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Autore: crizio20    19/04/2018    1 recensioni
Racconto in due shot della vita di Colin Canon. Un'infanzia tormentata e segnata da complessi, paranoie ed eventi inspiegabili. Come una lettera, quella lettera, cambiò il suo destino, riportando il sorriso sul volto del bambino. E come, sei anni dopo Il signore oscuro lo costrinse a tornare nel suo limbo di solitudine e depressione.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Colin Canon, Dennis Canon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Il destino è una viscida finzione, un assurdo viso a doppio volto. Ti coccola come un fedele compagno e ti illude di poter essere felice. Fino a quando finalmente giungi ad assaporare la serenità ed è li che ti affonda, schiacciandoti crudelmente nella fossa delle delusioni, osservandoti beffardo dall'alto e ridendo delle tue sofferenze.
 
Per Colin Canon era stato così. Negli ultimi cinque anni ad Hogwarts aveva trovato la sua dimensione, si era accomodato gioioso tra le braccia di quel mondo magico nella quale tanto si era ambientato. Ma tutto tornò ad essere buio, stretto in una morsa di panico e frustrazione. Il ministero della magia era caduto, il regime di Voldemort regnava potente e lui, come tutti i babbani non avrebbe più fatto ritorno, doveva nascondersi e sparire per sempre.
 
La famiglia Canon da qualche mese era rifugiata in un cottage nelle campagne del Galles, in un angolo dimenticato da dio, sperduto e in mezzo al nulla, senza la traccia per miglia e miglia di vicini o altre presenze umane. L'unico abitante di quelle terre era il vecchio signor Mayer, un commerciante di cavalli che sparava a salve a chiunque si avvicinasse nelle sue proprietà. Per ritrovare tracce di umanità bisognava scendere trenta miglia a Sud, dove transitava una vecchia linea ferroviaria poco frequentata.
 
Coltivavano la terra e allevavano bestiame. Ma per quanto fossero una famiglia bizzarra e mentalmente aperta nessuno di loro si sentiva realmente a proprio agio in quella vita. 
Nelle prime settimane affrontarono sorridenti quella nuova realtà, tranne Colin, che si abbandonò fin da subito ad uno stato di depressione. Ma con il passare dei mesi anche il resto della famiglia era sempre più a disagio in quella inattesa routine. Persino il padre, l'uomo più solare e vivace del mondo si era perso in una burbera collera, annegando sempre più spesso ogni dispiacere nell'alcool.
Il brusco cambiamento del padre fu un ulteriore causa di sconforto per Colin, che si sentiva responsabile e colpevole per le sorti della famiglia. 
 
Soltanto la madre, seppure a fatica sembrava resistere alle intemperie della frustrazione. Non esiste magia più forte dell'amore è la signora Canon ne era la dimostrazione vivente. Con estrema delicatezza e un'incredibile dolcezza riusciva a mantenere uniti i pezzi di una famiglia pronta a sgretolarsi. La sua voce tenera e il delicato tocco dei suoi abbracci era diventata l'unica cura nei momenti di sfogo del figlio e del padre.
 
 
Rimaneva chiuso in silenzio nella sua stanza tutto il giorno. Provava a sintonizzarsi con Radio Potter ad ogni ora, diventando un ossessione. Era avido di notizie ed era l'unico modo per rimanere in contatto con il mondo magico, con il suo mondo.
 
Di Harry Potter nessuna traccia, la radio sosteneva che stesse compiendo una missione segreta affidata da Albus Silente in persona. Colin avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutare il prescelto ad adempiere il suo compito, qualunque esso fosse. Se soltanto Harry si fosse fatto sentire o avesse lasciato dei segni..
 
Ma in cuor suo si sentiva terribilmente inutile, anche se avesse ricevuto dei segnali avrebbe potuto far ben poco, essendo ancora minorenne e soggetto alla traccia. Inoltre perché mai il ragazzo che è sopravvissuto avrebbe dovuto rivolgersi a lui? Non erano neanche grandi amici. Negli ultimi mesi la morsa della colpa divenne sempre più stretta. Per anni aveva tormentato Harry con scatti invadenti e fotografie inopportune. Avrebbe dato qualsiasi cosa per chiedergli scusa, Harry era il suo eroe, ma il giovane Canon era troppo accecato dalla stima che nutriva nei suoi confronti per accorgersi di avere degli atteggiamenti così fastidiosi ed irritanti.
 
