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Autore: mystery_koopa    11/03/2018    8 recensioni
STORIA CORRETTA E REVISIONATA [LUGLIO 2021]
Madagascar, dicembre 1829
Due uomini in cerca della salvezza, un aiuto inaspettato, un'isola selvaggia, delle atroci torture, una regina crudele, Ranavalona I, soprannominata nientedimeno che "Bloody Mary". La prima avventura del reverendo Gerald Royne scorre così tra una città, una fortezza e la foresta tropicale, il tutto in un'isola che tenta di essere dimenticata dal mondo.
✠ Storia partecipante al contest "In Viaggio" indetto da Emanuela.Emy79 sul Forum di EFP.
✠ Seconda classificata al contest "Raccontami una Storia" indetto da milla4 sul forum di EFP, a parimerito con "Due bocche nel fango" di Alix katlice.
✠ Terza classificata al contest "Dai vita alla tua fantasia con i generi letterari! II edizione, il ritorno" indetto da 6Misaki sul Forum di EFP, e vincitrice del premio speciale "Miglior trama".
Genere: Avventura, Storico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Parte seconda
 
Lo sguardo di Gerald, da spaventato qual era, si fece improvvisamente risoluto non appena l’imponente figura si rese visibile nella sua interezza, mentre il suo compagno indietreggiò vistosamente, urtando il retro della gabbia con la nuca. Il sordo rumore metallico rimbombò nel salone semivuoto, rendendo l’atmosfera ancor più pressante e, quasi nello stesso istante, i servitori di Ranavalona si inginocchiarono al suo cospetto.

D’improvviso, con tono duro, la sovrana pose una domanda secca alla guardia che li aveva catturati in una lingua ai due sconosciuta; poi, con evidente fastidio, si rivolse loro in francese:
“Mi sorprende che non abbiate ancora domandato perché siete ancora in vita, solitamente è la prima cosa che dicono gli invasori come voi quando si ritrovano chiusi in gabbia. Proprio come siete voi in questo momento.”
Si interruppe un secondo, rinnovando loro un’occhiata di disprezzo come ad accompagnare le parole. Inspirò ed espirò profondamente, poi, non appena si fu ristabilito un silenzio assoluto all’interno della sala, proseguì.
“Ebbene, tra quattro giorni ci sarà quella ricorrenza che voi chiamate Natale, quando festeggiate stupidamente la nascita di qualcuno che non sapete neanche se sia esistito veramente. Come se i riti insensati fossero i nostri…
Sappiate solo che quel giorno sarete pubblicamente uccisi davanti a questa fortezza, e tutti coloro che vedranno capiranno quale tradizione devono seguire, per la legge e per gli dèi! Giudicatemi come volete, stranieri. Io sto solo difendendo il mio popolo e il suo onore da persone spregiudicate come voi, che pensano che quest’isola possa diventare di loro proprietà!”

Poi, tornando ancora ad una delle lingue locali, forse la stessa con cui si era espressa in precedenza, diede una severa indicazione alla guardia, che ordinò a degli schiavi di spingere la gabbia dei due occidentali verso un portone, dietro al quale era celato uno stretto corridoio. Esso, chiuso all’altra estremità da un portone identico, li condusse a un'umida e buia grotta, con le nere pareti impregnate d’acqua e soggette alla più totale incuria. Gerald e Christophe vi vennero rinchiusi, e anche il portone d’ingresso fu serrato con chiavi e assi.

Quando furono ormai soli il francese prese la parola, rivolgendosi al suo compagno con tono amareggiato e affranto: “Penso sia inutile colpevolizzare qualcuno per ciò che è successo, ora l’importante è riuscire a uscire da qui al più presto, ma penso che sarà impossibile…”
Royne allungò la mano nel buio, toccandogli una spalla per tentare di tranquillizzarlo, nonostante fosse perfettamente consapevole della verità di quelle parole. In seguito gli rispose debolmente, concordando con lui, ma invitandolo a non demoralizzarsi nonostante l’estrema situazione:
“Faremmo solo il gioco di quella folle regnante”.

