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Autore: Zomi    16/02/2018    5 recensioni
San Valentino, la festa degli innamorati e in cui:
#Nami rovescia secchi
#Izou si arrabbia
#Halta riceve il suo primo bacio
#Ichiji odia Flambé
#Hattori non si fa gli affaracci suoi
#Reiju non riesce a leggere
-
Questa Fanfiction partecipa all'iniziativa Una storia per San Valentino indetta dall'One Piece Shipping
[Nota: Gender Bender per il personaggio di Halta(che Oda si ostina a sostenere sia maschio, ma per me no!)]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Famiglia Vinsmoke, Izou, Nami, Rob Lucci | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Questa Fanfiction partecipa all'iniziativa indetta dall'One Piece Shipping
 
 


Prese un respiro profondo.
La mano teneva fermo il pacchetto contro il suo sterno, che non accennava a voler smettere di alzarsi e abbassarsi con quella frequenza accelerata.
“Calma” si riprese da solo “Devi mantenere la calma”.
Erano gesti che conosceva e che aveva ripetuto nel suo immaginario migliaia di volte: aprire lo sportelletto, infilare il suo pacchettino, richiudere lo sportelletto.
Facile no?
Se ci riuscivano decine di ragazzine urlanti ed etero, perché mai lui avrebbe dovuto avere problemi nel compiere quei poche e meccanici gesti?
Forse perché lui di etero non aveva poi granché, forse nemmeno l’ombra.
E forse perché era il girono di San Valentino, e lui si accingeva ad infilare nell’armadietto delle scarpe scolastiche di Marco Newgate, quel Marco, quel biondo stoico e dagli occhi indecifrabili per cui aveva perso la testa, un pacchettino ben confezionato e maneggiato con la massima cura ed attenzione contenente dei cioccolatini che per sentito dire (alto dettosi “spiare peggio del KGB”) sapesse fossero i preferiti del sopracitato Newgate.
 A coronare il tutto, sulla su detta scatolina c’era un bigliettino intrinseco di parole d’amore firmato da lui stesso.
Non con il sangue, ma aveva ponderato l’idea.
-Calma- soffiò dal naso –Izou devi mantenere la calma-
Si guardò attorno un’ultima volta, accertandosi che il corridoio del liceo fosse sgombero.
Chiedere di andare in bagno era stata la scusa per uscire dalla classe, ma non poteva rischiare perdendo tempo.
C’era una nota positiva però.
Nessuno avrebbe sospettato di lui: era un amico stretto di Marco, e vederlo vicino al suo armadietto non avrebbe sollevato nessun sospetto.
Rincuorato dal pensiero, alzò la mano e con gesto rapido aprì lo sportello della cassettiera.
All’inizio fu uno solo.
Un sacchettino, anonimo e con un fine nastrino rosso a chiuderlo, che gli cadde con noia sui piedi.
Izou riuscì a malapena a percepirne la caduta, prima che un altro, e un altro e un altro ancora seguito poi da una dozzina abbondante di pacchetti, sacchetti e cioccolatini confezionati in mille fantasie gli cadessero addosso aiutati dalla legge di gravità.
-Ma cosa…?!-
-Ehi Izou!-
-Ah!!!-
Sobbalzò, le mani lanciate in aria e il suo pegno d’amore caduto nel marasma di cioccolatini vomitati dall’armadietto di Marco, mischiandosi tra loro.
-Rufy!!!- strillò pestando i piedi a terra –Ma ti sembra il modo?!-
-Il modo di cosa?- piegò il capo il moretto, avvicinandosi.
-Di salutare!- sbottò ovvio, sperando che il ragazzetto non notasse la montagnola di regali ai suoi piedi e non intuisse da dove fossero caduti.
-Perché sei davanti all’armadietto delle uwabaki di Marco?-
Dannazione!
Molto probabilmente il cervello di Rufy funzionava un solo giorno al mese, e la dea bendata e bastarda aveva deciso che quel giorno di attività fosse proprio quello.
-E tu perché bighelloni nei corridoi? Non hai lezione?- replicò pronto.
-La professoressa Hina ha detto che le stavo tentando nel commettere un omicidio e mi ha cacciato fuori dalla classe- scrollò le spalle quello, ignaro del pericolo che aveva evitato –E poi tra poco c’è merenda per cui…-
Izou lo vide abbassarsi alla montagnola di cioccolatini, e con estrema nonchalance e pratica raccoglierli avido, aprendone uno e masticandolo con un angolo della bocca mentre continuava a riempirsi le braccia.