 
 
*****
 
 
"Il fulmine ha colpito, ripeto il fulmine ha colpito"
 
Colin era rimasto assopito con la testa appoggiata su un tavolino mentre cercava invano di sintonizzarsi a Radio Potter. Ci mise un attimo per rendersi conto dell'annuncio. Trascorreva le giornate in camera e le uniche voci che sentiva erano le lamentele del padre o i richiami per la cena della madre, a cui normalmente non si degnava di rispondere. Solitamente dopo un paio di tentativi la madre si rassegnava. Ma quella voce invece continuava a chiamare assiduamente senza tregua.
 
"Il fulmine ha colpito, ripeto il fulmine ha colpito"
 
Si eresse in piedi infastidito, nella speranza di zittire quel lamento. Stanco ed intontito ci mise qualche secondo per riprendersi e intravvedere la fonte di quel rumore: la piccola radiolina dalla quale ascoltava Radio Potter.
 
Il cuore iniziò a battere all'impazzata. Quella frase era il segnale di battaglia nel caso Harry fosse tornato ad Hogwarts. Mesi e mesi di depressione cancellati in un secondo. Doveva partire immediatamente e tornare al castello per combattere insieme ai suoi compagni, per combattere insieme al suo eroe.
 
Infilò alla svelta una felpa leggera e delle scarpe da ginnastica, era pronto, non gli serviva nient'altro che quella occasione. Dopo un attimo di eccitazione una botta di angoscia lo travolse. Non era in grado di materializzarsi, non aveva della metropolvere e il nottetempo non passava da lì. Era spacciato. Per l'ennesima volta Colin Canon sarebbe risultato completamente inutile.
 
Scoppiò a piangere. Avrebbe attraversato anche a piedi tutta la Gran Bretagna, ma a quale scopo? Desiderava combattere, desiderava tornare al castello e soprattutto sperava di chiedere scusa al suo eroe per tutte quelle fotografie inopportune. E se Harry fosse morto? Non avrebbe mai più avuto quella opportunità. Il mondo di Colin iniziò così a sgretolarsi in un vortice di tormento. Il destino dei babbani poteva dipendere da quel momento e lui non poteva combattere la causa.
 
"Il fulmine ha colpito, ripeto il fulmine ha colpito. L'ordine della fenice ha disposto delle passaporte  sparse per il paese per chiunque volesse combattere. Ecco le coordinate delle passaporte:"


"...."
 
Vi aspettiamo ad Hogwarts per una rimpatriata poco amichevole."
 
 
La radiolina rispose alle sue preghiere, ecco l'occasione che cercava. Rimaneva comunque un problema. La passaporta più vicina era a 30 miglie e loro non avevano nemmeno una macchina. 
 
Si sforzò di trovare una soluzione. Poteva provare a smaterializzarsi, in fondo erano soltanto 30 miglie e lui aveva letto la teoria. Ma se si fosse spaccato? Sarebbe stato di nuovo completamente inutile. Serviva un'altra soluzione. Un pensiero azzardato è abbastanza pericoloso balenò nella sua mente: i cavalli del Signor Mayer.
 
 
 
 
*****
 
 
 
Non aveva mai preso una passaporta e rotolò goffamente nel pavimento di uno sporco ma affollato locale. Riconobbe il locale, c'era stato due anni prima durante la riunione iniziale dell'esercito di Silente.
 
Dopo la brusca caduta aprì gli occhi e vide diverse gambe davanti a lui. Una mano si apprestò ad aiutarlo a rialzarsi
 
"Tu sei Colin giusto? Coraggio amico in piedi"
 
A parlare era stata una voce famigliare. Una voce che non sentiva da due anni ma che riconobbe immediatamente. Chiunque avesse frequentato Hogwarts avrebbe riconosciuto la voce dei Gemelli Weasley.
 
