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Autore: queenjane    25/03/2018    0 recensioni
Riprendendo spunto da una mia vecchia storia, Beloved Immortal, ecco il ritorno di due amati personaggi, due sorelle, la loro storia, nella storia, sotto altre angolazioni. Le vicende sullo sfondo tormentato e sontuoso del regime zarista.. Dedicato alle assenze.. Dal prologo .." Il 15 novembre del 1895, la popolazione aspettava i 300 festosi scampanii previsti per la nascita dell’erede al trono, invece ve ne furono solo 101.. "
Era nata solo una bambina, ovvero te..
Chiamata Olga come una delle sorelle del poema di Puskin, Onegin ..
La prima figlia dello zar.
Io discendeva da un audace bastardo, il figlio illegittimo di un marchese, Felipe de Moguer, nato in Spagna, che alla corte di Caterina II acquistò titoli e fama, diventando principe Rostov e Raulov. Io come lui combattei contro la sorte, diventando baro e spia, una principessa rovesciata. Sono Catherine e questa è la mia storia." Catherine dalle iridi cangianti, le sue guerre, l'appassionata storia con Andres dei Fuentes, principe, baro e spia, picador senza timore, gli eroi di un mondo al crepuscolo" .... non avevamo idea,,, Il plotone di esecuzione...
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro."
"Let those who remember me, know that I love them" Grand Duchess Olga Nikolaevna.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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 “Perché..perchè” quella parola mi rotolava in gola, il dolore, la rabbia.
Piangevo, così forte che le spalle mi sussultavano, la diga di autocontrollo incrinata.
Non vi era alcuna pressante necessità sul cibo, di accudire Alessio, stare di guardia,  mi ero allontanata per sfogarmi in pace, lo avevo mollato (si fa per dire) su un pezzo di prato, Alessio, sperando che stare un minimo senza noi tra i piedi lo distraesse un poco, in quei mesi non aveva mai avuto il piacere di stare un poco solo. Prima gli piacevano il sole e la bellezza dell’estate, cercava di goderne.
Ora?  
Venti  metri, ma non volevo controllarlo, giuro, aveva il diritto di starsene in pace, io di sfogarmi, che stavo sul filo del rasoio, mi pareva di impazzire.

 Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno. Così aveva detto Gesù sulla croce, loro erano passati in un Golgota di umiliazioni fino a quello, una morte atroce, come criminali, sepolti senza una croce, dispersi e smembrati.
Quando era morto Luois e avevo avuto gli aborti mi si era spaccato il cuore,  ora apprendevo cosa significasse perdere una persona amata, che, scoprivo, ora nella perdita era stata la mia metà,  la parte migliore, desideravo solo che fosse un incubo, da cui svegliarmi.
Che mondo sarebbe stato, da ora in avanti? Una notte senza fine, una perdita immane. Da desiderare di addormentarsi, per non svegliarsi mai più.
E ora, non cominciamo, non ti mettere in posa di martire, non ti compatire, hai un marito e due figli, tutta una serie di possibilità, che io non avrò più.. Lotta. Reagisci. E sarà dura e rischierai di perdere la ragione, e tanto non te lo permetto.. Io sarò sempre con te, lo sai .. nel cuore, nei ricordi, nessuno te lo porterà via, se non glielo permetterai ..
CAT.
TI PREGO.
NON MI LASCIARE.
 E aprii gli occhi, di scatto, come se fosse davvero con me. E mi  avrebbe detto quello.. Scorsi tre farfalle bianche davanti a me, posate su dei fiori rosa. Nella cultura giapponese le farfalle bianche erano i messaggeri dei morti, un ponte verso i vivi.
 Noi ora siamo in pace.. ora.
Ricordati di me …
Tutto il mio amore a chi si ricorda di me e di noi, così, alle volte, chiudevi le tue lettere, da ultimo.
 
