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Autore: queenjane    18/04/2018    5 recensioni
Una passeggiata osservando le splendide fontane di Versailles. Una notte di riposo nelle stanze di Maria Antonietta, pensieri e parole. Buona lettura.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marie Antoinette, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Portraits '
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Siamo come i secchi del mulino, uno sale, l’altro scende, uno è pieno, l’altro è vuoto, è la legge della fortuna che nulla possa durare a lungo nello stesso e medesimo stato”, così la mia vita.

L’infanzia funestata dalle morti e dalle tragedie.

Un matrimonio per amore, con lo zar di tutte le Russie, quattro amate figlie fino al mio Aleksey, il mio orgoglio.
La mia gioia e la mia tragedia.

Il rapporto con padre Grigory, per me era un uomo di Dio, per altri un diavolo incarnato.

Sono stata una principessa, un’imperatrice, una madre, una moglie, una sorella di misericordia, ora una prigioniera, semplicemente Alessandra Feodorovna Romanova.
L’INCOMPRESA.
Come Maria Antonietta, da subito la chiamarono la straniera, la cagna austriaca, le attribuirono mille amanti e turpitudini, come me.
Mi chiamano la Nemka bliad, la meretrice tedesca, o sostengono che abbia fatto il bagno nel sangue dei miei nemici.
Che idiozia.
 

Un decreto del governo provvisorio sancì per i Romanov lo stesso trattamento economico dei soldati,  600 rubli al mese, 4.200 per sette persone sarebbe stato sufficiente, peccato che la cifra doveva servire per  i membri del personale, cuochi, dame valletti e quanto altro.  
 Lo zar preparò un budget, in base al quale si trovò a licenziare dieci persone. Li avrebbero serviti comunque, ma questo significava la povertà. 
I pasti erano poco imperiali, burro e caffè erano stati considerati lussi inutili di cui i Romanov potevano fare a meno. Il pranzo era una minestra, carne o pesce, del vino, a cena, carne, verdura, alle volte pasta.  Gli abitanti di Tolbosk, saputo della situazione, inviarono  caviale, dolci, uova e pesce fresco, doni del cielo per la zarina.
Era la fede che li faceva andare avanti, giorno per giorno, potevano portare via ogni cosa, ma non le “nostre anime”, scrisse Alessandra alla sua amica Anna.  Perdonare i nemici, non cercare vendetta, trarre la forza di non cedere alle avversità, che questa vita non è nulla, a confronto dell’eternità. Olga ne scrisse in una poesia privata, cercava di capire la vita e sapeva di comprendere molto poco.
“Abbiate timore per le vostre anime, non per i vostri corpi. San Paolo”
 Nella sua ultima lettera a Anna Vyribova , Alessandra aveva scritto che l’atmosfera era elettrica, che la tempesta era in arrivo, ma Dio era pietoso e avrebbe avuto pietà di loro, le anime in pace, tutto “sarebbe stato per volontà di Dio”
Note
La definizione al principio è del romanzo spagnolo  “La Celestina”, pubblicato intorno al 1502, che trovo molto pertinente per la vicenda di Alessandra Feodorovna Romanova.
Lo zarevic Aleksey soffriva di emofilia, malattia che gli aveva passato sua madre, pareva che Rasputin, ovvero padre Grigory,  alleviasse le sue sofferenze.
Durante la prima guerra mondiale, Alessandra lavorò come infermiera volontaria insieme alle due figlie maggiori, nelle sue lettere si definiva sorella di misericordia.
Lo zar abdicò nel marzo del 1917, fu fatto prigioniero assieme alla moglie e ai figli, in condizioni sempre più barbare e disumane.


 
   
 
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