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Autore: Milandra    26/04/2018    7 recensioni
La nascita dell’amore tra Lily e James, i Malandrini, gli ultimi anni tra le mura accoglienti di Hogwarts prima della Guerra.
L’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio, l’ultimo sorriso prima della fine.
E per qualcuno, l'ultima occasione di fare la scelta giusta prima di sprofondare in un baratro senza via d'uscita.
Perché quando la guerra arriva a sconvolgere ogni cosa, l’amore e l’amicizia non bastano più per sopravvivere.
O forse sì?
Perchè forse è solo allora che si conosce davvero l’amore, quello vero. Quello per cui si è disposti a sacrificare ogni cosa...anche la vita...
Prima di Harry Potter, prima della guerra, prima dell’Ordine della Fenice e dei Mangiamorte.
Prima che le scelte li dividessero, portando compagni di infanzia sui fronti opposti di una guerra.
Prima di tutto ciò però, ci furono solo dei semplici ragazzi...
E la storia di un amore che sconfisse la morte...
Solo ragazzi.
Molti di loro, oggi non ci sono più.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Capitolo 9: Veritas vos liberat
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Veritas vos liberat.
La verità rende liberi.
Qualcuno lo affermò molto tempo fa.
Doveva essere qualcuno di terribilmente stupido per non capire che quella era una cazzata bella e buona.
La verità non rende liberi.
Perchè la verità comporta sempre delle conseguenze delle quali è impossibile liberarsi.
E le conseguenze ti seguono ovunque vai, e allora è ancora peggio.
Perciò, in fondo, è meglio non dirla la verità, in fin dei conti è quasi meglio continuare a mentire a se stessi, ignorare l’elefante nel negozio di cristalli e andare avanti.
Il problema è che la verità è una terribile bastarda, e sebbene si faccia di tutto per evitarla, questa prima o poi salta fuori.
Quel giorno sia James Potter che Emmeline Vance avrebbero scoperto che la verità non rende liberi.
La verità incatena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Era ormai passata una settimana dal giorno della rissa tra Serpeverde e Grifondoro.
Non che non ce ne fossero state altre, ma per ora quella era stata l’unica abbastanza degna di nota con altrettanto degna di nota punizione.
Sembrava che, da quel giorno, le due case più ostili di Hogwarts si fossero un pò calmate.
Sia Serpeverde che Grifondoro sembravano infatti avere altro per la testa al momento, quindi, piuttosto che scannarsi nei corridoi, preferivano ignorarsi vicendevolmente.
Ovvio da dire che non sempre i buoni propositi erano facili da mantenere.
Effettivamente qualcosa in quei giorni era avvenuto, ma nulla di eccezionale.
Forse la cosa più degna di nota era stato il ‘ratto della biancheria’.
Comunque la refurtiva era ormai quasi tutta tornata nelle mani delle legittime proprietarie. Da una settimana infatti queste andavano a caccia di reggiseni e mutande come fossero farfalle per tutto il castello, e il maltolto era stato recuperato quasi tutto. L’episodio più divertente era forse stato il perizoma di Marlene McKinnon sulla cattedra della McGranitt, anche se a ben vedere anche il reggiseno in pizzo rosso taglia terza di Charlotte Benson nel calderone di Lumacorno poteva fargli concorrenza. La differenza stava che la McKinnon si era beccata una strigliata coi controfiocchi, mentre la Benson aveva avuto l’onore di far arrossire come un peperone il povero professore quando, con nonchalance, si era riappropriata dalla preziosa lingerie.
Scovare il colpevole non era stato difficile, anche perchè lasciare scritto M.Z in rossetto rosso sulla porta che dava ai dormitoi femminili di Grifondoro era stato come schiaffarlo in faccia a tutti.
Sembrava infatti che il giorno della rissa tra le squadre, mentre mezza Hogwarts stava al campo da Quidditch a inneggiare al massacro, Martina Zabini fosse invece in compagnia di un focoso Grifondoro del Sesto anno alla torre dei Gryffindor. Finita la sua attività fisica pomeridiana aveva trovato la tana del nemico insolitamente deserta, e ovviamente ne aveva approfittato.
Perciò quando se ne era finalmente andata ... PUFF... la biancheria era sparita con lei.
In realtà c’era ancora qualcosa che non tornava alle povere vittime derubate: ovvero, come mai Martina Zabini stava in compagnia di un Gryffindor? La stessa Martina Zabini che appena vedeva da lontano i colori rosso-oro cominciava a starnutire e a farsi venire una crisi asmatica!
Quindi quello che era ancora in discussione al momento era la premeditazione del reato.
Ma a parte il ratto della biancheria e qualche rissa casuale, Hogwarts in quei giorni era rimasta discretamente tranquilla.
Tutt’altro che tranquilla invece era Emmeline Vance.
Nonostante la caffeina che le scorreva nelle vene al posto del sangue, quella settimana per La Vipera era stata pura agonia. Vedere la sua biancheria sparsa per tutto il castello era stato deletereo per la povera Grifondoro, che giusto quel giorno aveva ritrovato il suo ultimo reggiseno mancante –nero ovviamente- nelle mani di un Tassorosso che se lo guardava ridendo.
E ora l’attendeva un compito ben più arduo.
