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Autore: XShade_Shinra    18/03/2018    2 recensioni
«Cosa succede, Reiner?», chiese Annie con un filo di voce. Era estremamente preoccupata per Berthold.
«Mi sono svegliato un’ora fa, e Berthold non era più nel suo letto», spiegò lui, in apprensione. «Non lo trovo più. Prima di disturbarti l’ho cercato dappertutto».

[ RAB ]
[ FanFiction partecipante al "COW-T 8" indetto dal sito Lande di Fandom ]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Berthold Huber, Reiner Braun
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Annie, are you ok?
«Cosa succede, Reiner?», chiese Annie con un filo di voce. Era estremamente preoccupata per Berthold.
«Mi sono svegliato un’ora fa, e Berthold non era più nel suo letto», spiegò lui, in apprensione. «Non lo trovo più. Prima di disturbarti l’ho cercato dappertutto».
[RAB]
FanFiction partecipante al "COW-T 8" indetto dal sito Lande di Fandom
 
- Titolo: Annie, are you ok?
- Autore: XShade-Shinra
- Fandom: Shingeki no Kyojin / L'Attacco dei Giganti
- Personaggi: Reiner Braun, Annie Leonhart, Berthold Hoover
- Pairing: no pair
- Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of Life
- Rating: Giallo
- Avvisi: Missing Moment
- Timeline: 104th Training Corps arc
- Capitoli: One Shot
- Prompt: COW-T 8, W8, M5: Ansia
- Wordcount: 1600 parole (LdF)
- Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
- Note: Tempo fa rilessi "Misery" di Stephen King, e rimasi sorpresa nel riscoprire che anche lì l'antagonista si chiamava Annie. L'idea per questa storia mi venne in mente proprio durante la lettura del libro, quando arrivai ad una certa frase che ho riutilizzato anche qui.
Vi auguro buona lettura! ^^
 

 
Annie, are you ok?
 
 
Annie, are you ok?
So, Annie, are you ok?
Annie, are you ok?
So, Annie, are you ok, are you ok, ok Annie?
Annie, are you ok?
Will you tell us that you’re ok?
[Michael Jackson - Smooth Criminal]


Quando Mikasa Ackerman aprì la porta della camera delle ragazze, non si aspettò che quel bussare fermo e cadenzato appartenesse al suo commilitone biondo, grande e grosso di cui non ricordava il nome – erano state troppe le facce nuove conosciute in appena un paio di giorni. Non lo salutò, si limitò a guardarlo con una mano ancorata alla maniglia della porta e il corpo messo come a bloccargli il passaggio. Fece per chiedergli cosa ci facesse lì a notte fonda, ma lui la anticipò:

«Annie», disse solo, prendendosi poi una breve pausa. «Devo parlare con Annie Lionheart».

Mikasa strabuzzò gli occhi e si girò alla ricerca della ragazza in questione. Ne ripeté il nome tra le lamentele delle altre che volevano dormire, e una bassa – veramente bassa – ragazzina dal naso aquilino si avvicinò, scortata da un’altra recluta dai capelli raccolti in due basse code corvine. 

«Chi mi cerca?» domandò l’interessata. Indossava corti pantaloncini leggeri e una larga maglia bianca a maniche lunghe; i capelli, dapprima legati in un ispido chignon, le incorniciavano il viso, coprendole in parte gli occhi cerulei con la frangia. La discendente della tribù Ackerman li notò subito, quegli occhi svegli, aperti e vigili: erano così simili ai propri, sebbene come forma e tonalità fossero in contrapposizione. 

Quando Annie fu abbastanza vicina e vide chi era il visitatore notturno, l’unica espressione che le si disegnò sul volto fu d’indignazione. «Cosa c’è?» chiese con un tono decisamente più freddo rispetto a quello che aveva usato con Mikasa, mentre la sorpassava e usciva dal dormitorio.

Reiner non si perse d’animo: «Un mio amico… è molto timido… vorrebbe parlarti e ha mandato me a prendersi un calcio in mezzo alle gambe» ridacchiò a disagio. Sapeva che Annie probabilmente lo avrebbe fatto e in effetti, non vista, gli scoccò una delle sue migliori occhiatacce.

«Rayan…». Sbagliò il suo nome apposta.

«Reiner», la corresse lui, come da copione.

Avevano delle frasi che si erano preparati per far vedere che non erano intimi prima di entrare a far parte dell’esercito, e anche l’accordo di farsi vedere assieme il meno possibile.

Non erano passati nemmeno due giorni che Reiner ne stava già venendo meno.

