--- L’insonnia colpisce ancora.
Sono le tre del mattino e non
riesco a prendere sonno.
In the end è un capitolo
pesante… ^ ^’’’
XII.
Alla fine si fa sempre come
vuole Giulio.
Non che ci metta particolare
impegno persuasivo nel tentare di convincermi della giustezza delle sue idee o
proposte. Basta che mi guardi con aria supplichevole ed io accondiscendo,
perché mi faccio intenerire da quei sottili occhi verdi e da quella boccuccia
di rosa dispiaciuta.
Così, nonostante ce l’avessi
messa tutta a portarlo con me, dopo esserci staccati con remore da quel
paesaggio metafisico per risalire il sentierino serpeggiante scavato nella
roccia, camminammo a rapidi passi fino alla fermata dell’autobus dove lui,
mostrandomi un volto implorante e disperato mi fece notare che erano già
arrivati tre supporti e che comunque la calca rimaneva asfissiante. Finii per
adeguarmi al suo capriccio.
‘Va bene…’ Sospirai con tono di
rimessa rassegnazione, ritornando sui miei passi.
Non mi stava seguendo.
Si voltò verso di me, che già mi
trovavo ad alcuni passi di distanza dalla sua posizione –se ne stava con la
schiena dritta impuntato su quel marciapiede sporco- e mi disse candidamente,
sorridendo: ‘Di lì tagli tutto il pezzo di scalinata, Henka. Accorci la
strada.’
‘No.’ Scossi la testa
riccioluta. ‘Non – se – ne – parla.’
‘Beh.’ Scrollò le spalle
sottili. ‘Io la strada la conosco. Puoi tornare da solo se non ti da fastidio.’
‘Lo stai facendo di nuovo!’
Urlai dall’altra parte della strada, prima di avvicinarmi.
‘Cosa?’
‘Mi ricatti moralmente, come
fanno i bambini piccoli.’
‘Ma se funziona…’ Si rabbuiò un
istante. ‘Anche tu lo stai facendo di nuovo.’
‘Di che stai parlando?’
‘Hai ricominciato a
trotterellare al mio fianco.’
‘Io non trotterello!’
‘Ah… invece sì. Per esempio,
adesso, in questo momento, tu stai trotterellando.’
‘No! Sto ciondolando da una
parte all’altra di questa viuzza strettissima per fare in modo che tu mi guardi
in faccia, ma questo non ha nulla a che vedere col trottolare.’
‘Trotterellare.’
‘Sì. Quello.’
Giulio fece spallucce. ‘Forse
non sai nemmeno di cosa sto parlando.’
‘Invece –‘
Si mise a canticchiare a bassa
voce una canzone che non avevo mai sentito, ma lui mi assicurò che, all’epoca
dei suoi genitori, era famosissima, un vero pezzo da hit parade.
Non è che Giulio fosse
particolarmente stonato, lui aveva una voce che grattava, e molto bassa. Quello
non era certo il suo genere di canzone. Diceva: ‘Magari ti chiamerò trottolino
amoroso dudu e dàdàdààà… il tuo nome sarà il nome di ogni cittààà…’
Sul momento mi fece ridere
molto. Ancora se ci ripenso, se ripenso a tutta quella notte e a come mi sembra
impossibile che potesse essere trascorso un lasso di tempo così breve per un
discorso così ampio che, avrei giurato, avrebbe richiesto una vita mortale per
poter essere degnamente concluso, sorrido tra me e me.
‘Immagino di non poterti
chiamare trottolino amoroso.’
‘No. Anche se non so cosa sia
un trottolino.’
‘E’ una cosa simpatica.’
‘Non ci credo.’
‘Allora sei un uomo di poca
fede.’
Camminando lentamente col suo
portamento aggraziato, le braccia incrociate dietro la schiena ritta mentre si
voltava a destra o a sinistra per guardare il porticciolo, un giardino
particolarmente fiorito di buganvillee ed edera verde che si arrampicava sulla
cancellata di una casa coloniale, uno scorcio caratteristico sul mare che
sarebbe potuto fuoriuscire dalla tela di un pittore puntinista, la luna che era
stranamente rossa, piena e più grande di quanto fossi stato abituato a
riconoscere, procedette fino ad uscire dal centro del paese e dalla piazza su
cui dava la chiesa dalla facciata massiccia a capanna, circondata da aiuole
rinsecchite e grossi vasi di terracotta riempiti solo da terriccio riarso dal
solleone, e si infilò in una viuzza laterale, chiusa da alte costruzioni
intonacate in rosso o giallo, quei lunghi vicoli confusi e sempre in salita che
contraddistinguono la zona e che, a parere di Giulio, avrebbero dovuto essere
ripuliti per poter riconquistare l’alone di fascino che era giusto possedessero
luoghi tanto incantevoli.
Ma c’erano un sacco di cose che
avrebbero dovuto “essere ripulite” per lui.
Giulio non metteva mai le mani
in tasca, per lo stesso motivo per cui camminava dritto come un fuso. Gli
sembrava poco elegante.
Gli avevo più volte ricordato
quanto questa sua ostinazione di dimostrarsi sempre impeccabile –di fronte a
tutti tranne che al sottoscritto- potesse essere percepita dalle persone come
una mancanza di naturalezza.
