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Autore: Saigo il SenzaVolto    08/03/2018    1 recensioni
AU, CROSSOVER.
Prequel de 'La Battaglia di Eldia'
Boruto Uzumaki, il figlio del Settimo Hokage di Konoha. Un prodigio, un genio. Un ragazzo unico nel suo genere.
Un ragazzo il cui sogno verrà infranto.
Una famiglia spezzata. Una situazione ingestibile. Un dolore indomabile. Una depressione profonda. Un cuore trafitto.
Ma, anche alla fine di un tunnel di oscurità, c'è sempre una luce che brilla nel buio.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. La sua crescita, la sua famiglia, il suo credo, i suoi valori.
Leggete e scoprite la storia di Boruto Uzumaki. Un prodigio. Un ninja. Un traditore. Un Guerriero.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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MISSIONE




 




RIASSUNTO INTRODUTTIVO


Dire che Boruto era stanco era riduttivo. Anche dire che Mikasa era irritata era riduttivo.

Ma dire che Sora fosse completamente esasperato e furioso era decisamente riduttivo.

Queste ultime settimane erano passate con una lentezza disarmante per i nostri tre giovani protagonisti. Boruto, Sora e Mikasa non avevano fatto altro che ripetere la stessa e solita routine dalla mattina alla sera per tutto questo tempo sin da quando erano diventati ufficialmente un Team.

Ogni mattina i ragazzini si incontravano sempre all’alba nel loro campo di addestramento assieme a Annie-sensei per la loro sessione giornaliera di allenamento ed esercitazione. L'allenamento a cui la maestra li sottoponeva era intenso e stancante, e variava di volta in volta per potenziare e migliorare le abilità dei giovani. Poi, verso mezzogiorno, tutti e quattro si dirigevano nello studio dell’Hokage per ricevere le loro missioni quotidiane da svolgere come d’obbligo per ogni squadra di Genin.

All’inizio, circa due settimane prima, tutti i tre giovani erano rimasti eccitati all’idea di poter finalmente ricevere missioni ed incarichi per conto del Villaggio. Dopotutto, la loro aspirazione principale era diventare dei ninja abili e potenti, e per farlo dovevano necessariamente svolgere delle missioni ed acquisire esperienza. Perciò non avevano potuto evitare di sentirsi piuttosto nervosi e trepidanti appena la loro maestra aveva detto loro di prepararsi per svolgere quotidianamente delle missioni.

Tuttavia, l’entusiasmo era durato poco. Perché?

Missioni di rango D. Sempre e solo missioni di rango D. Per tutta la durata di queste due settimane, per tutti questi lunghissimi ed interminabili giorni, loro non avevano fatto altro che svolgere missioni di rango D.

La cosa stava diventando estenuante.

Il problema in sé erano le missioni stesse. Boruto e gli altri avevano creduto, infantilmente, certo, che dopo un po’ di tempo di assestamento avrebbero ricevuto degli incarichi piuttosto importanti per conto dell’Hokage. Dopotutto, il loro Team era uno di quelli che stava avendo il miglior sviluppo e la maggiore crescita tra tutti. Nel corso di queste due settimane Boruto, Mikasa e Sora avevano svolto con successo e senza intoppi ben 45 missioni di rango D. Era un record che non si vedeva dai tempi di Kakashi Hatake nei suoi anni d’oro!

La cosa sarebbe stata un successo per loro, se non fosse stato per un piccolo, minuscolo particolare che andava a rovinare tutto il quadro.

Le missioni erano una noia immensa.

Non c’era assolutamente nulla di intrigante in esse. Non c’era niente da imparare. Niente da osservare. Niente di niente. Consistevano per la maggior parte da lavori manuali per varie attività economiche e commerciali del Villaggio. Ed erano tutte quante MALEDETTAMENTE MONOTONE E RIPETITIVE!

Boruto e gli altri avevano, in queste sole due settimane, fatto una miriade interminabile di lavori inutili e noiosi come: consegnare posta per i servizi postali, caricare e scaricare merci in innumerevoli negozi e centri commerciali, rifornire e consegnare pacchi per piccole attività private, scortare nobili arroganti durante le loro uscite per fare shopping, o persino trovare animali smarriti e riconsegnarli ai loro padroni! Ma che diavolo erano diventati, dei tuttofare al servizio di ogni singolo abitante del Villaggio?! Non riuscivano a credere che la gente potesse assumere dei NINJA per svolgere della attività così inutili per la crescita e la formazione dei giovani Shinobi! Possibile che l’Hokage permettesse ai ninja di svolgere incarichi simili? Che senso aveva?

Certo, Annie e tutti gli insegnanti dicevano sempre che uno Shinobi deve sempre essere preparato a gestire ogni situazione che gli capitava dinanzi, e che il lavoro manuale era il primo passo per abituare i Genin alle missioni importanti, ma cavolo! Così era una vera e propria tortura!

Boruto aveva seriamente valutato l’ipotesi di rifiutare qualche missione, ma Annie-sensei era stata intransigente con lui e con gli altri due, obbligandoli a svolgere quotidianamente non meno di 5 missioni alla volta senza mai acconsentire alle loro suppliche.

I tre giovani Genin dunque non avevano avuto altra scelta che ubbidire, svolgendo a testa bassa e con irritazione tutte quelle missioni di rango D senza fiatare. Ma quello non era il solo problema che stavano vivendo i tre amici.

L’altro vero problema era la loro costante sorveglianza da parte di Annie Leonhardt, la loro sensei.

Nel corso di queste settimane, Boruto e gli altri avevano imparato a conoscere meglio la giovane maestra che l’Hokage aveva affibbiato loro. Annie, oltre che ad essere incredibilmente forte e abile in tutti i campi della lotta, era anche incredibilmente severa ed intransigente su ogni cosa. OGNI SINGOLA COSA!

Pretendeva obbedienza assoluta per ogni ordine che impartiva ai ragazzi, e non tollerava neanche una minima trasgressione. Boruto e Mikasa, che erano i più silenziosi e i più svegli del gruppo, avevano imparato piuttosto in fretta a limitarsi ad obbedirle senza fiatare, ma con Sora non era stato così. Il giovane moro era loquace e schietto, e dava sempre voce ai suoi pensieri e le sue opinioni, anche quando andavano contro a quelle della maestra. Non esitava mai a dire la sua, a chiedere spiegazioni o persino a controbattere tutto ciò che la sensei diceva loro a volte. Il risultato di ciò?

Ogni giorno Sora tornava a casa pieno di lividi e bernoccoli sulla testa.

Tuttavia, anche se poteva sembrare una persona orribile ed intransigente, Annie si era rivelata agli occhi dei suoi allievi anche sotto alcuni aspetti piuttosto positivi nel corso di queste settimane.

Boruto e gli altri avevano scoperto che la loro giovane maestra era silenziosa e calma in ogni situazione, e durante gli allenamenti non esitava a correggere ed impartire loro lezioni e consigli per aiutarli a migliorare nelle cose in cui sbagliavano. Inoltre, se vedeva che i suoi allievi erano troppo stanchi o esausti dopo un allenamento, la ragazza dimostrava di saper essere paziente e di lasciarli riposare in anticipo o addirittura di annullare le loro sessioni di allenamento per quel giorno.

Quindi, dopotutto, Annie aveva anche i suoi lati positivi, in un certo senso.

Anche se, secondo Boruto e gli altri, quella ragazza aveva seriamente bisogno di farsi una vita. Era davvero troppo monotona a volte! Persino Mikasa non era sempre e costantemente impassibile ed indifferente come lei! Non era normale una cosa del genere!

E questo fu come, a grandi linee, i nostri tre giovani amici passarono il corso di queste due settimane alle prese con un ANBU severo ed intransigente e delle missioni noiose come la morte.

Ma Boruto e i suoi inseparabili amici non avevano idea che le cose sarebbero cambiate molto prima di quel che avrebbero mai potuto pensare.
 



28 Febbraio, 0015 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Torre dell'Hokage
08:35

Quel mattino, i tre giovani amici continuarono a seguire per le vie del Villaggio la loro maestra senza fiatare, confusi e pieni di domande nelle loro teste.

Dopotutto, non si erano aspettati che Annie decidesse così improvvisamente di saltare il loro solito allenamento mattutino come aveva fatto oggi.

“Come mai stamattina non ci alleniamo come al solito, sensei?” domandò curiosamente Sora alla fine, seguendo per le vie del Villaggio la figura di Annie che camminava davanti a lui e ai suoi compagni. Boruto e Mikasa si domandarono la stessa cosa nelle loro teste.

La maestra non si voltò verso di loro, continuando a procedere. “Stamattina ho deciso di acconsentire ad una vostra richiesta.” rispose semplicemente.

Boruto inarcò un sopracciglio. La fredda e gelida Annie-sensei che decideva di sua spontanea volontà di assecondare una loro richiesta? Questa era nuova. Non se lo aspettava di certo.

“Quale richiesta?” domandò il biondo.

L’ex ANBU continuò a camminare senza girarsi. “Lo vedrete tra poco.” si limitò a rispondere.

Boruto e gli altri sospirarono, ormai abituati all’indifferenza e alle risposte brevi e concise della loro sensei. Rimasero in silenzio per tutto il resto della loro camminata, giungendo alla fine dinanzi alla Torre dell’Hokage e raggiungendo in un paio di minuti l’ufficio del Settimo senza mai parlare.

Tutti e quattro si fermarono davanti alla scrivania dell’Hokage, mettendosi uno di fianco all’altro sull’attenti. Naruto era come sempre seduto sulla sua poltrona a firmare dei documenti, mentre alle sue spalle Shikamaru era intento a leggere vicino alla finestra un foglio.

Naruto non poté trattenere il suo sorriso appena vide entrare il Team di cui faceva parte suo figlio. Era risaputo che tra tutti i nuovi Team di quest’anno questo fosse uno di quelli che si stava sviluppando meglio, e nemmeno lui poteva negarlo. Il loro numero di missioni svolte fino ad oggi era piuttosto impressionante, il loro lavoro di squadra era eccellente rispetto agli altri e le loro abilità individuali erano decisamente più elevate della media.

Il giovane Hokage non poté fare a meno di provare una punta di orgoglio nei confronti del suo primogenito e dei suoi inseparabili compagni. Dopotutto, nonostante il loro rapporto fatto di astio e freddezza, Naruto era fiero di Boruto. In queste settimane aveva avuto modo di vedere molto bene la sua intelligenza, la sua forza e la sua dedizione grazie ai rapporti sulle missioni e le descrizioni che Annie gli forniva sui suoi Genin. E Naruto doveva ammettere che i risultati che suo figlio stava ottenendo erano più che soddisfacenti per la sua età.

Se solo Boruto e lui non fossero stati in pessimi rapporti tra di loro, Naruto era certo che sarebbe davvero stato al settimo cielo in questi giorni.

“Il Team 3 è qui per una richiesta, Hokage-sama.” parlò alla fine Annie a nome della squadra con il suo tono di voce serio di sempre.

Naruto annuì, la sua espressione indecifrabile. “Siete qui per un’altra missione immagino,” disse. “Ho giusto qui un paio di fogli per delle nuove missioni di rango D che potrebbero-”

“No, Hokage-sama,” lo interruppe Annie con rispetto, facendo un passo in avanti e fissando il Settimo negli occhi. “In quanto sensei della squadra, richiedo formalmente a nome di tutti i miei allievi l’assegnamento di una missione di rango C.”

Boruto, Mikasa e Sora sgranarono gli occhi all’udire ciò. Naruto invece inarcò un sopracciglio.

“Ne sei certa, Annie?” le chiese l’Hokage, fissando l’ANBU con uno sguardo serio come non mai. Non poteva prendere alla leggera una richiesta simile. Le missioni di rango C erano spesso semplici, ma non erano rari i casi in cui succedevano degli imprevisti che potevano rendere più complicato lo svolgimento di una missione simile.“Sei sicura che il tuo Team sia pronto per questo genere di missioni?”

