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Autore: Yellow Canadair    13/04/2018    2 recensioni
Non leggete questa storia, per favore. È piena zeppa di fluff, di agenti segreti che fanno a botte, di spiriti misteriosi che infestano le loro case. E poi parliamo del Cp9, ve li ricordate quei ragazzacci, a Enies Lobby? Qui sono passati due anni, ma le vecchie abitudini sono dure a morire.
Tra una missione e l'altra vivono in una grande torre al centro dell'Arcipelago di Catarina, e anche se ormai Spandam è il loro galoppino e l'hanno soprannominato "scendiletto", i guai non sono ancora finiti.
E poi c'è Stussy, l'agente del CP0. Davvero volete leggere di quando fece a Lucci una proposta indecente? Ma dai, ci sono storie molto più piccanti di questa.
C'è anche Gigi L'Unto, proprietario della peggior locanda della Rotta Maggiore: per leggere la sua storia dovete esser vaccinati pure contro la peste nera, ve l'assicuro. Però sua figlia è molto carina.
C'è anche Lili, una segretaria che è anche pilota, ma questo Rob Lucci non vuole che si sappia in giro, quindi in questa storia non piloterà un bel niente (forse).
Ancora non vi ho convinti a lasciar perdere? Beh, se amavate i completi eleganti del Cp9 passate oltre: qui vengono denudati spesso.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cipher Pool 9, Jabura, Kaku, Kumadori, Rob Lucci
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal CP9 al CP0 - storie da agenti segreti'
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Sangue sulla pista

Alternative Universe: Far West!

 

Rob Lucci smontò da cavallo e guardò critico a terra, chinandosi tra la neve e le rocce.

Si alzò, avanzò di un paio di passi facendo ondeggiare il lungo e pesante cappotto nero che lo proteggeva dal gelo, e tornò verso il suo collega, ancora in sella.

«Sono lontani?» domandò Kaku abbassandosi il bavero della sciarpa che gli copriva la bocca.

«Hanno al massimo due ore di vantaggio.» stimò Lucci issandosi di nuovo sul suo cavallo. «Quello ferito li sta rallentando.»

Persino dall’alto del cavallo i due avevano notato il sangue sulla neve.

Kaku rimase pensoso per qualche istante. «Strano» disse infine.

Spronarono i cavalli e si rimisero in marcia.

Fermi a Durango, in Colorado, erano stati raggiunti da un telegramma del loro superiore, Spandam; interpretarlo era stato difficile, visto che Spandam non era in grado di usare il telegrafo e non si affidava a Califa, la loro bravissima telegrafista, ma Lucci e Kaku avevano afferrato il senso del messaggio: la squadra di agenti mandata a fermare la banda di Bagy il Clown era stata sconfitta, e loro dovevano catturare quei quattro banditi prima che passassero il confine.

Un inseguimento infame nel bel mezzo dell’inverno delle Montagne Rocciose.

«È lavoro.» aveva asserito sbrigativo Rob Lucci sellando il proprio cavallo e stringendo il sottopancia.

«A proposito…» aveva considerato Kaku. «Li hanno davvero uccisi tutti, secondo te? Kumadori, Blueno… persino Jabura?» gli sembrava strano che degli agenti professionali e letali come i loro colleghi fossero stati sconfitti da quattro rubagalline.

“Chapapa, ho sentito che quei banditi sono feroci e mooolto pericolosi” aveva detto Fukuro, un loro collega incrociato nella città da cui erano partiti “Non si farebbero problemi… tanto pena di morte in più, pena di morte in meno, è uguale, per loro!” aveva chiacchierato con noncuranza prima di partire per l’Oregon.

Rob Lucci si era calato il cilindro sugli occhi e si era avvolto nel suo cappotto pesante, ghignando sprezzante. «Se si sono fatti ammazzare, il primo è stato proprio quel coglione di Jabura.»

E ora erano lì, a seguire le tracce di quei balordi che avevano trucidato i loro colleghi. Ormai mancava poco, presto sarebbe stato tutto finito. Senza prigionieri, come al solito.

La pista innevata rendeva difficile il cammino dei cavalli, Kaku e Lucci li facevano avanzare con cautela attraverso il sottobosco e dovevano stare attenti a non fargli rompere le zampe nelle buche nascoste dalla neve, che era scesa fittissima in quei giorni.

«È strano che si stiano trascinando dietro un ferito» chiese Kaku all’improvviso, mentre ricominciava a nevicare.

«Ci ho pensato anche io» annuì Lucci «Non è gente che si porta dietro pesi morti... a meno che il ferito non sia il loro capo, o abbiano un motivo molto valido per non abbandonarlo in una fossa»

La marcia era dura, ma i cavalli erano robusti e i due agenti conoscevano bene la regione; passarono la notte in un bivacco, e il mattino dopo arrivarono a un casolare, eretto tra gli alberi probabilmente dai trappers, i cacciatori di pelli della zona.

Era isolato, lontano da villaggi, nel bel mezzo di un bosco fra le Montagne Rocciose e sembrava abbandonato, ma un filo di fumo usciva dal camino e c’erano quattro cavalli nel paddock: dentro c’era qualcuno.

Kaku e Lucci lasciarono cavalli lontani e si avvicinarono strisciando silenziosamente nella neve gelida, con le armi in pugno e i sensi in allerta.