Naturalmente lui non smetteva
di muoversi lentamente e con una certa grazia di movimenti, come se ogni suo
gesto fosse calcolato per intensità e durata, e i suoi passi dovessero essere
gentili sulla terra cosparsa di teneri petali di fiori.
Io sapevo che lo faceva per un
puro desiderio estetico e perché era stato bacchettato sulle nocche fin da
bambino, e questo, a ben vedere, gli bastava.
Mi guidò per alcune vie buie e
maleodoranti finché non giungemmo ad una scalinata in cotto più ampia, almeno
un metro e mezzo di larghezza. Non potevo distinguere quanto fosse lunga perché
svoltava improvvisamente con una curva a gomito dietro ad un angolo.
Proseguimmo in silenzio contro
il muretto di pietra viva che si alzava di un metro dal suolo e sul quale un
giardino terrazzato era separato dal vuoto da una rete metallica. Alcuni
gradini portavano al cancelletto che vi immetteva. Dall’altra parte la strada
proseguiva, per mia profonda gioia, in piano.
Continuammo nella direzione
della costa –sì, mi sembrava proprio che stessimo tornando indietro- per alcuni
minuti, incontrando un gran numero di giardini fioriti, finché non sbucammo di
nuovo nella scalinata di cotto.
Fino a quel momento avevamo
proseguito nel buio, e finalmente la luce di un lampione lontano ci illuminava
la via tortuosa ed impervia.
Giulio si sedette su un basso
gradino per aspettarmi, e vidi che osservava l’orologio. Scorgendo di sottecchi
il quadrante mi accorsi che mezzanotte era già passata da ventitré minuti.
Volevo sedermi anch’io.
Mi sorprese come una tempesta
nel deserto.
‘Mi sono buttato.’ Disse
semplicemente con quella sua usuale voce calma e ben calibrata.
‘Scusa?’
‘Mi sono buttato.’ Ripeté
annuendo, come se stesso parlando di un argomento conosciutissimo ed io avessi
avuto la possibilità, il dovere, di capire a cosa si stava riferendo.
Improvvisamente alzò lo sguardo
e mi squadrò coi suoi occhietti verdi sempre disperati aggiungendo un sottile:
‘Stasera. Prima di cena.’
‘Ah.’
Mi accovacciai accanto a lui
che subito si adagiò appoggiando la testa sulle mie gambe e distendendosi per
quanto permetteva l’angusto passaggio e i suoi centonovantatre centimetri di
superba altezza.
Aveva staccato un rametto
dall’oleandro che ci sovrastava e ora stava giocando coi petali rosa dei fiori
teneri e le foglie lanceolate.
‘Questi si chiamano “corimbi”.’
Indicò i fiori che erano
disposti tutti allo stesso livello.
‘Corimbo…’ Ripetei addolcendo
la “r”. Se c’era una lettera che facevo fatica a pronunciare era la “r”.
‘E il motivo è molto semplice.
Delirante.’ Mi interruppe dagli infausti pensieri sui miei problemi di
fonetica, precipitando di nuovo nel discorso che fino a quel momento aveva
taciuto. ‘Ero così disperato che avevo bisogno di sentirmi male anche
fisicamente. Allora mi sono gettato vestito nell’acqua gelida.
Dimmi, Henka,
non ti viene mai la straordinaria ed irresistibile voglia di annullarti, di
annientarti?’
--- non
prendetemi per una pazza deviata (a parte per la parte sul trottolino amoroso…
per quella posso darvi ragione), io non mi sono mai buttata in mare!!!
Chiariamo…
perché Vlad quando ha letto ha fatto una faccia tipo: 0___0. Ha pensato che Giulio
avesse voluto suicidarsi. Ma no, voleva solo stare un po’ male fisicamente…
niente suicidio.
3° giorno di
profuga della Marto: diario di bordo.
Vlad: non
abbiamo fatto NULLA!!! Solo cazzeggiato!!!
Ore 2.35:
ricerca su Gooooooooooooooooooooooogle col mio piccy di un’immy dei sonata da
inserire nel mio profilo (andate a vedere com’è bella!!! C’ho messo anni a
trovarne una che si intonasse col layout del sito ^_^ ß maniaca)
Ore 2.57: Vlad
smettila di parlare di devianze psichiche.
Ore 3.02
Svegliate la sensei!!! Dolce Sensei!!! Dovete farmi tutti compagnia nelle mie
lunghe notti insonni…
Ore 3.07:
potremmo andare su e giù in ascensore… ß vlad’s idea.
Sapete,
l’ispirazione per questa storia mi è venuta dal mio ex fisioterapista Marino.
Lui voleva uccidermi per motivi che mi sono sempre rimasti oscuri… una volta
m’ha messo il tens a manetta, mentre mi ero addormentata sul lettino… a momenti
muoio… Marino ti ricordi come stavamo bene insieme, io, tu e la mia schiena
distrutta? E cantavi: ‘Meravillllllllosa… caduta dalle nuvole (ß non è così)…’ e io’Aaaaaaaaah! Bastardo
m’hai tirato un secchio d’acqua in faccia!!!’
Ho malissimo
alla schiena. Non riesco a dormire dal mal di schiena…
Rinnovo gli
auguri di buon 25 aprile.
Marto_
che_non_riesce_ad_addormentarsi_e_non_sa_che_fare…
Martona ei puhu
suomea… T___T