L’idiota non aveva parlato. E lei ora aveva un bel problema. Dirlo o non dirlo a Lily?
Anche l’umore della rossa era abbastanza tetro quel giorno, visto che l’aspettava la prima di molte ronde in cui si sarebbe dovuta sobbarcare James Potter. Alla fine, quasi implorando la McGranitt, era giunta al compromesso di massimo una ronda a settimana da fare insieme.
Emmeline schivò sdegnata un povero Grifondoro che le stava chiedendo di uscire insieme e proseguì oltre, senza degnarlo della minima.
Non era raro purtroppo che qualche povera anima abbastanza coraggiosa da tentare la sorte cercasse di strapparle un appuntamento.
D’altronde la bellezza della Vance sarebbe stata evidente anche a un cieco.
Era una bellezza ingannevole però. La bellezza di una bambola di porcellana con l’anima di una serpe.
Aveva belle gambe, lunghe e pallide, che Lily Evans dall’esiguità del suo metro e sessantacinque invidiava profondamente.
I capelli, che la Vipera venerava come una reliquia, le scendevano lucidi e neri fino alla vita sottile.
Ma quello che incantava di lei erano gli occhi: due enormi pezzi di cielo turchese in cui ti ci potevi specchiare tanto erano limpidi.
A prima vista sarebbe stato facile scambiarla per un angelo. Ma bastava che aprisse la rosea boccuccia per capire che in realtà tutto era tranne che quello.
Era come una di quelle piante carnivore, che usavano i loro fiori sgargianti e colorati per attirarti e digerirti in un sol boccone.
E ora la preda della Vipera si stava dirigendo verso la parte est del giardino del castello.
Incredibile ma vero, quel giorno Emmeline Vance si era data al tampinamento. L’idiota di Nathan Argenter infatti, passata la settimana di tempo che lei gli aveva concesso, si era dato molto furbescamente alla macchia. Almeno non era stupido, aveva pensato la Vance.
Ma stavolta era in trappola.
Quando Nathan Argenter la vide arrivare non mascherò la smorfia di disappunto. Aveva tentato di evitarla in ogni modo.
Povero sciocco, sibilò fra sè mentre lo raggiungeva, pensava davvero di poterle sfuggire?
“Emmeline” la salutò monocorde il Corvonero, passandosi rassegnato una mano tra i capelli biondo scuro.
“Vance per te” chiarì velenosa fissandolo come un insetto. “Non le hai parlato vedo” scandì incenerendolo.
Il ragazzo si irrigidì, colto alla sprovvista dalla brutalità con cui l’altra aveva introdotto l’argomento. “Non le ho parlato” confermò quindi.
“E quando hai intenzione di farlo?” chiese rigida senza perdere tempo, “perchè dovessi anche farlo io, Lily verrà a sapere la verità.”
“Sei davvero impaziente di dirle che ti sposerai col suo ex-ragazzo” frecciò cattivo il Corvonero.
“Se glielo dicessi tu, potrei risparmiarmi questo particolare” chiarì per nulla toccata dalla cattiveria del biondo. “Basterebbe dirle che ti hanno obbligato a sposarti senza dire con chi.”
Il Covonero la guardò spiazzato. “Per questo vuoi tanto che glielo dica io” soffiò comprendendo finalmente, “perchè se glielo dicessi tu dovresti anche dirle come fai a saperlo. E tu non vuoi dirle che sei stata costretta a un matrimonio combinato.”
“Esatto” fece caustica, non distogliendo gli occhi celesti da quelli neri del ragazzo.
“Saresti stata una perfetta Serpeverde” soffiò guardandola incredulo.
“Infatti dovrei essere a Serpeverde” scandì ironica schioccando la lingua. “Non che la cosa ti riguardi comunque Argenter.”
Nathan scosse la testa, guardandola attentamente. Come in cerca di un particolare. Di qualcosa che gli sfuggiva. Perchè qualcosa gli sfuggiva, ne era certo.
“Perchè?” chiese quindi, “Perchè vuoi che glielo dica? Tanto non ti verrebbe in tasca nulla. Anche se il matrimonio saltasse e tu non sposassi me, comunque i tuoi ti obbligherebbero a sposarti con un altro Purosangue ricco e viziato.”
Già, lei ormai era condannata.
Ancora due anni di libertà e poi sarebbe stata rinchiusa in una bella gabbia dorata dalla sua stessa famiglia che la vendeva come un pacco e con un marito vuoto che l’avrebbe trattata come un suppellettile. Qualcosa da vendere e da comprare. Ecco cosa sarebbe stata.
Una bella bambola senz’anima.
L’infelicità sarebbe stata il suo destino. Lo sapeva. Ormai si era rassegnata.
Ma Merlino, non avrebbe permesso lo stesso per Lily. Se Lily amava Nathan Argenter, Emmeline mai l’avrebbe sposato. Perchè Lily poteva ancora essere felice a differenza sua.
“Sei contro i Purosangue, Argenter?” ironizzò falsamente divertita, “Strano per i tempi che corrono.”
“Non sai niente tu” la fulminò il biondo mentre un ombra scura gli attraversava gli occhi.
Davvero? Cos’è che non dici Nathan Argenter?
