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Autore: LDstories    30/04/2018    1 recensioni
Prologo: E' pomeriggio, un ragazzo ed una ragazza passeggiano per la città, mano per la mano. Lei 14 anni, lui 16.
E' sera e lei sta piangendo, davanti al computer. Lui le ha scritto che si è fidanzato, ma che non vuole perderla...
Così inizia "Miss Simpatia". Una ragazza, Sofia, che rivive metà della sua storia attraverso Elisa, una ragazza che incontra e in cui, probabilmente, si rivede.
Elisa vivrà, quindi, da ragazza timida nei primi tempi, ma poi avrà le sue esperienze, anche quelle sopra le righe. Non si preoccuperà delle sue bravate, ma queste comporteranno un cambiamento nella sua reputazione. Sia al nord, sia al sud, dove va per una o due settimane, una volta all'anno.
Lì, a un certo punto vedremo Sofia incontrare Mario, con cui avrà una storia passionale e coinvolgente, ma poi? Quando tornerà a casa?
A seguito degli avvenimenti, il suo carattere ridiventerà chiuso, tanto da farle valere un soprannome: Miss Simpatia.
E questo Mario, continuerà, più di Matteo, in assenza e in presenza, a condizionarle la vita, fino a momenti forti e decisioni drastiche.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 1
 

“No ragazze, io me lo sento proprio, oggi chiama me, oggi chiama me”. Diceva Laura, da Elisa meglio conosciuta come: colei il cui sogno è quello di partecipare ai provini di Miss Italia ma non a quelli per le veline perché secondo la sua logica le prime hanno un quoziente intellettivo maggiore delle seconde.
Elisa, al suo contrario, era piuttosto sicura di non essere prescelta per l’interrogazione di Scienze della Terra.

“Paltri Elisa”
“Cazzo”, al suo fianco, si trovavano tre persone: Laura, Francesca meglio conosciuta come la ragazza col crestino che a pelle le era parsa simpatica e Fabio meglio conosciuto da Elisa come l’ononimo di un ragazzo che sarebbe potuto essere in classe con lei.
Durante interrogazione, Laura avrebbe potuto dire anche il numero della pagina di appunti che aveva studiato, mentre gli altri tre si apprestavano a entrare in lizza per il premio Simpatia.
Lo vinse Francesca, mentre a Fabio non restò che il tentativo di formulare parole sconnesse e a Elisa quello di provare ad andare a memoria.
“Perché voi tre non siete preparati?”
“Io… ehm… ho provato a studiare ma…”
“Io le giuro, ho aperto gli appunti…”
“…Ma li ha chiusi subito, non è così?” risposte aspramente la professoressa. Per ultima, Elisa: “Io prof non ho studiato”.
“Ah, bene. Si fa per dire. Veniamo ai voti: 7 a Laura, 4 a Fabio e Francesca… 4 e mezzo a Elisa”.
Li annotò sul suo registro, aggiungendo: “Sono stata comprensiva solo perché è la prima interrogazione”.

Suonò la campanella delle 13. Elisa accumulò in fretta la sua roba e si apprestò a uscire con Lena, una ragazza composta dall’80 % di ricci e il 20 % di risate. Avevano stretto amicizia fin da subito e ogni volta dovevano smentire il fatto che si conoscessero da prima. Anche perché a quanto pare erano fra le poche a cui nessun altro nome diceva nulla, durante i primi appelli.
Cercarono posto sull’autobus che le avrebbe condotte sull’ autostazione delle corriere, ma, come nei primi giorni, lo trovarono occupato. Elisa però si riuscì a sedere per concessione di un compagno di classe che aveva trovato carino nei primi giorni e incredibilmente fastidioso in quelli direttamente successivi: “Io faccio sedere la bambina” lui disse semplicemente.

