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Autore: Yellow Canadair    14/03/2018    3 recensioni
Non leggete questa storia, per favore. È piena zeppa di fluff, di agenti segreti che fanno a botte, di spiriti misteriosi che infestano le loro case. E poi parliamo del Cp9, ve li ricordate quei ragazzacci, a Enies Lobby? Qui sono passati due anni, ma le vecchie abitudini sono dure a morire.
Tra una missione e l'altra vivono in una grande torre al centro dell'Arcipelago di Catarina, e anche se ormai Spandam è il loro galoppino e l'hanno soprannominato "scendiletto", i guai non sono ancora finiti.
E poi c'è Stussy, l'agente del CP0. Davvero volete leggere di quando fece a Lucci una proposta indecente? Ma dai, ci sono storie molto più piccanti di questa.
C'è anche Gigi L'Unto, proprietario della peggior locanda della Rotta Maggiore: per leggere la sua storia dovete esser vaccinati pure contro la peste nera, ve l'assicuro. Però sua figlia è molto carina.
C'è anche Lili, una segretaria che è anche pilota, ma questo Rob Lucci non vuole che si sappia in giro, quindi in questa storia non piloterà un bel niente (forse).
Ancora non vi ho convinti a lasciar perdere? Beh, se amavate i completi eleganti del Cp9 passate oltre: qui vengono denudati spesso.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Kumadori, Rob Lucci
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Dalla tatuatrice

 

Un giorno a Enies Lobby, un pomeriggio di dieci anni prima della sua distruzione

 

«Che bei pettorali muscolosi!»

Non aveva peli sulla lingua, Kat.

«Trattali bene, mi raccomando» ridacchiò Jabura riponendo la maglietta sul tavolino.

«Sei sicuro? Lo facciamo? Guarda che una volta cominciato, non si torna indietro» lo ammonì Kat.

Jabura la fissò con un ghigno deciso ed eccitato. «Vai, Kat.»

Kat faceva la tatuatrice. Aveva cominciato quando, da piccolina, aveva scoperto che disegnare le piaceva tantissimo, e riempiva quaderni su quaderni di splendidi disegni. Un giorno, per disgrazia, finì i fogli e cominciò a scarabocchiare sul proprio avambraccio, e poi ancora sulle mani della sua compagna di banco: fu amore.

L’intera classe di bambini aveva tutte le braccia affrescate, con gran disappunto dei genitori, e Kat abbracciando la mamma all’uscita della scuola aveva dichiarato: «Farò la tatuatrice!» e così era stato.

Ne aveva fatta di strada, era diventata sempre più brava, e adesso era una ragazza grande con la sua bella bottega a Enies Lobby. Aveva avuto fiuto ad aprire il negozio lì, perché c’erano sempre un gran via vai di gente che andava e veniva, e spesso si faceva tatuare per ricordo.

Quel giorno in agenda c’era l’appuntamento di un ragazzo di venticinque anni al massimo, un governativo che aveva chiesto un tatuaggio semplicissimo: “lupo”, in kanji, bello grande sul pettorale sinistro, proprio sul cuore.

Kat gli aveva proposto qualche bella elaborazione sul tema, magari un bel lupo stilizzato accanto, qualcosa che gli si arrampicasse sulla spalla; era un’artista, una disegnatrice, le piaceva personalizzare i tatuaggi che i clienti le proponevano. Ma, in quel caso, il cliente era stato molto fermo: voleva solo quel kanji, nessun orpello. Doveva essere chiaro e leggibile.

La tatuatrice non si era offesa: alcuni tatuaggi avevano un significato particolare, e dovevano rispettare al millimetro l’idea del cliente. Il primissimo tatuaggio, e per di più, sul cuore; era una posizione molto delicata: ci doveva essere un motivo molto importante.

