4. Capitolo

La volpe si sentì libera. Finalmente. Ringhiò contro l’essere più infuriata che mai. Non avrebbe dovuto mettersi contro di lei. Il suo urlo riecheggiò per chilometri e chilometri, cristallino e furente. Ma nonostante questo, il microscopico essere davanti a lei non si mosse. Continuava a tenere gli occhi chiusi, mentre la sua guancia sinistra si riempiva di lacrime rosse. La volpe rise, ma solo per non mostrare tutto il suo sdegno e il devastante odio che provava per quello che si trovava davanti. Solamente perché la stava umiliando. Lei, la volpe a nove code. La rabbia che provava dentro ribolliva bollente più della lava.
Stava per spazzarlo via con un solo colpo, quando i suoi occhi finalmente si riaprirono.
Fu un istante.
Le sue iridi si incatenarono di nuovo a quelle dell’individuo e la volpe avvertì il suo corpo prendere letteralmente fuoco. Era un dolore devastante, dilaniante, annientante. L’urlo che uscì dal suo muso fu assordante. Ma non bastava per esprimere il suo dolore. Non era abbastanza per riuscire a descriverlo.
Sentì il suo corpo sciogliersi, perdere di consistenza. Era questo che voleva alla fine. Meglio morire in quel barbaro modo, piuttosto che lasciarsi bruciare per l’eternità.
Eppure era un tormento senza fine. Quando sarebbe morta?, si chiedeva. Non vedeva l’ora di diventare polvere. Lei, che non avrebbe mai accettato né pensato di dire queste idiozie, adesso sentiva che le uscivano dal muso come fumo, spontanee come germogli di fiori infuocati. Perchè si sentiva debole, e sapeva di esserlo sempre stata.
Nel tormento sentì ancora quell’urlo, ma stavolta la voce era ben più matura del vagito che ricordava. Era un ragazzo, quello in cui era stata invasata, e gridava insieme a lei, quasi potesse provare il suo stesso dolore.
Urlarono nella notte buia, mentre le fiamme nere consumavano il Kyuubi. Fu così che la volpe si lasciò andare. Rinunciò a combattere. Si rassegnò e si piegò al volere di quell’essere inferiore, ma che in quell’istante in cui sentiva la vita scomparire come fumo nell’aria, lo vedeva come un individuo irraggiungibile, immortale e potente più di chiunque altro. Si lasciò andare mentre gli urli del ragazzo continuavano a esploderle nella testa. Lui non aveva ancora rinunciato. Non si era arreso. Neanche in quel momento. Che essere inutile che era stato, lei.
Quando si sentì invadere da un’ultima e micidiale vampata di dolore, scomparve in quel minuscolo corpo, lasciando le redini del gioco della tortura al ragazzo, per vendicarsi, per incolparlo di essere stato più forte di lei.
L’essere dalle iridi insanguinate socchiuse gli occhi, concentrato. Ma dietro al suo volto indecifrabile era celata una grande disperazione.
E’ questo che volevo. Salvare il mio villaggio. Ma ho fallito, si disse Naruto, sorridendo tra le fiamme nere. Non era questa la fine che aveva pensato di subire. Che stupida vita. Non aveva portato a termine niente. E non avrebbe mai più rivisto quegli occhi.
Bè, forse era quello che si meritava. Una morte così era degna di un uomo che non era neanche riuscito a salvare la sua ragione di vita.
A un tratto sentì il dolore scomparire. Diminuiva vorticosamente, ma faceva comunque male.
Per un'istante di eternità, Naruto si sentì solo nell'universo. Unico sopravvissuto di una strage di cui lui era il colpevole. O unico destinato all'oblio, perchè diverso da tutti gli altri.
Quando socchiuse gli occhi, si disse che quello era il Paradiso. Niente più fiamme nere, niente più devastazione.
Solo un paio di occhi neri che lo guardavano intensamente.
Abbozzò un sorriso, e fu uno sforzo immane. Non riusciva a muovere un solo muscolo. Rimase lì, con gli occhi socchiusi, a contemplare quelle iridi color notte, per paura di perderle per sempre. Per paura che scomparissero. Avrebbe preferito essere bruciato mille volte, piuttosto che vivere in Paradiso senza quegli occhi.
Qualcosa gli offuscò la vista, e lui prese ad affannarsi. No... No... Quegli occhi... Voglio vederli ancora...
Un tocco di fuoco, sulle sue guance. E il cuore di Naruto trasalì. Le lacrime evaporarono, sotto quel tocco.
Il suo cuore riprese a battere così velocemente che al ragazzo quasi mancò il respiro.
Si sentì avvolgere dal fuoco, che lo sollevò di peso, lentamente.
Il fuoco evaporò anche le lacrime che gli offuscavano la vista, e Naruto trasalì, credendo di stare per morire per davvero, questa volta.
Ma tutte le sue certezze furono crocifisse in un angolo buio della sua anima, quando sentì che il vento portò alle sue orecchie il suono per il quale avrebbe donato anche la vita.
«Non aver paura. Ci sono io, adesso.»
Ogni parola, ogni singolo suono, lo stava pian piano logorando nella felicità più eccelsa.
Adesso non contava più niente. Niente. L'unica cosa degna di essere considerata, in quel momento, erano quegli occhi. Quelle iridi color notte che adesso annegavano nel mare delle proprie lacrime.


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OMG credo la mia ff che stia piacendo sul serio O.O Mi fa così tanto piacere! Arigatou! ^w^