“Tu dici?” soffiò ironica, l’ombra di un sorriso malevolo sulle labbra pallide, “Sai cosa mi sembra strano invece? Tuo padre è il Ministro della Magia, un buon Ministro della Magia, come è raro trovarne. E non mi sembra certo una persona che costringe il figlio in un matrimonio combinato trattandolo come una merce di scambio.”
Nathan Argenter socchiuse dolorosamente gli occhi pensando a suo padre.
Oh, Nathan era sicuro che mai suo padre l’avrebbe costretto in un matrimonio che non voleva, e per questo gli aveva mentito dicendosi profondamente innamorato di Emmeline Vance. E tutto per cosa? Per accontentare una madre che non l’aveva mai amato? Per accontentare una donna per cui avere un marito Ministro della Magia che porta avanti una politica anti-Mangiamorte era una vera e propria onta?
Nathan rise di sè stesso.
Ecco cosa aveva fatto pur di avere il primo sorriso dopo sedici anni da sua madre. Aveva acettato di sposare una ragazza che non amava e che non l’avrebbe mai amato, e tutto per lesinare un po’ di amore. E sua madre chiaramente non vedeva l’ora di quell’unione con i Vance, in modo tale da ristabilire la sua immagine di perfetta Purosangue.
“Infatti non lo è.” chiarì, sdegnato che si potesse anche solo pensare una cosa simile di suo padre, “Anche se la cosa non ti rigurda.”
“Allora perchè lo fai? Perchè hai accettato?”
Già, perchè hai accettato Nathan?
“Nuovamente non ti riguarda.” Sospirò decidendo di dirle la verità. In fondo glielo doveva. “Comunque, se mio padre non è quel tipo di persona, non vuol dire che non lo sia anche mia madre.”
Centro. Emmeline sogghignò da dietro le lunghe ciglia.
“Ah, cosa non si fa per avere un briciolo di amore da una madre che non ti vuole, piccolo Argenter” esalò velenosa la Vance.
Crudele.
“Sei crudele Emmeline Vance.”
Oh, Emmeline lo sapeva. Non c’era bisogno che venisse a dirglielo il primo Corvonero di turno. Sapeva cosa si celava nel suo animo. E avrebbe continuato a essere crudele pur di difendere le persone a cui voleva bene. Non le importava se l’avrebbero tacciata di crudeltà.
“E tu perchè non glielo dici?” le chiese il ragazzo cogliendola di sorpresa, “Perchè non vuoi che Lily lo sappia?”
“N-non ti rigurda.” Tentennò presa in contropiede.
“Ah, molto equo Emmeline.”
“Vance” gli ricordò irata.
Emmeline scosse la testa amareggiata.
Disprezzava Nathan Argenter. Disprezzava quelli che come lui avevano tutte le fortune e le sprecavano.
“Ti basterebbe dire una sola parola a tuo padre e lui smuoverebbe le montagne per te Argenter.” Soffiò, pensando a una bambina che quella fotuna non l’aveva mai avuta. Una bambina per cui anche un solo sorriso dei suoi genitori era un miraggio.
Scosse il capo, riportando le iridi color del cielo sul Corvonero. “Non rovinarti la vita, è.. un consiglio da amica questo.”
Non aspettò che le rispondesse. Sapeva che ci avrebbe pensato perchè glielo aveva letto negli occhi.
Ora doveva solo fuggire via, per evitare che altri vedessero quella fragilità che aveva lasciato affiorare.
Quanto sei fortunato Argenter e neanche te ne accorgi. Lei avrebbe dato qualsiasi cosa per avere l’amore che Nathan Argenter aveva da suo padre. E a lui non bastava.
Fu proprio nel suo momento di maggior fragilità che lui la colse.
Ed Emmeline si maledì.
Non l’aveva visto arrivare. Da quanto era lì dietro l’angolo che ascoltava?
Aveva sbagliato, aveva abbassato la guardia, e non si era accorta di un’altra vipera oltre a lei pronta ad approfittarne.
E quando il ragazzo davanti a lei aprì bocca, Emmeline seppe che avrebbe fatto male.
“Sposarti col ragazzo della tua migliore amica. Di classe” soffiò fuori Evan Rosier, “Ah, Vance... cosa non si fa per raccattare un briciolo d’amore...”
Ed ecco la pugnalata.
Fu dolorosa.
Perchè era arrivata quando meno se lo aspettava.
Emmeline strinse gli occhi, sopportando quella sensazione pungente al petto e nascondendo le iridi celesti alla vista del Serpeverde. Lui, appoggiato al muro esterno del castello la guardava ironico, con le iridi blu che le scavavano dentro.
Ironico e velenoso. Una serpe che striscia fuori nel momento più opportuno per attaccare.
E il Serpeverde avrebbe potuto benissimo farlo. Eppure non lo fece.
Quel giorno Evan Rosier risparmiò Emmeline Vance, perchè in fondo loro due erano simili.
Due anime condannate.
Fu solo quando riuscì a riinnalzare una parvenza di barriera tra lei e il Serpeverde che Emmeline gli mostrò gli occhi.
E lui la fissava come se sapesse che quel fragile muro che aveva eretto sarebbe potuto crollare da un momento all’altro. Sarebbe bastata qualche parola, una frase ben assestata, e il gioco era fatto.
 
Quel giorno Emmeline Vance tremò davanti a Evan Rosier.