 
*

Passò molto tempo, forse ore, ma i due non parlarono più.
Nell’oscurità totale della caverna si sentivano solo i rumori metallici delle sbarre contro le quali essi erano appoggiati, stretti nella loro angusta prigione.
Christophe provò più volte a iniziare una discussione, ma i ripensamenti e i sensi di colpa per l’accaduto lo bloccarono. Proprio mentre stava per aprir bocca, forse deciso a parlare una volta per tutte, il massiccio portone si aprì con un inquietante scricchiolio, facendo penetrare un raggio di fioca luce all’interno dell’ambiente; un’esile figura si affacciò dalla soglia, guardando intensamente i due prigionieri: era la ragazza delle candele, vestita solamente di un lungo abito bianco.
Senza dire nessuna parola si avvicinò ai due, aprì la cella con una chiave argentea e diede all’inglese una sottile carta da lettere raffigurante quella che sembrava essere una mappa della roccaforte, e al francese una torcia accesa. Dopodiché, scostando una piega del vestito posta all’altezza del seno, mostrò loro una croce: a gesti, la giovane cercò di indicare che quella fosse la sua vera religione e che per questo motivo era sorta in lei la volontà di aiutarli a sfuggire dall’atroce destino progettato per loro dalla regina. Uscì successivamente dall’antro, lasciandoli soli, senza neanche guardarsi indietro.

Il reverendo osservò la mappa: vi erano indicati due percorsi, colorati in modo approssimativo: una via di fuga passante per un’uscita secondaria posta sul lato della costruzione, in verde, e, in rosso, un insieme di stretti cunicoli che conducevano alla porta principale. I due, ben conoscendo la quantità di soldati che sorvegliavano il portone principale, scelsero la prima via, che iniziava dietro a un ritratto della regina ad altezza naturale posto nel salone in cui l’avevano incontrata per la prima volta.
Dopo aver aperto la gabbia attraversarono il corridoio, le cui porte erano entrambe aperte, e guidati dalla luce della torcia raggiunsero il salone, completamente deserto. Spostato l’ingombrante quadro, ulteriormente appesantito da una cornice in oro massiccio, i due iniziarono a percorrere velocemente la via indicata sulla mappa, passando per quello che sembrava un antico corridoio ormai in disuso: le pareti erano scolorite, dal pavimento trasudava acqua sporca e dal soffitto pendevano intricate ragnatele.
Royne, con la mappa in mano, faceva strada, mentre Moulin lo seguiva a stretta distanza, senza mai perdere il contatto. Procedettero a lungo, senza intravedere alcuna luce di fronte a loro, fino a quando si trovarono davanti ad una porticina in logoro legno che decretava la fine del passaggio. Esitanti la aprirono, cercando di farla scricchiolare il meno possibile.

Si trovavano a circa un metro dal pavimento, dietro la colonna che sorreggeva il soffitto di una stanza da letto; solo la luce di una candela morente proveniva da un punto che nessuno dei due sarebbe riuscito a individuare senza farsi scoprire dalla persona presente all’interno, i cui passi decisi risuonavano nell’ambiente. La camera era riccamente decorata, sia sui muri, dove campeggiavano diversi sampy, preziosi amuleti pagani costituiti da smeraldi grandi come piatti da servizio e ritenuti miracolosi dalla regina, sia negli arredi, quali poltrone rivestite di stoffe pregiate, cassettiere d’ebano e tappeti persiani.
I passi all’interno aumentarono d’intensità, sembrando avvicinarsi ai due. Lo sguardo di Christophe si fece insicuro, e Gerald, solo sfiorandogli la mano, poté sentire quanto il suo corpo stesse tremando e sudando freddo. Respirando profondamente per prendere coraggio, Cristophe si sporse oltre la soglia, intravedendo, attraverso uno specchio, la figura presente, riconoscendone subito l’identità: era la regina, che camminava con la testa china.
Il francese riferì al suo compagno, senza distogliere lo sguardo, ciò che aveva visto ma la donna, alzando il capo d’improvviso, vide il suo riflesso nello specchio. Ranavalona urlò, richiamando così l’attenzione delle sue milizie che irruppero nella stanza.

I due, presi alla sprovvista e assaliti dal panico, gettarono via la torcia, che si spense al contatto col pavimento bagnato, e tentarono una fuga disperata attraverso l’antico corridoio. Tuttavia, giunti alla fine del passaggio, furono bloccati da due guardie, seguite subito dopo dalla regina stessa, che aveva corso disperatamente per assistere alla loro immediata uccisione, e dalla ragazza delle candele, apparentemente apparsa dal nulla.
Quest’ultima prese la parola, rivolgendosi a Ranavalona: “Ho fatto un buon lavoro, non è vero mia Regina? Questi due infedeli sono caduti nel mio tranello, e ora dovranno pagare per l’affronto che hanno fatto alla nostra terra!”
Lei le rispose, ridendo, con delle parole che Royne conosceva molto bene: “Ny ranomasina no valapariako¹!”

