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Autore: Emadiam    14/03/2018    3 recensioni
"Vedo con la mente le mie prossime ore, so perfettamente cosa farò. Mi girerò nel letto con gli occhi spalancati senza la minima possibilità di lasciarmi placidamente cogliere dal sonno. Vi lancio un’occhiata furtiva, sentendomi arrossire al ricordo di quanto successo questa sera."
Pensieri, dediche, sentimenti e impressioni di Alfred Paget, Luogotenente della Cavalleria Reale, circa l'inatteso legame con Edward Drummond, segretario personale del Primo Ministro inglese.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alfred Paget, Altri, Edward Drummond
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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2x08. L’uomo in silenzio.
 
 
So che tarderete, eppure la mia impazienza è tale da arrivare in anticipo. Aspetto. Ora come ora, potrei aspettarvi tutta la vita. Accarezzo distrattamente i fiori a centro tavola. Torno con la mente al pensiero della signorina Coke sulla parabola di Davide e Jonathan. “Non sapevo che la Bibbia potesse essere tanto dolce.” Non posso che darle ragione. Mi domando se anche il mio amore per voi sia superiore a quello per una donna. Non vi ho mai riflettuto in questi termini. Credo che sia un paragone insensato, dopotutto. In fondo, ogni amore è unico, altrimenti non dovrebbe definirsi tale. Un giorno potrei chiedervi la vostra opinione in merito. La vostra mano sulla schiena mi distrae dalla naturalezza con la quale ho appena pensato a voi in termini di amore.
«Domando scusa.»
Vi guardo prendere posto e affrettarvi a sistemare il tovagliolo sulle gambe. Sorrido e vi imito, con molta più calma.
«Il dibattito sulle leggi del grano andrà avanti per giorni. Le belle addormentate sui nostri banchi si sono svegliate. E non sono contente.»
«So che mio padre e i suoi amici pensano che l’abrogazione sarà la fine della nostra civiltà.»
«Con tutto il rispetto, i giorni in cui uomini come vostro padre governano il Paese stanno per finire.»
Vi osservo con attenzione, pensando che almeno uno di noi due debba ricorrere a un minimo di diplomazia. Siete così appassionato nelle vostre idee politiche. «Be’… povero papà.» Mi compiaccio di avervi riportato il sorriso.
«Ma non parliamo di politica.»
«No.» Alzo la mano per fermare il cameriere. «Ostriche e Champagne!» Il primo appuntamento è una cosa speciale.
«C’è qualcosa che devo dirvi.»
Lo immaginavo. Manterrò un tono amichevole e pacato per celarvi quanto il mio cuore si stia facendo piccolo. «Avete fissato la data, vero? Del matrimonio.» State riflettendo sulla risposta o non trovate la forza di ammetterlo? Va tutto bene, non fatevi inutili scrupoli.
«Ho deciso di rompere il fidanzamento.»
Oh, non dite sciocchezze. «Perché? Lei sembra una moglie ammirevole per un uomo con delle prospettive.» Leggo allarmismo nel vostro sguardo. Eppure è così che deve andare.
«Penso che voi, più di tutti, dobbiate capire perché non sia possibile.»
«Non sia possibile. Come siete drammatico, Drummond.» Mi rendo conto da solo di aver esagerato. Sto riversando su di voi la mia pena e ottengo solamente di spaventarvi.
«Dopo la Scozia? Mi sembra quanto meno corretto.»
E’ arrivato lo Champagne. Vi guardo con espressione serena, vedendo la vostra apprensione tramutare in collera. Osservo il mio calice riempirsi cercando le parole migliori per farvi comprendere la situazione. Il cameriere depone la bottiglia nel ghiaccio e si allontana. Mi porto il vino alle labbra, parlando con inusuale cautela. «Un politico di successo deve avere una moglie. E voi, a breve, sarete un politico di successo, Drummond, lo so. Farete la differenza nel mondo, ma non potete gettar via tutto per una… indiscrezione.»
«Una indiscrezione
Abbasso lo sguardo sul bicchiere. Non era mia intenzione ferirvi, ma è così che la vedrebbe il mondo. Fisso rigidamente gli occhi nei vostri. Dovete accettare la cosa. «Non posso farvi rischiare la carriera.»
«Questo sicuramente spetta a me deciderlo!»
«Non state ragionando lucidamente, Drummond.»
«Signori, le vostre ostriche.»
Ho capito che questo infelice tempismo ha messo fine alla serata ancor prima che vi alzaste.
«Mi accorgo di non avere appetito.»
I vostri passi svelti si allontanano alle mie spalle e mando indietro il vassoio con un cenno. Lascio il tempo alla mia mente di riorganizzare i fatti e al vostro sdegno di placarsi. Comprenderete la giustezza delle mie argomentazioni, Edward, ne sono certo.
 