«Parli di un amico… sarà vero?», chiese lei atona. Non che la risposta le interessasse così tanto; la domanda che le martellava nel cervello era un’altra: “Cosa ci fai veramente qua, idiota?”.

Reiner le rispose con un secco cenno del capo a indicare un sì e poi bisbigliò un nome: «Berth». Berth. Berthold. Il suo diminutivo era uno schiudersi di labbra in un sospiro. Annie dubitava che le due ragazze dietro di lei lo avessero sentito.

Il suo cuore perse un battito a quella notizia.

“Berth”.

Si girò verso Mikasa e Mina. «Vado a vedere che vuole».

«Ti accompagno?», si offrì gentile la sua amica. Non si fidava: non conosceva quell’armadio biondo e non sapeva, dunque, se fosse magari un trucco per fare qualcosa di male ad Annie.

«Posso venire anch’io», si propose anche Mikasa – aveva visto Annie durante l’allenamento, e sapeva che era una tipa forte, ma la prudenza non era mai troppa.

«Grazie, ma so badare a me stessa; più siamo e più rischiamo che qualcuno ci scopra» “Vero, Reiner?” «a sgattaiolare dalle camere», spiegò lei, seguendo immediatamente il ragazzo. I due mantennero un passo tranquillo e leggero fino quando non uscirono dal loro campo visivo; Mikasa, intanto, chiuse la porta, ma si ripromise di andare ad avvisare Pixis se Annie non fosse ritornata quanto prima.

«Cosa succede, Reiner?», chiese Annie con un filo di voce. Era estremamente preoccupata per Berthold.

«Mi sono svegliato un’ora fa, e Berthold non era più nel suo letto», spiegò lui, in apprensione. «Non lo trovo più. Prima di disturbarti l’ho cercato dappertutto».

Reiner era veramente costernato. Era passata un’ora da quando aveva visto nella penombra le lenzuola disfatte e vuote; aveva tastato il materasso, trovandolo ormai freddo, come i sudori che avevano iniziato a colargli giù per la schiena.

«E se lo avesser-».

«No», disse decisa Annie. «Non solo lui, almeno». L’aveva detto convinta, ma non ne poteva essere certa nemmeno lei.

Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, poi Annie gli chiese dove aveva già cercato.

Tutte le aree comuni del caseggiato erano state controllate, poi era passato alla mensa e parte dell’esterno. Annie annuì, prendendone atto.

Nella camera delle ragazze, ovviamente, non c’era – e a Reiner mancava quella stanza. Gli occhi chiari di Annie si allargarono appena. Mancavano anche le stanze dei loro superiori, ma non poteva essere andato là. Non di sua spontanea volontà… 

La ragazza sentì una stretta allo stomaco. Se Berthold era in pericolo dovevano trovarlo prima di subito.

«Berthold è andato in un posto dove si sente al sicuro e a suo agio…», mormorò Annie. «Un posto non stretto, perché è troppo alto, e dove non è troppo allo scoperto».

Reiner ci pensò, aggrottando la fronte mentre si metteva talmente d’impegno che le fini sopracciglia quasi si unirono in una linea continua.

Poi, d’un tratto, un’idea.

C’era un posto dove non aveva ancora guardato.

«Le mura circondariali della zona militare», disse.

Annie capì subito: le mura erano il terreno favorito di Berth per un attacco, era lontano dai nemici e avrebbe avuto una via di fuga sicura.

«Pensi che…».

«Sì. Berthold ha paura».


*



I due giovani ci misero ben poco a trovarlo, e non sembrava esserci nessuno fuori, grazie al coprifuoco. La luna piena illuminava abbastanza bene la zona, quindi non presero nemmeno il rischio di utilizzare una lampada. Videro Berthold in una zona d’ombra, rannicchiato con la schiena contro il muro di cinta.

Quando li sentì, alzò di scatto gli occhi umidi e, riconosciuti, tornò a guardare l’erba. Tremava, Berthold, tanto che sembrava avere delle piccole convulsioni.

I due si avvicinarono come se fosse una bestia feroce, ferita e braccata.

«Berthold?», lo chiamò piano Reiner. «Ti hanno fatto del male?».

Lui nego con la testa.

Annie si sedette accanto al più alto, che per fortuna non si scansò, né tentò la fuga.

Con i suoi amici si sentiva più al sicuro.

«Cos’è accaduto?», chiese ancora Reiner. Si preoccupava sempre dei suoi amici, soprattutto per Berth, l’unico che per primo gli aveva teso la mano.

