Capitolo 2
Quando
arrivò al tempio di Genkai quel giorno Kurama capì
subito che Kuwabara non aveva ancora finito con i suoi -per quanto lo facesse
ridere definirli così- allievi, perché sentì il suo vociare alto e la sua
risata, segno che stava parlando con qualcuno.
Si
avvicinò comunque, palesando la sua presenza. Non aveva mai incontrato nessuno
dei ragazzi e delle ragazze che Kuwabara stava allenando per aiutarli a
controllare meglio la loro energia astrale, che stava nascendo e aumentando a causa
dell'influsso dei demoni; lui stesso era l'esempio vivente che stare accanto ad
una persona che già di per sé presentava una certa energia poteva solo portarla
a diventare inconsciamente più forte.
L'aiuto
di Kuwabara in tutto questo era indispensabile per controllare le loro nuove
percezioni e non creare il caos. In fin dei conti, i demoni stavano rispettando
alla lettera gli ordini e le leggi di Enki, e non c'erano stati casi che giustificassero
panico e paura da parte degli esseri
umani.
"Kuwabara-kun?" chiamò, affacciandosi sul retro. In
effetti, il ragazzo era in compagnia di qualcuno. Gli dava le spalle, ma era
minuta e decisamente più bassa di lui, e si capiva subito che si trattava di
una ragazza.
"Ah,
Kurama! Sei arrivato prima!"
"Sì,
sono riuscito a prendere il primo treno. Ti disturbo?"
"Oh,
no amico, tranquillo. Stavamo solo parlando."
"Esatto,
e io me ne stavo andando," fece gentilmente la voce della ragazza, con
tono allegro, prima di voltarsi verso Kurama per salutarlo con un piccolo
inchino.
Lo
stupore che si disegnò l'attimo successivo sul suo volto, però, lasciò
interdetto anche Kurama. Erano tanti che si fermavano a guardarlo, per strada,
soprattutto quando d'estate si legava i capelli per lasciare scoperto il collo
e darsi un po' di sollievo, ed erano tanti quelli che lo scambiavano,
irritantemente, per una ragazza.
Ma
nessuno l'aveva mai guardato così.
"Non
ci posso credere!"
"Cosa?"
domandò il diretto interessato, avvicinandosi a lei di un passo. "Tutto
okay?"
Kuwabara
rispose al posto di lei con una risata. "Non mi dirai che hai avuto un
colpo di fulmine per il mio amico, Kitajima! Guarda,
è un tipo complicato, te lo dico da subito!"
A
quelle parole, fu Kurama a sgranare gli occhi. "Come...come l'hai
chiamata?"
"Eh?
Perché?"
"Scommetto
che non mi avevi riconosciuta!" squittì la voce di Kitajima,
come se si fosse ripresa all'improvviso, praticamente saltando sul posto.
"Minamino, non sei cambiato per niente...anche se sei più alto. E ti sei
fatto crescere i capelli! Ci stai benissimo! Non avrei mai pensato di rivederti
qui dopo tutti questi anni!"
"Ma
di che parla Kurama? Vi conoscete già, allora?"
"Kurama?
Cos'è Kurama? Perché ti chiama così?"
Il
demone volpe saltò subito su, pestando il piede a Kuwabara che si era
avvicinato di nuovo e stava per parlare. "Ma no, è un soprannome, solo un
soprannome! Non è vero, Kuwabara-kun?!"
"Eh...?"
"Io e Kitajima andavamo alle medie insieme, che
coincidenza, non è vero? Quindi non c'è
bisogno che mi chiami Kurama, lo sai no?"
"Ah!
Sì, sì, certo! Pensa un po', andavate alle medie insieme!"
Maya
si portò una mano al mento e inclinò il capo. "Ma perché Kurama? Non hai
mica l'aria di un lottatore..."(*)
"E'
per il monte!" fece subito Kurama, che per fortuna, dopo quello che era
successo anni prima sempre con Kuwabara, aveva la scusa pronta. "Il monte
Kurama. Lo sai, no, mi piacciono molto le piante. E quel monte è così famoso
per la sua foresta, quindi i miei amici mi prendono in giro così. Vero, Kuwabara-kun?" sibilò, causando la risata quasi
isterica dell'atro.
"Sì,
sì, esatto, proprio così!" annuì, asciugandosi il sudore freddo dalla
fronte. "E così quindi tu e Kur-Shuichi andavate
a scuola insieme alle medie? Che scoperta!"
Maya
inarcò un sopracciglio, vedendo quei due un tantino strani, ma alla fine annuì.
