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Autore: Il_Signore_Oscuro    10/04/2018    2 recensioni
Il mondo si ricorda solo dei grandi personaggi, di coloro che hanno avuto un ruolo centrale negli eventi più importanti del suo tempo. Mentre il grande meccanismo della Storia divora tutto il resto, precipitandolo nell'oblio. Io però ho scavato e scavato, consegnando alla vostra memoria una storia diversa, una storia che era rimasta nell'ombra. Una guerra più profonda, e combattuta lontano dagli occhi dei molti...
Da oltre dieci generazioni i Cangramo sono i leali alfieri degli Argona, i potenti sovrani della costa orientale di Clitalia, la terra divisa fra i molti re. I Cangramo dominano su una piccola contea nell'estremo sud-est, una contea che comprende il Porto del Volga, la Valspurga alle pendici del Monsiderio e l'antica Rocca Grigia, costruita su un'altura a strapiombo sul mare. I quattro fratelli Cangramo cercheranno di ritagliarsi un posto in un mondo violento e insidioso, intessuto di amori, battaglie, inganni e segreti. Mentre lontano dagli occhi, un male a lungo dimenticato, antico e potente, getta la sua ombra sul futuro degli uomini...
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO XXVI
Sulle ali della guerra
(Sebastiano)
 
 
 
Dietro le sbarre di ferro battuto il blasone bianco e nero del Conte Cinghiatauro sventolava al ritmo di marcia, facendosi più distante ogni secondo che passava. Severo lo osservava andar via, ritto sul suo posto: le braccia incrociate dietro la schiena e il petto in fuori. Sul viso la barba si raccoglieva in fili di ferro ispido, e i suoi occhi bruni parevano essersi fatti neri in contrasto con la pelle smunta e le occhiaie violacee scavate intorno alle orbite come cicatrici. ‘Bastiano gli si affiancò.
Aveva rimandato quella conversazione sino al giorno in cui anche l’ultimo degli ospiti di Castel Cangramo non fosse andato via. Adesso non c’erano più scuse.
‘Bastiano cercò dentro di sé le parole corrette per sgarbugliare l’intrico dei propri pensieri e mutarlo in un discorso che avesse senso. Ma il Conte lo tolse dall’impiccio, squadrandolo con un’occhiata in tralice
«So cosa intendi dirmi, e prima che tu lo dica: sappi che non è così semplice come può sembrare»
la sua voce, nonostante la palese stanchezza del corpo, non aveva perduto nulla del suo austero vigore. Ma la fermezza del padre non bastò a disgregare i dubbi del suo primogenito.
«Invece a me pare che il tutto sia davvero molto semplice: con quello che c’è in gioco per noi non possiamo permetterci di scendere in guerra. Né tanto meno mettere a rischio i nostri rapporti con i Manidi. O vuoi forse rendere vano il suo sacrificio?»
protestò ‘Bastiano, con sguardo accigliato.
Severo strinse in un pugno le dita della mano destra, e dovette respirare a fondo prima di parlare
«L’emirato di Salad non ha rapporti con la madrepatria da ormai più di un secolo»
‘Bastiano replicò con una breve risata.
«Non essere ingenuo, padre. Sai bene che l’odio nei riguardi dei Manidi, presto o tardi, si riverserà anche su Salad. Un pretesto perfetto perché gli Orimberga possano finalmente mettere le mani sulle ricchezze celate nella fortezza».
Severo serrò la mascella e si voltò verso suo figlio, portando le mani ai fianchi
«Non sono uno sciocco ‘Bastiano, scenderò in guerra io stesso, farò pressione su chi di dovere perché si trovi al più presto un accordo. Forse l’emirato sarà dismesso e la gente che lo abita sarà costretta a ritornare nella madrepatria. Sarebbe fra le condizioni di un eventuale trattato. Ma perlomeno avrebbe salva la vita e questo è ciò che importa»
«Sei troppo ottimista, padre» lo rimbeccò il ragazzo «dovremmo tenerci fuori da questa maledetta guerra e offrire il nostro sostegno ai Manidi nel momento opportuno. Pensaci! Con il loro supporto potremmo finalmente liberarci degli Orimberga e delle loro mire imperialistiche. Se la fortuna dovesse assisterci potremmo addirittura veder cadere Utopia e le sue leggi tanto arcaiche e superate» lasciò un breve silenzio, prima di concludere «E la nostra famiglia finalmente sarebbe libera di riunirsi, una volta per tutte»