Per quanto riguardava gli altri compagni, ne ricordava uno che era stato presente solo il primo giorno, una che assieme a Lena avevano preso di mira. E poi? Il vuoto.
C’era anche Chiara. Di vitale importanza per Elisa che la notte prima del primo giorno scolastico aveva sognato che sarebbe diventata migliore amica di una col suo stesso nome.
Ma tutti questi pensieri svanirono nel momento in cui lei e Lena, dopo essere scese dall’autobus e aver aspettato la loro corriera, dopo aver lottato per ottenere un posto, si erano finalmente sedute per proseguire con ciò che avevano cominciato il giorno prima: stilare la lista mentale dei 10 ragazzi più belli visti nel periodo. Era qualcosa che, assieme ai ragazzi stessi, le avrebbe fatte rabbrividire qualche anno dopo, ma in quei momenti non ci pensavano, non pensavano a nulla.
Era come se tutto il mondo fosse loro e a loro completa disposizione per riderci sopra, tutto ai loro occhi era ridicolo, tranne i sentimenti esasperati che provavano in determinati momenti, quelli che le facevano sorridere per un “ciao” da parte del bellino di turno, piuttosto che piangere per l’amore platonico che le aveva deluse senza saperlo e senza forse essere nemmeno troppo a conoscenza delle loro esistenze.

Lena scese, la sua fermata era nel paesino che precedeva quello di Elisa. Forse quello aveva favorito la loro conoscenza. Anche se come tutti i paesi limitrofi, all’uno non andava a genio l’altro.
Finalmente anche Elisa, 10 minuti dopo, arrivò alla sua fermata.
Nessuno l’attendeva con la macchina, ma era abituata a tornare a casa a piedi dai tempi delle medie, la cui struttura di trovava proprio lì a fianco. Dopo essersi fermata a comprare caramelle di zucchero, tornò a casa.
“Com’è andata oggi a scuola?”

“Bene.”
“Ti hanno interrogato? Hai fatto verifiche?”
“…Si”

“Com’è andata?”
“Beh insufficienza non grave, la recupero subito.”
“Come, parti già così??”

“Mamma… non è grave, poi comunque ho preso anche il voto più alto fra le insufficienze… cioè è stato il secondo voto più alto.”

“Cosa ti sta succedendo? Non andavi così male l’anno scorso!”

“Eh… è la scuola che è troppo difficile”.
“Già finito di mangiare, oddio ma adesso dove vai?”
“Dall’Alessia mamma.”
“E quando studi?”
“Un po’ da lei, un po’ quando torno, un po’ domani mattina”
Tutte e tre le affermazioni nell’effettivo perdevano sempre valore. Non c’era dubbio studiasse da Alessia, anzi le loro medie per la prima volta dopo anni, cominciavano ad andare di pari passo, quasi influenzandosi a vicenda. Quando Elisa tornava a casa studiava un pochino, l’anno prima, ma non questo. Non aveva minimamente tenuto conto della stanchezza provocata dall’ alzarsi alle 5.30 del mattino, impiegare un’ ora di corriera, sorbirsi 6 ore di scuola, uscire dall'istituto, impiegare tempo maggiore per tornare a casa, per poi divertirsi con l’amica storica fino a tarda sera.
La mattine dopo avrebbe potuto studiare, non riusciva neanche volendo ad addormentarsi in corriera, ma la sua mente era troppo occupata a sviluppare immaginazione su qualsiasi cosa.
Quel giorno era prevista una verifica, e Elisa, come al solito, non aveva aperto libro.
Arrivò in classe, completamente abbattuta, persino i compagni quando facevano statistiche, la davano già a Novembre fra le future bocciate.
“Lena, io oggi non ho proprio voglia.”

“Non dirlo a me Elly”.
“Ma… se andassimo via?”
“Boh, tu sei sicura? Andiamo via?...”
Passarono due secondi di cronometro, ci fu uno sguardo d’intesa, poi Lena raccolse in fretta il suo zaino, salutarono in fretta e furia gli altri compagni presenti in classe, lasciandoli sbalorditi, per poi slittare sulle scale antincendio.
“Ragazze dove andate?” Non era una prof o una bidella. Era Francesca.
“Fra, noi oggi saltiamo” disse Lena.
Appena toccato il suolo, trovarono Francesca proprio dietro di loro, che era rientrata a prendere il suo zaino in fretta e furia e disse alle ragazze:
“Bella ragazze, dove si va?”
Ma si zittì subito dopo. Sopraggiungeva la parte più difficile: le finestre enormi che davano direttamente sull’aula professori, dove, ogni mattina i docenti si apprestavano a sistemare la loro oggettistica prima delle lezioni.
Le ragazze cercarono di coprirsi –per quanto fosse possibile- ma a Elisa non sfuggirono gli occhi spalancati della professoressa di italiano, che avevano quel giorno e che le aveva appena viste.
O non era un asso, o aveva deciso di non averle guardate, perché non ci furono né note né ammonimenti.
Nel frattempo, Francesca, Lena ed Elisa avevano trascorso la mattinata chiedendo sigarette e facendosi insegnare dalla ragazza ribelle e tutto pepe, più grande di loro di un anno e per questo ormai soprannominata “zia” che era, fra l’altro un appellativo che anche lei spesso utilizzava.
“Ragazze” zia Fra stava dicendo: “Io fumavo male come voi, poi un tizio mi disse, zia tu non aspiri e mi insegnò una tecnica.
“Quando aspirate dovete dire ‘aaah, la mamma’ capito”?
Le ragazze o discepoli, provarono la tecnica che su entrambe fece l’effetto di tosse incontrollata.