Jabura si stese sul lettino, che era quasi troppo piccolo per un ragazzone come lui, e cercò di rilassarsi; non perché avesse paura o soffrisse il dolore, ma lui era stato addestrato a fare il Tekkai istintivamente, quando qualcosa cercava di colpirlo: chiaramente però non poteva attivare lo scudo perfetto sotto l’ago della tatuatrice, oppure lei non sarebbe riuscita a lavorare! Quindi doveva impegnarsi per non fare il Tekkai, per una volta. Modificare un’abitudine così radicata era difficile, ma poteva riuscirci.

Kat s’infilò i guanti di lattice, inserì l’ago nuovo nella macchinetta, e non senza soddisfazione pulì con un batuffolo di cotone bagnato di alcol il pettorale sinistro del ragazzo. Accidenti, quei muscoli erano fatti di marmo! Per non parlare degli addominali a pacchettini, i bicipiti grossi quanto le sue gambe… sorrise, e si concentrò.

Per quanto attraente fosse il cliente, quando era sotto i suoi aghi diventava solo una tela bianca. Non esistevano pettorali, né flaccidi né muscolosi. Esisteva solo lei e il disegno.

Al massimo si concedeva una chiacchiera, anche per distrarre il governativo dalla sensazione dell’ago.

«Posso chiederti se ha un significato particolare?» disse, discreta.

Jabura non aspettava altro. «Certo che ce l’ha» rispose «Tu… conosci i Frutti del Diavolo?»

Eccome, se Kat li conosceva! Ink-Ink, era il nome del suo, ma non lo rivelò.

«Ne ho mangiato uno! E ho avuto fortuna… zoo-zoo modello Lupo! Quando l’ho scoperto ero così contento che ho deciso: devo scrivermelo addosso» la sua faccia era così felice e così fiera che Kat non ebbe dubbi.

Quello che non sapeva era che Jabura si voleva scrivere “lupo” sul petto anche perché c’era quel poppante rognoso di Lucci che gli dava del cane. Era un lupo! Un lupo, accidenti!

Ma era anche molto fiero e orgoglioso di quel potere, per questo aveva deciso di tatuarsi addosso il kanji di “lupo”.

Kat fu velocissima: in capo a un’ora il tatuaggio (che era molto semplice, lineare e tutto nero) era finito, perfetto, preciso. Le linee finali erano sottili.

Solo il famoso pettorale muscoloso era un po’ arrossato, ma Kat spiegò che era normalissimo.

«Mettici questa crema un paio di volte al giorno, e se ci sono problemi torna qui» gli ricordò la ragazza, che gli aveva già spiegato per filo e per segno cosa avrebbe dovuto fare per i primi giorni.

Jabura, contento, emozionato e con il pettorale sotto pellicola alimentare, pensò che finalmente avrebbe potuto dire a quello scemo di Lucci “Sono un Lupo, vedi? C’è anche scritto! non sai proprio leggere?”

Si rimise la maglietta, e per Kat calò il sipario su quegli splendidi pettorali muscolosi.

Pazienza, pensò stringendo le spalle e tornando nel suo studio. Almeno aveva passato un’ora a palparglieli allegramente, con la scusa di essere più salda mentre disegnava!

 

 

 

Dietro le quinte...

Eccomi tornata! Chiedo scusa a tutti i lettori per il ritardo! Ero impegnata in un contest di scrittura a squadre, il Cow-T, che è durato otto settimane, e... sono stata impegnatissima a scrivere senza sosta! Quindi ho sospeso momentaneamente la pubblicazione. Ma adesso il Cow-T è finito (e la mia squadra ha vinto -FORZA RUBY-) e ho accumulato un sacco di storie del CP9 da postare qui! Alcune saranno brevi, come questa, altre molto più corpose! Questa è la prima della serie... la traccia da rispettare era "pettorali muscolosi", e chi meglio di Jabura? ♥ 

Il nome della tatuatrice deriva dalla tatuatrice statunitense Kat Von D, che è diventata molto famosa nel suo ambiente! 

Grazie per aver letto fin qui! Lettori, ci siete ancora? D: 

Un bacione e a presto (sul serio),

Yellow Canadair

  
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