Severo denegò col capo, sospirando con una punta di rammarico.
«Io sarò ottimista, figlio mio, ma tu sogni fin troppo. Astenerci dalla guerra equivarrebbe a proclamarci, a voce forte e chiara, nemici di tutta Clitalia. Gli Orimberga non esiterebbero a schiacciarci ancor prima di salpare verso oriente»
‘Bastiano abbassò lo sguardo a quelle parole, digrignando i denti sommessamente “Dunque non si può evitare”.
«Allora sarà la guerra» rispose laconico, in quello che era poco più che un sussurro.
«Non vedo altra soluzione» sentenziò il Conte, con voce grave.
«Dovremo dare disposizioni quindi. Avremo bisogno di navi e di uomini. Manderò falchi a Valspurga e nel Valga, ordinando che dei contingenti siano inviati a Rocca Grigia per un addestramento avanzato» aggiunse dopo un po’ «anche i Kelta potrebbero essere un aiuto prezioso»
«Non contarci, figlio mio. Il popolo della selva è estraneo alla guerra per mare. Hanno sempre combattuto sulla terraferma, sotto un terreno sicuro e immobile»
«Molto bene» rispose ‘Bastiano, avviandosi verso il Castello. Ma percorsi appena un paio di metri la voce di suo padre fermò i suoi passi.
«So bene che vorresti vedere riunita la nostra famiglia, e il tuo desiderio corrisponde il mio. Verrà il giorno in cui ogni Cangramo sarà libero di ritornare al luogo che gli appartiene. Verrà il giorno in cui i poteri ingiusti che dominano la nostra civiltà saranno spazzati via, ma sino ad allora il massimo che possiamo fare è aspettare e resistere»
«Già,» rispose il ragazzo, non troppo convinto «ma vorrei che di tanto in tanto la nostra casata prendesse una vera posizione, invece di lasciarsi trasportare da questa o quella corrente. Come pensi che ci ricorderà la Storia?!»
Severo sbuffò, un sorriso amaro dipinto sulle sue sottili labbra.
«Non mi interessa cosa potrà pensare di me qualche miope studioso fra cento o duecento anni da ora, non mi interessa se mi giudicherà un codardo o un uomo subdolo. Sarò già morto da un pezzo quando la Storia si degnerà di ricordarsi di me, se se ne ricorderà. Ciò che mi sta a cuore, figlio mio, è il coraggio che vedo brillare nei tuoi occhi; la passione che è nello sguardo di Carlo; l’amore che illumina il viso di Miranda e la sete di conoscenza di Arturo. Ciò che più conta, ciò che più mi sta a cuore siete voi e se devo essere un codardo, se devo ingannare e tradire qualsiasi nobile ideale, se devo persino morire perché voi possiate continuare a vivere e prosperare, stai pur certo che lo farò»

‘Bastiano non trovò parole per replicare e non era neanche sicuro che una risposta servisse per davvero.
“Tanti lo chiamerebbero un uomo senza onore, un vile persino” deglutì, mentre le porte del castello si facevano vicine, e Vanni abbandonava il recinto delle guardie per venirgli incontro “ciò che mi chiedo io è se avrei il suo stesso coraggio. Il coraggio di non essere l’uomo che vorrei, per proteggere coloro che più mi stanno a cuore”.

«Mio signore!» esclamò Vanni, cercando di star al passo con le sue lunghe gambe.
«Ti ripeto che puoi chiamarmi ‘Bastiano» le rispose dolcemente, scostando le ante del portone.
«Sì, sì, so che potrei. Ma insomma, da queste parti sembra che l’etichetta abbia una certa importanza» replicò la ragazza, con sguardo confuso.
«Non per la mia guardia del corpo» ghignò ‘Bastiano, mentre saliva le scale, diretto al primo piano del castello.
«Come desidera, ‘Bastiano» si sforzò Vanni «comunque, ci sono novità?»
«Sì, in effetti, i Cangramo scenderanno in guerra»
«Dite davvero?!» chiese lei ad occhi sbarrati.
«Eri nella sala dei banchetti quando il Principe ha parlato, o sbaglio?»
«Beh, sì» ammise lei «ma non immaginavo che anche la vostra famiglia si sarebbe unita»
«E invece pare di sì» replicò il giovane, mentre apriva lo studio di suo padre e si dirigeva alla scrivania. Frugando nei cassetti trovò finalmente ciò che cercava: un mucchietto di fogli di papiro e il necessario per scrivervi sopra. ‘Bastiano si accomodò, stringendo fra le dita la penna d’oca.
«Combatterete anche voi, ‘Bastiano?»
Il giovane Cangramo frenò il polso e le lanciò un’occhiata, inarcando un sopracciglio. Le labbra di Vanni si dischiusero, allargate dalla sorpresa.
«E vostro padre è d’accordo?!»
Al giovane scappò un risolino.
«Oh, beh, lui non lo sa ancora»
«Perdonatemi l’ardire, ma dubito fortemente che ve lo lascerà fare»
«Questo lo so» disse, mentre ritornava a vergare i fogli.
«E come intendete convincerlo a fare il contrario?» chiese la ragazza, appoggiando in un angolo la picca e sgranchendosi le nocche delle mani.
«Nell’unico modo in cui sia possibile convincere un vecchio caprone come mio padre: non lasciandogli alternativa».
Negli effetti non aveva poi una così chiara idea di come portare a termine il suo intento: certo, infiltrarsi su una delle navi come clandestino poteva essere una soluzione, magari non la più comoda. Ma qualcosa, ne era sicuro, alla fine l’avrebbe trovata.