Francesca le portò anche in un luogo chiuso, così che, applicava una spruzzata di profumo per ogni tiro di sigaretta, nascondendola, per evitare che qualcuno la vedesse, ad ogni tiro dietro la schiena.
La mattinata la conclusero così, a due passi dalla loro scuola.
Sapevano tutte e tre che i libretti per le giustificazioni non erano ancora pronti, così, la mattina dopo, fu Chiara a firmare la giustificazione di Elisa.
Durante la mattinata, però accadde ciò che i ragazzi avevano sapevano sarebbe accaduto provando a non pensarci: arrivarono le lettere con le insufficienze e ,ad arricchire il tutto, anche l’avviso dei colloqui tra genitori e docenti.

Elisa diede un’occhiata alle sue: Storia dell’Arte, Inglese, Tedesco, Matematica, Scienze della Terra.
Inglese e tedesco. Due lingue insufficienti. In un linguistico. Che per i primi due anni prevede lo studio di due lingue, per lei entrambe insufficienti. A rendere il tutto più accattivante era il fatto che era palese non stesse simpatica alla sua professoressa d’Inglese, che l’aveva bacchettata dicendole “Cosa pensavi? Che alle superiori bastasse il bel faccino per filar liscio?”
Fra due ore la professoressa d’Italiano avrebbe assegnato nuove postazioni, nel frattempo, durante l’ora di diritto, Lena ed Elisa erano occupate a ridere sui nomignoli che stavano affibiando alle persone.
“Che carine!Trovate divertente quello che sto dicendo, Pagga e Paltri? Adesso mi diverto io, chiedendovi i paragrafi che c’erano per oggi” disse la prof di diritto. Lena fece scena muta mentre Elisa era combattuta, era riuscita, finalmente ad aver aperto libro ma conosceva solo il paragrafo che era stato chiesto all’amica, tentare di suggerirglielo, o non beccarsi un meno?
Scelse la seconda, e prese il suo primo più.

Nelle ultime ore, di Educazione Fisica Elisa fronteggiò per la prima volta tre compagne di classe con cui non aveva avuto molto modo di discutere prima: Shanon, Ielena e Gisa.
Agli occhi di Elisa erano le ragazze un po’ più atteggiate: Shannon prediligeva lo stile dark così come Ielena, dalle origini russe e una bellezza che se la competeva agli occhi di Elisa solo con un’altra compagna: Agata. E Gisa.
Di Gisa c’era molto più da raccontare. Quest’ultima le aveva ricordato che si erano conosciute prima di cominciare l’anno.
A quanto pare la ragazza che l’aveva squadrata dall’alto al basso e le aveva fatto pensare “speriamo non siano tutte così” se l’era ritrovata, incosciamente per mesi, nella sua stessa classe.

