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Autore: KomadoriZ71    06/02/2018    0 recensioni
{ Ivan & Max ─ Hardenshipping } "Erano passati due anni dal giorno in cui Max si era arruolato nel Team Rocket, la vita nel campo di addestramento non era stata come se l'era immaginata, gioiosa e ricca di sorprese sempre più intriganti. Il giovane dai morbidi capelli rossi lasciava a malincuore la postazione attuale, adorava stare in un ambiente in cui si sentiva a casa e, la regione di Johto, si era dimostrata più volte come una zona dai paesaggi mozzafiato, caratterizzata da città dalle tradizioni piuttosto interessanti. Max aveva già deciso di tornarci per finire di esplorarla, magari durante la pensione.
Mancava poco allo scoccare della mezzanotte e il rosso era seduto sulla sedia della scrivania, la luce tenue della lampada illuminava un album stracolmo di fotografie e ricordi, il quale raccontava la sua esperienza all'interno del campo Rocket. [...] Le pagine scorrevano velocemente sotto le dita snelle, la sua mente tornava indietro nel tempo, un sorriso nostalgico comparve sul volto e ciò lo trascinò a sospirare. Aveva fatto un cambiamento radicale dal primo giorno, secondo i suoi amici era sbocciato come un bocciolo di rosa, adesso si poteva considerare un vero uomo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Ivan, Max (Team Magma), Nuovo personaggio, Team Rocket
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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cinque

Capitolo Cinque.


-
Oltre la prima impressione.






« Galleggiava nei suoi pensieri, sospinto dal vento della malinconia.
Ogni tanto si immergeva in qualche ricordo e poi risaliva a prendere aria.
In quella notte stupenda che aveva un solo difetto: non era fatta per stare da soli.
Ci vollero quattro bicchieri di rum per sciogliere il groppo alla gola e un quinto per far scivolare la testa
sul lato della poltrona e chiudere gli occhi.
Dopo aver mandato a fare in culo il mondo intero. »