La domanda fu posta per altre due volte, prima che Berthold riuscisse a rispondere con voce spezzata: «Loro ci scopriranno».

«Come hanno fatto a scoprirci?», domandò preoccupata la ragazza. Nessuno in quel concentrico rifugio sapeva ancora degli shifter, avevano l’effetto sorpresa dalla loro parte… come era stato possibile?

Reiner e Annie pendevano dalle labbra di Berthold; qualcosa non tornava. Il loro amico sarebbe corso ad avvisarli, non li avrebbe mai lasciati indietro, mettendosi a tremare in un angolo.

«Succederà», rispose Berth, stringendo si ancora più forte le ginocchia al petto. «Succederà e ci cattureranno senza che noi portiamo a termine la nostra missione». Diceva quelle cose ad occhi sbarrati, fissando il buio davanti a sé come una veggente che legga nel futuro.

Reiner si accovacciò vicino a lui, dalla parte opposta a quella della ragazza, e gli pose una mano sulla spalla, cercando di calmarlo e infondergli coraggio. Capiva benissimo la sua situazione: si ritrovavano a mangiare, allenarsi, dormire, vivere con il nemico. Era difficile, ma dovevano adattarsi e mischiarsi a loro, solo così sarebbero riusciti a sopravvivere. Gli mormorò parole di conforto, ricordandogli che non avevano destato i sospetti di nessuno e che presto sarebbero riusciti a comportarsi del tutto normalmente, ma Berth sembrava sentirlo senza però ascoltarlo, come se le parole sussurrategli all’orecchio dalla paura coprissero quelle dell’amico.

Vedendo che non c’erano risultati, Annie si alzò in piedi, parandosi davanti agli altri due.

«Alzati», ordinò fredda a Berthold, ma lui non si mosse. «Alzati in piedi e tornatene ai dormitori. Sarai tu a farci scoprire e catturare come dici, se continui con questo comportamento».

Entrambi la guardarono un po’ preoccupati.

«Essere catturati qui è il minimo», incalzò, sperando di smuoverlo; avevano già perso un compagno, non potevano perderne un altro.

«Annie…».

«Lo sai, che cosa vogliono?»1, chiese la ragazza, fissandolo seria. «Questo vogliono!» esclamò lei e si portò la mano alla fronte con le dita contratte come un artiglio. Fece una mossa repentina, dall'alto verso il basso, bruciante, aprendosi quattro solchi nella pelle. Il sangue le colò nelle sopracciglia, ai lati del naso, giù per le guance.

«Annie! Ferma!»1, urlò Berthold. Aveva troppa paura. E se si fosse trasformata in un gigante?

Passò qualche secondo, ma ciò non accadde.

Le ferite della ragazza iniziarono a fumare e a guarire, mentre il sangue pian piano si rapprendeva.

 «Loro vogliono che noi moriamo nel modo peggiore possibile. Lo desiderano di tutto cuore e non avranno pietà per noi. Nessuna pietà». Lo disse con voce ferma e determinata.

«Annie?» La chiamò Reiner, inquieto. «Annie, stai bene?».

No, Annie non stava bene.

Non stava affatto bene.

Con quel sangue ancora sulla faccia sembrava un leone2 dopo aver sbranato la propria preda. Tornò a fissare Berthold. «Andiamo?», incalzò.

Il ragazzo, turbato, le obbedì e si alzò, sorreggendosi a Reiner; in quel momento gli faceva molta più paura Annie di tutto il corpo militare.

La cadetta, senza mutare la sua seria espressione, nonostante fosse compiaciuta di essere riuscita a riportare Berthold alla realtà, si avvicinò al pozzo per prendere un po’ di acqua per lavarsi il viso, sotto lo sguardo degli altri.

«Reiner, stagli vicino, fai in modo che non accada più», disse rigorosa lei, ricevendo un cenno affermativo dall’amico più grosso. Nonostante paresse fredda e distaccata, Annie non abbandonò mai di vista gli altri due finché non furono al chiuso, volendo essere sicura che Berthold non cadesse di nuovo preda del panico.

Sarebbe stata dura per tutti, a prescindere da quale lato della barricata fossero nati, poiché quella era una guerra vera e propria, e non esistevano vincitori o vinti, esistevano solo vincitori o morti, e loro dovevano sbrigarsi a vincere, prima di morire dentro.



Fine
XShade-Shinra




Note:
1Citazioni tratte da “Misery”, di S. King.
2Immagino che in SnK non abbiano mai visto un leone, ma Annie si chiama Leonhart e non posso far altro che associarla a questo animale.

  
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