“Lo sono, Hokage-sama.” rispose immediatamente lei. “Tutti i miei allievi hanno compiuto un lavoro eccellente in queste sole due settimane. La loro dedizione e i loro miglioramenti si vedono ad occhio nudo, e non posso negare che il loro impegno sia ineffabile. Sono certa che possano risolvere senza problemi una missione di rango più elevato.”

Boruto e gli altri due suoi compagni rimasero a bocca aperta. Era la prima volta che Annie-sensei parlava di loro in quella maniera così inaspettatamente orgogliosa e soddisfatta. Non si sarebbero mai aspettati da parte sua un elogio dinanzi all’Hokage. Specialmente poi con loro tre presenti.

Naruto, da parte sua, rimase a fissare il volto serio ed inespressivo della giovane maestra per un paio di secondi. Poi, sorridendo appena con le labbra, annuì leggermente con la testa. “Molto bene. Se la pensi così allora acconsentirò la vostra richiesta. Ho la missione giusta che fa al caso vostro.”

Il Settimo fece un cenno con il capo a Shikamaru, il quale si mosse verso uno scaffale alla sua sinistra dal quale tirò fuori una grossa valigia grigia di metallo, poggiandola subito dopo sulla scrivania di Naruto.

Il Settimo aprì la valigia davanti a tutti i presenti, rivelando al suo interno un piccolo arnese di metallo dalla forma simile ad un bracciale.

“Questa che vedete,” cominciò a spiegare Naruto, sollevando l’oggetto in questione. “È un’arma tecnologica di ultimo livello sviluppata dal centro di Ricerca Tecnologica. Al momento è solo un prototipo in fase di miglioramento, ma il suo progetto è promettente e molto, molto utile in principio. Permette di sferrare dei jutsu di alto livello senza l’utilizzo del chakra grazie a degli speciali rotoli di dimensioni ridotte contenuti al suo interno.”

Mikasa assottigliò gli occhi. Sora fece un’espressione stupita. Boruto fissò il bracciale con attenzione.

Un’arma tecnologica,” pensò tra sé il biondino. “Proprio come quelle che Urahara-sensei ha dato a Mikasa e Sora…”

“Questa tecnologia è eccellente e all’avanguardia,” continuò Shikamaru al posto del Settimo. “E potrebbe essere un grosso beneficio per il Villaggio e per l’Hokage nel prossimo futuro. Tuttavia, questo progetto potrebbe rivelarsi anche molto pericoloso. Con un’arma simile infatti, molte persone con intenzioni malvagie potrebbero causare disastri e generare conflitti e terrore anche senza possedere abilità ninja.”

Boruto annuì mentalmente. “Un’arma a doppio taglio, dunque.”

Poi, prima che chiunque potesse dire qualcosa, Shikamaru si diresse verso la porta dell’ufficio, aprendola e facendo entrare una figura comparsa così all’improvviso fuori dalla stanza. Era un uomo alto di statura robusta, con dei capelli castani molto corti e degli occhiali verdi. Indossava un camice bianco da scienziato, ed il suo volto era squadrato e piuttosto grassoccio.

“Lui è Katasuke Tono,” disse a tutti Naruto, presentando l’uomo in questione appena entrato nella stanza. “È un Jonin Speciale che lavora come scienziato nella Divisione Scientifica delle Armi Ninja, ed è colui che ha realizzato il progetto di quest’arma tecnologica.”

Katasuke accennò un inchino, sorridendo ampiamente verso tutti i presenti. “Lieto di fare la vostra conoscenza.”

I tre Genin lo salutarono a loro volta con un inchino.

“La vostra missione è questa,” disse poi Naruto, rimettendo l’arma nella valigia e richiudendola con una mano. “Prendere quest’arma tecnologica e dirigervi presso il laboratorio di Ricerca Tecnologica nella città di Ryuutan. Katasuke verrà insieme a voi quattro, e voi dovrete scortarlo fino a lì assieme a questa valigia per trasportare i dati ottenuti con quest’arma al laboratorio per effettuare nuovi sviluppi. Questa è una missione di rango C.”

Katasuke si grattò la testa, sorridendo in maniera piuttosto imbarazzata. “Già. In pratica il succo della questione è questo. Mi affido alle vostre mani.”

Sora lo guardò con un’espressione confusa. “C’è una cosa che non capisco,” disse poi con un tono serio. “Perché lei ha bisogno di una scorta per portare quella valigia al laboratorio?”

Katasuke sospirò, grattandosi un braccio. “In quest’ultimo periodo abbiamo avuto dei problemi durante la realizzazione del progetto di quell’arma tecnologica.” spiegò lentamente. “Ci sono stati diversi tentativi da parte di persone sconosciute e misteriose di impossessarsi di quella tecnologia per scopi che non conosciamo. Per questo motivo ho richiesto una scorta qualche giorno fa.”

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. “Lei sta dicendo che qualcuno ha tentato di rubare il progetto?” domandò con serietà e sospetto.

“Esatto,” rispose Shikamaru per lui. “L’arma tecnologica non deve assolutamente finire nelle mani di quelle persone, per nessun motivo al mondo. Non sappiamo cosa potrebbero fare con questa tecnologia se riuscissero a impossessarsene.”

Annie si voltò verso l’Hokage. “Abbiamo qualche ipotesi su chi siano queste persone?” domandò.

Il Settimo scosse la testa. “Purtroppo no. Tutto ciò che sappiamo è che dei misteriosi ninja vestiti di nero hanno tentato di intrufolarsi nel laboratorio del Villaggio per rubare il progetto. Le guardie del laboratorio li hanno scoperti subito, ma i ladri sono fuggiti prima di poter essere catturati.”

Boruto sentì uno strano senso di inquietudine accarezzargli la mente all’udire la spiegazione di suo padre. Le parole che Urahara-sensei aveva rivolto a lui e ai suoi compagni diverso tempo fa gli riecheggiarono all’improvviso nella mente.

Noi viviamo in un tempo di pace, ma l’oscurità e i pericoli non sono terminati. Là fuori, il mondo è ancora pieno di persone pericolose che un giorno, in un modo o nell’altro, tutti voi finirete per incontrare.

Il biondino serrò i denti. Urahara aveva ragione.

“Tuttavia questa cosa non dovrebbe interessarvi,” disse subito dopo Shikamaru, riscuotendolo dai suoi pensieri. “Abbiamo già diversi Shinobi che si stanno occupando di questo problema. Il vostro unico obiettivo invece è scortare Katasuke e quella valigia al laboratorio di Ryuutan.”

Annie prese la valigia sulla scrivania con una mano. “Capisco,” disse con la sua solita voce fredda. “C’è altro da sapere, Hokage-sama?”

Naruto scosse la testa. “Non c’è altro da dire. Avete domande?”

I tre Genin si limitarono a restare in silenzio. Annie si portò affianco a loro.

“Molto bene allora,” disse il Settimo. “Team 3, potete andare!”
 



28 Febbraio, 0015 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Stazione di Shinshigai
09:00

Il treno si fermò con un sibilo metallico davanti a tutti loro.

“Finalmente!” esclamò Sora, balzando giù dalla panchina. “È arrivato il treno!”

Boruto e Mikasa si alzarono dopo di lui, seguiti a ruota da Katasuke e Annie, la quale teneva sempre con sé la valigia contenente l’arma tecnologica.

Tutti e cinque salirono sopra il treno subito dopo, facendosi largo tra la calca di gente che affollava i vagoni. Il treno era affollato e pieno zeppo di civili, per cui fu piuttosto difficile riuscire a trovare dei posti liberi. Tuttavia, dopo un po’ di ricerche, i tre ragazzi e i due adulti riuscirono a sedersi tutti insieme su una serie di sedili posti nell’ultimo vagone del treno.

Il viaggio proseguì per diversi minuti con tranquillità e in silenzio, mentre ognuno badava ai fatti suoi, ascoltando il rumore metallico delle rotaie. Il treno sfrecciava a grande velocità attraverso i campi verdi e i boschi fuori dal Villaggio, diretto alla massima velocità verso la stazione di Ryuutan, che distava quindici chilometri da Konoha.

Poi, all’improvviso, durante il viaggio Sora si voltò verso Katasuke con un sorriso a trentadue denti.

“Ehi, Katasuke-san! Posso farle una domanda?” domandò il moro.

Lo scienziato annuì, sorridendo a sua volta. “Certo, chiedi pure.”

“Lei che cosa fa di preciso nella Divisione Scientifica?”

Katasuke ridacchiò, grattandosi la nuca in un moto d’imbarazzo. “Beh, questo è un po’ difficile da spiegare!” cominciò a dire lui, attirando l’attenzione di tutti gli altri. “In sostanza potrei dire che io e gli altri che lavorano con me al laboratorio cerchiamo di creare e sviluppare progetti che possano aiutare le persone in diversi modi mediante la tecnologia.”

Mikasa lo guardò con un sopracciglio incurvato. “E in che modo?”

L’uomo sorrise, grattandosi il mento. “Per esempio creando mani e piedi artificiali!” rispose.

Gli occhi di Boruto si sgranarono leggermente. “Mani e piedi… artificiali?” ripeté, confuso.

Katasuke annuì. “Dovete sapere che durante la Quarta Guerra Mondiale dei Ninja io lavoravo nell’unità medica del Villaggio.” disse. “E, purtroppo, quando ero lì ho avuto modo di vedere persone che hanno subito parecchie perdite e ferite molto gravi. Alcuni ad esempio hanno perso un arto, altri li hanno persi entrambi, e c’è persino chi invece è rimasto completamente paralizzato a causa di ferite gravi.”

Boruto e gli altri ascoltarono con interesse.

“Poi, circa dieci anni fa, io presi una decisione!” continuò a dire lo scienziato. “Decisi di dedicarmi alla Ricerca Tecnologica per riuscire ad aiutare tutte le persone che ne avessero bisogno. Ovviamente all’inizio non fu facile, ma adesso io e molti miei collaboratori siamo riusciti a creare degli arti artificiali che hanno permesso a moltissime persone di vivere ancora una volta in una maniera più normale possibile, anche se avevano perso una gamba o un braccio. E questo è solo un esempio di quello che la tecnologia ninja ci ha permesso di fare nel corso degli anni.”

Sora annuì. “Capisco. Quindi lei crede che la Tecnologia possa essere un aiuto e un supporto per tutti?”

“Certo,” rispose quello. “Le armi ninja e la tecnologia in generale possono essere di grande aiuto per tutti quanti. Ma, al giorno d’oggi, ci sono molte persone che criticano la tecnologia e il progresso scientifico dicendo che esso potrebbe causare qualcosa di negativo. Io però non ragiono così. Io credo, dovete sapere anche voi, che un oggetto scientifico in sé non è né utile né nocivo da nessun punto di vista. La cosa importante è come esso venga usato dagli altri. In questo modo esso potrebbe essere utile. Ma potrebbe anche causare delle cose negative, se finisse nelle mani sbagliate.”

Boruto fece roteare gli occhi in un moto di irritazione. “Wow! Grazie mille per averci spiegato una cosa evidente a tutti, Capitan ovvio…”

“INCREDIBILE!” esclamò Sora appena un attimo dopo, il suo volto illuminato come se avesse scoperto qualcosa di inconcepibile. “NON AVEVO IDEA CHE LA SCIENZA POTESSE ESSERE VISTA ANCHE COSÌ!”

Mikasa e Boruto si schiaffarono una mano in faccia. “Ok… quasi tutti…”

Ma poi, prima che chiunque potesse dire o fare qualcos’altro, accadde qualcosa.

GACHUNK!

Il treno tremò all’improvviso con forza e fragore, spaventando a morte tutti i passeggeri. Le pareti dei vagoni si scossero con prepotenza, mentre una specie di scricchiolio acuto e raccapricciante riecheggiò nell’aria. Poi, subito dopo, un potente rumore metallico si sentì provenire dall’esterno del treno, seguito da una serie di suoni metallici più leggeri e acuti, simili a dei passi.