» La pietà dell'Acqua, Antonio Fusco


ivan && max



Le ore trascorrevano rapide mentre Ivan si divertiva insieme ai suoi compagni: ballavano al ritmo della musica sparata a tutto volume, bevevano così tanto alcool da avere la vista 
offuscata. Quando si avvicinò il momento di mangiare, ogni invitato lasciò la pista da ballo e si parcheggiò attorno ad uno dei tre tavoli per ingozzarsi di cibo spazzatura.
Ivan non era il personaggio che adorava mangiare, si sentiva soffocare se passava un minuto in più a tavola, ma le danze e l'alcool gli avevano messo addosso una fame da lupi, quindi spizzicò volentieri un po' di patatine fritte con ketchup, oppure dei piccoli panini imbottiti.
Davvero ottimi.
Ivan era concentrato sulla cena, però si ritrovò a chiacchierare con cinque dei nuovi arrivati, risultò faticoso parlare e masticare. Erano dei ragazzi molto gentili, educati e intelligenti, non volevano fare niente di male se non complimentarsi per il discorso, oppure per il motto che aveva recitato a memoria. Avevano elogiato con parole complicate Tentacruel, il Pokémon che si era intromesso all'improvviso e che l'aveva accompagnato durante la conclusione della cerimonia. Ivan era al settimo cielo davanti alle lusinghe, era contento di aver fatto una buona impressione.
Inghiottì velocemente ogni boccone per terminare il pasto, recuperò qualcosa da bere e si accostò alle nuove reclute per rispondere alle domande, passò diversi minuti a spiegare che, a festa finita, li avrebbe riuniti per accompagnarli negli unici alloggi rimasti liberi. In un secondo momento, si preoccupò di avvertirli sul modo di vivere all'interno del Rifugio: alcuni partivano per raggiungere stabilimenti diversi, altri restavano e dovevano gestire al meglio il Casinò, svolgere attività nei laboratori, prestare servizio nelle cucine per dare una mano al cuoco, oppure rispettare il turno delle pulizie.
Alla fine dell'interminabile chiacchierata i cinque si congedarono, sorridevano soddisfatti mentre raggiungevano la pista da ballo; Ivan intanto aveva la gola che bruciava, era sul punto di recuperare un'altra birra per raggiungere Gerardo, ma si presentò un trio dall'aria piuttosto bizzarra e i suoi piani andarono in fumo.
La pazienza di Ivan era messa a dura prova quella sera, ma si bloccò con il sorriso perché il lavoro veniva prima delle comodità, così rinunciò all'idea del bicchiere d'alcool e scrutò i novellini rimasti: c'era una ragazza dai capelli blu raccolti in una coda di cavallo, il fisico era piuttosto asciutto e privo di curve femminili e, un enorme paia di occhiali, le invadeva il viso. La seconda donna era l'opposto della prima, un po' grassottella e con il seno che a momenti esplodeva sotto alla divisa nera, capelli biondi e mossi che teneva sciolti, pelle olivastra da cui proveniva un ottimo profumo e occhi verde smeraldo.
Ivan era sul punto di attaccare bottone con le due femmine, quando gli si piazzò davanti il terzo elemento. Era un maschio questa volta e, l'espressione che teneva in volto, non pareva la più amichevole del mondo. Il corpo del giovane scienziato era snello e la sua pelle era di uno strano pallore, secondo Ivan a quel tizio gli serviva una vacanza al mare, magari si sarebbe abbronzato un po'. Il viso della recluta era squadrato e dai lineamenti marcati, occhi scuri e abbondanti capelli rossi che teneva ben pettinati sotto al cappello, ma trattenuti da un delizioso codino sulla nuca.