Era vero che il monte Kurama era famoso per la sua foresta ed era vero anche
che sapeva che il ragazzo amava molto la natura, o almeno ne aveva un vago
ricordo.
"Eh,
già. Com'è piccolo il mondo, vero? Lo sai, Minamino, a quanto pare ho dei
poteri speciali anche io! L'ho scoperto qualche mese fa, adesso grazie a Kuwabara-kun riesco a fare un sacco di cose! Ho sempre
saputo che oltre al nostro mondo c'era un universo di cose inspiegabili e che
non potevamo vedere! E' un sogno che si avvera!"
Kurama
non riuscì ad impedirsi di addolcire lo sguardo, davanti al suo entusiasmo. La
ricordava bene, alle medie; aveva sempre storie su spiriti e alieni sulla punta
della lingua, pronta a sparare teorie assurde e inimmaginabili. La trovava
divertente, e la prendeva spesso in giro. Ma lei questo non poteva ricordarlo.
L'unica
cosa che ricordava di lui era che frequentavano la stessa scuola.
"Davvero?
Mi fa piacere."
Kuwabara
si ritrovò a fissare l'amico e la sua espressione. Non l'aveva mai visto così
se non quando parlava con sua madre. Il sorriso che gli solcava il volto era di
una dolcezza indescrivibile, rilassava i suoi lineamenti e lo faceva sembrare,
se possibile, ancora più bello.
Quella
tipa era davvero solo una compagna di classe?
"Perché
non prendiamo un tè tutti insieme?" schioccò le dita Kuwabara, guardando
tutti e due "Scommetto che avete un sacco di cose di cui parlare! Vado
subito a prepararlo!" decise. Era convinto che potesse far bene a Kurama,
vedere una vecchia amica e stare con lei. Ripensando al discorso fatto proprio
su quel portico qualche giorno prima con il demone volpe, sul fatto che fosse
così difficile per lui trovare qualcuno di cui fidarsi, fra gli umani, oltre
lui e pochi altri, gli aveva fatto pensare che forse Kitajima
potesse rientrare nella cerchia dei ristretti. In fin dei conti, si conoscevano
già e lei aveva un potere astrale molto forte, seppure ancora difficile da
tenere a bada per bene, e se avesse scoperto che era un demone, era certo che
non sarebbe scappata urlando al mostro.
E poi, era anche una bella ragazza e Kuwabara era certo, quasi al cento per
cento, che all'amico non fosse del tutto indifferente. Era una sensazione, ma
raramente sbagliava su certe cose, e su quelle meno che mai.
Quindi
Kitajima poteva fargli bene. Era assolutamente fiero
di quella trovata.
Geniale.
"Ah
ma..."
"Faccio
in fretta! Falle vedere la casa, Kurama!"
"E'
Shuichi," sospirò ancora Kurama, per poi voltarsi verso Maya, che gli
sorrideva. Non la vedeva da sette anni. Erano tanti.
E
Maya era cambiata, forse anche caratterialmente. Non era molto più alta di come
la ricordava, ma era più formosa, i seni e i fianchi erano quelli di una donna,
adesso, non più di una bambina. Teneva ancora i capelli corti, pettinati
ordinatamente, e anche il sorriso euforico era lo stesso delle medie, eppure
era più bella. Era infinitamente più bella.
Distolse
subito lo sguardo, dandosi mentalmente dello stupido.
Aveva
cancellato quasi tutti i ricordi di sé e Maya insieme e soprattutto aveva
cancellato dalla sua testa i suoi sentimenti per lui, quindi era davvero
inutili farsi simili pensieri.
Lui
per primo aveva smesso di pensare a lei, con gli anni, non vedendola più. Era
sciocco, però, non ammettere almeno a se stesso che sì, alle medie provava
anche lui qualcosa per Maya, la trovava sveglia ed interessante, anche per i
poteri che dimostrava ogni giorno.
Ma
ormai era acqua passata.
"Beh,"
mormorò alla fine con un sorriso "Avevo portato anche dei dolci. Ti
va?"
"Volentieri,
se non disturbo."
"Figurati!"
lasciarono le scarpe sull'ultimo gradino che dava al porticato e poi entrarono
nel tempio. Kurama la portò subito nella sala da pranzo, dov'era il tavolino
basso in cui si erano radunati tante volte. O almeno, di solito c'era un
normale tavolino basso.
Adesso Kuwabara doveva aver tirato fuori il kotatsu,
in attesa dell'inverno che era appena entrato. Non era una cattiva idea, tutto
sommato, visto che iniziava a far freddo.