Boruto e gli altri balzarono in piedi appena il treno si mise a tremare, reggendosi con forza ai sostegni di metallo dei vagoni e guardandosi attorno con gli occhi sgranati.

Ma che diavolo…” pensò il biondo, teso.

“C-Cos’è stato?” esclamò Katasuke ad alta voce, reggendosi con forza sul sedile.

“State all’erta.” disse Annie ai suoi allievi, guardandosi attorno con i suoi occhi freddi ed un’espressione seria e tesa in volto.

Tutti i passeggeri si misero ad urlare tra di loro, generando un fracasso insopportabile ed intenso. I rumori metallici continuarono senza sosta, ed il soffitto del treno che continuava a sfrecciare ad alta velocità sembrò improvvisamente piegarsi in alcuni punti verso il basso.

Gli occhi di Boruto si sgranarono. “Il soffitto!” esclamò, puntando un dito verso l’alto. “C’è qualcosa sul soffitto del treno!”

Mikasa e Sora s’irrigidirono, mentre Annie e Katasuke alzarono lo sguardo. Tutto il treno prese a tremare incessantemente con più forza appena un secondo dopo, generando una serie di rumori assordanti con le rotaie che sfregavano con forza sulla ferrovia.

“Fermate il treno!” gridò Annie a gran voce, rivolgendosi alle persone negli altri vagoni. “Dite agli autisti di fermare il treno!”

Il fragore dei passeggeri terrorizzati si acquietò un attimo, ma non scomparve del tutto.

“Non si può!” fece la voce di qualcuno da un vagone più avanti, il suo tono frenetico. “I controlli sono stati manomessi dall’esterno in qualche modo! Non riescono a fermare il treno! Stiamo andando completamente fuori controllo!”

Sora sgranò gli occhi. “Cosa?!”

“Stai calmo, Sora!” lo incalzò subito Mikasa, i suoi occhi glaciali puntati sul soffitto. “Non lasciarti prendere dal panico!”

I passi metallici si fecero più forti e pensanti. Il tetto del treno sembrò tremare a causa del peso di qualsiasi cosa fosse comparso sopra di esso.

“Boruto, Mikasa, Sora!” disse Annie con un tono tremendamente serio, passando la valigia allo scienziato. “Restate qui e proteggete Katasuke e la valigia. Io vado a vedere che sta succedendo là fuori.”

I suoi allievi tentarono di protestare, ma la maestra scoccò loro un’occhiata che li fece desistere immediatamente.

“Va bene, sensei!” risposero tutti insieme.

Annie annuì, voltandosi di scatto un momento dopo e cominciando a muoversi in mezzo alla calca di gente che aveva preso a correre per tutti i vagoni in preda al panico, scomparendo tra la massa dopo un paio di secondi.

“Calmatevi!” tentò di urlare Boruto a tutti coloro che erano vicini a lui. “Non agitatevi! State calmi!” Assieme a lui, anche Mikasa e Sora presero a tentare di richiamare la gente per farla smette di urlare.

Ma nessuno diede loro minimamente retta. Un altro suono metallico pesante si sentì da sopra il tetto dopo un secondo, seguito da una serie di sibili strani e scattanti. Una bambina strillò in fondo ad un vagone.

Boruto si guardò attorno freneticamente. “Dannazione!” imprecò. “Che diavolo sta succedendo lassù?”

Mikasa si portò accanto a lui. “Che facciamo, Boruto?”

“Non possiamo lasciare Katasuke!” disse lui con palese nervosismo, fissando lo scienziato che se ne stava seduto sul sedile con uno sguardo terrorizzato, la sua valigia stretta tra le braccia. “Qualunque cosa ci sia sopra il treno, dovrà essere Annie-sensei ad occu-”

Non ebbe il tempo di finire la frase.

Con un sonoro CRASH ed un fremito potente delle pareti del treno, tutti i vetrini del vagone si frantumarono all’istante in mille pezzi che schizzarono all’aria, ferendo i passeggeri e causando urla di orrore e spavento. Poi dalle finestre rotte sbucarono fuori delle figure inaspettate, entrando nel vagone con degli schiocchi metallici.

Boruto, Mikasa e Sora sgranarono gli occhi.

Erano delle marionette, senza ombra di dubbio. Erano fatte interamente di legno brunastro, ma le mani, i piedi e la testa erano metallici, e tutte indossavano sulle spalle una specie di cappa nera stropicciata ai bordi. Le mani e i piedi erano artigliate, mentre la testa presentava una bocca larga con dei lunghi denti affilati e dei piccoli occhi rossi fosforescenti che brillavano leggermente.

“Marionette!” esclamò Katasuke, scioccato. “Che diavolo ci fanno qui delle marionette?”

Tutti i manichini si voltarono verso di loro e cominciarono a muoversi con movimenti scattanti e scoordinati, avanzando verso i quattro ninja e spaventando la gente di quel vagone.

“ANDATE VIA DA QUI!” urlò Boruto un secondo dopo, voltandosi verso tutti i civili presenti nel treno. “PRESTO! VIA DA QUI!”

I passeggeri scapparono via con urla e gemiti di shock e terrore, scalpitando e urlando tra di loro mentre abbandonavano il vagone infestato. Le marionette non diedero segno di curarsi di loro, voltandosi invece verso Katasuke ed emettendo uno scricchiolio scattante e continuo con la bocca. Lo scienziato sgranò gli occhi, terrorizzato.

Boruto e i suoi amici si portarono davanti a lui, assumendo delle pose di difesa.

“Stia dietro di noi!” gli intimò Sora con foga, osservando quelle marionette con uno sguardo teso.

Gli esseri privi di vita continuarono ad avanzare verso lo scienziato, muovendosi con passi pesanti e metallici. Le loro bocche si aprirono in un urlo metallico acuto, ed i loro occhi scintillarono appena posarono lo sguardo sulla figura di Katasuke.

“Vogliono la valigia!” esclamò Mikasa, sgranando gli occhi appena vide quella loro reazione. “Chiunque stia controllando queste marionette vuole impossessarsi della valigia!”

Katasuke rimase a bocca aperta. “Che cosa?!”

“Ma non hanno fili di chakra!” disse subito dopo Sora, scioccato. “Come fanno a muoversi se non hanno i filamenti di chakra nelle loro articolazioni?”

“Non tutte le marionette hanno bisogno di essere controllate da un marionettista in quel modo,” spiegò lo scienziato dietro di loro, osservando le creature di legno con i suoi occhi spaventati. “Questi sembrano essere dei modelli in grado di muoversi senza essere controllati. Devono avere un punto nel loro corpo che li rifornisce di chakra e che gli permette di agire di loro volontà!”

Mikasa fece schioccare le ossa. “Allora ci basterà colpire quel punto per sbarazzarci di loro.” dichiarò con serietà e ferocia.

Boruto raggiunse la stessa conclusione un attimo dopo, mantenendo la calma ed evocando con un movimento del polso la sua spada. La katana gli comparve nelle mani con uno scoppio di fumo bianco. Sora e Mikasa lo imitarono subito dopo, evocando a loro volta le loro armi e preparandosi a difendere lo scienziato alle loro spalle.

Le marionette emisero un urlo acuto e metallico, scattando dopo appena un secondo addosso ai tre ragazzi con le bocce spalancate e le mani artigliate puntate verso di loro. I giovani non esitarono neanche un istante, scattando in avanti a loro volta.

Appena fu vicino ad una di loro, Boruto evitò immediatamente un colpo di braccio abbassando la testa con un movimento rapido, sferrando subito dopo un affondo al busto della marionetta che l’aveva attaccato. La lama della spada centrò l’essere privo di vita in pieno petto, tranciandolo a metà con un suono legnoso secco. L’ammasso di legno e metallo crollò a terra con un tonfo. Una seconda marionetta gli balzò addosso da dietro, ma il suo istinto allenato gli permise di bloccare un graffio mortale con la lama, sferrandole poi un calcio sulla testa che la fece schizzare di lato come un missile.

Sora invece centrò in piena testa un’altra marionetta con la punta affilata del bastone, scagliandola lontano addosso a dei sedili del vagone e generando un boato metallico per tutto il treno. Altre marionette tentarono di accerchiarlo appena un secondo dopo, ma il moro fece roteare il bastone attorno a sé per difendersi, tenendo alla larga i nemici grazie alla sua arma.

Allo stesso tempo Mikasa sfrecciava tra una marionetta e l’altra in mezzo al corridoio del vagone, sferrando pugni a raffica che colpivano con precisione e abilità ogni avversario. Tutte le marionette volarono all’aria con forza, fracassando i finestrini e volando fuori dal treno in corsa senza poter fare nulla e spaccandosi in mille pezzi appena toccavano il suolo.

In meno di cinque minuti, tutto il vagone fu liberato dalle creature che lo avevano infestato.

Sora si guardò attorno con circospezione, stringendo con le mani il suo bastone. “Non è stato così difficile…” disse ala fine.

Ma non era certo finita in quel modo.

“Attenti, ragazzi!”urlò Katasuke alle loro spalle.

I tre ragazzi si voltarono di scatto verso la loro destra, tesi. Un’ennesima marionetta era sbucata all’interno del treno da uno dei finestrini, la sua bocca spalancata che stava caricando una specie di sfera di energia viola puntata verso di loro.

Mikasa, Boruto e Sora sgranarono gli occhi.

Che diavolo sta facendo?” esclamò mentalmente il biondo.

“Sta per sferrare un attacco!” esclamò freneticamente lo scienziato in fondo al vagone, come se gli avesse letto nel pensiero. “Queste marionette sanno usare dei Jutsu!”

Mikasa serrò i pugni, voltandosi verso il ragazzo alla sua sinistra. “Boruto!” gridò.

Ma il biondo aveva già preso l’iniziativa di sua volontà. Le sue mani erano unite insieme a formulare diversi sigilli, la sua bocca tesa in un soffio silenzioso.

FUUTON: Toppa!” (Sfondamento)

Un getto di vento rapido e concentrato partì dalla sua bocca e centrò in pieno la marionetta prima che potesse lanciare il suo attacco, scagliandola lontano dal treno senza pietà con un sibilo. Il treno tremò fragorosamente per qualche altro secondo, poi però tutto tacque e la calma riprese a regnare nell’aria.

“Sembra che sia finita.” disse Katasuke, portandosi vicino ai ragazzi e asciugandosi la fronte dal sudore freddo.

“Non cantiamo vittoria,” lo incalzò Boruto, osservando i passeggeri spaventati nell’altro vagone. “Potrebbero esserci altri nemici sul soffitto. E non dimentichiamoci che il treno è stato danneggiato in qualche modo e non può fermarsi. La situazione in cui ci troviamo non è affatto sicura. Non possiamo abbassare la guardia.”

Mikasa lo osservò con un’espressione seria. “Cosa ci consigli di fare?” gli chiese senza mezzi termini. Lei e Sora si fidavano ciecamente delle sue abilità strategiche. Non avrebbero esitato a seguire le sue istruzioni per nessun motivo.

Il biondino rifletté in fretta nella sua testa, cercano di formulare un piano. “Non abbiamo idea di dove sia finita Annie-sensei. Ci ha detto di aspettarla qui, ma sono passati già più di dieci minuti. Potrebbe esserle successo qualcosa. Dobbiamo agire in qualche modo.”

Katasuke s’intromise subito nel discorso. “N-Non avrete intenzione di lasciarmi da solo, vero?” domandò loro con orrore, spaventato a morte all’idea.

Sora lo guardò con un sopracciglio incurvato. “Di cosa ha paura? Lei è un Jonin Speciale, giusto? Dovrebbe essere in grado di cavarsela da solo!”

Lo scienziato scosse la testa, le sue guance rosse per l’imbarazzo. “Sono anni che non combatto in uno scontro serio,” ammise lui con rammarico. “Credo di aver perso parecchio smalto rispetto a quando ero giovane.”