 
***
 
 
Nei due cavalieri in lontananza, ho riconosciuto il primo ministro solo perché subito ho riconosciuto voi. E’ stata piuttosto una sorpresa, non mi sarei mai aspettato di vedervi. Non ancora, almeno. Seguo il principe avvicinarsi e salutare entrambi. Vedo il vostro sguardo adirato, non che vi sforziate di nasconderlo, certo. Mi rincresce constatare che il tempo trascorso non vi abbia reso più giudizioso.
«Ho sentito che non si è votato, ieri sera.»
Mi concentro sulla conversazione tra il principe e Sir Peel. Sua Altezza mi ha raccontato quanto accaduto a Westminster.
«No, signore. L’atmosfera alla camera, dopo che siete andato via, era piuttosto brutta, ma penso che la campanella suonerà stasera.»
«Lord Melbourne una volta mi disse che la camera dei comuni non avrebbe accettato volentieri un principe tedesco.»
«Noi membri del parlamento siamo… gelosi della nostra indipendenza, signore.»
Rifletto sull’affermazione di Sir Robert.
«Chiedo scusa se vi ho reso tutto più difficile. Non era mia intenzione.»
«Lo so, signore.»
Inspiro, sostenendo il vostro sguardo austero. Molto bene. Sia come volete.
 
 
***
 
 
I fiori al centro del tavolo sono gli stessi dell'altra volta e comincio ad accarezzarli sovrappensiero, come quella sera, tentando di ammansire la mia agitazione. Ripenso al valletto, in piedi alle mie spalle poche ore fa, in attesa, mentre io non sapevo nemmeno come iniziare la mia lettera. Una volta intinto il pennino nel calamaio, le parole sono affiorate sulla carta. Avevate ragione a ribattere come io non abbia diritto di dirvi cosa fare della vostra vita. In ogni caso, dovremmo riprendere questa cena. Non sono certo che abbiate accettato, ma vi aspetterò comunque. Vi aspetterò, Edward. Non voglio che pensiate neanche per un attimo che, per me, ciò che abbiamo avuto sia di secondaria importanza. Non dovete dubitare del mio affetto per voi.
 
 
***
 
 
Fingo di ascoltare le note della signorina Coke, appoggiato al pianoforte, solamente per avere qualcosa da fare. Non voglio pensare a voi, tanto meno a me stesso, solo, al ristorante, in attesa. Nessun messaggio, nessuna giustificazione, nessuna scusa. Mi convinco che fosse semplicemente un momento sfortunato per via della votazione, ma sono logorato dal pensiero che siate ancora in collera con me. Sarà questa la causa del malessere di cui sono prigioniero da ieri sera…
«Lord Alfred, volete accompagnarmi al salotto Ambra? Non mi sento molto sicura sulle scale.»
«Posso accompagnarvi io, zia.»
«No, preferisco Lord Alfred.»
 Mi affianco alla duchessa di Buccleuch porgendole il gomito, incamminandoci.
«Spero che vi sentiate in forze, Lord Alfred.»
«Perché, duchessa? Volete che vi porti in braccio?»
«Temo davvero… che troverete difficile sopportarlo.»
Osservo il biglietto che la donna mi sta porgendo, preoccupato per il tono grave nella sua voce. Spiego il foglio in fretta. Cosa mai potrebbe riguardarmi dei suoi affari? Scorro gli occhi sulla carta e le parole mutano presto in scarabocchi d’inchiostro. Mi sento soffocare. Io non capisco…
«Fate un bel respiro.»
L’aria mi provoca una fitta al petto. Fisso la lettera con la vista annebbiata. Cosa…
«Adesso… un altro.»
Il mio cuore sta smettendo di battere. Non so... Mi gira la testa.
«Ecco, prendete un po’ di questo.»
Obbedisco per la terza volta e bevo il liquore. Mi placa la nausea, ma sto ancora tremando.
«Sono vecchia, ma non cieca.»
Alzo gli occhi sulla duchessa come se la vedessi per la prima volta.
«So cos’era per voi. Ora, vi suggerisco di andare in camera a ricomporvi e, ricordate, al funerale le persone più addolorate saranno la madre e la sua fidanzata.»
Funerale. Questa parola mi rimbomba nella testa. Credo di annuire. Sto prendendo coscienza di... Oh, Dio... Vi prego, Dio. Fate ch’io mi svegli…