"Questi
non sono dolci da pasticceria!" notò Maya una volta che Shuichi le ebbe
messo davanti i biscotti. Si capiva perché erano imperfetti, ma avevano un'aria
comunque appetitosa.
"Li
ha fatti mia madre," sorrise Kurama "Serviti pure. E dimmi, come ti
sono andati questi anni?"
"Oh,
alla grande! Entrare alle superiori e dover indossare una divisa tutti i giorni
è stato un po' strano," rise lei "Però sono stata molto fortunata, lo
ammetto. E tu? So che sei andato in una scuola privata e che tua madre è stata
molto male!"
"Adesso
però è completamente guarita e si è risposata."
"Davvero?
Si è allargata la famiglia!"
"Già."
"E'
per questo che avete cambiato città quando siamo andati alle superiori?"
"E'
stato per mia madre. Dovevamo andare spesso in ospedale, così ci siamo
semplicemente trasferiti più vicini," spiegò.
"Deve
essere stata dura...dì un po', come hai conosciuto Kuwabara-kun?
Quando abbiamo finito le superiori lui le aveva appena iniziate, mi pare!"
"Infatti.
Diciamo che abbiamo un amico in comune. Vai all'università?"
"Studio
ancora, sì. Indovina?"
Kurama
sorrise "Scommetto che ha a che fare con ufo, alieni, astrologia e
quant'altro."
"Bravo!
Come hai fatto?"
"Anche
alle medie parlavi sempre di mostri e spiriti. Ammetto di aver pensato che ne
fossi un po' ossessionata, qualche volta."
"Sei
cattivo, Minamino! Non ero ossessionata! E credo di averne anche incontrato uno
una volta!"
"A-ah
sì?"
"Non
ricordo bene, sono ricordi confusi. A volte penso che sia un sogno, ma sono
quasi sicura che non sia così. Negli ultimi tempi, quando il mio potere è
diventato un po' più forte, ho iniziato a fare sogni strani. Sono sbiaditi,
sembrano vecchie foto. Chi lo sa, magari sono sogni premonitori! E' per questo
che sono venuta da Kuwabara-kun. Sono sicura che si tratti di spettri! Non lo
pensi anche tu? Conosci Kuwabara-kun, quindi non sei
oscuro a questo mondo, no?"
Kurama
annuì e sorrise con aria tesa, riempiendosi la bocca con un biscotto per non
essere costretto a rispondere nell'immediato.
Ricordi
sbiaditi, aveva detto. Altro che sogni premonitori, che fossero i ricordi che
lui le aveva cancellato? Possibile che stessero tornando? Certo, erano passato
quasi sette anni e il suo potere stava crescendo, ma il potere di quel fiore
che aveva usato non avrebbe dovuto avere una data di scadenza. Lei non avrebbe
mai più dovuto avere quei ricordi e basta.
"Che
tipo di sogni sono?" le chiese quindi, interessato.
"Oh?
beh, immagini sfocate di due persone che dovrebbero avere più o meno la mia
età. Mi sembra che stiano combattendo. E poi un mostro enorme, con qualcosa
tipo sei braccia. E' un'ombra anche lui, ma sembra spaventoso lo stesso. Sono
sicura che significhi che degli spettri presto ci attaccheranno e dovremmo
combattere per difenderci! Potrebbe essere, non trovi?" esclamò, agitando
le braccia e parlando con enfasi crescente. "Kuwabara-kun
mi ha detto che gli spettri esistono, dice che con i miei poteri non si
stupisce io riesca a vederli! Sono così emozionata!"
"Dai?
Sembra...interessante."
"Solo
interessante? Andiamo, Minamino! Dov'è il tuo entusiasmo? E' una cosa favolosa
invece! Tu non hai poteri astrali? Non vedi niente?"
"No,
niente di strano." disse, forse troppo in fretta. "Comunque mi fa
davvero piacere per te," sorrise poi.
"Grazie!
Kuwabara-kun dice che non devo parlarne a
chicchessia, ma pensavo che tu fossi okay, visto che sei suo amico. Sono
davvero felice che tu mi capisca!"
Kurama
continuò a sorridere, ma non rispose stavolta. Dov'era finito Kuwabara? Non ci
voleva così tanto per fare tre tazze di tè.
Allora
ci aveva visto giusto, quando aveva dedotto che se ne fosse andato apposta in
quel modo per lasciarlo insieme a lei, da solo.
"Kuwabara-kun ci sta mettendo una vita," notò anche
Maya, palesando ad alta voce i pensieri dello stesso Kurama. "Io devo
davvero andare, o perderò l'ultimo treno."