"Coraggio Colin. Tu eri il ragazzo che fotografava tutto e tutti vero? Hai portato la macchina fotografica?"
 
Disse Fred Weasley mentre lo aiutava ad alzarsi. Ci mise un momento a realizzare il senso di quella domanda così ambigua. Perché mai avrebbe dovuto portare una macchina fotografica? Poteva sembrare quasi una presa in giro, ma il tono del gemello era innocuo e sincero, senza ironia.
 
"Io no... non l'ho portata, non pensavo potesse servire"
 
Rispose timido e spaesato il giovane Grifondoro 
 
"A questo si può porre rimedio, basta una semplice trasfigurazione. Ma credo che dovresti proprio portarti dietro una macchina fotografica."
 
Continuò a dire il gemello
 
"Sai Fred, sono perfettamente d'accordo. Non vogliamo che la Gazzetta del Profeta abbi l'esclusiva su questo evento. Colin sei ufficialmente assunto come fotografo da Radio Potter"
 
Concluse George e con un colpo di bacchetta trasformò un antico vaso in una bellissima Polaroid.
 
 
 
*****
 
 
 
Un clima di tensione e terrore arieggiava nella sala grande. Alcuni dei ragazzi più piccoli piangevano, altri si strinsero forte in un cupo silenzio. Negli sguardi dei presenti era nitida la presenza di paura. La voce di Lord Voldemort era tuonata imponente, dovevano consegnare Harry Potter. La professoressa McGranitt invitò il custode, mastro Gazza ad accompagnare i Serpeverde nelle segrete. Caposcuola e prefetti stavano coordinando l'evacuazione delle case.
 
"E se volessimo combattere?"
 
Urlò dal tavolo dei tassorosso Ernie Mcmillan.
 
"Se siete maggiorenni potete restare, i minorenni seguano i prefetti. Forza anche tu Colin devi andare"
 
Rispose severa Minerva, in veste improvvisata di preside. 
 
Per Colin suonò tutto così ingiusto. Aspettava da mesi la possibilità di combattere e ora avrebbe dovuto nascondersi lasciando il castello. Aveva attraversato l'intero paese per giungere ad Hogwarts, rubando un cavallo, facendosi sparare a salve su una chiappa e cadendo di faccia dopo la passaporta. Non poteva andarsene, non dopo quello che aveva passato. Voleva restare e voleva combattere al fianco di Harry, nessuno avrebbe potuto impedirglielo.
 
Ma se c'è una cosa che impari quando sei soggetto di bullismo è nasconderti e passare inosservato. Non gli importava dell'ordine della professoressa, non gli importava di rischiare la vita, doveva restare a tutti i costi. Si accodò in fila con il resto dei Grifondoro ma appena ebbe l'occasione si nascose dietro una vecchia armatura.
 
Aspettò tremante l'inizio della battaglia. Era spaventato ma non avrebbe fatto retro fronte, ormai aveva deciso di restare. I minuti passarono lentamente, come se il mondo si fosse fermato. La tensione regnava sovrana nel castello. Una tensione terribile, diversa dall'ansia prima di un esame o prima di una partita di Quidditch. La tensione di chi sa di andare incontro alla morte e di dover lottare, consapevole di poter essere vicino alla fine.
 
 
 
*****
 
 
 
Diverse urla ruppero quel freddo silenzio. La battaglia era cominciata. Riusciva a sentire il grido di alcuni incantesimi e il rumore dei passi di chi passava davanti. Improvvisamente tutto il suo coraggio cessò di esistere. Non trovava la forza di uscire dal suo nascondiglio, era solo e senza idee. 
 
Da uno spiraglio dell'armatura riuscì a scorgere due visi noti. Dean Thomas e Seamus Finnigan stavano combattendo davanti a lui contro due mangiamorte. L'occasione che stava aspettando era finalmente giunta. I due compagni avrebbero avuto la peggio contro i mangiamorte abili nel combattimento e amanti della magia oscura. 
 
"Ora o mai più, stupeficium!"
 