Si acquattarono su una collinetta che dominava la casa, al riparo da eventuali proiettili di benvenuto.

Nessuna sentinella: avevano controllato facendo un largo giro e non avevano trovato nessuno. All’inizio Kaku aveva coperto le spalle al collega rimanendo dietro di lui per un buon centinaio di metri, ma poi i due avevano realizzato di essere soli.

Kaku prese la mira con il suo Winchester, il fucile di precisione, e lo puntò verso una delle finestre. Era una bella distanza, ma la canna lunga di quel fucile faceva miracoli in mano a un assassino come lui.

«Posso ucciderli senza problemi» sibilò «Ma hanno le tende chiuse. Bisognerà farli uscire.»

Rob Lucci sorrise sadicamente, riponendo nella fondina la sua pistola dalla canna lucida. «Sono già tutti morti.»

Si avvicinarono con circospezione alla casa, stando bene attenti a rimanere sottovento per non mettere in agitazione i cavalli con il loro odore.

Arrivarono in un angolo senza finestre e, agilmente, Lucci si prese Kaku sulle spalle e lo fece salire sul tetto pieno di neve, passandogli poi un potente lacrimogeno.

L’agente, agile e senza paura di scivolare sulle tegole coperte di neve, riuscì ad arrivare al comignolo, attento a non fare rumori che potessero allertare gli inquilini (che gli avrebbero sparato attraverso il tetto, probabilmente). Con un cerino accese il lacrimogeno e lo lasciò cadere nella canna, poi fece un gesto a Lucci, che intanto era tornato dietro la cunetta, mentre lui si appostò in cima al tetto, sopra alla porta d’ingresso, pronto a sparare appena quei sudici sarebbero usciti.

Lucci, con la sua lucida Colt in pugno, si preparava a sparare a bruciapelo alla prima testa che fosse uscita dalle finestre; Kaku teneva sott’occhio la porta.

Passarono alcuni secondi, poi si sentirono delle urla provenienti dall’interno: il lacrimogeno aveva cominciato a fare effetto, riempiendo di fumo irritante la casupola: già qualche filo usciva dalle fessure delle imposte, e le voci erano sempre più agitate e furiose.

Ma erano voci che suonavano stranamente familiari.

Lucci, dalla sua postazione, vide Kaku girarsi verso di lui: non potevano certo parlare, a quella distanza, ma era evidente che anche l’agente più giovane avesse notato qualcosa di strano.

Finalmente, all’improvviso, una finestra s’infranse e un uomo uscì riparandosi la testa dai cocci di vetro.

E meno male che era stato quell’uomo, a uscire: la grande massa di capelli rosa impedì ai cecchini di sparare a bruciapelo: Kumadori!

Lucci fece un gesto convenuto a Kaku, intimandogli di non aprire il fuoco.

E meno male: dalla porta d’ingresso uscirono fuori, tossendo, imprecando e spianando le armi, anche Jabura e Blueno.

Che diavolo ci facevano, vivi, lì?

 

~

 

«Come ti è saltato in mente di usare un lacrimogeno?!» abbaiò Jabura, avvolto nel proprio poncho di lana grossa con il cappuccio che gli copriva i lunghissimi capelli neri. «Bastava bussare!»

«Te l’ho detto, cretino: pensavamo che dentro ci fosse la banda di Bagy.»

«Mentre aspettiamo, vi va…?» Blueno aveva sempre una bottiglia piena nascosta tra le pieghe del pastrano.

I cinque uomini, seduti nella neve, si passarono la bottiglia. La casa dove avrebbero voluto passare la notte era invasa dal fumo, e bisognava aspettare che uscisse dalle finestre spalancate.

«Vi abbiamo trovati seguendo il sangue sulla neve» disse Kaku, passando la bottiglia a Jabura «Siete stati feriti?»

Jabura scosse la testa, ingollando il liquore. «Era la cena, ho ucciso un paio di alci. Ne era rimasta, ma ci avete buttato il fumogeno su. Complimenti.» terminò seccato.

Guardarono il rifugio, che ancora vomitava fumo. Rob Lucci sospirò. Segretamente era sollevato che quelle teste vuote non si fossero fatte uccidere, ma mai e poi mai l’avrebbe dato a intendere, pensò mentre guardava un minuscolo colombino bianco posarsi sul tetto della casa proprio mentre l’ultima nuvoletta di fumo si disperdeva.

 

 

 

 

 

Dietro le quinte...

Ciao a tutti, grazie per aver letto anche questa storia! Si tratta di un universo alternativo: il nostri governativi sono diventati degli agenti federali, e si trovano in uno scenario che tutti conosciamo bene... il Far West! 

Era un sacco di tempo (quasi un anno!) che avevo in pentola questa OS, e ancora grazie al Cow-T l'ho risistemata e tirata fuori!

Ho lasciato invariati i nomi di tutti i personaggi... lo so che è difficile trovare un Kaku, un Jabura o un Kumadori nel vecchio West, ma spero che la cosa non sia di troppo disturbo ^^' 

Di solito non scrivo Alternative Universe, ma il CP0 fa miracoli... e questo non sarà l'unico Universo Alternativo di questa raccolta! 

Grazie ancora tantissimo per aver letto e grazie ai recensori ♥♥♥ siete veramente dolcissimi e a voi va tutta la mia gratitudine! 

A presto,

Yellow Canadair

  
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