"E'
tardi, in effetti. Sicura di riuscire ad arrivare in stazione in tempo?"
"Dovrei.
Oh, nel caso torno indietro e dormo qui. Mi pare che ci sia un sacco di
spazio," rise.
"C'è
di sicuro posto, questo è ovvio," fece Kurama "Ma è meglio se vai. Lo
dirò io a Kuwabara-kun. Aspetta, ti accompagno."
"Grazie
Minamino, sei gentile!"
"Per
così poco," sorrise lui, prima di alzarsi e seguirla fuori. La accompagnò
per tutta la scalinata, ma non parlò molto, mentre Maya tergiversava
allegramente su tutto quello che le veniva in mente. Erano anni che non si
vedevano, e non pensò neanche per un secondo che all'altro potesse non
interessare.
Anche
perché Shuichi non mostrava affatto un'aria annoiata.
"Allora
vado."
"Sì.
Fa buon viaggio."
"Senti,
Minamino...pensi che capiterà di rivederci?"
"Beh,
non vedo perché no. Vengo qui abbastanza spesso."
"Mi
piace parlare con te," ammise Maya mordendosi lievemente il labbro
inferiore, portandosi quasi a disagio una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
La timidezza non l'aveva sfiorata neanche per un attimo, finché era stata con
lui al tempio, ma adesso sembrava un'altra. "Me ne sono ricordata come per
magia. Non mi pare che alle medie parlassimo molto, ma...mi piace conversare con
te. Quindi vorrei rivederti, sì."
Kurama
sorrise. "Fa piacere anche a me," disse, senza rivelarle che sì, alle
medie invece parlavano molto, o meglio, era lei a parlare molto. Lui sorrideva,
annuiva, a volte la prendeva in giro. Ma lei era sempre a suo agio e parlava,
parlava tanto, lo metteva sempre in mezzo ai loro discorsi, voleva sempre
sapere la sua opinione.
Poi
aveva smesso. Kurama stesso le aveva cancellato i ricordi e lei aveva iniziato
a comportarsi come se fosse un fantasma.
All'inizio,
i compagni si erano stupiti "Non
chiedi a Minamino?" chiedevano, e Maya alzava le spalle "Perché? Sto parlando con voi," era
la sua risposta.
I
primi tempi, Kurama incassava e usciva dall'aula, perché Maya era la sua unica
amica e senza lei che lo metteva in mezzo a tutte le conversazioni, non aveva
grandi motivi per rimanere a parlare con quelle persone. Poi si era ovviamente
rassegnato. Chi è causa del suo mal
pianga se stesso, si diceva.
La
scelta era stata sua, per proteggerla, quindi era inutile qualsiasi reazione.
La
fissava da lontano, mentre si allontanava sempre di più. Fino a sparire dalla
sua vita.
Non
avrebbe mai pensato che Kuwabara gliela facesse rispuntare davanti in quel
modo. Non sapeva se ringraziarlo, o maledirlo. Ma chissà, forse tutto sommato
era contento anche lui.
"Allora
ci vediamo?" gli disse lei, riportandolo con i piedi a terra.
Kurama
annuì "Se vuoi...posso passare alla stessa ora la prossima
settimana."
"Davvero?
Ne sarei felice!"
"Allora...a
presto."
"A
presto!"
Quando
tornò al tempio, Kuwabara era seduto al kotatsu e
aveva già spazzolato tutti i biscotti che aveva portato.
"Li
ha fatti tua madre questi? Deliziosi!" esclamò appena lo vide.
Kurama
sospirò, sedendosi davanti a lui. Due tazze di tè soltanto. Lo sapeva. Aveva
fatto in modo di lasciarli da soli e se ne era rimasto in disparte finché lei
non era stata costretta ad andarsene.
"Non
dovresti impicciarti della mia vita, Kuwabara-kun."
"Come?"
"Ci
hai lasciati da soli apposta. Lo apprezzo. Ma non farlo più. Maya deve stare
meno tempo possibile da sola con me!"
"E
perché? Scusa...è carina, no? La chiami anche per nome!" sghignazzò
"Andiamo, Kurama, non puoi mica fare vita di clausura!"
Kurama
scosse il capo. "Sette anni fa, un demone ha esteso il suo territorio nel
paesino dove vivevo. Mangiava gli umani, e rapì Kitajima
per via del suo già grande potere spirituale. Ho dovuto cancellarle i ricordi
di quel giorno, e per sicurezza anche quelli che riguardavano me e i suoi
sentimenti," raccontò "Più stava con me e più diventava potente. E
adesso è la stessa cosa. Più starà con me e più i suoi ricordi si faranno
chiari e torneranno. Ti avrà parlato dei suoi sogni, no?"