Eppure quel giorno, Evan Rosier risparmiò Emmeline Vance.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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“Voglio suicidarmi”
James Potter aveva iniziato così quella giornata di metà settembre.
I suoi drammi avevano bussato alla porta alle sei e mezza di mattina. E quando si dice che avevano bussato alla porta si intende proprio che avevano bussato alla porta. In senso letterale.
La sveglia per lui e anche per i poveri disgraziati che dormivano insieme a lui era arrivata sottoforma di una molesta Gryffindor del Quarto anno, che alle sei e mezza aveva pensato bene di sfondargli i timpani oltre che la porta.
C’era da dire che nessuno lì dentro si alzava proprio tanto presto. Forse solo Remus Lupin si svegliava un po’ prima degli altri, ma comunque non alle sei e mezza di mattina.
E dopo che James aveva capito che quell’incessante bussare non sarebbe scomparso da solo, rischiando di sfracellarsi al suolo per colpa del casino che Sirius lasciava sempre in camera, era andato ad aprire la porta, trovandosi davanti alla sua più grande spina nel fianco dopo Evan Rosier.
Il fottuto quinto postulato.
E la spina nel fianco in questione aveva anche un nome e un cognome: Bernice Briscott, lagnosa Gryffindor del Quarto anno che da quattro anni a quella parte sembrava divertirsi a rendergli la vita impossibile.
La storia di Bernice Briscott al Gryffindor era nata in un modo un pò particolare, ovvero quando, scesa per la prima volta dall’espresso per Hogwarts, era caduta praticamente addosso a James Potter. E se ne era innamorata follemente.
Il fatto che James Potter non la ricambiasse non sembrava sfiorarla neanche lontanamente, perchè secondo lei era solo questione di tempo.
Col tempo infatti James Potter si sarebbe reso conto che l’amore della sua vita era sempre stato davanti a lui, ovvero lei. Perchè secondo Bernice Briscott James già l’amava, solo che non ne era ancora consapevole.
A lei quindi toccava il compito di aprirgli gli occhi e mostrargli la verità, stalkerandolo un pò ovunque.
Il problema era che erano le sei e mezza di mattina e che James davvero, dopo quattro anni, ne aveva la palle piene di Bernice Briscott, la quale ora se ne stava nel corridoio tutta sorridente con in mano un reggiseno e un perizoma.
A quanto sembrava il pezzo forte della lingerie di Bernice Briscott era stato fortunatamente ritrovato dopo il ratto della biancheria –non avrebbe mai sopportato di perdere quel completo! Era di Victoria’s Secret!!- e quale idea migliore se non regalarlo al suo amore alla fantastica ora delle sei e mezza di mattina. Cosa ci facesse sveglia e perfettamente truccata già a quell’ora era un mistero.
Dietro di lei poi stavano quelle che Sirius chiamava le Bernicette: ovvero un nugolo di ragazzine truccate, vestite e che parlavano esattamente come Bernice Briscott.
Un incubo insomma. Quasi preferiva mille volte Rosier, almeno avrebbe potuto rifargli i connotati.
La storiella mattutina era poi finita con Bernice Briscott che gli regalava il suo completo rosso, dicendogli che era molto più bello di quello di Charlotte Benson. Già perchè Bernice Briscott odiava ogni ragazza che girava intorno a James Potter –e purtroppo qui c’era da rodersi il fegato visto che, ahimè, tante sembravano essere interessate al bel Grifondoro-, tuttavia Bernice, più di tutti odiava Charlotte Benson, ossia l’unica che era riuscita a legare a sè mente e cuore di James Potter.
Ovviamente Charlotte Benson non la considerava neppure.
Fu così che, tra un completo di Victoria’s Secret e tanto sonno arretrato, iniziò quella giornata di metà settembre.
“Voglio suicidarmi” ripetè il Capitano dei Grifondoro davanti al suo caffè mattutino, mentre Sirius, Remus e Peter, anche loro con occhiaie e mal di testa, annuivano d’accordo.
“Mi sembra di avere un fottuto bolide che gioca a Quidditch con i miei neuroni” si lamentò James con le mani tra i capelli disastrati, cercando di placare quel concerto martellante che gli spaccava il cranio.
“A chi lo dici” Sirius Black lo puntò con gli occhi grigi ridotti a due spilli, “La prossima volta la spranghiamo la porta, che dici?”
Remus, pallido anche per la luna piena che sarebbe arrivata a breve, annuì d’accordo. “Io direi di insonorizzare anche la stanza.”
“Certa gente non ha proprio un cazzo di meglio da fare che rompere i coglioni alle sei e mezza di mattina” bofonchiò Sirius, affondando il naso nella tazza trovando pieno assenso in uno sbadigliante Peter Minus.
“Gente!” Edgar Bones, che chiaramente a differenza loro quella notte aveva dormito, si sedette sulla panca versandosi del succo di zucca, “Vi vedo bene” celiò, beccandosi insulti un pò da tutti quanti.
“Che succede?” continuò imperterrito.
James ringhiò. “Bernice Briscott.”
“Ah, la tua innamorata colpisce ancora” scherzò Bones, incurante dell’espressione omicida del moro .“Che t’ha fatto sta volta?”
“Mi ha svegliato alle sei e mezza!”
“Romantico” annuì il Caposcuola.
“...con un fottuto reggiseno e un fottuto perizoma...”