«Ciao» esclamò Ivan con il sorriso, guardando lo scienziato.
«Buonasera» commentò.
Ivan a quel punto capì che doveva andarci piano con lui, perciò avvicinò la mano alla sua e cercò di essere il più cordiale possibile: «Il mio nome è...»
«Non mi interessa» lo strano tizio lo bloccò subito, non aveva sciolto la posa per rispondere al saluto. Braccia intrecciate dietro alla schiena, schiena dritta come se fosse un soldato ben addestrato e sguardo privo di emozioni.
Quel novellino poteva essere classificato come il fratello minore di Ariana, magari aveva la possibilità di arrivare alla famigerata divisa bianca, sempre se continuava ad affrontare la routine del Rifugio con quello spirito di iniziativa. «Sei il nostro tutore, mi basta sapere questo»
Ivan si limitò ad annuire, poi afferrò il bicchiere: «Va bene, come preferisci».
«Sono qui per presentarti le mie colleghe, sono Dana e Leila» iniziò a parlare il ragazzo, poi indicò le due donne alle sue spalle per presentarle. «Adesso posso andarmene, non voglio perdere tempo. Però sii gentile con le mie amiche, solo perché sei il tutore non significa che puoi abusare del tuo compito» e detto ciò il ragazzo dai capelli rossi si congedò, Ivan allora si girò appena e lo guardò mentre camminava in un punto impreciso della stanza.
Poi sospirò e tornò dalle due donne.
Doveva essere forte, non tutti erano buoni e gentili lì dentro.
«Scusalo...» commentò la biondina e si sistemò un ciuffo di capelli, lei doveva essere Leila. «Il nostro amico non è proprio il massimo, però c'è del buono in lui. Basta solo avere pazienza, con il tempo si scioglierà un po'»
«Non è il primo che mi parla in quel modo, perciò non preoccuparti...Leila, vero?»
«Esatto, hai capito bene, lei invece è Dana. Ma io la chiamo Primula» esclamò la ragazza, poi Dana si presentò con il gesto veloce della mano.
La piccoletta aveva il viso cosparso di rossore, evidentemente era troppo imbarazzata per aprire bocca. «Molto lieto di fare la vostra conoscenza, voi siete le uniche donne che hanno passato l'esame. Non è forse così?»
«Certo, siamo felici di essere qui al Rifugio dei Rocket»
«Tutti lo sono all'inizio, Leila, poi con il passare dei giorni cambiano idea e chiedono un permesso per essere trasferiti altrove» raccontò Ivan e scoppiò a ridere, nell'attimo dopo si preoccupò di riempire due bicchieri per le ragazze. «C'è veramente molto lavoro da fare qui dentro, ma Giovanni dona alle fanciulle dei compiti un po' più leggeri. Spero che non vi dispiaccia, non siamo dei maschilisti, è solo che alle donne concediamo incarichi dove è più utile usare il cervello»
Leila annuì soddisfatta e afferrò i due bicchieri, poi passò il secondo calice a Dana che si rifiutò di ingerire dell'alcool. «Io sono pronta a lavorare, non sono la donna che teme di spaccare pietre sotto al sole. Mi considero una tutto fare»
«Ne sono felice» Ivan tornò a ridere, già adorava Leila e non vedeva l'ora di passare del tempo con lei. «E noi abbiamo bisogno di donne così. E tu Dana? Cosa preferiresti fare qui dentro? Magari posso mettere una buona parola per te, è il mio compito quello di aiutarvi»