“Non importa,” disse subito dopo Boruto, il suo tono serio. “Katasuke-sensei ha ragione. Non possiamo lasciarlo da solo. Chiunque ci abbia attaccato con quelle marionette stava mirando alla valigetta. Non possiamo permettere che essa cada nelle mani del nemico.”

“E allora che facciamo?” chiese il moro.

“Per prima cosa dirigiamoci verso il primo vagone tutti insieme,” istruì loro il biondino. “Dobbiamo fermare questo treno ad ogni costo. Gli autisti potranno dirci cosa fare per fermarlo.”

Detto ciò, i tre ragazzi cominciarono a correre per il corridoio del treno, seguiti a ruota da Katasuke. Si fecero lentamente largo tra la calca di passeggeri terrorizzati che affollavano tutti i vagoni, incitandoli a mantenere la calma per tutto il tragitto. Le persone gridavano e si muovevano freneticamente, urlando aiuto ed implorando ai giovani Shinobi di fare qualcosa.

Arrivarono al primo vagone dopo almeno quattro minuti di corsa, entrando nella sala controllo del treno senza esitare e trovandosi dinanzi a due uomini vestiti di blu che tentavano di maneggiare freneticamente i controlli.

“Qual è la situazione?” domandò Boruto appena entrò nella sala controllo.

I due piloti si voltarono verso i nuovi arrivati. “Grazie al cielo, siete dei Ninja!” esclamò uno di loro vedendo i loro coprifronte. “I controlli sono stati manomessi! Non riusciamo a riprendere in mano il controllo del treno!”

Katasuke si avvicinò ai comandi di pilotaggio, esaminandoli con attenzione. “Non siete riusciti ad aggiustare il danno?”

L’altro pilota scosse la testa. “I comandi sono stati manomessi dall’esterno. Non ci sono danni, ma non possiamo fare nulla senza vedere cosa diavolo li abbia bloccati in questo modo!”

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. “Allora dobbiamo per forza raggiungere il tetto e capire cosa sta succedendo.” disse con un tono serio. “Non abbiamo alternative per riuscire a fermar il treno.”

Sora lo fissò di sbieco. “Ma Annie-sensei ha detto-”

KABOOM!

Una fragorosa esplosione proveniente dal soffitto si sentì all’improvviso nell’aria, impedendogli di finire la frase col suo botto. Allo stesso momento, tutto il treno tremò con forza e violenza per diversi secondi, generando il caos e il panico generale tra i presenti. Boruto e gli altri si aggrapparono ai sostegni appena in tempo, sconvolti dall’improvvisa esplosione. Dall’altra parte del vagone, il treno risuonò delle urla terrorizzate dei passeggeri. Le pareti tremolarono violentemente.

“Che succede?” urlò Katasuke appena il boato e le scosse terminarono, in preda al panico.

Boruto alzò la testa in alto, fissando una botola che portava sul soffitto del treno. “Qualunque cosa ci sia sul tetto del treno, sta causando tutto questo!” disse con foga. “Dobbiamo andare a vedere cosa succede! Di questo passo il treno verrà distrutto!”

Mikasa annuì. “Katasuke-sensei, ci dia la valigetta,” ordinò senza giri di parole. “Non possiamo più restare qui con lei. Sarà più al sicuro con noi tre.”

L’uomo eseguì il comando senza esitare. “Io resterò qui per tentare di risolvere il problema ai comandi,” disse loro passando la valigia alla ragazza nera. “Andate! Buona fortuna!”

I tre amici non persero neanche un secondo. Appena Mikasa si fu legata la valigia alla schiena con un laccio sicuro, Boruto e gli altri balzarono verso l’apertura sul tetto del treno, aprendola e sbucando fuori dal vagone dopo un secondo.
 



La prima cosa che notarono fu il vento. Un’incessante e furiosa raffica sibilante d’aria che cominciò a sbattergli addosso a causa della velocità d’andamento del treno, talmente forte che i ragazzi dovettero aumentare sostanzialmente la pressione del loro chakra sui piedi per non essere scaraventati all’aria.

Boruto, Mikasa e Sora si guardarono attorno per diversi secondi, scrutando ciò che li circondava con tensione e serietà nel caso di pericoli imminenti. Il paesaggio attorno a loro era verde e prevalentemente boscoso. La ferrovia viaggiava attraverso uno spiazzo in mezzo a delle colline, diretto verso est. Ma non fu il paesaggio la cosa che catturò subito l’attenzione dei giovani.

Il soffitto del treno infatti era pieno di graffi e chiazze varie per tutta l’estensione degli innumerevoli vagoni che lo componevano, segni indiscutibili del passaggio di qualcuno. Probabilmente le marionette di prima. Ma non solo. Era anche pieno di macchie scure e tagli profondi in diversi punti, quasi come se lì ci fosse stata in precedenza una battaglia. Infine, verso l’estremità opposta del treno, una scia di fumo esalava in alto con imponenza.

“Laggiù!” urlò Sora a gran voce per sovrastare il rumore assordante del vento che gli ruggiva nelle orecchie e farsi sentire dagli altri. “L’esplosione deve essere scoppiata di là!”

“Andiamo!” fece allora Boruto, scattando il più velocemente possibile verso l’estremità del treno. Mikasa e Sora lo seguirono a ruota senza esitare, cercando di mantenere l’equilibrio a causa della velocità del treno.

“Non così in fretta!” fece una voce all’improvviso.

Boruto e gli altri due si arrestarono di botto, assumendo immediatamente delle pose di difesa e fronteggiando con stupore le due figure che erano comparse all’improvviso dinanzi a loro come dei fantasmi.

Erano entrambi due uomini dall’aspetto poco raccomandabile. Il primo era alto almeno due metri, con un fisico esageratamente muscoloso e dei corti capelli di colore grigio. I suoi occhi erano spalancati in maniera feroce, con delle pupille piccole e sottili che fissavano i tre giovani con uno sguardo omicida e freddo. L’altro invece era più magro e leggermente più basso rispetto al bestione di prima, ma aveva dei lunghi capelli neri e degli occhi sottili freddi e penetranti. Tutti e due indossavano delle divise da shinobi viola con delle spade legate alla schiena, e indossavano entrambi maschere simili a quella del Sesto Hokage che coprivano i loro volti.

A giudicare dal loro aspetto fisico e dal portamento, quelle persone erano indubbiamente dei ninja.

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. “Chi diavolo siete voi?” domandò loro con un tono serio.

Il tipo con i capelli lunghi sorrise sotto la sua maschera. “Guarda un po’, Ashimaru,” disse con un tono di scherno al suo compagno. “Abbiamo beccato tre marmocchi che volevano fare una passeggiata sul tetto del treno! Che sorpresa, vero?”

Il bestione tutto muscoli si limitò a grugnire in assenso senza muoversi.

Boruto vide Mikasa e Sora irrigidirsi alle sue spalle. Una fitta di tensione gli pervase la mente per un secondo. A giudicare dal loro tono di voce e dal loro atteggiamento, quei due non erano affatto delle persone amichevoli. Probabilmente, realizzò nella sua testa, avrebbero dovuto combatterli.

“Che cosa volete?” domandò di nuovo, cercando di mantenere un tono calmo e freddo.

Il tipo che aveva parlato prima sorrise con fare minaccioso sotto la maschera. “Tu cosa credi che vogliamo, moccioso?” ribatté sarcasticamente, lanciando un’occhiata all’oggetto legato alla schiena di Mikasa.

Gli occhi di Boruto si assottigliarono ulteriormente. “La valigia,” realizzò ad alta voce, notando la direzione del suo sguardo. “Dunque siete voi due coloro che hanno mandato quelle marionette ad attaccarci!”

L’uomo misterioso annuì, applaudendo con fare ironico appena il biondino finì di parlare. “Bingo! Quelle marionette erano opera nostra! Hai fatto centro!”

Sora ringhiò, il suo volto pieno di rabbia e tensione. “E voi avete messo a rischio la vita di tutti i passeggeri del treno solo per questo?!” sbottò con ferocia. “Che razza di criminali siete, si può sapere?”

Ma il tipo non rispose, limitandosi a scuotere la testa. “Sentite un po’, mocciosi,” ribatté a sua volta con un tono freddo e autoritario. “Non abbiamo alcun interesse con voi. Si vede da lontano un miglio che siete solo un branco di poppanti appena entrati nel mondo degli Shinobi. Sarete anche riusciti a sbarazzarvi di quelle patetiche marionette, ma non siete neanche lontanamente al nostro livello. E noi non abbiamo intenzione di metterci a giocare con delle mammolette.” Poi, il tipo mascherato puntò un dito verso Mikasa, riprendendo a parlare con un tono falsamente cordiale. “Se ci consegnerete quella valigia senza fare problemi, allora io e il mio compagno vi lasceremo andare senza farvi del male.”

Boruto serrò la presa sulla sua spada. “Lo sapevo…”

“In caso contrario,” continuò imperterrito quello. “Allora non esiteremo a farvi fuori. E dopo aver finito con voi tre, ci occuperemo anche di tutte le altre persone su questo treno. Che ne dite?”

Sora fece un passo in avanti, la sua espressione seria. “Perché volete così tanto la valigia?” chiese loro. “Che intenzioni avete? Chi siete?”

“Questi non sono affari che vi riguardano, mocciosi.” lo incalzò gelidamente il nero. “Adesso fate i bravi bambini e dateci quella valigetta senza fare storie!”

Boruto si portò la spada davanti al corpo, il suo sguardo puntato sul volto del ninja misterioso. “Spiacente, ma abbiamo ricevuto l’ordine di proteggere il contenuto della valigia ad ogni costo. Non abbiamo intenzione di darvela per nessun motivo.”

Il tipo di prima fece per rispondergli, quando però l’omone muscoloso alle sue spalle si portò accanto a lui.

“Shinji, mi sono stufato!” disse, il suo tono sadico e crudele. “Posso attaccarli?”

Shinji sorrise ferocemente. “Lo avete voluto voi,” disse alla fine, lanciando poi un’occhiata al suo compagno. “Ashimaru, occupati dei due mocciosi. Io prendo la valigia.”

Ashimaru non se lo fece ripetere, sguainando due spade da dietro la schiena e scattando verso i due giovani con uno sguardo omicida. Boruto e Sora reagirono all’istante, lanciando un’occhiata verso Mikasa e comunicando con lei il loro piano solamente con uno sguardo.

La ragazza comprese immediatamente cosa gli stavano dicendo.

Poi, i due ragazzi si voltarono di scatto verso l’avversario, partendo all’unisono verso di lui con le loro armi in mano.

Mikasa balzò all’indietro allo stesso istante, allontanandosi da lì per proteggere la valigia legata alla sua schiena.

E così, il primo vero scontro del Team 3 ebbe inizio quel giorno.

Appena furono vicini, Ashimaru sferrò un fendente portentoso verso il collo di Boruto, ma il giovane era molto più abile di lui con la spada e lo anticipò con facilità, bloccando il colpo senza problemi.

Il bestione ebbe solo un momento per sorprendersi dall’inaspettata abilità del biondo che subito dovette evitare un colpo di bastone abbassandosi col busto. Ma Sora approfittò del suo movimento repentino per lanciargli un calcio sulla faccia, colpendolo in pieno.

Ashimaru tentennò per un solo secondo a causa del dolore, ma si riscosse immediatamente con un ringhio, alzando in alto la spada con il braccio libero per tranciare a metà il moro che aveva osato colpirlo. Sora sgranò gli occhi.

“I tuoi attacchi sono privi di fegato!” ruggì feralmente il bestione, abbassando immediatamente il braccio per colpirlo.

Tuttavia, per sua fortuna, Boruto reagì all’istante e bloccò la spada con la sua katana prima che potesse abbattersi sul suo amico, inspirando allo stesso tempo dalle narici.