"Pensavo
fossero...sogni."
"No.
Sono i ricordi di quel giorno."
"E
scusa, che male c'è se ricordasse? Sono sicuro che c'è un motivo se hai
cancellato i suoi ricordi quella volta, ma adesso tu sei fortissimo e anche lei
non è male! Potrebbe persino essere la tipa perfetta per te!"
"Mi
odierà," fu l'unica cosa che disse Kurama, le mani a stringere la tazza
davanti a lui e gli occhi bassi. "Quel giorno avevo le mie ragioni, ma
oggi mi sembrano solo sciocchezze. Ho fatto una cosa terribile, cancellandole i
ricordi in quel modo. Non si può perdonare una cosa simile."
"Kurama..."
La
verità, era che lui non voleva che Maya lo odiasse. Per questo, non voleva
ricordasse.
Ma
davvero poteva impedirle di passare del tempo da sola con lui, se lei lo
desiderava?
Per questo motivo, nonostante quello che aveva detto a Kuwabara, si era
comunque presentato al tempio, la settimana successiva. Aveva promesso a Maya
che potevano vedersi, e adesso se ne pentiva. Poteva dirle che non voleva più
vederla? Ci sarebbe rimasta male, ma con un po' di fortuna sarebbe finito tutto
lì, no?
Per
la prima volta, non sapeva davvero cosa fare.
"Kurama...che
fai qui?" gli chiese Kuwabara quando lo vide arrivare, in jeans e felpa
informale. Non era appena tornato da lavoro, quell'abbigliamento lo
testimoniava. Era venuto lì apposta dopo essersi cambiato.
Kurama
si passò una mano fra i capelli e sorrise sbieco. "Alla fine, avevo detto
a Kitajima che sarei venuto e sono venuto,"
sospirò, come se la cosa gli pesasse.
A
pesargli era solamente la possibile conseguenza delle sue azioni. Che doveva
fare?
"Ah.
Ma avevi detto che..."
"Lo
so," lo interruppe Kurama, guardando tutto tranne che il volto dell'amico.
Non voleva scorgerci un eventuale sogghigno di chi la sapeva lunga. "So
cosa ho detto."
"Pensavo
avessi preso la tua decisione," gli disse Kuwabara, e il suo non era il
tono sardonico e ironico che si aspettava Kurama, così alla fine si decise a
puntare gli occhi verdi in quelli scuri dell'amico. L'altro lo fissava sì
divertito, ma non era lì per prenderlo in giro o rinfacciargli la sua
incoerenza.
Semplicemente, era la prima volta che Kuwabara vedeva Kurama davvero indeciso
per qualcosa. Non l'aveva mai visto affrontare i problemi di tutti i giorni,
l'aveva conosciuto che la malattia di sua madre era già storia vecchia e, anche
con i racconti di Urameshi, era difficile immaginarsi un Kurama diverso da
quello che aveva imparato a conoscere lui; un demone sì gentile, cordiale e
disponibile con chi apprezzava, ma anche freddo, calcolatore, e spietato
all'occorrenza. Era questo Kurama, e lo sarebbe stato sempre. Era la sua natura.
Invece adesso non solo era dispiaciuto, ma era anche teneramente insicuro.
"Lo
pensavo anche io," ammise Kurama, sospirando e tornando a fissare davanti
a sé la distesa collinare oltre il giardino del tempio di Genkai.
"Ma alla fine, che diritto ho di prendere di nuovo una decisione simile
per lei? L'ho già fatto una volta..."
Era
vero che avrebbe voluto che Maya non scoprisse la verità perché non voleva che
lei lo odiasse, e che quindi era meglio che non stesse troppo insieme a lui per
questo. Ma questo non avrebbe giovato a Maya. Che lo odiasse o che si
allontanasse lui, che cosa sarebbe cambiato? Lei sarebbe comunque sparita dalla
sua vita.
Quindi,
questa volta poteva anche fare la scelta più giusta, e lasciar decidere lei.
Forse non l'avrebbe scoperto. Forse sì e si sarebbe allontanata. Forse poteva
riuscire a perdonarlo. Non lo sapeva. Nessuno poteva saperlo.
Era
forte adesso, il suo potere era già grande. Non aveva alcun diritto di
interferire, questa volta.
E
non l'avrebbe fatto.