«Io...» esclamò la ragazzina dai capelli blu, che abbassò lo sguardo e si schiarì la voce con un leggero colpo di tosse. Era ancora imbarazzata, però sembrava sul punto di sciogliersi. «A me ecco...Piace molto stare a contatto con i macchinari, sono la mia principale passione»
Ivan si piazzò davanti al tavolo e piantò in asso la birra, versò un po' di succo alle bacche dentro a un bicchierino di plastica e lo passò a Dana. La guardò con il sorriso per incoraggiarla, la trovava veramente carina e aggraziata in ogni movimento, anche se in quell'attimo sembrava più paralizzata dalla vergogna. «Non tutte le ragazze sono attratte da quel genere di cose, ma non significa che sia negativa la tua passione»
«Grazie» sussurrò lei e mostrò un sorrisetto compiaciuto, recuperò l'oggetto dalle mani di Ivan e sorseggiò liquido fresco.
Poi restò in silenzio e si trovò un angolo abbastanza appartato, non era dell'umore giusto per discutere con qualcuno, così Leila tornò a parlare come se niente fosse accaduto.
«Ancora non sappiamo il tuo nome, lo vuoi forse tenere nascosto?»
«Ivan» si presentò a quel punto.
«Oh, davvero particolare. Mi piace»
«Grazie»
«Ivan, adesso che ci conosciamo, che ne diresti di accompagnare me e Dana sulla pista da ballo? Siamo un po' timide e abbiamo bisogno di compagnia, Max purtroppo ci ha lasciate da sole. Devi sapere che lui non è il tipo che si lascia trasportare da questo genere di feste, l'ho dovuto trascinare fin qui con la forza, forse per questo è stato così scontroso»
Ivan annuì all'affermazione di Leila, senza perdersi in troppe chiacchiere vuotò il calice con un lungo sorso, lo posò in un punto impreciso della tavola e allungò la mano verso Dana, così la invitò a ballare. Lei accettò.
Subito dopo i tre cominciarono a dirigersi verso la folla danzante ma, poco prima di scatenarsi con il ballo, Ivan riuscì a intravedere la figura solitaria del rosso: era immobile sulla poltrona in pelle più appartata della stanza, non faceva niente di particolare per intrattenersi, si limitava a osservare l'ambiente che lo circondava e aveva un'espressione annoiata sul volto. Quel ragazzo, a Ivan, faceva una gran pena.
Max, quello doveva essere il nome che aveva sussurrato Leila.
Ivan riusciva a tenerlo a mente, era difficile dimenticarsi di un individuo dalle maniere così rigide, non c'era da meravigliarsi se era riuscito a ottenere il titolo di recluta. Nonostante l'episodio Ivan percepì una strana sensazione, si sentiva attratto da quella sagoma dai lineamenti perfetti, era sul punto di avvicinarsi perché desiderava coinvolgerlo.
Rinunciò presto all'idea perché si ricordò del caratteraccio, non era risultato interessante, perciò preferì tornare ai festeggiamenti e ballare fino a tarda notte. Dana e Leila erano di buona compagnia, dopo l'imbarazzo delle prime parole, erano riuscite a schiudersi e si erano dimostrate come due donne fantastiche. Ma Ivan continuava a pensare a Max mentre si muoveva, era in perfetta armonia con le note assordanti che lo circondavano, non accettava l'idea di stare lontano da quel tipetto. Voleva conoscerlo, voleva scoprire qualcosa di lui, voleva andarci almeno d'accordo. Almeno...Sì...