La sovrana si rivolse poi a una delle due guardie, afferrando con veemenza la sua spada e preparandosi a colpire di persona uno dei due fuggitivi che, pietrificati entrambi contro la sudicia parete, chiusero gli occhi.
Ma quando li riaprirono dopo aver sentito un assordante rumore, la crudele sovrana era stesa a terra priva di sensi, mentre un soldato e la crudele serva avevano la testa forata da una raffica di proiettili. L’altro militare, invece, li stava guardando intensamente, con un fucile dalla canna fumante tra le mani. Gerald lo riconobbe: era colui che, la notte precedente, li aveva catturati. Egli, dopo aver controllato che la regina fosse svenuta, iniziò a parlare in un francese stentato, ma sufficiente per farsi comprendere:
“Mi è dispiaciuto molto catturarvi così brutalmente, ieri, ma ho dovuto farlo per compiacere la mia sovrana: avrà anche regione a difendere la nostra isola da chi vuole colonizzarla, ma non accetterò mai il suo odio ingiustificato verso i Cristiani, sia europei che locali, e le sue barbarie tradizionaliste, alle quali la mia famiglia si è sempre opposta. Tuttavia non ho alternative, se non ubbidire ciecamente a ogni suo ordine, senza essere sicuramente ucciso dalla sua cieca furia.
Voi dovete fuggire immediatamente, io vi coprirò la fuga: passate per l’ingresso principale, che ora non è controllato da nessuno… io tra poco sarò costretto ad avvisare le altre guardie della vostra sparizione per non essere accusato di tradimento, quindi dovrete essere molto veloci. Non parlate e non fatemi alcuna domanda, andate!”

I due lo ascoltarono senza nemmeno pensarci, girandosi e iniziando a correre freneticamente verso l’uscita che, effettivamente, era sguarnita. Dall’interno provenivano i passi delle guardie, ormai avvisate del pericolo e sempre più vicine, e le grida della regina che, dopo essersi ripresa, era più infuriata che mai.

Era appena giunta l’alba. Royne afferrò il suo compagno per un braccio, trascinandolo all’interno della foresta. Vi si addentrarono senza esitazione, orientandosi con il sole nascente e fuggendo ancora verso est, fino a quando il rumore dei passi delle guardie si perse in lontananza, presto sostituito da un leggero sciabordio, che nulla al di fuori di un corso d’acqua avrebbe mai potuto produrre. Seguendo il flebile suono, nonostante ogni pochi passi esso sembrava cambiasse direzione, i due trovarono un fiume, sulla cui sponda argillosa era spiaggiata una rudimentale zattera, assemblata solamente con legni e corde. L’inglese e il francese vi salirono, lasciandosi trascinare dalla corrente. Non era importante la direzione, ma solo la speranza di allontanarsi il più possibile dalla maledetta reggia della regina sanguinaria.

 
*

Christophe, guardando il suo compagno negli occhi per poi distogliere subito lo sguardo, iniziò a pensare a come poteva essere riuscito a fuggire da quel posto, a come la vita era sembrata scappargli tra le dita e a come l’aveva ripresa, a quella persona che aveva conosciuto da poco più di un giorno e di cui non sapeva nulla, ma con il quale stava trascorrendo i giorni forse più importanti della sua vita: lo conosceva a malapena come uomo di chiesa, ma anche come persona decisa nella vita.
Gli sembrava strano provare interesse per la vita di un’altra persona, lui che era sempre stato riservato, che non aveva mai intessuto alcun legame umano: ma quell’uomo aveva qualcosa che lo contraddistingueva da ogni altro che avesse mai conosciuto, sebbene non riuscisse a indentificarlo.

La zattera proseguì lungo il corso del fiume, allontanandosi dalla nefasta fortezza e facendo dissolvere gradualmente nell’aria qualsiasi traccia di essa.
 



Note:
1 “Il confine della mia risaia è il mare”, celebre affermazione pronunciata dal fondatore del Regno del Madagascar Andrianampoinimerina, suocero di Ranavalona, che indicava il predominio della dinastia Merina sull’isola.
 
Spazio Autore:
Il prossimo capitolo sarà l'epilogo della storia, spero di riuscire a pubblocarlo entro la scadenza del contest... un saluto,
mystery_koopa

 
  
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