FUUTON: Kamaitachi!” (Lame del Vento) esclamò.

Ashimaru evitò di striscio con un balzo un getto tagliente di vento che partì dalla mano libera del biondo, atterrando lontano dai due ragazzi e fissandoli con stupore e sbigottimento.

Sora nel frattempo aveva preso a lanciargli addosso una serie di shuriken, tenendosi a distanza dall’avversario per non cadere di nuovo in trappola. Ma l’omone non si mosse neanche di un millimetro, limitandosi a deviare gli shuriken con le sue spade senza fatica.

Boruto si portò accanto a Sora. “Stai bene?” gli chiese, teso.

Il moro annuì. “Grazie per il salvataggio. Dimentico sempre che non sono ancora al tuo livello o a quello di Mikasa nel corpo a corpo.”

Il biondino sorrise. “Non preoccuparti per questo,” disse con un tono serio. “Ho in mente un diversivo per riuscire a vincere contro quel tipo. Non so se lo hai notato, ma il nostro avversario sembra essere troppo confidente in se stesso. Non ha mai evitato i nostri attacchi completamente, e si è limitato solo a bloccarli senza esitazione. Useremo questa cosa a nostro vantaggio.”

Sora lo guardò di sbieco. “Come?”

“Io lo attaccherò da vicino con la spada,” lo istruì l’Uzumaki. “E appena quel tipo sarà abbastanza distratto, tu dovrai approfittare del suo momento di distrazione per colpirlo di nuovo con un jutsu. Al resto ci penso io.”

“Ricevuto, boss!”

Con un cenno del capo reciproco, Boruto si lanciò di nuovo alla carica verso il nemico.

Appena lo vide arrivare, Ashimaru tentò immediatamente di colpirlo con un doppio fendente sui fianchi, ma Boruto balzò in alto con le gambe prima di essere colpito e gli sferrò un colpo di spada mirato alla spalla destra.

L’omone sgranò gli occhi e lo evitò di striscio, piegandosi all’indietro e sfiorando la lama con il braccio. Poi si riprese in fretta e ricambiò la cortesia con un colpo di spada diretto al busto del ragazzo.

Boruto lo parò con la sua lama, poi deviò un’altra raffica di affondi feroci e attaccò a sua volta con un pugno diretto alla testa del nemico. Ma Ashimaru lo anticipò appena un secondo prima, evitandolo facilmente e lanciandogli un calcio sulle costole.

Boruto lo bloccò con un braccio appena in tempo, sorridendo di trionfo. Il bestione sgranò gli occhi.

Era caduto in trappola.

Appena un secondo dopo infatti, Sora approfittò del suo attimo di distrazione a causa del calcio per scagliargli addosso una raffica di fango melmoso, le sue mani unite a formare diversi sigilli.

Ashimaru non fece in tempo ad ammiccare che subito fu investito da un getto di fango denso in pieno petto, invischiandolo completamente di melma. Tentò immediatamente di muoversi, ma il fango non gli permise di reagire in tempo a causa della sua viscosità, e Boruto approfittò di quel suo momento di difficoltà per colpirlo sul mento con l’elsa della spada, facendolo crollare di peso a terra.

Ashimaru gemette di dolore, rotolando incessantemente come un peso morto lungo il tetto a causa della velocità del treno. Riuscì tuttavia a fermarsi prima di cadere fuori dal treno in corsa grazie al fango.

Boruto sorrise, voltandosi verso Sora e annuendo col capo in segno di assenso. Il piano aveva avuto successo.

Lui e il moro fecero per andare ad immobilizzare l’avversario ancora steso a terra, quando poi però l’altro ninja misterioso, Shinji, comparve improvvisamente accanto al suo compagno con un sibilo, il suo volto ansimante pieno di lividi e graffi.

Boruto e Sora sorrisero. Non ebbero nemmeno bisogno di voltarsi per capire che Mikasa era comparsa accanto a loro in quello stesso istante. A quanto sembrava, neanche la nera c’era andata piano con l’altro tipo mascherato mentre loro due erano intenti a combattere Ashimaru.

Shinji li fissò con i suoi occhi sgranati. “C-Com’è possibile?” esclamò, scioccato e sconvolto dalla loro forza. “Come fate ad essere così forti? Siete solo dei marmocchi! Non dovreste essere così abili!”

Mikasa fece schioccare le ossa delle mani, fissandolo coi suoi occhi freddi. “Non bisogna mai sottovalutare un avversario.”

Shinji aiutò il suo compagno a rimettersi in piedi, imprecando a denti stretti.

“Dannazione!” sibilò rabbiosamente. “Se credete di averci sconfitto vi sbagliate di grosso! Adesso vi farò vede-”

ZAC!

Shinji non poté finire la frase, ma invece prese a fissarsi con uno sguardo confuso il suo petto che aveva misteriosamente preso a colorarsi di rosso all’improvviso senza un apparente motivo. Nello stesso istante, Boruto, Mikasa e Sora sgranarono gli occhi, mentre Ashimaru si voltò verso di lui con gli occhi colmi si sgomento e orrore.

“Credevate davvero di esservi liberati di me?” fece una voce fredda e seria.

Shinji sentì il sangue raggelarsi nelle vene all’udire quella voce alle sue spalle, mentre un profondo ed inaspettato dolore gli pervase la schiena e il petto prepotentemente, facendolo piegare in due.

Annie era comparsa dal nulla dietro di lui senza fare neanche un rumore, e non aveva esitato a colpirlo con un kunai alle spalle, procurandogli una ferita fatale alla schiena e all’addome senza neppure battere ciglio.

Shinji si voltò lentamente con la testa verso di lei, fissandola con un’espressione di sconvolgimento e dolore. “T-Tu!” sibilò, il suo tono basso a causa del dolore che stava provando alla schiena e al petto. “C-Come hai… fatto a… sopravvivere?!”

Annie si limitò a fissarlo con superiorità. “Credevi davvero che sarebbe bastata una semplice bomba per eliminarmi?” rispose lei, rimuovendo il kunai dal suo corpo con un movimento secco del braccio. “Patetico.”

Un getto copioso di sangue schizzò all’aria appena il kunai uscì dal suo corpo. Subito dopo, Shinji crollò a terra, privo di vita.

La bionda si voltò verso i suoi tre allievi. “Ottimo lavoro, Team 3.” disse con un tono serio e freddo. “Ve la siete cavata bene contro questi due moscerini. Adesso è tutto finito.”

Sora la fissò a bocca aperta. “Sensei!” esclamò. “Che fine aveva fatto?”

Appena il ragazzo finì di pronunciare quella domanda, i giovani sentirono le rotaie sulla ferrovia cominciare a fischiare all’improvviso, mentre tutto il treno prese a rallentare gradualmente la sua velocità.

Annie posò lo sguardo verso il bestione tutto muscoli accanto a lei. “Ho perso tempo a distruggere il dispositivo che questi due hanno usato per impedire al treno di fermarsi,” spiegò con un tono freddo e serio. “Ero preoccupata per voi tre, ma a quanto sembra sareste stati in grado di avere la meglio contro di loro anche senza di me. Ottimo lavoro.”

Boruto e gli altri due ragazzi sorrisero.

Ashimaru però ruggì improvvisamente di rabbia, scattando verso la giovane maestra con tutto il corpo, pronto ad investirla pesantemente. Annie però non si mosse neanche di un millimetro, limitandosi a colpire con un colpo preciso della mano la nuca dell’omone in meno di un secondo, facendogli perdere i sensi all’istante.

Il bestione crollò a terra a sua volta, svenuto.

Boruto rinfoderò la spada e si portò accanto a lei. “C’era davvero bisogno di uccidere quel tipo, sensei?” le domandò seriamente, facendo un cenno al ninja privo di vita che li aveva attaccati prima.

Anni si limitò ad alzare le spalle. “Era solo d’intralcio. Uno solo di loro ci basterà per estrapolare informazioni una volta tornati al Villaggio. Portarli entrambi ci avrebbe solamente rallentato più del necessario.”

Mikasa e Sora la fissarono con uno sguardo sgomento, scioccati nel sentirla parlare in quel modo. Possibile che Annie fosse così incurante del fatto di aver appena ucciso un’altra persona? Come poteva quella ragazza essere così tranquilla?

Boruto invece la squadrò con uno sguardo calcolatore. “Dunque è di questo che sono capaci gli ANBU,” pensò tra sé. “Non ha esitato ad eliminare un avversario anche se non ce n’era alcun bisogno, limitandosi a compiere la missione senza troppi problemi. Non per niente la loro fama è così negativa…”

“Comunque sia,” li interruppe dai loro pensieri Annie, fissandoli con attenzione. “Vi faccio i miei complimenti. Avete saputo gestire al meglio la situazione senza cadere nel panico, e siete persino riusciti ad avere la meglio contro degli avversari che miravano alle vostre vite. Pochissimi Genin sarebbero stati capaci di fare tanto in così poco tempo.”

Sora sorrise ampiamente, grattandosi la testa. “Ma era ovvio! Dopotutto, noi tre siamo i migliori! Vero, sensei?”

“I migliori a farmi venire i nervi, senza dubbio…” ribatté quella, scuotendo la testa alla sua allegria.

Poi però si riscosse subito, fissando i suoi allievi con serietà. “Detto ciò,” riprese a dire. “La missione che ci era stata affidata oggi non prevedeva nulla di tutto questo. Gli imprevisti che si sono verificati vanno ben oltre quelli di una comune missione di rango C. Come minimo, la missione adesso è scalata al rango B nel momento in cui siamo stati attaccati da questi due.”

Boruto annuì. “Ho pensato la stessa cosa,” disse a sua volta. “Credo che abbiamo sottovalutato l’importanza del contenuto della valigetta. Se questi criminali non hanno esitato ad attaccarci nemmeno in un treno a pochi chilometri dal Villaggio, allora ciò che stiamo portando a Ryuutan è molto più prezioso di quel che pensavamo. Quell’arma tecnologica deve valere moltissimo.”

“Precisamente,” confermò la maestra. “Purtroppo non è possibile riuscire a prevedere ogni tipo di imprevisto nelle varie missioni, per cui non potevamo pensare che una cosa del genere potesse davvero accadere. Ma questo non è importante. La cosa più importante è invece riuscire a gestire ogni tipo di situazione nonostante ciò che potrebbe accadere. Ed è per questo che vi ho fatto i complimenti prima. Non è da tutti riuscire a mantenere la calma e superare una missione di rango B dopo due sole settimane di introduzione alla vita degli Shinobi. Quello che avete fatto oggi, anche senza il mio aiuto, è davvero ammirevole.”

I tre giovani la guardarono con gli occhi sgranati. Annie-sensei si stava rivelando sempre più sorprendente con questi improvvisi complimenti nei loro confronti. E poi, aumentando ancora di più il loro stupore, le labbra di Annie si incurvarono in un piccolo sorriso.

“Boruto, Sora, Mikasa,” disse la giovane maestra, fissando i suoi allievi con serietà. “Ottimo lavoro.”

Boruto e gli altri sorrisero. “Grazie, sensei!”
 



28 Febbraio, 0015 AIT
Città di Ryuutan, Terra del Fuoco
Laboratorio di Ricerca Tecnologica
14:55

Il resto della mattinata proseguì fortunatamente senza intoppi.

Fu dopo ben due ore di viaggio che Boruto e gli altri riuscirono ad arrivare finalmente nella piccola città di Ryuutan. Il treno era stato fermato subito dopo l’incidente avvenuto a causa dell’attacco dei due criminali di prima, e a causa dei danni ingenti che la ferrovia aveva subito, tutti i treni successivi furono sospesi per quel giorno. Perciò i nostri protagonisti non poterono più usufruire di quel mezzo.

E perciò, subito dopo aver consegnato i due criminali ad un gruppo di Shinobi di ricognizione giunto nel luogo dell’incidente, i tre ragazzi assieme a Katasuke e Annie furono costretti a terminare il tragitto a piedi, giungendo infine dopo due ore al Laboratorio.