"Kurama...tu
volevi proteggerla!" provò a consolarlo Kuwabara, mettendogli una mano
sulla spalla, e Kurama gliene fu davvero grado, regalandogli un dolce sorriso.
Non
bastava, però.
Kuwabara
sospirò "Che smacco! Quando ho capito che Maya Kitajima
era una vecchia amica pensavo che ti avrebbe fatto bene rivederla e che potessi
trovare anche tu qualcuno come io ho trovato la mia dolce Yukina, e invece ho
fatto solo un sacco di danni!"
Kurama
inclinò il capo "Non hai fatto nessun danno, Kuwabara-kun.
Apprezzo il pensiero, credimi."
"Davvero?
Perché sei davvero strano, ed è la prima volta che ti vedo così! Sono un po'
preoccupato, lo ammetto."
"Non
ce ne è bisogno, Kuwabara-kun. E' una situazione a
cui non sono abituato e allora sono pensieroso. Ma sto bene, credimi! Non vi
preoccupate, ci vuole ben altro per buttarmi giù!"
"Forse
hai ragione!" esclamò Kazuma, passando il
braccio intorno alle spalle dell'amico e avvicinandolo a sé. "Ma mi
raccomando, Kurama, davvero. Se avessi bisogno di fare due chiacchiere o di
sfogarti, non esitare a chiamarmi. Sono sempre disponibile per gli amici!"
"Grazie,
apprezzo molto," sorrise Kurama, con un cenno riconoscente del capo.
"Anche
se ti servisse solo di menare le mani per sfogarti! Quando vuoi. Eravamo rimasti
che dovevamo allenarci, in fondo, no?"
"Non
l'ho scordato. Magari domani."
Kuwabara
annuì e stava già per ribattere quando sentì la voce cristallina di Maya
chiamare l'amico. Girandosi, la videro entrambi correre verso di loro, con lo
zainetto in spalla. A quel punto si girò verso il compagno di mille avventure e
ammiccò in sua direzione. "Ti lascio con lei allora! Ci vediamo,
Kurama!"
"Buona
serata, Kuwabara-kun," lo salutò anche Kurama,
alzando appena la mano, poi aspettò che Maya gli si facesse vicina prima di
iniziare a scendere le scale.
Sì,
lui aveva sbagliato in passato, ma non aveva alcuna intenzione di ammetterlo e
dirle la verità. Se decideva di volerlo vedere di nuovo, se facendolo fosse
avvenuto l'inevitabile, ne avrebbe accettato le conseguenze.
Ma
non voleva accelerare i tempi. Voleva...sì, voleva passare un po' di tempo con
lei, se poteva. Almeno a sé stesso poteva dirlo. Voleva costruirsi altri
ricordi oltre i pochi, troppo pochi, che aveva dai tempi delle medie.
Perché,
in fondo poteva ammetterlo, a lui Maya Kitajima
piaceva e chissà, forse se quella volta Hiei non li avesse attaccati, forse se
non avesse capito che il potere di Maya cresceva proprio a causa della sua
vicinanza, quel giorno avrebbe accettato i suoi sentimenti.
Le
avrebbe detto "anche tu mi piaci, Maya, mi piaci molto" e lei,
sbarazzina e allegra com'era, forse l'avrebbe abbracciato.
Però,
quel demone era arrivato in città, il potere di Maya cresceva, Hiei l'aveva
attaccato, e alla fine quel "mi dispiace" si era trasformato in un
"dimenticati di me; è solo un sogno".
Al
tempo pensava veramente di non avere scelta. Era debole, persino più debole di
quel demone che, adesso, avrebbe ucciso con la sola emanazione demoniaca.
Nonostante
tutto, Maya Kitajima era stata l'unica ragazza umana
ad interessargli, in tutti quegli anni. Quindi, tanto valeva approfittarne. Per
quel che sarebbe durato.
A
lui bastava, gli era sempre bastato.
"Minamino?
Minamino, sei con me?"
Si
riscosse, al richiamo della ragazza, e si voltò verso di lei. Si era perso nei
suoi pensieri e non se ne era neanche accorto.
"Scusami,
mi sono distratto. Stavi dicendo qualcosa?"
"Me
ne sono accorta!" rise lei, sbarazzina. Kurama ascoltò quella risata e la
trovò incantevole. Sorrise anche lui. "Volevo andare a prendere qualcosa
da bere. Che ne dici? Eh?"
"Sì,
va bene. Offro io," fece lui, indicandole un bar lì vicino. In quel modo,
non sarebbero stati neanche troppo lontani dalla stazione e avrebbero preso
facilmente l'ultimo treno della serata.