“Meglio delle rose!” approvò il Grifondoro del settimo.
“Va fatta sparire! Quella è una dannata terrorista” sibilò James oltraggiato, mandando fulmini dagli occhi.
“Com’è finita poi?” si interessò Edgar, scrutando le facce inviperite dei Malandrini.
“Non mi ricordo” ammise James. “Avevo troppo sonno.”
“L’hai ringraziata e le hai sbattutto la porta in faccia Prongs” rispose per lui Sirius Black, che invece putroppo ricordava tutto benissimo.
“A me è sembrato che volasse anche un calzino” se ne uscì tranquillo Remus, versandosi del succo d’arancia.
“Si, è stato Sirius” confermò Peter, che dal suo letto aveva assistito alla scena del canestro nella scollatura di Bernice Briscott. Impagabile e roba da rompere i timpani l’urlo sdegnato della Gryffindor.
“Che galanteria!” approvò giulivo Edgar Bones, mentre sgraffignava la torta a un insonnolito Peter Minus.
“Notizie delle Serpi?” chiese James cambiando argomento. E che Merlino fulminasse Bernice Briscott! Non avrebbe retto un altro anno con quella Gryffindor alle calcagna.
Edgar Bones scosse il capo. “Tutto tace.”
“Che palle.” Bofonchiò Sirius scocciato. “Così ci si annoia.”
“Per carità Padfoot!” intervenne James fulminando l’amico e sgraffignando l’ultimo pezzo di torta, “Mi è bastata Bernice Briscott per oggi!”
Chiaramente James Potter ci aveva cannato in pieno, perchè qualcos’altro non attendeva altro che rovinargli la giornata.
La fottuta verità era in agguato.
Che gran bastarda.
Fu tra ladri di torte, qualche insulto a Bernice Briscott e risolini divertiti di un certo presto defunto Caposcuola, che i quattro Malandrini si apprestarono a raggiungere l’aula dove si sarebbero tenute due noiosissime ore di Storia della Magia. Chissà, magari sarebbero riusciti a recuperare le ore di sonno perse visto che Cuthbert Ruf, il fantasma che la insegnava, era decisamente soporifero. Una sorta di sonnifero in formato professore.
E James dopo aver tenuto duro per ben mezz’ora era pronto a schiantarsi addormentato, con la testa su un libro-mattone di 400 pagine, quando un pezzo di pergamena trasfigurato a colibrì era volato da lui, depositandosi sul banco.
Carina la trovata. Chiunque l’avesse fatto doveva essere bravo in Trasfigurazioni. Lo lesse, e sbuffò.
Al sopracciglio alzato di Sirius, James spiegò.
“Sembra che stasera avrò la prima ronda con la Evans.”
L’altro annuì sbadigliando. “Mi chiedevo infatti che fine avesse fatto la tua punizione, Prongs... visto che io sono costretto sui libri un giorno sì e l’altro anche!”
“La mia punizione mi vuole preciso e puntuale, e ribadisce puntuale, alle nove di stasera” masticò James accartocciando il foglietto.
Sirius lo squadrò per un attimo e poi sospirò. “Che ti succede Prongs?” gli chiese “So che hai qualcosa che mi nascondi” accennò vedendolo irrigidirsi “E non insisterò su questo qualcosa...” disse mentre l’altro annuiva grato. “Però della Evans mi sembra giunto il momento di parlarne.”
“Non c’è nulla da dire Padfoot.” Si stizzì il moro. Perchè Sirius non poteva semplicemente lasciar perdere? “Semplicemente mi infastidisce.”
“Un tempo forse”  annuì il mago dagli occhi grigi, per poi guardarlo con l’aria di chi sà. “Adesso non ne sono più così sicuro.”
“Io amo Charlotte” gli disse sicuro.
“Non metto in dubbio che tu lo creda” assentì Sirius.
James volse gli occhi verso un punto indefinito davanti lui, che corrispondeva con la nuca di un qualche suo compagno di classe, pensando a quella strana sensazione che la rossa gli provocava.
“Mi da solo.. fastidio”.
Già, Lily Evans era fastidiosa.
Lei gli faceva qualcosa con quegli occhi così dannatamente verdi. Un fastidio. Proprio a livello dello stomaco.
E se un tempo non gli andava semplicemente a genio che quella ragazzina dai capelli rossi fraternizzasse col nemico, ora quasi si era abituato a quel fastidio. Era diventato insolitamente... caro.
“Vuoi che ti dica come la vedo io, James?” gli rispose Sirius scuotendo il capo e non aspettando neanche l’assenso dell’altro. “Prima lei ti stava sui coglioni perchè faceva la santa paladina delle Serpi, è vero; poi, nonostante ti stesse sui coglioni, hai cominciato a volerla proteggere vedendo più lontano di lei...”
James lo interruppe. “Proteggerla? Al quinto anno le ho fatto esplodere il dormitoio!”
“Hai cercato di proteggerla da quello a cui la sua amicizia con Piton l’avrebbe portata, anche se l’hai fatto in un modo tutto tuo e prendendoci anche parecchio gusto nel vederla incazzarsi” frecciò Sirius Black senza lasciarsi ingannare, e vedendo che l’altro non rispondeva continuò, mentre un ghigno gli si disegnava lieve sui lineamenti aristocratici.