Boruto osservò la struttura dell’edificio, osservandone ogni particolare. Il palazzo era molto più piccolo di quel che si aspettava. Doveva essere composto da poco più di due piani al massimo, e presentava sulla facciata principale delle enormi finestre e vetrate che riflettevano la luce del sole con forza e che si protraevano per tutta la facciata dell’edificio. Sembrava quasi di guardare un’enorme specchio.

“E così questo è il Laboratorio di Ricerca Tecnologica,” disse Mikasa, osservando il palazzo coi suoi occhi seri. “Me lo immaginavo più grande.”

Katasuke sorrise. “Gran parte dell’edificio si trova sottoterra,” spiegò loro, accingendosi ad entrare. “Risulterà molto più grande una volta che saremo all’interno!”

Una volta entrati, i giovani seguirono Katasuke per una lunga serie di corridoi bianchi, giungendo infine in una specie di sala d’attesa piena di sedie e poltroncine per riposarsi.

“Benvenuti signori.” fece una voce acuta all’improvviso.

Boruto e gli altri si voltarono, ritrovandosi davanti una donna che era misteriosamente comparsa da una porta nella sala d’attesa e che li stava fissando con un sorriso.

Dall’aspetto, la nuova figura doveva essere una specie di ricercatrice come Katasuke. Indossava infatti un camice da Laboratorio uguale a quello del Jonin, aveva dei lunghi capelli castani, e portava sul viso degli occhiali rotondi che le coprivano gli occhi scuri. La cosa più strana, tuttavia, erano i suoi canini decisamente più pronunciati rispetto ad una persona normale.

La donna si portò vicino a Katasuke, poi il suo sguardo si posò sui tre ragazzini presenti nella stanza, fissandoli con un’espressione saccente. “Oh! Che bei ragazzini che abbiamo qui!” esclamò appena li vide. “Sembrano così carini!”

Boruto la fissò con un sopracciglio incurvato, confuso. “Che problemi ha questa?”

Mikasa la ignorò, limitandosi ad osservarla in silenzio.

Sora invece sembrò indispettirsi all’udire il commento della donna, trasalendo come se fosse stato insultato. “EHI! Non siamo dei ragazzini carini!” esclamò con foga ed indignazione. “Siamo dei ninja!”

La donna lo guardò con un sorriso irritante, accarezzandogli la testa come se non l’avesse sentito. “Come sei tenero!” strillò lei con i cuori negli occhi. “Sei ancor più carino quando cerchi di fare l’adulto!”

“Io sono un adulto!” ribatté l’altro.

“KAWAIII!”

Boruto, Mikasa, Annie e Katasuke guardarono con un sospiro d’irritazione la buffa interazione tra i due, osservando con imbarazzo e confusione la scenata improvvisa che Sora e quella donna avevano preso a fare dal nulla.

“Suvvia Akita,” disse alla fine Katasuke, cercando di riportare la calma. “Sora ha ragione. Lui e i suoi amici sono dei valorosi ninja che mi hanno coraggiosamente difeso da un attacco a sorpresa oggi. Non trattarli come dei bambini.”

La donna, Akita, si voltò verso di lui di scatto appena udì le sue parole.

“Katasuke-sensei!” esclamò, scioccata. “Lei è stato attaccato?”

Lo scienziato annuì, porgendole la valigetta contenente l’arma tecnologica. “Due banditi hanno assaltato il treno su cui stavamo viaggiando proprio due ore fa,” spiegò lui con un tono serio. “A quanto sembra, il loro intento era quello di sottrarmi questo prototipo appena sviluppato a Konoha per chissà quale motivo.”

Akita prese la valigetta, osservandone il contenuto con uno sguardo perplesso. “Questa cosa è orribile!” disse alla fine. “Dunque quei rumori sul fatto che un’organizzazione sconosciuta fosse interessata alle nostre armi tecnologiche erano veri?”

Annie si portò davanti a lei. “Non abbiamo modo di saperlo per adesso,” rispose seriamente. “Comunque sia, io e la mia squadra siamo riusciti ad impedire che la valigetta cadesse nella mani nemiche. E al momento uno dei banditi che abbiamo catturato è in fase di interrogazione. Forse riusciremo a scoprire qualcosa grazie a questo.”

La donna fissò Annie e i tre ragazzini con un’espressione basita per diversi secondi all’udire ciò. Poi però si riscosse, assumendo un atteggiamento più serio.

“Avete la mia gratitudine per aver protetto Katasuke-sensei e la valigia,” disse, accennando un inchino verso i giovani. “Vi chiedo scusa per avervi trattato come dei bambini. Dovevo immaginare che degli Shinobi come voi non potevano che essere speciali.”

Boruto si portò davanti a lei. “Non ci sono problemi,” si limitò a dire. “Lei chi è, piuttosto?”

Katasuke si fermò accanto a lui, presentando la sua conoscente a tutti i presenti. “Lei è Akita Inuzuka, la mia assistente. Tra tutti i membri del Dipartimento di Ricerca e Sviluppo delle Armi Ninja, lei è indubbiamente la più portata ed esperta nella ricerca.”

I tre ragazzini la guardarono con serietà. “Lieti di conoscerla.” dissero tutti insieme.

Akita sorrise. “Il piacere è mio.” rispose a sua volta.

“Lei dunque è del clan Inuzuka?” domandò Boruto seriamente. “Adesso capisco perché i suoi canini sono così evidenti.”

La donna scoppiò a ridere. “Ahahah! Lo hai notato anche tu, eh? Me lo dicono in tanti!”

Sora si voltò verso il biondino, confuso. “Che cos’ha di speciale quel clan?”

Boruto lo guardò di sbieco con un sorriso. “Il clan Inuzuka è uno dei più importanti e più conosciuti del Villaggio. È famoso soprattutto per l’utilizzo di cani da combattimento in battaglia. Ogni singolo membro del clan riceve un proprio cucciolo appena raggiunge i sette anni, e da allora i due non si separano più per il resto della loro vita.”

L’espressione di Sora si fece eccitata all’udire la sua spiegazione. “Wow!” esclamò. “Non ne avevo idea!”

Akita guardò il biondino del gruppo con uno sguardo intento. “Però! Ne sai di cose per la tua età, ragazzino.” si complimentò. “Come ti chiami?”

Il giovane ricambiò il suo sguardo con un’espressione indecifrabile. “Boruto Uzumaki.”

L’espressione della ricercatrice si riempì si stupore appena finì di pronunciare quel nome. “COSA?!” urlò, scioccata. “Tu sei Boruto Uzumaki? Il figlio del Settimo? Il prodigio di cui si parla in tutto il Villaggio?”

Il biondo incurvò un sopracciglio, confuso. “Non immaginavo che anche a Ryuutan ci fosse qualcuno che conoscesse il mio nome…”

“Stai scherzando?” continuò lei, fissandolo con attenzione e stupore. “Non c’è quasi nessuno in tutta la Terra del Fuoco che non conosce il tuo nome! Ho sentito così tante cose su di te! Ho sentito dire che sei persino riuscito a vincere in un’Esame contro il Sesto Hokage! E che eri un prodigio già a cinque anni! E che sei sempre stato super intelli-”

Boruto rimase in silenzio mentre Akita continuò ad elencare altre decine e decine di rumori e pettegolezzi sulla sua figura, sinceramente colpito ed imbarazzato dal fatto che il suo nome e le sue gesta fossero già così conosciute anche fuori dal Villaggio. Sapeva da tempo ormai di non essere completamente un fantasma per il mondo, vista la sua ‘fortuna’ di avere come padre il leggendario Settimo Hokage e la sua personale bravura, ma non si aspettava proprio di essere così conosciuto in tutta la Terra del Fuoco a soli dodici anni.

E sinceramente, il biondino non sapeva se questo fosse un bene o un male.

Sora lo guardò con un ghigno sarcastico. “Visto?” lo incalzò con un tono saccente e ironico. “Te lo dicevo io che la tua genialità era risaputa! E tu che non mi credevi mai quando dicevo che la gente ti considera un prodigio anche fuori dal Villaggio!”

Mikasa scosse la testa, sorridendo appena. “Che invidia…” sospirò ironicamente.

Boruto guardò i suoi amici con uno sguardo esasperato.

“Comunque sia,” li interruppe subito dopo Annie, riportando l’attenzione di tutti su di lei. “La nostra missione è stata completata. Abbiamo scortato e protetto Katasuke fino al Laboratorio. Se non c’è altro, allora io e il mio Team torneremo al Villaggio per fare rapporto all’Hokage.”

Katasuke sorrise. “Non c’è altro,” disse con un tono sincero. “Siete liberi di andare quando volete. Abbiamo già abbastanza guardie qui al Laboratorio. La valigetta è al sicuro adesso, grazie a voi.”

Annie annuì. “Molto bene,” disse allora. “Buona fortuna per tutto.”

Tuttavia, prima che lei o uno dei giovani potesse dire o fare qualcos’altro, Katasuke alzò una mano.

“Aspettate,” disse loro con un tono serio. “Prima che ve ne andiate, vorrei donarvi una cosa, se me lo concedete.”

Detto ciò, lo scienziato tirò fuori da una tasca un piccolo oggetto di metallo, porgendolo a Boruto con un sorriso.

“Ho visto la tua abilità con la spada, perciò ho deciso di donarti questo, giovane Boruto.” gli disse l’uomo. “Sono certo che potrà esserti utile in futuro.”

Il biondo prese lo strano oggetto con una mano, confuso. “Che cos’è?” domandò.

Katasuke strizzò un occhio. “Diciamo solo che è il mio modo per ringraziarvi per avermi aiutato a proteggere la valigetta!”
 



28 Febbraio, 0015 AIT
Villaggio della Foglia, Terra del Fuoco
Torre dell’Hokage
17:00

“Il Team 3 è tornato per fare rapporto, Hokage-sama.”

Naruto fissò con attenzione il volto di Annie e quelli dei tre giovani ragazzi alle sue spalle, la sua espressione seria come ogni volta che doveva parlare di cose importanti.

“Parla pure.” rispose semplicemente.

Annie non se lo fece ripetere di nuovo. Raccontò tutto, per filo e per segno, descrivendo tutte le situazioni e gli imprevisti che lei e la sua squadra si erano trovati ad affrontare poche ore prima durante la loro missione. Raccontò delle marionette, dell’assalto al treno e della comparsa dei due banditi che volevano rubare la valigia per un motivo sconosciuto.

Naruto ascoltò tutto con attenzione. Il giovane Hokage era già stato informato da diverse ore del fatto che un gruppo di banditi aveva attaccato il Team di Boruto. All’inizio la notizia lo aveva fatto preoccupare molto, ma alla fine la notizia del successo della squadra era giunta alle sue orecchie poco tempo dopo, facendolo calmare immediatamente.

Un piccolo sorriso di orgoglio gli incurvò le labbra nel vedere che suo figlio e la sua squadra avevano superato con facilità tutti gli imprevisti senza riportare nessun tipo di casualità o danno a loro o ai passeggeri. Avevano fatto davvero un lavoro eccellente. Non era da tutti riuscire a superare così bene una missione del genere a dodici anni.

Annie finì di raccontare le nozioni generali dopo diversi minuti, e il Settimo annuì appena finì di assimilare tutte le informazioni.

“Ottimo lavoro, Team 3,” disse alla fine, le sue labbra perennemente incurvate all’insù. “Avete gestito la situazione in maniera impeccabile. La vostra missione era partita dal rango C, ma dopo tutto quello che è successo posso dire con certezza che il rango della missione è salito a B. Shinji Atekino e Ashimaru Kotomine erano dei banditi di classe A ricercati nel Libro Nero da anni. Il fatto che siate riusciti a sconfiggerli così facilmente mi fa dedurre che le vostre abilità sono davvero eccellenti.”