Era quello che sperava.

* * *


Il party che le reclute avevano organizzato non era così stimolante, Max si sentiva fuori posto e restava in un angolo appartato per osservare gli altri, detestava essere circondato da musica elettronica e alcool di scarsa qualità.
Aspettava Dana e Leila, non vedeva l'ora di andarsene e di coricarsi, il mattino successivo si sarebbe svegliato presto per continuare le ricerche sulle pietre, mettere le mani sul laboratorio era ciò a cui puntava fin dalla partenza. Però in quel lasso di tempo si sentiva un vero schifo, era rimasto da solo in un contesto che non faceva per lui, aveva mal di testa e non aveva toccato cibo, sentiva i crampi allo stomaco. Era seduto su una poltrona in pelle nera, attendeva con pazienza la fine dei festeggiamenti.
«Posso?»
Una voce maschile attirò l'attenzione di Max, che alzò lo sguardo verso un giovane ragazzo dai capelli scuri e gli occhi castani. La sua corporatura era talmente gracile da farlo navigare all'interno della divisa, il viso però era rotondo dalle guance paffute.
«Sì»
Mormorò Max e annuì educatamente, non gli dispiaceva avere un po' di compagnia, così lo sconosciuto sprofondò sulla poltrona accanto, poi si sollazzò con un profondo sorso di birra. Solo allora lo scienziato adocchiò le mani esili di quel ragazzo che, anche se erano nascoste dai guanti, le dita slanciate e fini rimanevano in bella mostra. Erano bellissime, parevano quelle di un'artista.
«Prima io e un mio amico ti abbiamo visto discutere con il tutore, ecco perché mi sono avvicinato, volevo parlartene» confessò la recluta Rocket, si sistemò il colletto della maglia e si grattò la testa con un comportamento impacciato, rivelò un mezzo sorriso per nascondere la timidezza. Doveva essere simile a Dana, entrambi i soggetti si schiudevano solo con le persone che conoscevano da diverso tempo, mai con gli sconosciuti. «Secondo il mio collega sei praticamente scappato, quindi mi sono fatto avanti. Dimmelo se c'è stato qualcosa che ti ha infastidito o altro, domani ci penserò io a farlo ragionare. Ivan è testone come un Tauros, diciamo che non è proprio il massimo della galanteria, ti prego di perdonarlo»
Max rabbrividì e sbiancò quando sentì nominare il tutore, erano passate poche ore e già ne aveva abbastanza di quell'assurda storia. Non era interessato a creare dibattiti.
Però il suo nome, Ivan, lo trovava delizioso.
Gli stava bene, in fin dei conti.
Lo scienziato scrollò le spalle, almeno tentò di contenersi con le riflessioni. Mostrò un sorriso per tranquillizzare l'interlocutore e tornò a parlare come se niente fosse, voleva evitare di arrabbiarsi ancora: «No è tutto nella norma, ti ringrazio per il pensiero ma non è necessario. Avevo bisogno di sedermi, il viaggio mi ha stancato»
«Posso immaginarlo. Io sono Gerardo, comunque»
«Max. Lieto di fare la tua conoscenza, Gerardo» Max stiracchiò le braccia per sgranchirle e accavallò le gambe, una posizione comoda era ciò di cui necessitava, altrimenti il mal di schiena l'avrebbe fatto dannare per diverse ore. «Cosa fai all'interno del Team?»
«Sono uno scassinatore»
Max annuì compiaciuto e mostrò un sorriso gentile: «Interessante»
«Sì, insomma» Gerardo si lamentò con un tono poco garbato e gettò in terra il bicchiere vuoto, poi scrollò le spalle e si pulì la bocca con il bordo della manica. L'alcool era una brutta bestia se non lo si usava con consapevolezza, era capace di trasformare la gente più elegante e raffinata in bestie insopportabili; Max aveva compreso l'effetto delle strane bevande quando aveva dieci anni, ciò era merito del padre che non passava un bel periodo con il lavoro, trascorreva le serate nella solita locanda cittadina e tornava a notte inoltrata. L'uomo non combinava dei disastri, il mattino successivo era sempre pronto a affrontare le mille avversità dell'ufficio, ma durante la sbronza si trasformava in un essere privo di bontà e amore, infatti Max veniva riempito di botte se si lasciava beccare sveglio eppure, durante quel periodo, era un bambino che cercava di addormentarsi grazie alle pagine profumate di un libro. Dopo un paio di episodi di violenza, in cui finì anche all'ospedale con un braccio rotto, Max aveva capito la lezione e cercò di rigare dritto fino agli anni del liceo, era sempre impaurito quando quell'uomo rincasava, si nascondeva sotto le coperte e faceva finta di dormire, era terrorizzato dall'idea di finire tra quelle mani diaboliche.
Gerardo recuperò una sigaretta dalla cintura per accenderla, si era messo a fumare come se niente fosse. Max reagì con alcuni colpi di tosse, grazie all'intervento del fumo si distaccò dai pensieri, con la mano destra cercò di deviare la direzione della nuvola creata da Gerardo, almeno evitava di respirare il fumo passivo. Non amava le persone che si rovinavano i polmoni, gli bastava restare a contatto con i gas velenosi del Koffing di Leila.