Il già pallido volto di Izou sbiancò.
-COSA. STAI. FACENDO?!?- tuonò violento, pestando un piede sul capo moro di Rufy e premendolo con forza –Stai rubando i cioccolatini a Marco chan?!?!?-
-Ouch! Izou!!!- piagnucolò il minore, la bocca impastata di cacao –Perché mi picchi?-
-E tu perché rubi i doni d’amore altrui?!- strinse i pugni combattivo.
Tra quei doni c’era anche il suo, ma non avrebbe comunque permesso a nessuno di abbuffarsi con l’amore impacchettato destinato ad altri: era furto.
Con l’aggravante di dolo all’amore, e lui non poteva permettere che qualcuno, fosse anche il fratello minore del migliore amico del suo Marco chan, rubasse i doni di san Valentino che decine di innamorati avevano confezionato per altri e non per lui.
-Non sto rubando nulla- gonfiò le guance Rufy, incespicando con le braccia ricolme di pacchetti –Marco mi da sempre il suo cioccolato di San Valentino-
-Che cosa?!?-
Che diamine stava farneticando?!?
Marco usava i doni altrui per dichiararsi a Rufy? A quel Rufy?!?!
-Si, di solito mi permette di mangiarli in tram, ma quest’anno mi ha fatto una deroga e posso mangiarli a merenda- sorrideva l’imbecille, non si rendeva conto dell’affronto all’amore che stava perorando da chissà quanti anni -Li da un po’ a me e un po’ a Ace-
Il cuore di Izou non poteva reggere.
Era peggio di quanto pensasse: era una threesome!
-… qualcuno anche a Sabo-
Ah! Infarto, infarto!
Sentiva la morte avvicinarsi, il freddo abbracciarlo e le campane suonare.
-Merenda!- esultò ballonzolando sui piedi Rufy al suono della campanella di inizio pausa, prima di afferrare per un gomito l’incoscienze Izou e trascinarselo dietro –Dai vieni: sono certo che se chiederai a Marco darà del cioccolato anche a te!-
Non percepì nemmeno uno dei scalini delle scale interne del liceo mentre veniva trascinato dall’irruente Monkey, e riuscì a riprendere conoscenza solo quando il freddo pungente di febbraio l’investì nel giardino scolastico, avvertendolo blandamente della presenza di altri studenti attorno a lui.
-Ehi Izou!- sfiorò con lo sguardo il braccio teso che Ace gli rivolgeva, non perdendo mai di vista Rufy e il suo mal tolto.
-Wow!- si stupì Sabo notando il bottino e affacciandosi a sbirciarlo tra le braccia di Rufy –Aumentano di anno in anno-
-Shishishi- sghignazzò il moretto, adagiando la montagnola di doni al fianco di Marco, che li degnò di appena un’occhiataccia   -Non è meraviglioso?-
-No, Rufy non lo è!- ringhiò Izou tendendo un braccio ad allontanare le fauci già sporche di cacao dal trio di fratelli.
Non poteva crederci.
Ogni 14 Febbraio Marco riceveva dei doni preziosi che poi… no, non poteva essere.
-È vero?- si voltò a fulminare con gli occhi a mandorla Marco, placidamente seduto sulla scalinata antincendio sotto cui si riunivano –Dai i doni di San Valentino che ricevi a Rufy e fratelli?-
-Ehi detta così la fai sembrare una cosa romantica- sghignazzò Ace, afferrando un sacchettino di dolci.
-Zitto Portuguese!- lo zittì rabbioso, non staccando mai gli occhi di dosso a Marco -È così o no?-
Il biondo lo scrutò serio.
Studiò il viso pallido e curato di Izou, la crocchia ben stretta sulla nuca, i contorni delicati degli occhi e le sue labbra tese a trattenere l’ira. Riconobbe la sua rabbia, la sua indignazione e anche una sfumatura di un qualcosa che non riusciva a tradurre.