Annie si voltò di sbieco verso i suoi allievi. “Io ho fatto poco o nulla durante la missione,” disse con un tono serio. “Sono stati loro tre a combatterli per la maggior parte del tempo.”

Naruto spostò lo sguardo sui ragazzini. “Tuttavia la cosa è davvero sorprendente,” continuò a dire, rivolgendosi a loro tre. “Come avete fatto a vincere contro quei due da soli? Non è da tutti i Genin riuscire a combattere, nonché a sconfiggere, dei nemici di classe A.”

Boruto, Mikasa e Sora si scambiarono un’occhiata esitante all’udire la domanda del Settimo. Sapevano bene che Naruto in quel momento stava cercando di scoprire qualcosa su di loro. Per tutti questi anni, loro tre avevano cercato sempre di mantenere piuttosto celate le loro vere abilità. Dopotutto, sapevano bene di essere molto più forti di qualsiasi altro Genin qui al Villaggio, perciò non avevano mai voluto strafare nelle loro missioni o all’Accademia.

Ma adesso, grazie a questo imprevisto, Naruto aveva posto loro una domanda che implicava una risposta che tutti e tre preferivano non dare a nessuno. Non volevano far conoscere a tutti le loro vere potenzialità. Nemmeno Annie-sensei conosceva perfettamente la loro vera forza. In questi cinque anni di allenamenti intensivi, i tre amici erano riusciti a diventare molto più forti del normale. E se si fosse venuto a sapere che loro tre avevano tenuto nascoste le loro abilità per tutto questo tempo, allora Naruto avrebbe potuto cominciare a sospettare di loro.

E questo, in un modo o nell’altro, li avrebbe sicuramente messi in svantaggio.

Alla fine, Boruto decise di prendere parola a nome di tutti e tre, cercando di giustificare le sue azioni e quelle di Mikasa e Sora in un modo abbastanza credibile.

“Credo che sia stata principalmente fortuna, Hokage-sama.” mentì alla fine, il suo tono serio e conciso come ogni volta che entrava nell’ufficio di suo padre. “Quei banditi non si sono impegnati molto contro di noi. Devono averci sottovalutati parecchio. Noi tre abbiamo semplicemente sfruttato questo loro errore per riuscire a vincere.”

Naruto lo fissò con uno sguardo indecifrabile, cercando di non mostrare con il suo volto quanto fosse deluso e ferito dal fatto che Boruto continuasse a rivolgersi a lui in quel tono così serio e formale. Anche se in quel momento stavano discutendo di cose importanti, il Settimo avrebbe voluto con tutto il cuore che suo figlio potesse anche solo una volta rivolgersi nei suoi confronti in maniera più semplice.

In maniera più familiare.

“Non mentire, Boruto.” disse improvvisamente Annie con un tono serio e freddo, attirando l’attenzione di tutti su di lei. “Non puoi ingannarci con questa patetica scusa. Io ti ho visto combattere, e posso dire senza dubbio che la vittoria è stata garantita dalla vostra forza e dalla vostra strategia impeccabile. Non è stata fortuna. La tua abilità con la spada eccedeva di gran lunga quella di Ashimaru, così come la potenza di Mikasa e la prontezza di Sora erano impareggiabili rispetto a quella dei vostri avversari.”

Boruto sgranò gli occhi e la bocca all’udire le parole della sua maestra, sconvolto dal fatto che Annie avesse rivelato la loro forza in maniera così brusca e impassibile davanti a suo padre. Accanto a lui, Sora prese a serrare i pugni in un moto di tensione, mentre Mikasa snudò appena i denti in un ringhio silenzioso a causa della rabbia.

Naruto guardò Annie con un’espressione confusa e seria allo stesso tempo. “Sei sicura di quello che dici, Annie?” domandò con un tono pacato. “Stai dicendo che loro tre erano più forti di Shinji e Ashimaru? So bene che sono molto dotati e talentuosi, ma non ti sembra di esagerare?”

Annie non si voltò neanche, limitandosi a guardare di sbieco il volto di Boruto con un’espressione impassibile, come se lo stesse sfidando con gli occhi. Il biondino si riprese dallo stupore dopo diversi secondi, ricambiando lo sguardo della maestra con forza. I suoi occhi si fecero immediatamente freddi e determinati, la sua espressione gelida come il ghiaccio.

Non esitò nemmeno un istante a fronteggiare silenziosamente la sua sensei, per nulla intenzionato a permetterle di rivelare a quell’uomo qualcosa che lui e i suoi amici avevano tenuto nascosto per tutti questi anni. Nessuno avrebbe dovuto scoprire la loro vera potenza e le loro vere abilità. Non aveva nessuna intenzione di accollarsi ancora più sospetti di quanti non ne avesse già da parte sua. Portare segreti simili sarebbe potuto essere considerato persino un atto di tradimento nei confronti del Villaggio da parte loro, visto il suo ‘risaputo’ disaccordo con Naruto. E una cosa del genere avrebbe messo in pericolo non solo lui stesso, ma anche Mikasa, Sora e Urahara a causa delle Tecniche proibite che avevano ricevuto.

E lui non avrebbe permesso a nessuno di mettere in pericolo la sua famiglia. Nemmeno ad Annie.

“È stata solo fortuna,” ripeté il biondino seriamente, senza mai smettere di fissare gli occhi freddi della maestra. “I banditi ci hanno sottovalutato, ed è stato solamente per questo motivo che noi tre siamo riusciti a vincere. Se lei non fosse arrivata alla fine, sensei, non ci sono dubbi che io, Sora e Mikasa saremmo stati sconfitti da loro.”

Annie e Boruto continuarono a fissarsi a vicenda senza parlare per diversi secondi, i loro occhi gelidi e determinati che si fronteggiavano silenziosamente in quella sfida di sguardi con forza e di nascosto alla vista dell’Hokage.

Dietro di sé, Boruto percepì Sora e Mikasa prendere a fissare la loro maestra allo stesso modo, sfidando la giovane ANBU coi loro occhi.

Annie da parte sua rimase sempre in silenzio, osservando i tre ragazzi con attenzione ed uno sguardo indecifrabile per dei secondi che parvero loro un’eternità.

Finché, infine, la bionda tornò a voltarsi verso l’Hokage.

“Forse hanno ragione,” disse poi con il suo solito tono annoiato. “Deve essere stata la fortuna a permettere loro di vincere. La mia deduzione è stata dettata dall’orgoglio che provo nei confronti dei miei allievi. Le chiedo scusa, Hokage-sama.”

Il tono con cui disse quelle parole era così annoiato e palesemente falso che persino Naruto rimase confuso per un istante, limitandosi poi ad annuire in maniera incerta ed insicura.

Boruto, Mikasa e Sora invece rimasero a fissare le spalle della loro maestra con attenzione e sospetto. Per il momento, Annie sembrava aver deciso di assecondare la loro menzogna, accettando la scusa di Boruto pur sapendo che le loro abilità eccedevano di gran lunga quello che il biondino aveva lasciato trapelare.

Ma perché?

Questa era una cosa che avrebbero dovuto chiarire con lei molto presto.

“Comunque,” riprese a dire Naruto, fissando i tre ragazzi con un sorriso. “Vi faccio di nuovo i miei complimenti per aver portato a compimento la missione con successo. Riceverete il vostro compenso alla segreteria. Siete liberi di andare adesso.”

Tutti e quattro i presenti accennarono un inchino. “Grazie, Nanadaime!” risposero in coro.

Annie e i suoi allievi fecero per andarsene, quando però Naruto richiamò uno di loro subito dopo, fissandolo con uno sguardo pieno di speranza.

“Aspetta, Boruto.” disse il Settimo, facendo arrestare di botto il biondino in questione. “Vorrei scambiare due parole con te. In privato.”

Boruto si voltò di sbieco verso suo padre all’udire ciò, irritato e sospettoso a causa delle sue parole. Naruto voleva parlare con lui in privato? Per quale motivo? Cosa voleva adesso da lui quell’uomo? Era forse successo qualcosa?

Tuttavia Boruto non diede voce ai sui dubbi, tentando di mantenere un’espressione neutrale mentre prese a girarsi per fissare il volto dell’Hokage.

Dietro di lui Mikasa e Sora lo guardarono con incertezza ed esitazione, probabilmente preoccupati per gli stessi dubbi che lui stesso aveva in testa, ma il biondino fece loro un cenno con la mano destra, esortandoli a non preoccuparsi e a lasciare lui e il Settimo da soli. I due, anche se a malincuore, non opposero resistenza.

“Ti aspetteremo fuori.” disse Mikasa a bassa voce.

Detto ciò, i suoi amici e Annie-sensei uscirono dalla stanza.

Appena furono da soli, padre e figlio non parlarono subito. Si limitarono ad osservarsi per diversi secondi in silenzio, due occhi tesi e nervosi contro due occhi seri e carichi di sospetto che si scrutavano a vicenda senza fiatare.

“Posso aiutarla in qualche modo, Nanadaime?” domandò dopo quella che parve un’eternità Boruto, spezzando così il silenzio imbarazzante e teso che si era creato tra di loro.

Naruto continuò a guardare suo figlio con due occhi carichi di timore e speranza, visibilmente deluso e triste per qualche motivo. Tuttavia si riscosse dopo un paio di secondi, assumendo un’espressione appena più seria di prima.

“Volevo soltanto chiederti una cosa, Boruto,” cominciò a dire timidamente il Settimo, cercando disperatamente di iniziare una discussione pacifica con lui. “Ho… Ho saputo da Annie che ti sei dimostrato molto abile nell’arte del Kenjutsu (Arte della Spada), e sono rimasto davvero sorpreso da questo. Io non… non sapevo che tu fossi in grado di usare una spada…”

Boruto continuò a guardarlo in silenzio, il suo sguardo sospettoso.

“Perciò… volevo chiederti… dove hai imparato a combattere così bene?” domandò suo padre, sinceramente interessato a scoprire qualcosa su suo figlio.

Gli occhi di Boruto si ridussero a due fessure. “Dunque è così che stanno le cose,” ragionò tra sé. “Questo idiota ha saputo da Annie le mie abilità e adesso vuole scoprire qualcosa sulla mia forza.”

Ma il giovane non aveva nessuna intenzione di accontentarlo.

“Perché la cosa le interessa, Hokage-sama?” chiese a sua volta invece di rispondere. “Non mi sembra che quello che mi riguarda sia mai stato di suo interesse prima d’ora.”

Naruto trasalì come se fosse stato schiaffeggiato all’udire ciò. “Come puoi pensare questo?” esclamò, allibito. “Tu sei mio figlio! Come può non interessarmi ciò che ti riguarda?”

“Eppure in questi anni lei non ha mai fatto nulla per me,” lo incalzò gelidamente l’altro. “Non mi sembra di aver mai ricevuto un allenamento o anche solo qualche consiglio da parte sua sulla mia formazione. Perciò per quale motivo adesso dovrei rivelarle le mie abilità? Tutto quello che ho ottenuto oggi, l’ho ottenuto da solo. Non sono obbligato a rivelare i miei segreti a lei senza una motivazione valida. E non può nemmeno costringermi a farlo.”

Naruto abbassò lo sguardo all’udire ciò, visibilmente colmo di vergogna e rammarico a causa delle parole che suo figlio gli stava rivolgendo. Boruto era furbo, e stava usando il suo interessamento a suo vantaggio in maniera effettiva.

Dopotutto, con suo enorme rammarico e disappunto, Naruto doveva ammettere di non aver mai aiutato suo figlio a crescere e ad allenarsi in nessun modo nel corso di questi anni. Da quando si erano divisi cinque anni fa, lui e suo figlio avevano vissuto senza curarsi l’uno dell’altro per colpa di quella sua maledetta decisione.

E il solo pensiero di non averlo accompagnato nella crescita, di non averlo visto migliorare e di essersi perso così tanto nella vita di Boruto, era davvero insopportabile per Naruto.

Incapace di rispondere per la vergogna, il Settimo chiuse gli occhi e rimase per un momento in silenzio.