Con tutto il coraggio che riuscì a trovare balzò fuori dal nascondiglio e colpì in pieno petto uno dei mangiamorte che preso alla sprovvista non fece in tempo a schivare lo schiantesimo.
 
"Bombarda!"
 
Colin non ebbe modo di gustarsi il colpo andato a segno che il secondo mangiamorte lo colpì ferocemente alla mano. L'intero braccio e la bacchetta saltarono in aria esplodendo in un cumulo di detriti.
 
"Colin svegliati, Colin mi senti? Colin rispondi ti prego"
 
Vedeva tutto nero. Sentiva il sangue pulsare ed uscire dal braccio maciullato. Il dolore era incessante, si sentiva svenire, voleva soltanto addormentarsi e non svegliarsi mai più, non aveva mai provato un male così forte. La sua bacchetta era distrutta, così come il suo braccio. Tutto bruciava. Che senso ha continuare a vivere quando tutto il corpo ti chiede di morire per sopprimere il bruciore di una ferita? 
 
 
"Colin ti prego rispondi"
 
Dean e Seamus urlavano chini sul suo capezzale. Riuscì ad intravvederli con gli occhi socchiusi dal dolore. Non capiva perché avrebbe dovuto rispondere. L'eco della morte lo aspettava a braccia aperte, tutto sarebbe finito in un attimo. Il dolore, l'angoscia e la paura, tutto sarebbe svanito, bastava lasciarsi andare, bastava scegliere di morire. D'altronde era riuscito a schiantare un mangiamorte, il suo piccolo contributo era riuscito a darlo, perché continuare a soffrire?
 
Vide la vita passargli davanti, come una lunga ma rapida sequenza di fotografie. Quelle foto che tanto aveva amato. L'abbraccio caloroso di sua madre, la sua macchina fotografica, il sorriso del padre, i momenti trascorsi con Denise a ridere e scherzare. Le lezioni, i baldacchini di Grifondoro, le lezioni dell'esercito di Silente, i banchetti di fine anno, le partite di Quidditch e tutti quegli scatti inopportuni rubati a compagni, amici, professori e ad Harry, quante fotografie aveva fatto ad Harry Potter. Non era soltanto un eroe, era il suo eroe. Ecco perché doveva rialzarsi, ecco il motivo che cercava per continuare a combattere ed opporsi alla morte. A quel pensiero si alzò dolorante accettando con il braccio rimanente l'aiuto dei compagni.
 
"Si ci sono, andiamo a caccia di mangiamorte."
 
Sussurrò verso Dean e Seamus con gli occhi lacrimanti dal bruciore per il braccio appena esploso.
 
"Non se ne parla nemmeno. Devi nasconderti Colin o morirai dissanguato. Non hai nemmeno una bacchetta."
 
Imprecò Dean, chiaramente sconvolto alla visione di Colin senza più un braccio.
 
"Non mi importa io voglio combattere, voglio aiutare Harry"
 
Nessuno aveva mai sentito Colin parlare in tono tanto serio e determinato. Non c'era la minima traccia del ragazzino vivace che tutti conoscevano.
 
"Hai già fatto tanto. Ci hai salvato la vita, non saremmo qui senza di te. Se vuoi aiutare Harry pensa a salvarti o dovrà portarti sulla coscienza"
 
 
 
*******
 
 
 
Alla fine dovette cedere. Il dolore lacerante e le suppliche di Dean e Seamus lo avevano costretto a tornare a nascondersi dietro l'armatura. Si chiuse in un pianto soffocato, consapevole di essere impotente in quelle battaglia. Non poteva far altro che aspettare. In fin dei conti Dean aveva ragione. Che cosa avrebbe potuto fare un ragazzino in fin di vita, privato della sua bacchetta e con un braccio esplodo, armato soltanto di una macchina fotografica pendente dal suo collo? Nonostante l'esplosione la macchina trasfigurata dai gemelli era rimasta incredibilmente intatta.
 
Dalla fessura dell'elmo intravedeva uno spiraglio di corridoio. Vedeva di continuò gente correre, urlare, lanciare incantesimi, compagni e mangiamorte combattere e cadere, mangiatore. Aveva sempre adorato guardare le partite o trovarsi sulle grandinate, ma per la prima volta il ruolo di spettatore gli pesò terribilmente. Voleva intervenire ma non aveva scelta che osservare in disparte quello spettacolo spietato.
 