Sempre.
Come se potessi dimenticarti…
Sarai sempre con me e tanto …
Mi sento Giuda, sono sopravissuta, la bastarda dello zar, respiro, faccio l’amore con  mio marito e scampo alle battaglie..
PHOENIX.
LA FENICE. 
Poi ..
“Alessio, vieni qui” le sue braccia sul collo, il  viso posato contro la sua clavicola, lo serrai addosso.
“SSt .. basta, Cat” una pausa “Don’t cry” Non piangere, sfiorandomi  “Non voglio” singhiozzai ancora più forte “E’ colpa mia quello che ti è successo.. che vi è successo” singhiozzai di nuovo “Non dire balle.. quello che è successo in cantina.. tu non c’entri nulla, davvero” il tono aspro, deciso, mi asciugò le lacrime, un movimento solenne “E non voglio che mi lasci, intesi?”
“Non .. quando vorrai, se vuoi dimmelo” Lei me lo aveva detto, avevo appurato, mancava lui ..
Alexius vir es..” Alessio, sei un eroe, un vero uomo, capì all’impronta, il latino glielo avevo insegnato a sufficienza per tradurre quanto sopra“Proprio, Cat” Compresi, lui intendeva l’eroismo con atti eclatanti, io con la sopravvivenza, il non mollare mai la vita, con le unghie e i denti, giorno per giorno come lui. Ed ero così rintronata che manco mi ero accorta che era venuto, sommersa come ero a compiangermi<, forse era strisciato, osservai che le maniche erano sporche di fili d'erba e polvere. 
“CAT” si divincolò dopo un ultimo bacio “Hai ragione, sono troppo appiccicosa” cercando la mia leggendaria ironia “Come si fa?”
“Al solito.. un passo alla volta…”
Affermato da lui che non camminava era un ossimoro totale, ma io non colsi ironia nelle parole di Alessio, quanto una nuova sfida.
 “Ce ne andremo via.. starai bene..” mi ero ripresa, lui non parlava, già tanto che mi avesse raggiunta,e detto quelle frasi, “starai bene” era appena un sussurro, una profezia altisonante, che sentì, magari pensava che lo sfottessi alla grande ma in qualcosa dovevamo credere.. E  quella sera lo vegliai per ore, la trama delle palpebre, i pugni chiusi. Aveva camminato, aveva strisciato.. come aveva fatto.. Ora si reggeva in piedi, sostenuto,  non piegava il ginocchio, la lesione del suo ultimo attacco.  Che aveva  inventato .. Boh.. “Hai camminato?”Manco mi rispose. "Cammini, se vuoi"


Ripensai a un frammento di quel mattino avvelenato,  sarei potuta andare a cercare il furgone, ammazzare qualcuno e rimanere eliminata a mia volta. Mollare tutto e andarmene .. Potevo anche sopprimermi. “Aspetta..  posso sollevarti?”Lui aveva sbuffato, lo avevo  già fatto, mentre il mio cervello bacato si perdeva nelle sue ipotesi, mi ero già mossa. Barcollando un poco sotto il suo carico, era diventato alto e per quanto i recenti attacchi di emofilia lo avessero debilitato, facendogli perdere peso e colorito, pesava. “Che si fa?” le sue braccia allacciate sul collo, a cercare calore e riparo, avevo soppresso una mia imminente crisi isterica. Due sopravissuti che cercavano conforto da una disperata..
E l’istinto di sopravvivenza era il sedativo più potente, che li portava avanti.
Sbuffai, mi misi sul fianco, a circa un palmo da lui, senza sfiorarlo, mi riuscì a dormire fino un poco, inutile aggiungere che mi era già accanto, il palmo  contro il mio, una guancia che mi sfiorava il gomito, sulla schiena il calore di Anastasia.
Un momento di  quiete.
 