-Si- rispose in fine all’amico –Permetto a Rufy, Ace e Sabo di mangiare il cioccolato che ricevo- resse lo sguardo stupefatto del moro, la voce calma e distaccata dai sentimenti che decifrava sul suo volto –Sarebbe peggio se li mangiassi io: sarebbe come accettare i sentimenti di chi me li dona, e abusarne-
-Oh immagino!- esplose con nota ironica –Darli invece da mangiare a queste scimmie è decisamente meglio!-
-Ehi!-
-Zitto Sabo!- latrò idrofobo.
Lui aveva messo tutto il suo cuore in quei cioccolatini.
Si era informato, li aveva cercati e li aveva fatti con le sue mani, cercando di dare il massimo e di infondere nell’impasto ciò che provava per Marco. E lui?
Lui li dava ad altri, come fossero semplici dolciumi e non la rappresentazione di un sentimento più grande.
-Li leggi almeno i bigliettini?- si piegò ad afferrare un pacchetto a caso, sbattendolo sotto al naso di Marco –Hai mai provato a leggere chi te li manda e cosa prova per te?-
Si sentiva rifiutato prima ancora di esporsi, ignorato in partenza, trattato come una nullità.
Odiava, odiava Marco per il suo comportamento.
Chi diamine si credeva di essere per poter denigrare a quel modo i pegni d’amore altrui?
-Non meriti nemmeno un briciolo dell’amore che questi cioccolatini racchiudono- lanciò contro il petto di Marco il pacchettino –Spero che tu almeno questo lo sappia-
Gli voltò le spalle, pagandogli la stessa moneta d’inconsiderazione   che lui stesso gli aveva rivolto, non ricambiando il suo sguardo carico di domande.
Marciò spedito oltre le scale antincendio, mirando a tornare in aula, l’animo ferito dal comportamento della persona più importante per lui, che ora avrebbe dovuto ignorare.
Lui e le urla di Rufy.
-Marco hai visto? Questi sono i tuoi preferiti!-
Stupido Rufy!
 
 
 
Marco gli aveva scritto un messaggio durante le lezioni.
Izou l’aveva ignorato.
Aveva provato ad avvicinarsi a mensa.
Si era seduto in mezzo alla sorella del biondo Halta e all’amica Bay, un muro femminile perfetto.
Ma al suono della campanella finale delle lezioni sapeva che non avrebbe avuto altre scuse per evitarlo.
Ci provò comunque.
Inforcò veloce la sua bicicletta e pedalò lesto, evitando Roronoa e la rossa che teneva sotto braccio, filando per le vie che lo portavano come ogni giorno a casa.
No, Izou non voleva parlare con Marco, non voleva spiegarsi né accattare scuse.
Scuse di che poi?
Voleva ignorare l’amore e chi glielo rivolgeva?
Buon per lui, se ne sarebbe pentito prima o poi.
Lasciò i freni lungo la piccola discesa che anticipava il suo quartiere, allargando le gambe e permettendo ai pedali di girare a pieno ritmo da soli per la velocità acquisita.
Con i capelli d’ossidiana sciolti, curvò all’ultimo e imbocco la via di casa, frenando appena in tempo quando lo notò davanti al suo cancello.
Se ne stava tranquillamente addossato alla recinzione in ferro, aspettandolo come se nulla fosse.
-Stratega maledetto- si morse la lingua, scendendo dal sellino –Com’è possibile che sotto quella capigliatura ad ananas tu riesca ad elaborare il modo perfetto per anticipare tutti?-
-Dono naturale- sollevò le spalle Marco, scostandosi appena per permettere a Izou di aprire il cancello.
-Devo parlarti- lo fissò accompagnare la bicicletta nel giardino condominiale, sistemandola in una rastrelliera che aveva visto giorni migliori.
-Meraviglioso!- gli sorrise radioso, il cancello ancora aperto quasi fosse un invito.
Il biondo fu tentato di accettare quella resa, ma non appena mosse il primo passo, l’inferriata corse sul suo piede, chiudendo ogni accesso.
-Ma io non ho voglia di ascoltarti!- gli tirò una linguaccia.
Bravo Izou vai così: maturo e diplomatico!
A  passo di marcia, il moro attraversò il piccolo giardino condominiale, fermandosi alla porta d’ingresso dello stabile ad armeggiare con il mazzo di chiavi.
Manteneva la schiena voltata, negando al biondo il suo sguardo furioso e le labbra spiegate in una smorfia delusa.
