in un uomo che per il nostro paese non ha neanche indossato una divisa.” Colpì convinto di ferire.

“La nostra banca non è solita trattare percentuali tanto importanti, ma per il Ministero potremmo sempre fare uno strap…”

“Nagiry!” Lo bloccò Alexander piatto.

Non scomponendosi accavallò le gambe iniziando a far roteare leggermente il bicchiere panciuto rispondendo alla frecciata dell’altro con altrettanta sagacia. “Non si tratta di arroganza Ministro, ma di affari. Converrà con me che quello che stiamo stipulando fra noi non può certo considerarsi un accordo… cristallino.”

“O su via, non vorrete venirmi a dire che in caso di rivalsa su quella cooperativa di Pest, per una tale percentuale la Kaioh Bank andrebbe fallita?”

“Non sto parlando di soldi, ma del buon nome del nostro governo. Ministro cosa accadrebbe se le condizioni del nostro innocente sodalizio economico dovessero uscire fuori da queste mura? - Lo vide dilatare gli occhi continuando con una calma ferale. - Gli schieramenti politici più liberali non sarebbero contenti di avere la certezza che tra le banche private e lo Stato ci siano certi accordi, soprattutto con i tempi che corrono…”

Concluse sapendo che se ci fosse stata una qual si voglia fuga di notizie, in quanto ente pubblico sarebbe stato il Ministero dei Trasporti ad uscirne maggiormente colpito e non certo una banca come la sua. Da calabrone a farfalla l’altro si ritrovò punto sul vivo e stizzito trangugiò il distillato gettandoselo nella gola.

“Signor Sàrin non prendetevela a male, ma…”

Cercò improvvisamente di mediare Nagiry.

“Ho inteso perfettamente. Comunque, il Ministero del quale sono un umilissimo servitore mi ha dato carta bianca perciò credo che per evitare di rovinare questa piacevole serata... accetterò la vostra proposta.”

Andràs sembrò sollevato mentre diventato un viso di pietra completamente inespressivo, Alexander si portava il vetro alle labbra iniziando a sorseggiare il liquido. Anche se l’aveva spuntata con una sottilissima stoccata non sentiva di aver vinto. Al mal di testa andò a sommarsi quasi nell’immediato un velato senso di nausea. Spero che tutto questo teatrino non serva, Jànos pensò guardando l’orologio da polso facendo intuire agli altri due la sua intenzione di chiudere li la serata.

Venti minuti più tardi erano entrambi seduti sul sedile posteriore della macchina guidata dal fidato Takaoka diretti verso le rispettive abitazioni. Nagiry era entusiasta anche se Alexander non se ne spiegava il perché. Da azionista di minoranza avrebbe certamente osservato tutta l’evoluzione del cantiere del ponte, ma sarebbero state quelle di Kaioh tutte le firme su qualunque documento redatto.

“Mi sembrate taciturno Alexander.” Se ne uscì mentre il mezzo imboccava una strada secondaria.

Era vero, perché parlare se non sentiva di avere nulla da dire?

“Devo ammettere che sono abbastanza soddisfatto di come siamo riusciti a condurre in porto l’affare. - Continuò azzerando la pazienza dell’altro. - Non abbiamo mai allacciato rapporti con un Ministero tanto importante.”

Siamo riusciti? Pensò Alexander stirando stancamente le labbra.

“A proposito Andràs… non ho gradito la prontezza con la quale eravate disposto a cedere all’offerta fattaci dal signor Sàrin. Ricordatevi che il responsabile, nonché titolare della Kaioh Bank sono io e spetta sempre e solo a me l’ultima parola. In qualunque affare. Per qualsivoglia importo. Spero che da oggi in avanti lo terrete a mente.”

Rimanendo di sasso Nagiry contrasse la mascella. Erano più di dieci anni che lavoravano insieme e mai sodalizio lavorativo era stato più squilibrato. Iniziava però a non tollerare più di essere relegato al semplice ruolo di comparsa.

Spostando lo sguardo alle abitazioni che stavano correndo lungo la parte ovest del secondo distretto, Alexander pensò con rammarico che vista l’ora per l’ennesima volta non avrebbe potuto dare la buona notte alla sua dolce bambina. Michiru era ormai una donna fatta e non necessitava ne richiedeva più da tempo coccole o abbracci, ma nonostante questo, ogni qual volta non riusciva a rincasare per tempo, come padre si sentiva in difetto.

Scorgendo distrattamente una piccola villa dal tetto grigio verde e dal giardino curatissimo lasciò che i pensieri volassero al passato, non potendo neanche lontanamente immaginare che proprio al secondo piano di quella che era la casa della famiglia Aino, in quel momento due ragazze stessero parlando proprio della sua Michiru.

“Forse non avremmo dovuto esporci tanto con Kaioh. Mi da l’impressione di essere una ragazza molto intelligente e potrebbe arrivare a capire cose di noi che per adesso è meglio che non sappia.” Altri due colpi di spazzola ai suoi lunghissimi e lucenti capelli biodi e Minako abbandonò l’oggetto sul piano del comò da bagno.

La sorella minore fece altrettanto. “La colpa è stata mia Mina, scusa. Non avrei dovuto dire quello che ho detto al ragazzo che ti piace, ma converrai con me che quel branco di universitari sono davvero degli incompetenti.”

“Anche se quel leader approssimativo è e rimane un grandissimo bel pezzo d’uomo, non chiamarlo il ragazzo che ti piace, ha un nome ed un cognome; Hairàm Ferhèr. Comunque non divaghiamo.”

“Non sto divagando. Di tutti i gruppi studenteschi contrari al Regime, La Voce di Buda mi sembra quello meno organizzato e più facilmente sopprimibile.”

Rimanendo seduta su uno degli sgabelli presenti nel loro bagno mentre l’altra si alzava dal suo per andare verso la porta che dava accesso alla sua camera, Usagi sorrise tristemente chiedendo se avebbero dovuto iniziare a seguire solo Michiru o tutti i componenti del gruppo.

“Per adesso sarà meglio agire a largo spettro cercando di farci accettare, poi non appena riusciremo a capire che potenzialità hanno, decideremo se e come agganciare Kaioh. Ci muoveremo con circospezione Usa, anche se credo tu abbia ragione sai; è un gruppo facilmente sopprimibile.”

 

 

 

NOTE: Ciau, scusate il ritardo, ma ho avuto un periodo un tantino impicciato.

Le ultime frasi aprono scenari leggermente “oscuri”. Chi sono queste due ragazzine? Stanno solo “giocando” a fare le Mata Hari o nascondono qualcosa di veramente misterioso?

Nel prossimo capitolo assisteremo al primo incontro tra Buda e Pest e credo che sarà abbastanza particolare.

A prestissimo.

   
 
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