“E poi hai cominciato a desiderare di essere al posto di Piton stesso, facendotela stare ancora di più sui coglioni. Soprattutto considerando che, dopo il siparietto post-esami dell’anno scorso, lei ti vedrebbe bene solo impiccato al Platano Picchiatore”
Eccola la verità.
Il fottuto elefente nel negozio di cristalli.
Che gran bastarda la verità.
E che gran bastardo Sirius Black.
“Ti odio” soffiò James.
“Sai che ho ragione” sorrise Sirius.
“Io amo Charlotte”
“Lo stai ripetendo troppe volte”
“La Evans è solo qualcosa che non avevo previsto.”
Un imprevisto.
“Non parliamone più Sirius.” Lo pregò.
Siriu sospirò.
“Tanto presto sarai tu a volermene parlare, James...”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Lily aveva fatto ogni cosa con calma quella sera, cercando di ritardare l’inevitabile.
Era stanca, aveva mal di testa e aveva pensato tutto il giorno a cosa fare con Nathan e alla sua ‘non più amicizia’ con Severus.
Ora l’inevitabile, alias ronda con James Potter, sembrava volerle dare il colpo di grazia.
Per questo aveva tentato in ogni modo di ritardarla: era rimasta più del normale in Sala Grande, con calma si era alzata, più che volentieri si era fermata a parlare con delle compagne del suo anno riguardo il ratto della biancheria, e sempre con molta calma si era diretta verso il luogo dell’incontro con Potter.
Aveva fatto tutto talmente con calma che ora era in ritardo. Lei, la regina della puntualità.
Non che fecesse molta differenza visto che, conoscendo il Grifondoro, sarebbe arrivato giusto in tempo per la fine della ronda.
E invece, per una volta Lily Evans si sbagliò.
“Sei in ritardo” la salutò lui.
Era di spalle, appoggiato al muro – tutte le volte che lo vedeva era sempre appoggiato a un muro? – e qualcosa che non riusciva a vedere tra le mani.
“Come facevi a sapere che ero io?” gli chiese mentre lui si voltava. I capelli scuri disordinati e gli occhi nocciola che la fissavano cauti, insolitamente cauti. Potter non era mai stato cauto, e specialmente non con lei. Lo vide ritirare una pergamena in tasca, ma non ci fece caso.
“Intuizione Evans.” Disse il moro alzando le spalle.
Decise di non indagare oltre. “Cominciamo?”
“Dopo di te.”
Non si accorse neanche delle sue gambe che iniziarono a muoversi in autonomia, troppo impegnata a valutare un particolare.
Potter non era MAI stato cauto.
Si rigirò una ciocca di capelli rossi tra le dita, stranamente consapevole degli occhi del Grifondoro puntati su di sè.
Di nuovo quella sensazione, come di qualcosa di errato, due ingranaggi che grattavano l’uno contro l’altro, perchè non era così che doveva essere. A dirla tutta neanche Lily sapeva come esattamente avrebbe dovuto essere, solo non così. E quando le parole le sovvennero sulla punta della lingua, Lily seppe che era inutile trattenerle.
“Senti... Potter” rialzò lo sguardo, incontrando gli occhi nocciola del compagno di casa, notando che non si era sbagliata e che il ragazzo la stava difatti fissando. Sperò che non ne stesse meditando una delle sue, in ogni caso ormai il guaio era fatto, “Cosa ne dici se seppellissimo l’ascia di guerra almeno per le ronde?” Potter rimase impassibile e Lily si sentì in dovere di continuare, perchè effettivamente la sua richiesta non avrebbe riaggiustato le cose, non le avrebbe riportate come dovevano essere, però in un qualche strano modo, da una semplice richiesta di più che legittime spiegazioni le parole erano mutate, mutate in un qualcosa che neanche lei si spiegava.
“Davvero, sono stanca e non ho voglia di passare la serata sempre all’erta.” Ecco questo era decisamente più plausibile, e Lily annuì tra sè, apprezzando almeno l’ultimo passaggio del suo discorso.
Perchè sapeva che se ne sarebbe inevitabilmente pentita. La sua indole da inguaribile romantica e ottimista la portava indubbiamente a dare troppa fiducia, e ad avere troppe speranze.
Una lieve smorfia increspò il bel viso del Grifondoro quando finalmente rispose: “Adorabile la concezione che hai di me.”
Appunto, non era possibile, non era assolutamente plausibile e Lily si chiese perchè dovesse essere sempre così ingenuamente piena di speranze e ottimismo. Due parole e avrebbe già voluto seppellire Potter sotto una montagna.
“E tu non hai fatto nulla di male per farmela avere, vero?” sospirò ironica, cercando di non sprecare almeno il suo stupido slancio di umanità a fondo perso.“Quello che dico è che, so che ci odiamo e non riusciamo mai ad andare d’accordo. Tu me ne hai fatte talmente tante che neanche riesco più a ricordarle tutte, però... bè, almeno per questi mesi, potremmo fare una tregua” finì speranzosa.
“Per la mia sanità mentale” aggiunse guardandolo di sottecchi, non riuscendo a trattenere un lieve sorriso.
“E i termini di questa tregua?” Chiese il ragazzo interessato “Solo per le ronde?”
“Chiaramente sì” Rise Lily. “Non aspettarti troppo, Potter.”