Kitajima ordinò una cioccolata calda e Kurama
un tè nero, che la cameriera portò loro in poco meno di dieci minuti; a quanto
pareva non c'era nessuno, quella sera.
"Come
vanno gli allenamenti con Kuwabara-kun?"
s'interessò dopo un po', guardandola fissa in quegli enormi occhi marroni, un
po' sporgenti, e tanto espressivi.
"Oh,
alla grande! Sai? Sono convinta che un giorno riuscirò a vedere finalmente un
demone vero! Anche se Kuwabara-kun dice sempre che
non mi conviene. Io sono convinta che non tutti i demoni siano cattivi, non lo
pensi anche tu? Non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, no?"
"E'
vero, però se si chiamano demoni non danno idea di poter essere
amichevoli."
"Ma
che dici! No, no, non sono d'accordo! Io non ne ho mai visti, e se li ho visti
non me ne sono mai accorta, Kuwabara-kun dice che
molti di loro sono così simili agli umani che a volte se non sei bravo a
scorgere l'energia demoniaca, passano completamente inosservati. Divento sempre
più brava in questo, e da qualche giorno ho anche iniziato ad allenarmi per
combattere!"
"Per...combattere?"
"Naturale!
Voglio incontrarli, ma non voglio farmi prendere impreparata se ne incontro uno
aggressivo. Come dice Kuwabara-kun, meglio essere in
grado di colpirlo per distrarlo e poi scappare alla velocità della luce! Devo
dire che ha ragione," rise lei "Non pensi?"
"Sì.
Sono decisamente più tranquillo se penso che potresti essere almeno in grado di
scappare," ammise Kurama con un sorriso.
Maya
arrossì appena a quelle parole, senza sapere bene perché con precisione.
"Devi stare sempre tranquillo io...io non sono così indifesa. No..."
"Mi
fa piacere saperlo," fece lui, intenerito dall'espressione fatta dalla
ragazza. Non gli pareva di aver detto qualcosa di troppo imbarazzante, ma lei
era arrossita e lui non aveva potuto che sorriderne.
Non
aveva incalzato per non metterla oltre in imbarazzo, e una volta che ebbe
finito la cioccolata si alzò per andare a pagare, prima che entrambi si
avviassero di nuovo verso la stazione.
Presero
insieme l'ultimo treno, chiacchierando con normalità. O meglio, Maya parlava
tantissimo, di continuo, non stava zitta quasi mai; parlava di spettri, demoni,
dei suoi sogni, delle lezioni all'università, di quanto fosse contenta di rivederlo,
rivangava vecchi episodi di scuola, quelli che poteva ricordare, facendo
tornare in mente a Kurama mille alte cose.
Lui,
però, alla fine non faceva che limitarsi a rispondere, annuire, sorridere. E
ascoltare.
Gli
piaceva ascoltarla.
Hiei
avrebbe detto che era un pazzo masochista, quella parlava troppo, con troppo
entusiasmo, di troppe cose diverse.
Ma
a Kurama piaceva.
La
fermata di Kitajima era due prima della sua, ma
quando lei si alzò per scendere, lo fece anche lui.
"Allora
io...oh? Che fai?" gli chiese, sorpresa di vederselo in piedi accanto a
lei, davanti alle porte del treno che stavano per aprirsi per permettere la
discesa.
"Ti
accompagno," sorrise semplicemente Kurama, come se fosse la cosa più
normale del mondo.
"Ma
sei matto? E' l'ultimo treno, poi come torni a casa?"
"Prenderò
un taxi. Non è un problema, credimi," assicurò. Avrebbe corso, saltando da
un tetto all'altro, in quel modo avrebbe fatto anche prima. Non era un grosso
problema, per lui.
Dopotutto,
restava un demone.
"Spenderai
un sacco di soldi!"
"Sta
tranquilla e lasciati accompagnare! Sarei davvero un pessimo uomo se ti
lasciassi andare tutta da sola con il buio che è sceso!" scherzò.
"Però..."
Kurama
sorrise e scosse la testa. "Mi va di accompagnarti e stare un altro po' con
te. Posso?"
Maya
arrossì di nuovo, soprattutto in zona orecchie, maledicendosi per non avere i
capelli abbastanza lunghi da nascondere quel dettaglio imbarazzante. Staccò gli
occhi dal profilo elegante e bellissimo di Shuichi e annuì, abbassando appena gli
occhi.
"Se
la metti così..." mormorò.