‘Bastiano non ci mise più di tanto a scrivere le lettere necessarie, in fondo si trattava soltanto di richiedere uomini e applicare le firme necessarie da accompagnare con tutti i sigilli del caso. Il giovane passò della sabbia sui fogli, perché l’inchiostro si rapprendesse. Dopodiché lasciò che Vanni arrotolasse le lettere e le chiudesse con la ceralacca, proprio come le era stato insegnato.
Ora che i messaggi erano stati riportati su carta non restava che darli a chi di dovere, perché fossero portati a destinazione. Normalmente il giovane Cangramo avrebbe delegato la cosa a un servitore all’interno del Castello, ma quel giorno voleva avere cura che tutto si risolvesse sotto i suoi occhi. Voleva essere certo che non fossero compiuti errori.

Congedata Vanni, prese i rotoli e li condusse nella torre sud-ovest, dove la famiglia aveva la sua personale uccelliera: la porta di cedro invecchiato riportava disegni raffiguranti un uomo con ali che facevano capolino dalle rotondità delle caviglie. ‘Bastiano udì i versi dei pennuti, quando la mano si strinse attorno al maniglione: c’era il ritmico tubare dei piccioni e delle colombe; il verso acuto e prolungato dei falchi; e il gracchiare grave dei corvi.
Il cigolio dei cardini fu accompagnato da una battere d’ali e un movimento d’occhi rapaci che lo incidevano con il loro sguardo attento. Nella stanza circolare dell’uccelliera, ricurvo sulla poltrona, sedeva un ometto non più alto di un metro e mezzo. Dalle sue dita nodose, ricolme di grano, una vecchia cornacchia mangiava i suoi chicchi. Quando ‘Bastiano entrò, il pennuto si rialzò in volo, andandosi ad appollaiare fra le balaustre sul soffitto, gracchiando rumorosamente in segno di protesta.
L’ometto scattò in piedi e incespicò, zoppicando fino al giovane e lo salutò con una goffa riverenza. ‘Bastiano storse il naso: il suo odore lasciava molto a desiderare e sulla tunica di vecchia iuta si andavano seccando escrementi bianchicci, lasciati come ricordo dai numerosi pennuti all’interno della torre.
«Mio signore» gracchiò l’uccelliere, tirando su con il vistoso naso aquilino.
«Valerio, buongiorno» replicò ‘Bastiano, inquietato da quei grandi occhi da gufo sul volto scarno dell’uomo.
«Come posso servirla?»
«Due falchi devono prendere il volo, verso Valspurga e nel Valga, maestro».
L’ometto rimase un attimo in silenzio, prima di ciondolare la testa in un vistoso cenno d’assenso. Dopodiché, dalle sue labbra increspate lanciò un fischio acuto e due rapaci discesero dalle travi, causando il panico degli altri uccelli che iniziarono a stormire confusi e impauriti. I due falchi discesero con eleganza l’uno sulla spalla e l’altro sul braccio teso di Valerio. Con un trancio di corda l’uccelliere appose i messaggi intorno alle zampe squamate, evitando accuratamente i lunghi artigli ricurvi.
«Inviate falchi mio signore» l’ometto gongolò «c’è forse una guerra alle porte?»
‘Bastiano si limitò a mugugnare un assenso, che a Valerio parve bastare.
Il maestro avvicinò la bocca ai due animali e sussurrò loro parole segrete: le iridi dei falchi si dilatarono e in un istante spiccarono il volo, diretti verso la loro destinazione, senza emettere il benché minimo suono, se non lo strofinio sordo delle ali.

‘Bastiano deglutì. Quello di sussurrare agli uccelli era una magia antica, una magia le cui origini si erano ormai perdute nelle viscere del tempo. Gli unici a cui fossero note quelle segrete arti erano i membri dell’Antico Ordine degli Ornicoltori, un gruppo ristretto a metà fra i monaci e gli stregoni. Di loro si sapeva poco quanto niente e ciascun maestro dell’ordine avrebbe accettato più volentieri la morte, che il dispensare anche solo una briciola dei propri segreti.
‘Bastiano questo lo sapeva bene. Durante gli anni della sua istruzione, gli era stato raccontato che il Culto del Redivivo, negli anni del suo insediamento a Clitalia, aveva ristretto ulteriormente quell’ordine, nel tentativo di estorcerne i segreti (a quanto sembra, senza successo). Alla fine il Culto si era arreso e aveva concesso agli Ornicoltori di continuare ad esistere, purché mettessero quella strana magia al servizio del Culto stesso e delle famiglie nobili di tutta Clitalia.


NdA: Sembra essere passata un'eternità ma rieccomi qui. Ho attraversato un periodo pieno e a tratti difficile, ma ho ripreso un poco le redini e adesso mi sento decisamente meglio :3 Mi auguro che il capitolo vi piaccia!

Un abbraccio,
Il Signore Oscuro



 
   
 
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