“Ok” ridacchiò il moro, accettando e stringendole la mano –era calda, notò Lily- “Tregua.”
La ronda si rivelò alla fine più semplice del previsto.
Stranamente il silenzio che li accompagnava non era pesante ma naturale, come se stare lì con lui non fosse così strano. Era un silenzio tranquillo, le piaceva.
Gli ingranaggi ancora non combaciavano, e Lily non era riuscita a ristabilire le cose come dovevano essere, ma per lo meno non stridevano più come prima. Potter poi era insolitamente meditabondo, anche se più di una volta aveva tentato di suggerirle di controllare esclusivamente la zona dei Serpeverde, visto che lei poteva togliere punti e che chiaramente, secondo il Grifondoro, i Serpeverde avevano bisogno di perdere punti.
Ovviamente Lily l’aveva ignorato, cosicchè Potter alla fine se ne tornava in quel suo strano mutismo come di uno che sia arrovella per qualcosa, e Lily davvero non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa. Anzi, temeva fortemente quel qualcosa.
Era più di mezz’ora ormai che controllavano e i corridoi sembravano deserti a parte loro due, quando James decise di renderla partecipe, volente o nolente, del famoso qualcosa.
“Io non ti odio.”
Lo disse talmente piano che Lily rischiò di non sentirlo; fu però il modo in cui lui lo disse a colpirla più della frase in sè.
Come se ammetterlo per lui fosse difficoltoso, uno smacco.
“Cosa?” chiese troppo scioccata dal tono per arrivare a comprendere davvero il significato di quelle parole.
“Quello che hai detto prima. Che ci odiamo” chiarì il moro.
Rendersi conto poi delle parole fu ancora più debilitante. Lily non sapeva neanche come descriverlo, se non come un qualcosa che per un attimo aveva inceppato il meccanismo, lasciando gli ingranaggi come sospesi in una bolla.
“Io non ti odio” la seconda volta che lo disse la voce del Grifondoro risultò ferma, convinta.
“Non capisco” alitò, stavolta realmente confusa.
“Ho detto che non ti odio. Devo ripetertelo per la quarta volta?” il Grifondoro la guardo ironico, molto più simile al Potter che conosceva.
“No no, non è questo” negò scoccandogli un’occhiataccia “è solo-nulla... credo di essere solo stranita.”
“Preferivi che ti odiassi?” frecciò divertito il Grifondoro inarcando un sopracciglio. “Sei masochista, Evans.”
Lo schiaffeggiò leggermente sul braccio, stupita lei stessa di come quel suo gesto li facesse sembrare in confidenza. “Non si riesce mai a parlare seriamente con te, Potter.”
“I discorsi seri sono troppo impegnativi.”
Gli scoccò un’altra occhiataccia, ma lasciò perdere. Non aveva davvero voglia di litigare, “Insomma, ho sempre pensato che non ti andassi a genio.”
L’altro annuì “La cosa è reciproca.”
“Sì ma io avevo dei validi motivi visto come ti comportavi con me e Severus.” Sostenne Lily, sentendosi vagamente infervorata, “Insomma, ti divertivi a tormentarci. L’anno scorso mi hai addirittura fatto esplodere il dormitoio”.
“Quello è stato davvero divertente” annuì Potter ridendo, incurante dello sguardo truce che si beccò “Ma se invece vuoi una risposta più argomentata, probabilmente mio padre ti direbbe che sono un provocatore nato.”
“Sii serio!”
“Sono serio”
Lily alzò gli occhi al cielo esasperata. “Seriamente. Perchè sei, o eri... così?”
“Potrei chiederti la stessa cosa sai?”
“Ma io ti ho già risposto! Mi hai tormentato per cinque anni, ero più che giustificata. E comunque vuoi rispondermi una buona volta ed evitare di sviarmi con un’altra domanda?”
James sospirò. “Non capiresti”
“Sforzati”
Lily vide il Grifondoro soppesarla per un attimo, e non seppe cosa lui vide in lei, fatto sta che alla fine parlò: “Perchè ci sono già passato.”
Lily aggrottò le sopracciglia, presa in contropiede mentre il ragazzo non sembrava intenzionato ad aggiungere altro.
“Non capisco” disse sinceramente confusa.
“Evans, ci sono persone che non possono essere salvate, a meno che loro stesse non vogliano essere salvate” le chiarì il Grifondoro inchiodandola con sguardo serio.
“Stai parlando di Severus.” Comprese. “Mi stai giudicando!”
“Vedo che hai colto perfettamente.” frecciò ironico il Grifondoro.
“Era mio amico! Se Sirius fosse nei guai non cercheresti di salvarlo?”
“È diverso” decretò il moro.
“No, non è diverso, è la stessa cosa” sostenne Lily convinta.
“Allora dimmi Evans,” la inchiodò James, gli occhi nocciola che rilucevano di vita propria alla luce delle candele, “Come mai hai detto che era tuo amico?”
“Il fatto che ora non siamo in buoni rapporti non vuol dire che...”
“Questo vuol dire esattamente quello che volevo dire io” la interruppe il Grifondoro. “Per quanto mi piacerebbe, non tutte le persone possono essere salvate” le disse. E improvvisamente tacque, come maledicendosi per aver detto troppo.
