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Autore: Blackvirgo    19/03/2018    2 recensioni
Le notti in ospedale sono sempre imprevedibili. Quando squilla il cercapersone, la sorpresa è la regola: può essere qualcuno che non riesce a dormire oppure qualcuno che sta per morire.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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UN INCUBO PARALIZZANTE
 
“Dobbiamo attrezzarci anche per curare gli incubi!” esclamò il dottor Ronchi, appoggiandosi pesantemente alla macchinetta. Infilò la chiavetta per poi imprecare quando si accorse che non aveva neanche quei quaranta centesimi e qualcosa che costava quel veleno che spacciavano per caffè. Iniziò a frugarsi nelle tasche del camice, in quelle della casacca e in quelle dei pantaloni, ma niente: neppure dieci dannati centesimi.
La collega, rannicchiata su una sedia del cucinotto, che chiamavano pomposamente sala relax, andò in suo aiuto. “Offro io, stasera.”
Il dottor Ronchi si passò una mano sul viso. Era ufficialmente distrutto. Erano le quattro e mezza del mattino e, finalmente, fuori, in sala d’attesa c’erano solo un paio di codici bianchi: avrebbero potuto aspettare almeno il tempo di un caffè.
Ma in quel momento suonò il telefono dell’emergenza. “Chissà cosa arriva?” chiese ad alta voce la collega.
“Lo scopriremo presto,” rispose Ronchi, soffiando su quel liquido nero puzzolente a una temperatura tale che si chiedeva quotidianamente come faceva a non fondere il bicchiere. Perché con le dita – e con lo stomaco – ci riusciva benissimo.
“Raccontami di quello con gli incubi, dai,” disse la collega con il braccio puntellato al ginocchio e la mano a reggere il viso. “Ho bisogno di ridere un po’.”
Ronchi sospirò e appoggiò il bicchiere sul tavolo, in attesa che giungesse a più mite temperatura. “Che vuoi che ti dica,” cominciò. “È un settantenne che ha recentemente avuto un infarto. Questa notte si è svegliato e ha avuto la sensazione di non riuscire a muoversi e di far fatica a respirare, come se qualcuno fosse seduto sul suo petto. Il tutto compariva dopo un incubo che terminava in una lunga caduta.” Il mento del dottor Ronchi sprofondò sul suo sterno. “Non ha avuto dolore toracico, non ha avuto sudorazione, la sintomatologia si è risolta completamente nell’arco di un paio di minuti – forse meno, – e l’elettrocardiogramma è normalissimo, ma lui ha avuto paura di avere un altro infarto mentre dormiva.” Ronchi alzò lo sguardo per incontrare quello della collega. “Gliel’ho spiegato che è tutto a posto e ho anche provato a spiegargli cos’è una paralisi ipnagogica, ma niente!” Questa volta la testa la lasciò andare all’indietro, contro il muro. “Alla fine gli ho fatto il dosaggio degli enzimi, così, magari si tranquillizza.” Sbuffò, scocciato. “Ma perché la gente che può dormire nel suo letto non lo fa?”
La collega si mise a ridere. “Hai usato paroloni troppo difficili, Massimo caro!”
“E cosa avrei dovuto dirgli, scusa?”
“Che è stato il calcatrippe!”
Ronchi strabuzzò gli occhi. “Scusa?”
La collega scosse il capo mentre la sua risata svaniva nell’aria. “È una storia che mi ha raccontato mia nonna,” continuò. “Quando era giovane mi diceva che a volte si svegliava e si sentiva completamente immobilizzata, ma capiva benissimo cosa stesse succedendo intorno a lei. Era cosciente, ma paralizzata. Una paralisi ipnagogica, no? Quando andò dal medico – presente quei vecchi medici condotti che facevano da dentista a ostetrico a tutto quello che ci stava in mezzo? – ecco, quando andò da lui le disse, rigorosamente in dialetto: mo l’è ei chêicatreppel!” Di nuovo una risata. “Non ho mai capito che cosa fosse esattamente. E neanche mia nonna lo sapeva, ma la faceva ridere. Poi l’altro giorno, mentre aspettavo il treno, apro un articolo e mi trovo a leggere delle leggende riguardo le paralisi ipnagogiche. E, dalle mie parti, pare che il colpevole fosse appunto un folletto burlone a cui piace cavalcare la trippa della gente.”
Ronchi scosse il capo. A quell’ora aveva troppo sonno anche per queste storielle folkloristiche.
Improvvisamente sentirono, nel corridoio, un trambusto di barelle e barellieri. La collega si affacciò sul corridoio.
“Ti stavo giusto per chiamare,” la precedette l’infermiere. “È un’intossicazione.”
“La chiamata di prima?”
“No, questo l’ha accompagnato un amico che è già sparito.”
“Quindi cosa deve arrivare?”
“Un trauma.”
“Massimo, cosa preferisci? L’intossicato o il trauma?”
Ronchi fece spallucce. “Fai tu.” Prese in mano il suo caffè e ne trangugiò un sorso procurandosi contemporaneamente un’ustione alla lingua e un conato di vomito, a malapena soffocato dalla necessità fisica di sentire la caffeina in circolo.
“Allora mi prendo il trauma.”
Ronchi ingollò il resto del caffè senza badare alle conseguenze e buttò il bicchiere nel pattume. Non aveva neppure il tempo di condirlo con una sigaretta.
Sarebbe arrivata anche l’ora del cambio, cazzo.  
 
Disclaimer:
le situazioni, i personaggi e i luoghi citati nelle storie sono frutto della mia immaginazione. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o a persone realmente esistenti o esistiti è puramente casuale. 
 
Note dell’autrice:
  • paralisi ipnagogica: detta anche paralisi nel sonno, è un disturbo del sonno in cui, nel momento prima di addormentarsi o, più spesso, al risveglio, ci si trova impossibilitati a muoversi. Questo stato di paralisi è dovuto alla persistenza dello stato di atonia che i muscoli presentano durante il sonno ed è causato da una discordanza tra la mente e il corpo: il cervello è attivo e cosciente, e il soggetto riesce spesso a vedere e sentire chiaramente ciò che lo circonda. Nonostante ciò il corpo permane in uno stato di riposo. Ciò solitamente incute terrore e angoscia nell'individuo affetto dal disturbo. Vanno distinte, ma possono accompagnarsi alle illusioni ipnagogiche causando sensazioni particolarmente vivide e talvolta terrificanti.
  • Articolo del CICAP citato: La Pandafeche che ti paralizza nel sonno
 
E dopo tanti anni aggiorno questa vecchissima raccolta…
Spero che vi divertiate a leggere questo raccontino quanto io mi sono divertita a scriverlo.
 
 
   
 
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