«Sono stato promosso come scassinatore professionista solo di recente, ma io sono un ladro di prima categoria e ne ho avute di esperienze. Peccato che qui dentro le reclute si mettono a rubare tramite piani ben elaborati, organizzati da Giovanni o i suoi fedeli Generali, nessuno rischia la vita con mosse azzardate e improvvisate, sono rimasti in pochi quelli che sanno aprire le serrature, che riescono a entrare nelle case delle persone senza farsi scoprire, che portano via tutto ciò che può avere un certo valore. Gioielli, soldi, anche Pokémon se è necessario» Gerardo continuò a descrivere il suo incarico con una certa enfasi e, questa volta, catturò anche l'interesse di Max che l'ascoltò in silenzio. «Lo sai che è stata la madre di Giovanni a scegliere questo incarico? Solo perché ero magro, piccolo di statura e svelto, è ciò che serve per portare avanti una professione simile. Devi sapere che all'epoca accadeva tutto nel Rifugio, io sono stato addestrato dentro a queste mura, sotto gli occhi dei più esperti che non mi davano mai pace. E nulla...Madame Boss mi ha adocchiato dal giorno in cui mi sono arruolato, ha seguito il mio esame di ammissione e ha scelto ciò che era giusto per me.
Si è comportata così con coloro che ha selezionato, anche Ivan ha avuto più o meno la mia sorte. Peccato che la sua storia è diversa dalla mia, forse è differente rispetto a tutte le reclute che vedi»
Max scrollò di nuovo le spalle e roteò gli occhi in un'espressione scocciata, Gerardo non sapeva fare altro che parlare di Ivan, quel maledetto ragazzone senza cervello che si comportava come una diva.
Lo sguardo di Max capitò in mezzo alla folla danzante, senza farlo apposta inquadrò il diretto interessato: si stava concedendo un ballo insieme a Leila e Dana, sorridevano entrambi dalla gioia e lui non esprimeva alcuna perversità, anzi. Anche se quel corpo era inadatto per il contesto, Ivan era capace di fondersi divinamente con il ritmo incalzante della musica elettronica, i movimenti di quel bacino ben scolpito erano splendidi e non si potevano criticare. Max arrossì di colpo e si mordicchiò il labbro, voleva guardare Gerardo per continuare a chiacchierare, ma Ivan era elegante e ipnotizzante, la divisa nera che aderiva a quei muscoli a momenti lo lasciò senza fiato.
«Come mai è così diverso?» domandò Max che si schiarì la voce, alla fine riuscì a staccarsi dalla visione di Ivan che ballava con le sue amiche. «Io non ci vedo niente di interessante, tutto muscoli e niente cervello»
«Ivan non brilla di intelligenza, questo è risaputo. Se non lo conoscessi da una vita, non mi fiderei mai di lui» Gerardo scoppiò a ridere e incrociò le braccia fini contro al petto, poi si rilassò allo schienale della poltrona. «Però ha altre mille qualità e su questo non posso criticarlo, è una persona fantastica, basta conoscerlo un po' e ti ci affezioni subito. Mi ricordo che l'ho incontrato dopo una settimana dal reclutamento, ti giuro che non sapeva nemmeno parlare e si esprimeva in versi come se fosse un selvaggio, sta ancora imparando ed è già tanto se ha fatto successo con il discorso di stasera»
Max sgranò gli occhi a quella notizia, era assurda.
Per un attimo si sentì in colpa per le critiche fatte in precedenza, ma era strano sapere che esistevano uomini incapaci di parlare correttamente.
«Mi dispiace...» commentò, poi si mordicchiò l'interno guancia. «Perché non sapeva parlare? Ha subito qualche trauma? Infanzia infelice?»
«Non lo so, purtroppo. Nessuno è in grado di raccontare la storia di Ivan, nemmeno Madame Boss che era tanto affezionata a lui» raccontò Gerardo con un sospiro, ma il discorso non terminava lì. «Anche se siamo amici da un paio di anni, non ho mai fatto domande perché non vorrei essere indiscreto, Ivan me lo dirà quando sarà pronto per farlo»
Max annuì senza esprimere emozioni, cercò Ivan con lo sguardo.
Ma la figura muscolosa non era più nei paraggi, ormai la pista da ballo cominciava a svuotarsi e la musica era già più bassa, anche Dana e Leila sembravano scomparse nel nulla: «Ma come ha fatto a finire qui?»
«La madre di Giovanni l'ha trovato a rotolarsi dentro alla spazzatura, non era molto lontano da Azzurropoli quando è successo. Lei ha sempre avuto un debole per gli orfanelli di qualsiasi età, così l'ha portato qui e l'ha sistemato a dovere, poi l'ha messo al servizio del Team Rocket. Sono stato il primo ad incontrarlo, da allora non ci siamo più separati»
«Capisco»
Gerardo a quel punto sbadigliò, si stiracchiò e si levò il cappello dalla testa. Si stropicciò l'occhio, doveva essere stanco: «Ormai la festa è finita, è il momento di andare a dormire. Di sicuro Ivan sta radunando i tuoi compagni per portarli agli alloggi, vuoi che ti accompagno Max?»
«Sì, mi farebbe molto piacere».