James capì che doveva fare attenzione quando parlava con lei. Era terribilmente facile lasciarsi andare, avrebbe confessato anche il più sordido dei segreti davanti a quegli occhi.
Prima lei ti stava sui coglioni perchè faceva la santa paladina delle Serpi...
Poi, nonostante ti stesse sui coglioni, hai cominciato a volerla proteggere, vedendo più lontano di lei...
E poi hai cominciato a desiderare di essere al posto di Piton stesso, facendotela stare così ancora di più sui coglioni...
No, Lily Evans non gli stava più sui coglioni, per dirla alla Sirius, da parecchio tempo.
E forse non era mai successo.
Era troppo... Lily.
Minuta, i capelli rosso scuro deliziosamente lunghi e ondulati, la pelle bianca, un paio di labbra color ciliegia e due occhi verde prato.
Il fastidio che lei gli provocava era diverso.
Prendeva allo stomaco. Alla gola. Gli attanagliava le viscere.
Quegli occhi, avrebbe voluto sprofondare in quegli occhi.
Voragine
Ti odio Sirius.
“Prima” esordì Lily, arricciandosi una ciocca rossiccia senza guardarlo. “Hai detto di esserci già passato.” Tacque per un attimo e poi riprese, questa volta guardandolo negli occhi, come a voler capire, a voler conoscere, e il Grifondoro sentì chiaramente quella sensazione di voragine, al petto, tutt’intorno a lui...fino a che non sentì la domanda.
“Chi non sei riuscito a salvare, James?”
Lei non si accorse nemmeno di averlo chiamato per nome, al contrario del ragazzo che sobbalzò.
Era strano sentire il suo nome pronunciato da lei.
Assumeva un sapore diverso, una sfumatura diversa. Si arricciava sulla lingua, più dolce, più... da Lily...
Chi non sei riuscito a salvare, James?
Un fratello.
O quanto meno, un tempo lo era stato.
“Non è importante, ma devi imparare a leggere le persone Evans, se no finirai male.”
“Cos’è? Stai cercando di proteggermi o minacciarmi?” si corrucciò divertita Lily.
Poi hai cominciato a volerla proteggere, vedendo più lontano di lei...
“Nessuna delle due. Anzi, forse la seconda se non la pianti” le sorrise James, facendo ridacchiare anche lei.
Lily scosse il capo assolutamente sbalordita.
Incredibile, stava scherzando con James Potter.
Ed era semplice scherzare con lui.
Forse troppo semplice...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-o-o-o-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Emmeline Vance capì una cosa quel giorno.
La verità non era altro che una viscida serpe come lei. Come Rosier. Ti striscia addosso e quando ti prende ti avvelena dall’interno.
La verità era che i suoi genitori non la amavano e che si sarebbe dovuta sposare con il ragazzo di cui la sua migliore amica era innamorata.
E la verità ora l’aveva legata a doppio filo ad Evan Rosier.
 
 
 
James Potter capì una cosa quel giorno.
Non si può scappare dalla verità perchè quella intanto ti raggiunge comunque.
La verità ha il profumo dei gigli e gli occhi verdi della Speranza.
E quando ti raggiunge, tanto più l’hai fuggita tanto più ti colpisce.
La Verità non libera. La verità incatena.
 
Già, che gran bastarda la verità!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE:
 
Buon salve, non sapete quanto io stessa mi stia stupendo della mia puntualità... meglio di un’orologio svizzero lol
 
Allora, direi che qualche domanda ha avuto risposta in questo capitolo, giusto? Ma preferisco che arriviate voi alle conclusioni visto che per me che ho tutta la storia chiara in testa potrebbe essere tutto meravigliosamente lampante, ma magari non lo è davvero.
Partiamo da Mel.. notizia flash: ha un cuore anche lei, e anche lei ha spinose questioni in sospeso con la sua famiglia, esattamente come Nathan Argenter (e dei suoi problemi famigliari se ne discuterà anche più avanti).
Vi è piaciuo questo lato di Emmeline? E poi l’incontro con Rosier... a voi il due più due.
 
Finalmente poi il quinto postulato ha fatto la sua comparsa!
Bramavo di potervela presentare, la cara Bernice Briscott sarà un’enorme spina nel fianco non solo nella vita di James, ma nella vita di tutti coloro che frequentano Hogwarts si può dire.
 
Infine la prima ronda tra James e Lily: quanto li adoro davvero non so quantificarlo. È una conversazione strana perchè ci sono tante cose pregresse che non hanno affrontato, e James come vedete sta cominciando a venire a patti con se stesso, seppur questo era proprio ciò che voleva evitare... la verità! Da qui il suo comportamento scostante con la rossa. E Sirius che fa da voce della coscienza? SIRIUS! Non ha prezzo, per dirla alla mastercard.
 
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto perchè è stato un pò un parto.
Prossimo aggiornamento come sempre tra due settimane, e ci tengo a ringraziare tanto mallveollos, Kiki Potter, _apefrizzola_, LunaNera17, Briefp, Inzaghina per aver recensito lo scorso capitolo. Grazie, perchè ammetto che sono in un continuo in bilico tra ‘faccio male’ e ‘faccio bene’, e questo per me aiuta molto a rendermi conto e mi sprona.
 
Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate
Un abbraccio e un bacio
Mila
   
 
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