..non era tempo perso, annotava Andres, il lavoro che faceva Catherine con lui era puro amore, e pazienza, e viceversa, Catherine se non avesse avuto lui sarebbe andata in completo tilt. Entrambi sbuffavano, era impensabile che fossero così in simbiosi, lui si svegliava, il busto inarcato, teso, Cat lo stringeva,  accostandoselo vicino “Sst..” quando non lo vegliava a ore nella notte, come faceva Alessio, il viso accostato contro la spalla di lei. Io lo sapevo che parlava, a rate, ma parlava, almeno con me, poche frasi, “Ho fame”, “Dove siamo”, giusto alle sue sorelle non dava l’onore. E tanto che .. ce ne saremmo fatti di quei due ragazzini sopravvissuti a una strage, silenziosi, guardinghi.. Gli occhi color acquamarina, zaffiro e indaco..Lo sapevo. E lo sapeva anche Catherine, erano i suoi fratelli, due combattenti, come lei.
Ahumada..  La rocca dei Fuentes, la mia casa.  Magari sarebbe stata la loro casa. E pensavo a mio figlio Xavier, nel 1918 avrebbe avuto 17 anni, sarebbe stato un uomo.. E tanto viveva solo nei miei ricordi.. Era morto a una settima dalla nascita, il mio primogenito, il mio infinito rimpianto.
E pensavo.. non se ma quando, vivrete.. ad Ahumada sarete liberi.
E pensavo ai miei figli, Sophie, la mia piccola principessa, generata per caso con Erszi di Asburgo, i figli che avevo avuto da Catherine
Ed i sopravissuti celebrano il caso di essere sempre vivi, riti inventati e pronti sul momento.
Al diavolo i morti, sul giornale  “Le Matin” a Parigi, del 20 luglio 1918, si parlava della fucilazione dello zar, che lo zarevic e sua moglie erano stati portati via, nessun accenno alle figlie, le voci di terza e quarta mano che raccolsero i bianchi, quando espugnarono Ekaterinburg furono che erano tutti morti, la famiglia e quattro servitori, la casa era vuota,  la cantina piena di sangue e buchi dei proiettili. Vennero condotte delle inchieste. Informazioni di terza o quarta mano li davano tutti deceduti, al Pozzo dei Quattro Fratelli gli investigatori rinvennero  resti bruciati di scarpe, vestiti, schegge di gioielli e altro ancora che vennero ricondotti alla famiglia imperiale.
E non solo loro, se possibile la fine della sorella della zarina e di chi con lei era stata ancora più terribile. Nell’aprile del 1918, un gruppo di bolscevichi aveva portato Ella dal suo convento di Mosca a Perm. Vedova dal 1905, si era dedicata alle opere di fede e carità, prendendo i voti. La accompagnava una delle sue consorelle, Barbara. A Perm, oltre a loro due imprigionate vi erano anche il granduca Sergio Mihajlovic, Igor, Ivan Costantino, i figli del granduca Costantino, ed il principe Vladimir Palej, figlio del granduca Paolo, nato dalle sue seconde nozze morganatiche. Da Perm li trasferirono poi a Alapaevsk, una città che distava 60 chilometri da Ekaterinburg, il 18 luglio 1918 vennero prelevati e portati via, fino a un pozzo isolato nella foresta, scortati da una divisione armata fino ai denti di rossi. E…
 “Scusami, Alessio” … si può sapere che hai, Cat? Mi scosto, e intanto continui a stringermi, mia sorella appare ancora più spiritata del solito,  che avete? Andres sta imprecando in spagnolo, presumo parolacce, pare sgomento, annichilito. E intanto mi baci i capelli, un attacco di possessivo affetto e costernazione. Ma che è successo mentre dormivo? Non è da te svegliarmi a meno che non sia qualcosa di grave, abbia  un incubo e te ne sia accorta o che tu sia spaventata da qualcosa o qualcuno“Non è possibile” ti interrogo con gli occhi “Abbiamo parlato con dei soldati bianchi che vengono da Alapaevsk e .. “ Dove sta zia Ella, l’hanno liberata, come sta? Sospiri, incerta se dirmelo o meno. Parla, le cose me le hai dette sempre quando ero piccolo, ora voglio sapere, a  maggior ragione.
Li avevano gettati vivi nel pozzo, tutti, per sicurezza avevano gettato delle granate.
“… non sono morti subito, per alcuni giorni è sentito un canto che proveniva dalle viscere della terra, non li hanno soccorsi per tema che i rossi tornassero e ammazzassero pure loro” la voce mi resta conficcata in gola, ti obbligo a guardarmi, come lo avete appreso che il decesso non è stato immediato? “E’ giunta l’armata bianca, hanno estratto i corpi e fatto l’autopsia. Ella Feodorovna ha usato un pezzo del suo velo  per bendare una ferita di Ivan Costantinovic, suo fratello Costantino  ha mangiato la terra..” Dopo ore o giorni erano scomparsi tutti, per l’ipotermia, le lesioni o la fame.
Deceduti.
Iniziai a agitarmi appena lo realizzai.
Non era possibile.
Agitazione per dire, respirava forte, le guance arrossate, gli occhi lucidi, mi tese le braccia, un gesto di conforto del passato, ora volontario. “SSt”
“Cerca di calmarlo”mi disse Andres in spagnolo, quelle morti avevano sconvolto anche lui, ne aveva sentite e vissute tante, definirlo basito, schiumante di rabbia era un eufemismo. Io ero annichilita, Ella Feodorovna era stata un modello di grazia e virtù, bellissima e pia, aveva dedicato il resto dei suoi giorni e delle sue opere, rimasta vedova dopo la morte del granduca Sergej, alla fede, alla carità.
“Vieni, tesoro”
 “Ci ha svegliato il Dr Botkin”aprì e richiuse i palmi, realizzai che mi stava parlando, mi scostai a guardarlo, le ginocchia raccolte sotto il mento “Saranno state le una e trenta, il comandante gli aveva chiesto di avvisarci che la situazione era insicura, dovevamo vestirci e passare la notte in cantina, era più facile proteggerci” la voce  era sarcastica, amara, il tono adulto “Abbiamo fatto con calma, siamo scesi verso le due, Papa mi portava in braccio” Entrambi vestiti con le loro uniformi, cappello, mostrine e stivali “Dopo me e lui, mia madre, le mie sorelle”In gonna scura e camicia chiara, Tata portava tra le braccia il suo cagnolino, la domestica due guanciali, al cui interno erano cucite delle scatole che contenevano gioielli, quindi il medico, il valletto e il cuoco. “.. ci portarono in quella stanza, ho contato ventitre gradini, per scendere” Sussurrai il suo nome, era perso in quell’orrore senza ritorno o rimedio, non osai confortarlo a vuoto.
Alexei.
Amore.
“Non avevamo idea, sai. Il locale era vuoto, mia madre chiese se era proibito sederci, portarono due sedie, su una si mise lei, sull’altra Papa, sempre con me in braccio” Le nostre sorelle e i domestici rimasero in piedi, di fianco e di lato.
Venne acceso un furgone in cortile per coprire i rumori.
Il plotone di esecuzione era composto da dieci membri, oltre che da Jurovskij e il suo assistente Nikulin.
Occhi di onice.
Occhi di zaffiro.
   
 
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