-Sono gay- lo sentì affermare in strada.
Le chiavi quasi gli caddero di mano.
Oh andiamo! Non poteva cavarsela così: il suo orientamento sessuale non lo giustificava.
Era quindi giusto ignorare i sentimenti di decine di ragazze solo perché a lui non piacevano le tette? No, no, no!
Marco era stato ingiusto e crudele, e meritava il suo silenzio.
Per un paio di settimane magari.
Giorni.
Forse l’avrebbe chiamato alla sera per riappacificarsi e zittire le sue urla interiori che ballavano e piangevano di gioia nel sapere che almeno lui, si lui, Izou Shirohige, aveva una possibilità con l’amore della sua vita.
Ma al momento era meglio ignorale, o sarebbe corso tra le sue braccia.
-Benvenuto nel club!- strillò con voce acuta, cercando di infilare il porta chiavi a forma di fenice nella serratura.
-Non volevo dare false speranze a nessuno-
-Potevi rifiutare con garbata educazione invece che sfamare quei pozzo senza fondo dei tuoi amici!- perché diamine la chiave della posta non apriva il portone principale?! E andiamo su!
-Essere rifiutati non è mai bello- le braccia incrociate sul cancello, gli occhi fissi a capire perché Izou cercava di aprire il portone con la giraffa di peluche che aveva come portachiavi.
Si schiarì la gola, notando come la schiena del moro sfavillò nel sentirlo, prendendo a mani piene il coraggio. Non poteva più aspettare: doveva sapere quanto idiota era stato.
-È il primo anno che mi regali del cioccolato?-
Il mazzo di chiavi cadde a terra, scivolando dalle mani tremanti di un pallido Izou.
-Ehm…- tartagliò intirizzito e ancora voltato di spalle -… forse-
Marco liberò un profondo respiro che non si era reso conto di trattenere.
Premendo la mano sull’inferriata a farsi da leva, salto il cancello con un’agile falcata, pestando a piè pari l’erba umidiccia del giardino.
Non corse per raggiungerlo, ma camminò piano lasciandogli il tempo di entrare nel condominio e ignorarlo se avesse voluto.
In fondo, si meritava la sua rabbia.
Ma Izou restò fermo lì, impalato davanti al portone dell’edificio trovando al forza di voltarsi solamente quando Marco gli fu al fianco.
-Bene- gli si fece vicino, premendo il corpo al suo fianco –Non avrei sopportato l’idea di averti ignorato per anni come uno stupido-
Lo sentì mugugnare qualcosa di indefinite, il capo rivolto ai piedi con cocciutaggine che lo fece sorridere intenerito.
Come si poteva non innamorarsi di lui?
Dei suoi occhi color nocciola, le gote che esprimevano tante emozioni come le sue labbra sempre sorridenti…
-Posso chiederti se sei libero sabato?- non gli tolse gli occhi di dosso, deciso a non perdere l’occasione che aveva rischiato di gettare al vento per la sua abitudine malsana di San Valentino.
-Uhm… non so- giocherellò con le chiavi Izou, capriccioso e voglioso di farsi corteggiare –Magari vorrò tenerti ancora il muso-
-Capisco- rise, allontanandosi di un passo -È giusto così suppongo- si avviò al cancello, percependo un piacevole calore nel sentirsi gli occhi del moro addosso.
Saltò nuovamente la recinzione, e tornato in strada alzò due dita della mano in segno di saluto.
-Chiamami appena deciderai di perdonarmi- piegò il capo e gli sorrise suadente –Attenderò il tuo perdono per ringraziarti a dovere per il cioccolato- la labbro superiore alzato in un sorriso suadente –E chiederti di stare con me-
Sperava di aver detto le parole giuste, di essersi spiegato e che il moro, con quei suoi dolci occhi a taglio orientale e le gote arrossate sperava d’emozione, lo perdonasse presto.
Gli mancava già il suo bel sorriso spontaneo e leggero.
Salutò con un cenno del capo e non aspettò che Izou gli rispondesse, voltò l’angolo e s’incamminò spedito verso casa.
Percorse appena pochi metri quando il cellulare iniziò a vibrargli nella tasca dei pantaloni.
-Pronto?- rise.
-Sei perdonato- trillò una voce che amava –Ora fai dietro front che ho voglia di baciarti?-
 

 
   
 
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