Boruto lo continuò ad osservare con indifferenza. “C’è altro o posso andarmene?” domandò senza mezzi termini.

Naruto scosse in negativo la testa. “V-Volevo dirti anche che tua madre e tua sorella adesso stanno meglio, Boruto.” disse lentamente l’uomo, il suo tono incerto e basso. “Sono state dimesse tre giorni fa dall’ospedale. Ci vorrà ancora del tempo, ma sembra che la loro depressione stia leggermente migliorando…”

Boruto inarcò un sopracciglio. “La cosa mi fa piacere,” disse a sua volta, il suo tono privo di emozione. “Se le vedrà, comunichi loro da parte mia gli auguri di una rapida guarigione.”

Naruto sospirò visibilmente all’udire la solita ottusa formalità ed il disinteresse di suo figlio nei confronti della sua famiglia. Possibile che Boruto fosse diventato così insensibile nei loro confronti? Hinata e Himawari erano finite nella depressione per colpa sua dopotutto, e lui continuava a fregarsene come se fosse solo una cosa priva di interesse per lui. Ma, anche se la cosa lo faceva soffrire immensamente, il giovane Hokage decise di non pressarlo troppo con le parole e di trattenere la sua impulsività.

Dopotutto, non voleva che questa loro discussione finisse per l’ennesima volta in un modo disastroso come in passato. Quello che voleva era compiere il primo passo per riuscire a riunire di nuovo la sua famiglia. Non poteva rovinare tutto. Lo aveva promesso. A Hinata. A Hiashi. A Sakura. A se stesso.

E Naruto Uzumaki non avrebbe MAI rimangiato le sue promesse.

Sapeva di dover agire con piccoli passi. L’espressione fredda e gelida che suo figlio gli stava rivolgendo in quel momento stava confermando ancora una volta che Boruto provava ancora molto odio e risentimento nei suoi confronti. Perciò, se voleva davvero riuscire a riconnetterlo a sé, doveva essere cauto e portare pazienza.

Anche se ci sarebbe voluto molto tempo, anche se sarebbe stato decisamente doloroso per lui, doveva farlo. Boruto era suo figlio. E Naruto avrebbe fatto qualunque cosa pur di riprenderselo.

“In realtà, Hinata e Himawari mi hanno chiesto di te,” riprese a dire lentamente. “Vogliono sapere come stai… Come te la passi… Se hai intenzione di torn-”

“Può dire loro che sto benissimo,” lo incalzò freddamente Boruto. “Non devono preoccuparsi per me. Sono capacissimo di badare a me stesso da solo. Lo faccio da anni ormai, dopotutto.”

Un profondo senso di vergogna accarezzò il cuore di Naruto all’udire quella risposta. Non riusciva ancora a credere che suo figlio avesse davvero deciso di vivere per conto suo senza contare sul loro aiuto a causa di ciò che lui gli aveva fatto quando era piccolo.

Possibile che quella sua decisione passata fosse stata davvero così terribile per Boruto?

“Per favore, figlio mio,” disse allora il Settimo, guardando il giovane ragazzino con uno sguardo pieno di timore, preoccupazione e dolore. “Non dire così. Non capisci che tua madre e tua sorella sono preoccupate per te? Vogliono solo riaverti con sé! Vogliono accertarsi che tu stia bene! Anche nella loro depressione loro non smettono di volerti bene! Tutti noi ti volgiamo bene, Boruto! Non vogliamo restare in questa situazione con te!”

Boruto lo guardò con disinteresse. “Questo non cambia nulla,” rispose a sua volta senza battere ciglio. “Io non ho più nulla contro lei o la sua famiglia, Hokage-sama. Ma voglio che lei capisca che il mio rapporto con voi tre da oggi in poi sarà solo ed esclusivamente formale. Non ho intenzione di tornare indietro. Né ora, né in futuro. Se ne faccia una ragione.”

“Ma perché?!” esclamò Naruto, disperato. “Perché sei così ostinato, Boruto? Perché non proviamo a ricominciare? Tua madre soffre terribilmente la tua mancanza! Tua sorella pensa sempre a te quando è da sola! E anche io…”

Naruto abbassò lo sguardo a quel punto, serrando i pugni in un moto di dolore e tristezza.

“Anche io sento la tua mancanza…” concluse alla fine sommessamente. “Ti prego, Boruto… Ti prego… torna a casa…”

Boruto rimase completamente in silenzio dopo che suo padre finì di parlare. Il suo corpo non si mosse di un millimetro. I suoi occhi gelidi rimasero fissati sul volto pieno di dolore e speranza che Naruto puntava alla scrivania, mentre la sua mente prese a ribollire di nuovo dalla rabbia e dall’odio a causa delle parole che suo padre gli stava rivolgendo.

In passato, fino a qualche anno fa, lui avrebbe dato qualunque cosa, qualunque cosa, pur di sentirsi dire quelle parole da parte della sua famiglia. Avrebbe fatto di tutto pur di riuscire a sentire quelle parole. Pur di riuscire a sentirsi voluto bene da parte loro. Era quello il suo sogno passato, il suo unico desiderio.

Fino a qualche anno fa, Boruto Uzumaki avrebbe fatto di tutto pur di riunire la sua famiglia nel modo in cui stava suggerendo suo padre.

Ma adesso non più.

“Se lei mi avesse detto ciò cinque anni fa, forse avrei accettato senza esitare,” disse allora il biondino, la sua espressione priva di qualunque emozione. “Ma non adesso. Io non sono più suo figlio, Hokage-sama. Prima lei e la sua famiglia riuscirete ad accettare ciò, prima riuscirete a smettere di soffrire. Non ho intenzione di ricominciare con voi.”

Naruto lo guardò con dolore e disperazione, i suoi occhi che avevano preso a versare lacrime da soli. “Ma perché?”

Boruto sorrise. “Perché io ho vissuto quello che voi state provando adesso per tutta la mia vita,” rispose, il suo sorriso sadico e privo di calore. “Lei dice che Hinata-sama è caduta nella depressione per causa mia, ma io per primo sono stato depresso per causa sua! Lei dice che Himawari soffre la mia mancanza, ma io per primo ho sofferto la sua mancanza! Io per primo ho desiderato per anni di riavere la mia famiglia al completo! Io per primo ho perso tutto ciò in cui credevo a causa vostra!”

Naruto continuò a guardare suo figlio col volto pieno di lacrime, il suo cuore che scalciava nel petto dolorosamente a causa delle sue parole che lasciavano trapelare l’enorme dolore celato dietro di esse. Un dolore che il biondino aveva vissuto per colpa loro. Per colpa sua.

“Per questo non voglio, non posso tornare indietro.” concluse Boruto, i suoi occhi freddi puntati su quelli acquosi del padre. “Io sono morto già una volta a causa vostra. Non ho intenzione di morire di nuovo.”

Naruto sgranò gli occhi, sconvolto e incredulo. “Noi non volevamo tutto questo!” esclamò, affranto. “Ti prego, Boruto! Sappiamo di aver fallito, di aver sbagliato, ma noi non volevamo farti tutto questo! Ci dispiace!”

“Il pentimento non basta, Hokage-sama.” lo canzonò ironicamente il biondino, il suo sorriso adesso più crudele. “Le vostre scuse non cancelleranno il mio dolore. Il vostro rammarico non mi ridarà ciò che ho desiderato per anni e che ormai ho perduto per sempre.”

“E allora cosa vuoi che facciamo?!” urlò disperatamente Naruto, alzandosi in piedi di scatto e guardando suo figlio con così tanto dolore e sconforto che Boruto per un attimo rimase colpito dalla disperazione nel suo tono. “Cosa vuoi allora, Boruto? Che cos’altro dobbiamo fare per farti capire che ti vogliamo bene? COSA?!”

Boruto lo fissò in silenzio per diversi secondi, stupito dall’improvvisa esplosione di dolore del Settimo. Per un secondo, per un solo secondo, il biondino fu tentato inconsciamente dall’idea di valutare l’ipotesi del perdono.

Ma la scartò subito.

Lui non era più lo stesso Boruto di cinque anni fa. Non più ormai. Lui adesso aveva una nuova vita, aveva una nuova famiglia. Aveva Mikasa, Sora e Urahara. Non era più da solo. Erano stati quei tre a salvarlo, a mostrargli la luce del mondo, a ridargli la speranza di ricominciare.

E cosa avevano fatto invece Naruto, Hinata e Himawari? Che cosa avevano fatto per lui in questi anni oltre che a piangergli addosso scuse inutili e promesse infrante da tempo?

Nulla.

I suoi occhi si fecero nuovamente freddi e colmi d’odio appena realizzò questa cosa. La sua faccia si contorse immediatamente in una smorfia rabbiosa e feroce, dimenticandosi del tutto del dolore e della disperazione palese dell’Hokage. Fece un passo in avanti, fissando con odio e rabbia il volto sbigottito di suo padre e inclinandosi verso di lui dall’altra parte della scrivania.

“Voglio che lei mi lasci in pace!” sibilò a denti stretti, la sua voce uscì fuori feroce e rabbiosa come mai prima d’ora era stata nei confronti di Naruto. “Questa è l’unica cosa che mi aspetto da lei! Mi lasci in pace, proprio come la sua patetica famiglia ha fatto per tutti questi anni! Non ho bisogno di voi! Non voglio più niente da voi! Ho una nuova famiglia adesso! Perciò, se vuole davvero dimostrarmi il suo pentimento, allora mi faccia il piacere di lasciarmi in pace UNA VOLTA PER TUTTE!”

Naruto rimase in silenzio, sconvolto. Non riuscì a reagire alle sue parole. Non riuscì ad aprire bocca. Come sempre, il giovane Hokage si ritrovò completamente incapace di resistere, di ribattere al dolore e alla rabbia di suo figlio. Era sempre così ormai.

Era come se Boruto fosse diventato capace di inibirlo completamente, di distruggergli solamente con quello sguardo pieno d’odio tutto il coraggio e la determinazione che Naruto era solito avere dentro di sé. Bastava solo quello sguardo, quello sguardo ricolmo di rabbia, odio e ferocia, per riuscire a demolire completamente tutta la forza, la determinazione e la grinta del giovane Hokage in un modo misterioso ed efficace.

Perché la sola vista di quei suoi occhi azzurri pieni di rabbia, dolore e odio era insopportabile per lui.

Era diverso da qualsiasi cosa che Naruto avesse vissuto in vita sua prima d’ora. Il Settimo, in tutta la sua vita, non si era mai trovato a vivere e sperimentare un dolore, una vergogna e un pentimento così grandi. Non aveva mai sperimentato prima sulla sua pelle una sensazione di impotenza così intollerabile.

Ed tutto questo suo tumulto interiore era causato da quegli occhi. Quei piccoli, bellissimi occhi azzurri che suo figlio portava in volto. Quegli occhi così profondi, così grandi, così incredibilmente simili ai suoi, ma allo stesso tempo indiscutibilmente diversi ed opposti.

Quegli occhi che lo fissavano con odio e ribrezzo. Che lo perforavano con il loro sguardo come un monito, un ricordo feroce che gli rinfacciava ogni volta i suoi errori e il dolore che aveva causato a suo figlio.

Due occhi azzurri più freddi del ghiaccio.

Naruto non riuscì a dire per quanto tempo rimase a fissare quegli occhi. Non si rese conto del tempo che passò mentre il suo sguardo sconvolto e pieno di dolore rimase puntato nelle orbite azzurre del figlio.

Fatto sta che quando si riprese dallo stupore e dallo shock, dopo un lasso di tempo indistinto, suo figlio non si trovava più dinanzi a lui, e il suo ufficio era diventato improvvisamente vuoto e silenzioso come non mai.

E la fredda e cupa disperazione prese per l’ennesima volta ad accarezzare la mente del Settimo appena si rese conto che Boruto se n’era andato senza che se ne fosse accorto.

 

   
 
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