Stava lottando con tutte le sue forze per rimanere sveglio e non svenire. Lanciava ogni tanto qualche occhiata davanti a lui, per rimanere cosciente della situazione. Il dolore si fece sempre più intenso. Non riusciva più a distinguere i volti e le voci che passavano di fronte a lui, tutto era sfuocato.
 
Quando riaprì gli occhi uno strano trio sfrecciò correndo davanti alla sua armatura. Per quanto fosse sfinito le voci e i contorni di quei tre passanti erano inconfondibili: Hermione, Ron e Harry. Dietro di loro una coppia di mangiamorte si apprestava a colpire alle spalle il trio di fuggitivi, che non si resero conto del pericolo e di essere seguiti.
 
Sarebbero stati colpiti, affettati o uccisi senza battere ciglio. Non avevano speranze, i mangiamorte avevano già pronta la bacchetta.
 
Doveva intervenire, non aveva scelta. Ma come poteva intervenire, senza bacchetta, senza un braccio e con soltanto un'inutile macchina fotografica?
 
Fu così che la soluzione apparse all'improvviso, ovvia ed inevitabile.
Si sarebbe contrapposto agli incantesimi, mettendosi in mezzo tra il trio e i mangiamorte. Forse se avesse fatto scattare la macchina, il flash avrebbe distratto i mangiamorte, ma senza difese l'avrebbero ucciso subito dopo. Ma per lo meno avrebbe concesso dei secondi preziosi ad Harry. Harry era l'eroe non lui, Harry doveva sopravvivere non lui, soltanto Harry poteva mettere la parola fine a tutto ciò e non lui, lui che non aveva altra scelta che lanciarsi tra le braccia della morte.
 
"Sei pronto a Colin?"
"Sei pronto a metterti in mezzo
"Sei pronto farti colpire e sacrificarti per Harry?"
"Sei pronto a morire Colin?"
 
La voce della coscienza si fuse con il volere del cuore e il parere razionale della logica. Non ebbe tempo di pensare, di riflettere o di cambiare idea. I mangiamore stavano iniziando a pronunciare gli incantesimi, non aveva scelta che lanciarsi.  Strinse la macchina fotografica e si lanciò fuori dall'armatura.
 
"Click"
 
Come sperava i due mangiamorte vennero presi alla sprovvista da quel flash inaspettato e non terminarono di pronunciare l'incantesimo. Harry, Ron e Hermione troppo presi a correre non si accorsero di nulla, ma grazie a quel momento di distrazione riuscirono a salvarsi e correre via.
 
"AVADA KEDABRA"
"AVADA KEDABRA"
 
Non vide altro che una fredda luce verde. 
 
I due anatemi che uccidono lo colpirono in pieno petto.
 
Non provò nulla. Non percepì dolore. Non sentì rumore. Non ebbe tempo di pensare, di piangere o di rendersi conto di essere giunto alla fine. 
 
 
 
 
******
 
 
Accanto al corpo senza vita di Colin Canon venne trovata una fotografia di due mangiamorte. Nessuno seppe mai con certezza per quale assurdo motivo il Grifondoro, invece di scappare o difendersi scattò quella foto. Il suo sacrificio aveva permesso ad Harry di salvarsi e di conseguenza all'intera comunità magica di trionfare. Senza quel sacrificio Voldemort avrebbe vinto, ma nessuno lo seppe mai.
 
Nessuno conobbe mai la realtà dei fatti, nessuno venne mai a conoscenza di quel gesto eroico.
Fu così che Colin morì con la fama del ragazzo immaturo e incapace di scegliere il momento opportuno per scattare una fotografia. 
 
Fu così che secondo tutti Colin morì per l'ennesimo scatto di troppo.
 
 
Questa storia è dedicata a tutti gli eroi silenziosi che come Colin combattono e si sacrificano ogni giorno per i loro ideali, per i valori e per la giustizia, pur non facendone una notizia.
   
 
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