Maya
sentiva chiaramente il proprio cuore battere furiosamente in petto e per un po'
non riuscì a dire più una parole. Raramente restava a bocca asciutta, ma
Shuichi aveva questo potere.
Le
piaceva stare con lui, era come se fosse abituata a parlarci, a riderci
insieme. Come se non fosse una novità. Lo era, perché alle medie quasi non si
parlavano, ma le dava un dolce senso di nostalgia, e se ne sentiva avvolta, si
sentiva bene. Era strano, se ci pensava. Però era così che si sentiva.
Come
se stare con lui fosse qualcosa di abitudinario, di normale.
E
le piaceva.
Riprese
a parlare a più non posso, mentre camminava al suo fianco, e i sorrisi gentili
di Shuichi la rassicuravano e la facevano sentire bene. Non le piaceva stare in
silenzio, si sentiva subito in imbarazzo. Così per lei era molto meglio e,
tutto sommato, le sembrava che Shuichi ascoltasse con interesse. Non pareva
annoiato, e se lo era lo nascondeva egregiamente.
"Io
sono arrivata," gli sorrise dopo quasi mezz'ora che camminavano insieme,
in quelle stradine buie.
"Vivi
in un quartiere davvero poco illuminato. Quando torni dagli allenamenti lo fai
sempre a quest'ora?" notò Kurama, guardandosi intorno. Non era un buon
posto in cui lasciare sola una ragazza di sera tarda, gli sembrava.
"Vengo
a quest'ora solo il mercoledì perché finisco tardi a lezione," gli spiegò
lei "Sta tranquillo! E' vero che non è illuminato ma ci sono molti meno
delinquenti di quanto possa sembrare!"
"Se
lo dici tu..."
"Fidati!"
rise "Sei sicuro di voler tornare in taxi? Sei stato molto gentile ad
accompagnarmi fino a casa, non so come ringraziarti..."
"Non
è stato un problema, anzi, mi ha fatto molto piacere."
"Sul
serio?"
"Sul
serio," assicurò lui, con fermezza.
Maya
a quel punto sorrise. "Allora ti va di rivederci? Magari più spesso? Non
so bene perché ma mi da una gran sensazione di nostalgia stare con te, è come
se fosse la cosa più vecchia del mondo! Ah...ehm, cioè..." tentennò,
quando si accorse dell'espressione stupefatta di Kurama, senza sapere che non
era per lo stesso significato che intendeva lei che lui era così sorpreso.
Le
dava una sensazione di nostalgia, diceva. Perché era proprio come ai vecchi
tempi, ma lei non poteva saperlo!
Il
suo potere astrale era davvero così grande? Gli ricordava Kuwabara, quando i
primi tempi parlava di continuo di sensazioni e non capiva che tutto quello non
era altro che la manifestazione dei suoi grandi poteri, che si erano sviluppati
per bene solo dopo duri allenamenti. Che anche Maya potesse diventare così
forte, con gli anni e gli allenamenti?
Kuwabara,
adesso che non c'era più Genkai, era l'essere umano
con i poteri astrali più potenti, e lo stava dimostrando. Maya non era al suo
livello iniziale ma aveva un immenso potenziale.
Per
un qualche motivo, se ne sentì orgoglioso e spaventato al tempo stesso.
"La
penso allo stesso modo," le disse quindi, con semplicità, costringendola
ad arrossire nuovamente.
"Davvero?"
"Sì.
E quindi sì, mi piacerebbe rivederci più spesso, se ne hai voglia."
"Ne
ho tantissima voglia!" squittì d'istinto lei, prima di pensare a quanto
potesse suonare imbarazzante quella frase, a orecchie esterne.
Anche
Kurama, infatti, scoppiò a ridere.
"Facciamo
così, ti do il mio numero di telefono, così ci sentiamo. Tu lavori e io studio
quindi bisogna mettersi d'accordo. Ecco, sì. Che...che ne dici?"
"Va
bene. Per me non c'è problema."
Maya
strinse le labbra fra di loro, per evitare che il suo sorriso diventasse
eccessivamente smagliante, euforiche, nonostante lei si sentisse proprio così.
Scrisse velocemente il numero su un pezzo di carta e glielo passò. Kurama fece
lo stesso e le sorrise.
"Buonanotte,
Kitajima."
"Buonanotte a te, Minamino."
* La battuta è del manga. Sinceramente non l'ho
mai capita x°°
La spiegazione successiva invece è la
reale motivazione per cui Togashi ha chiamato Kurama
così. E mi pare che anche Hiei sia un monte.