 
***
 
 
Il cielo di Charlton si è rannuvolato. Un po’ di pioggia non sarà sufficiente a rimandarmi a Londra, Edward. Appoggiata alla pietra tombale da tre giorni, la corona di fiori che era adagiata sul tuo feretro comincia a sfiorire. Quel rigido legno nero sulla mia spalla è stata l’ultima occasione concessami di averti fra le braccia. Ho ascoltato con grande irritazione il reverendo parlare di te, come se ti conoscesse. Perché ai funerali si elencano solamente le qualità? Nessun riferimento a quanto tu fossi avventato, appassionato, ostinato, sfacciato. Almeno con me. Ora ne sorrido. Persino queste caratteristiche mi appaiono come pregi. La figlia di Lothian è scoppiata in singhiozzi appena il predicatore ha menzionato il vostro matrimonio. Magari quel vecchio in abito nero ti conosceva veramente. Osservo qualche secondo i muri di pietra grigia, le volte, le vetrate colorate… Saint Luke era la tua chiesa, dopotutto. Ti avrà conosciuto sin da quando eri piccolo. Lo sto invidiando, sai? Mi chiedo che tipo di bambino tu fossi stato. Impulsivo e testardo come da adulto? Devo confessarti di non aver prestato molta attenzione alla funzione. Ho passato tutto il tempo a pensarti, invece. E’ stato l’unico modo che mi sia venuto in mente per assolvere il comando della duchessa di Buccleuch: “al funerale le persone più addolorate saranno la madre e la sua fidanzata”. Una goccia mi scivola sul viso e non sta piovendo. Malgrado ciò, alzo lo sguardo alle nuvole e sento gli occhi bruciare. Conservo ancora il fazzoletto della signorina Coke nel taschino. Ho scordato di restituirglielo. Asciugo le lacrime che non riesco ad arrestare. Ma oggi mi è permesso piangerti, Edward… Il nostro ultimo incontro fu segnato dall’incomprensione. Scambierei metà della mia vita per avere un minuto ancora con te e poter dirti che mi dispiace, baciarti un’ultima volta, vederti sorridere. Il giorno prima del funerale, ho incontrato Sir Robert. Era straziato dal senso di colpa, ma ha voluto parlarmi dell’attentato, “perché voi eravate suo buon amico”. Mi ha raccontato i fatti, incluse le tue ultime parole, anche se non vi ha attribuito minimamente l’importanza che esse hanno avuto per me. Solo in seguito mi sono reso conto di quanto quell'uomo debba sentirsi responsabile e, probabilmente, voleva soltanto qualcuno che lo biasimasse in tua vece. Ma io non sono certo nella posizione di rimproverare qualcuno, né tu lo avresti mai incolpato. Mi passo nuovamente il fazzoletto sulle guance. La signorina Coke me l’ha prestato dopo che, finita la messa, le ho chiesto di presentarmi la tua fidanzata. Ti domando perdono. Tutt’ora mi riesce difficile accettare queste due parole. Aveva il cuore in pezzi, povera ragazza, doveva amarti molto. Mi ha riferito quanto spesso le parlavi di me. Che impertinente sapevi essere. Nemmeno al tuo funerale hai smesso di sbalordirmi. Io… sono furibondo con te, Edward. Mi hai sedotto, per poi lasciarmi in questo modo. Mi porto alle labbra la punta delle dita. Rivivrei ogni secondo, insieme a te. Trasferisco il bacio sulla lapide. Avevi intenzione di raggiungermi, quella sera… Mi manchi immensamente. Con te…
«Lord Paget.»
