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Autore: KH4    09/03/2018    0 recensioni
- Noise è un bel ragazzo. - Ma pur dicendoselo, accostando la lignea rigidità del proprio raziocinio, era come se la sacralità dei suoi impalpabili confini gli si abbandonasse in grembo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Lui - una parola,
io - una parola,
e incalza l’autunno.

Takahama Kyoshi.
 
Se osservato con la solerzia di un umore scrupoloso, quel suo corpo, così niveo da rivelare una disarmante trasparenza qualora baciato dalla casualità di un lucore, poteva rivelare molto più che una oggettiva gentilezza; si celavano anfratti, nei palmi discinti, che recati sul volto ne avrebbero deturpato la linearità.
Aprì gli occhi e il mondo filtrato dai sordidi sensi gli apparve come quando lo aveva lasciato, con la differenza che si stava dipanando nell’impercettibilità di un crepuscolo insonnolito.
Sospirò con la testa nullificata, gli arti ad affondare flessuosi nelle lenzuola che, nonostante tutto, conservavano il proprio ordine nel bacio essiccato dell'aria rafferma.
E’ mattina eppure l’odore del Rainbow gli illividisce ancora la pelle. Ha quella subitaneità che discetta persino un pontenziale tumultuare del sangue minimizzandone l’importanza.
- Sei carino -, giunge da un profondo recesso della sua mente.
A quel punto certificherebbe la sua moralità in un frusciare incolto, ma la consistenza delle banconote infilategli nel taschino del gilè non cade vezzeggiata in una cornice licenziosa.
Serviva ai tavoli, nulla di più. Sarebbe stato un azzardo da parte sua esternare un qualche piacere in ciò: semplicemente, quella misura da egli caldeggiata su un piano esistenziale diverso dal personale non aveva ancora trovato la maniera di uniformarsi al suo respiro.
Forse il suo non era il medesimo orchestrare danzante che i ballerini compivano intorni ai pali, poichè conscio del poco fascino serbato da mere copie se messe in confronto a coreografie sbocciate fra sprazzi di ardente sudore, ma anche la geometria dei propri passi perseguiva una ieratica delicatezza.
Doveva ringraziarne la connatura accortezza, altrimenti quel disegno non tracciato nella giornata precedente ne avrebbe rimpinguato la concentrazione oltre un limite tremebondo...

- Perché mi fissi? -
Giunse solitaria quella luttuosa discrepanza, uscita dalla concatenazione di giornaliere ripetizioni che incastravano la biblioteca in un laido angolo nell’incessante stridere dell’anno scolastico. Quale tempio della cultura, era abbandonato a un’incuria smussata da minimali precauzioni, vergata da scaffali di metallo e una pallida tinteggiatura che il paglierino lucore del pomeriggio scoperchiava di tutte le imperfezioni agevolanti il paragonarlo a uno sciatto magazzino.
Noise gli arrivò addosso con la consistenza delle nuvole sostituitasi a quella dei piedi, intangibile a dispetto della sua presenza di inaspettata eccezione in un luogo dove l’ovattarsi della luce si cuciva in base a regole che rifulgevano distaccate dai troppi aneliti. Seduto di fronte a lui, i pugni piantati nelle guance e gli occhi rutilanti, impegnati a sbattere le finissime ciglia, alimentavano la ragionevole illusione di una puerile innocenza che usufruiva della curiosità come maschera.

- Perché ti reputo un bel ragazzo. -
Metabolizzato il profilo del proprio interlocutore, non si era neppure premurato di chiudere il libro prima di rispondergli senza ponderare sull’effettivo peso di parole che avrebbero potuto relegarlo in una scomoda effigie. Inintelligibile alle sue previsioni, in un istante quiescente, era successo che Noise avesse raccolto il suo silente osservare con tiepido sorriso.
- Solo per questo? -
Doveva aver pensato - ma non ne era del tutto certo - di suscitare in lui la medesima espressione che cattura il volto di un bimbo scoperto con la mano infilata furtivamente nella biscottiera. Invece era stato a sua volta ricambiato da una preparazione dettata da un’eventualità messa in conto.
- Se fossi stata una ragazza saresti giunto da solo alla risposta che ti ho dato, ma io, che sono un ragazzo, avrei dovuto agire diversamente. -
- Eppure non l’hai fatto. -
- No, non l’ho fatto. -
Perché di annodarsi la carne con complicazioni che la sua vista non concepiva sapeva di superfluo, più del carpirne la mutevolezza d’animo impostatasi in una conversazione dall’indefinibile sfumatura.
- Oh...Però! -
- Cosa? -
- Sei schietto. A vederti dai l’impressione di una persona che preferisce girare intorno alle cose piuttosto che dirle per come stanno realmente. -
- E io potrei affermare che ti reputavo più incline a rispondere a questo genere di scoperte con un pugno piuttosto che stupirtene, ma il punto rimane che non c’è una ragione valida per la quale debba crearmi problemi con una semplice constatazione. Sì, penso tu sia un bel ragazzo, lo pensano tutti, ma per ciò che mi concerne la questione non va oltre. -

- Quindi non ci sarebbero problemi se ogni tanto anch'io ti osservassi. -
- Io...No. Non credo. -

 
Note di fine capitolo:
E riesco nuovamente a infrangere la mia promessa di aggiornare presto sebbene questa sia una storia già bella che scritta. A chi segue Hell’s Road non disperi: dei miei lavori sarà il prossimo, ritengo di esservi stata sin troppo lontana. Passando subito al sodo, voglio ringraziare tutti i commenti, i voti e il sostegno di chi ha dato un’occhiata a questo mio esordio originale. Davvero, sono contenta che abbia riscontrato pareri positivi, anche se soltanto con un capitolo. Si comincia a delineare qualcosa, ma non il nome di uno dei due protagonisti, con giusto un po’ di dialogo fra i due; come struttura è semplice, lo ammetto, ma soltanto perché mi sono concentrata sulle descrizioni. Spero ugualmente che possano essere di vostro gradimento e che non ci siano errori. Un bacione e alla prossima!
  
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