* * *


Era scoccata la mezzanotte al termine dei festeggiamenti, molte reclute erano scappate per rintanarsi nei dormitori, che si trovavano al secondo piano del Rifugio.
Ivan non aveva mai smesso di ballare e la stanchezza cominciava a farsi sentire, ma per le mani aveva un compito che non poteva rimandare, quindi era rimasto in mezzo alla pista da ballo ormai vuota e aveva radunato i nuovi arrivati.
Era difficile parlare o muoversi a causa dell'alcool ingerito, ma Zeno e Gerardo erano al suo fianco per aiutarlo, quindi era più semplice tenere in mano il controllo della situazione.
«D'accordo, vediamo di darci una mossa, non voglio perdere tempo» esclamò Ivan prima di grattarsi la barba, i due compari lo guardarono e annuirono in silenzio.
Anche Gerardo e Zeno erano impacciati con i movimenti, stavano accusando il peso della festa:
«...Cosa dobbiamo fare, di preciso?» domandò Zeno.
«Dobbiamo dividere i nuovi arrivati nelle stanze rimaste vuote. Ariana oggi pomeriggio mi ha assegnato la lista e le chiavi, sapeva che Ivan era talmente distratto da dimenticarsene» spiegò Gerardo con un sorriso beffardo sul volto, era l'unico che del trio poteva vantarsi per l'intelligenza.
«Ariana si comporta come una mamma con voi due, io mi offenderei» osservò Zeno, poi si lasciò andare in una risatina. Era ubriaco fradico.
Mentre Ivan si azzuffava scherzosamente con il gigante, i novellini guardavano la coppia senza capire ciò che succedeva, Gerardo si avvicinò alla poltrona su cui si era accomodato in precedenza e, da sotto di essa, recuperò un sacco che conteneva la lista con le chiavi delle stanze vuote: «Ecco a voi, animali».
«Grazie Gerardo» mormorò Ivan e recuperò l'occorrente, poi si sbrigò a srotolare il foglio. «E io dovrei leggere tutta questa roba?! Ma siamo impazziti?!»
«In un certo senso sì, tra di noi sei tu il tutore» puntualizzò Gerardo, scocciato.
«Andiamo Ivan, non è mica la fine del mondo dire ad alta voce dei nomi. Prima lo fai e presto potrai andare a dormire» Zeno si era intromesso per incoraggiarlo.
«No, non se ne parla nemmeno, ho già fatto abbastanza con il discorso di prima. E non posso leggere, ho la vista offuscata. Puoi farlo tu Gerardo?» Ivan si preoccupò di insistere, poi avvicinò la carta alle mani del compagno. «Per favore...» lo supplicò.
«E va bene, però domani pulirai questo schifo al mio posto» Gerardo sbuffò irritato, poi strappò il foglio dalle mani e andò verso i novellini.
Poco tempo dopo c'era Ivan al suo fianco, che teneva in mano le chiavi delle stanze.
«Adesso vi smisteremo nei vostri alloggi» spiegò Ivan senza divulgarsi troppo con le parole. «Il mio amico dirà i vostri nomi e le stanze a voi destinate»

Dana e Leila, stanza 0731 del dormitorio femminile.
Cisco e Alphonse, stanza 0821 del dormitorio maschile.
Frank, Michael e Bic, stanza 0822 del dormitorio maschile.

Per ogni gruppetto nominato, Ivan aveva consegnato la chiave corretta.
Ma c'era qualcosa che non andava.
Le reclute erano otto, ma i nomi pronunciati sette.
Max infatti era rimasto davanti a Ivan e Gerardo, non aveva un posto letto. I due quindi si guardarono sbalorditi, i conti non tornavano fin da principio:
«Gerardo, come mai quella recluta non compare nella lista?»
«Non lo so, deve esserci un errore di conteggio»
«Strano, Ariana non è la donna che sbaglia. Forse qualcosa c'è sfuggito...»
I due chiacchieravano a bassa voce, ignari che il rosso fosse occupato a origliarli. Era sdegnato, lo si vedeva lontano un chilometro.
«Ignorate il fatto che il Rifugio è al completo» mormorò Zeno quando si avvicinò al duo, rideva a crepapelle a causa della sbornia. «Le numerazioni delle camere del reparto maschile arrivano allo 0822, quello delle donne allo 0731. A quanto pare, il nostro nuovo amico, deve occupare un posto che è già assegnato a qualcuno»
Ivan e Gerardo erano rimasti paralizzati, sbalorditi dalla notizia.
Non sapevano come procedere.
«E quale stanza ha un posto libero?» domandò Gerardo.
«Non lo so...Noi minatori dormiremo sui divani, non è un problema che mi riguarda» ridacchiò Zeno.
«Sì, c'è un alloggio che può ospitare un altro ragazzo» commentò Ivan a quel punto, scrollò le spalle. «La mia».









   
 
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