Ricaccio le lacrime in gola e volgo lo sguardo verso la voce femminile. «Signorina Kerr.» M’inchino. Si sforza di sorridere e vedo i suoi occhi inumidirsi. Deposita altri fiori sulla tua tomba. Non riesco a dirle nulla. Restiamo in silenzio a guardare il tuo nome inciso nella pietra. Poi apre la borsetta, nera come il suo abito da lutto.
«Più tardi avrei chiesto a Wilhelmina di consegnarvelo. Ho supposto che vi avrebbe fatto piacere averlo in suo ricordo.»
Allunga la mano verso la mia.
«Di certo ne farete un uso migliore di quanto farei io.»
La guardo piangere, silenziosamente, con gli occhi rivolti alla tua lapide. Il tuo acciarino da tasca. «Un pensiero gentile. Vi ringrazio.»
«Sarebbe bello, per me, parlare di lui con qualcuno che gli era vicino, quando il tempo avrà lenito almeno in parte il nostro dolore. Venite a trovarmi qualche volta, Lord Alfred, se vi fa piacere.»
M’inchino lentamente. «Signorina Florence.» Lei annuisce dolcemente ed io mi allontano, nel percepire le mie lacrime venire dolorosamente richiamate dalle sue. Salgo in carrozza, riponendo nel taschino il fazzoletto della signorina Coke. Appena arriverò a palazzo, dovrò farglielo riavere. Rigiro il tuo acciarino nel pugno, vi poso sopra le labbra e chiudo gli occhi. Te lo dissi, quella notte: “impazzirei se ti accadesse qualcosa.” Alle volte, temo di poter perdere il senno, in effetti. Sento il braccio destro indolenzito, probabilmente dovrei allentare un poco la fascia da lutto. La celo sotto la camicia, anche per gelosia verso la mia sofferenza, così intima, Edward, così violenta da spezzarmi. E' per questo che ogni giorno allaccio più stretta questa stoffa nera attorno al mio braccio, per impedirmi di andare in frantumi. La tua assenza è lacerante. Con te è morta una parte di me. Vi è un guscio vuoto nel mio cuore. Eppure io, ancora, vivo. Nulla si è fermato, ed è profondamente ingiusto. Il sole sorge ogni mattina e tramonta ogni sera, con o senza te, riducendo la tua esistenza a qualcosa priva di qualsiasi significato. La vita mi travolge senza compassione alcuna; spinge e preme, come se lottasse incessantemente contro il mio volere, rammentandomi continuamente di esistere, perché il mondo, indifferente, sta andando ugualmente avanti. E non vi è cosa che io trovi più spaventosa. Stringo le dita, aggrappandomi a quest’oggetto con tutto me stesso. Una nuova lacrima mi solletica la guancia, mentre il mio patema urla al mondo che no, tu sei esistito e sei stato ineluttabilmente parte di esso, nonché del mio essere. La tua vita ha perfezionato la mia con sfumature a me tanto ignote quanto necessarie. Forse, spero solo che tu possa sentirmi e conoscere in qualche modo queste cose, che mai potrò dirti più.
 




 
 
Note:
Kerr è il nome della famiglia che detiene il titolo scozzese di Marchese di Lothian. Benché nessuno dei papabili marchesi realmente esistiti (per la precisione VI, VII e VIII marchese) abbia avuto una figlia di nome Florence, o abbia avuto una figlia dell’età di Florence, o abbia avuto egli stesso l’età (o finanche che fosse vissuto) per avere una figlia dell’età di Florence nel 1843, ho mantenuto il cognome vero della famiglia dell’ipotetico marchese.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  Emadiam
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