Mentre Gisa ne era più che cosciente, su sua stessa ammissione infatti, durante l’iscrizione di Elisa si era segnata tutti i suoi dati e quando aveva il visto il suo nome nell’elenco di classe c’era rimasta male, per poi odiarla segretamente fin dal primo istante. E poi adorarla. E poi riodiarla. Così si poteva riassumere il loro rapporto: amore e odio.
Ora si trovavano insieme fuori dalla palestra, Ielena e Shannon stavano fumando e parlavano di un discorso che a Elisa faceva rabbrividire: Le loro esperienze sessuali.
Lei non ne aveva e sperava solo di non essere messa in imbarazzo.
Cosa che accadde.
“Tu, Elisa?”
“Ah io nulla di che… voglio dire… ho baciato…”
“Hai solo baciato?”
A stampo. Ho solo baciato a stampo avrebbe dovuto dire. Ma l’aria si faceva tesa.
“Si ho baciato e fatto qual cosina?”
“Qualcosina tipo? Una s…?
“Si,si quello”. Rispose Elisa pur non sapendo nemmeno come fosse fatto un organo genitale maschile.
Le altre lo colsero. E lei voleva sprofondare. Aveva fatto la figura della sfigata? Loro descrivevano l’atto come fosse la cosa più figa del mondo, loro erano le più fighe del mondo, come la sua amica e lei era rimasta indietro.
Fu questo il messaggio che in quel momento le rimase.

 

 

 

 

 

 

Capitolo 2

“Dovete incollarvi bene addosso…”
Elisa ascoltava senza interesse la voce della Professoressa d’Italiano, mentre una voce la riportò alla realtà:
“Scusa, hai la colla?”
“Io…si, un attimo” poi guardò il suo compagno che era rimasto sbigottito e scoppiò a ridere.
“Scusa, l’ho capita adesso” Valerio, ora, rideva con lei.
Quello fu il primo contatto che ebbe con Borelli, Elisa non era la sua compagna di banco, eppure lui aveva deciso che lo sarebbe stata a giudicare dai suoi inarcamenti di schiena.
Borelli era il ragazzo che dopo essere venuto il primo giorno di scuola era a stato a casa malato per due settimane… e, al suo ritorno parve un po’ più abbronzato.
Eppure, tolti i primi tempi, nessuno riusciva a darlo per spacciato, “brillante” ecco come lo avrebbe descritto.
Se la cavava senza aprire libro e aveva una voce molto forte.

Impressionante, per i suoi compagni e per i suoi stessi professori.
Elisa non aveva mai avuto un ideale di uomo… prima, mentre ora si era formato nella sua mente e aveva il nome di Valerio Borelli: Ironico, educato, galante osava dire. E fisicamente di altezza medio-bassa, spalle larghe confronto al resto.
Occhi scuri e capelli castani.
Quel giorno ne parlò ad Alessia e le rimase un sorriso sul volto.
Che scomparve, quando i suoi genitori fecero ritorno dai colloqui.
“Stiamo scherzando?? E tutti questi votacci? Le assenze? Diamine Elisa, non sapevamo dove nascondere la faccia” –cosa che in quel momento avrebbe voluto fare lei- “Io dico… non è possibile! Sembrava non parlassero nemmeno di nostra figlia, non ti riconoscevo più da come mi hanno parlato di te. Questa storia deve finire. Tu non studi mai. E’ da Settembre che i tuoi appunti e i tuoi libri prendono polvere, sei proprio una delusione, tu adesso ti tappi in casa, voglio dei miglioramenti altrimenti ti mando in collegio o a lavorare, hai capito?”
“Ma Silvia è stata bocciata in prima e l’avete fatta continuare.”
“Perché metti sempre di mezzo tua sorella? Sai cosa ti dico?
Non voglio più paragoni ok? Tu sei tu, non me ne frega niente di quello che fanno gli altri.”
“Ma mamma! Io dicevo che…”
“Niente, devi stare zitta, devi solo startene zitta. Ho dovuto calmare tuo padre, sennò altro che queste quattro chiacchiere, vedevi come ti rimettevi in riga.”
“-Però pupetta, manca all’appello una cosa, la lettera con le materie insufficienti.”
“Ah… devo averla dimenticata nel diario”
“Certo, continua pure a tentare di prendermi per il culo.”
Suo padre si limitò a chiedere, visibilmente trattenuto: “Hai verifiche o interrogazioni domani?”
“No”
“Com’è che non hai mai verifiche e interrogazioni eppure hai la metà delle materie insufficienti?”
“Papà, tranquillo recupero. Domani però non ho verifiche.”
Mentiva.

Il giorno dopo a favorire lei e altri suoi compagni c’era uno sciopero.
La situazione era la solita che si vedeva durante gli scioperi:
“Io sto fuori se la maggior parte della gente sta fuori”.
Questa era la risposta della metà della classe, tra cui l’85% solitamente “alla fine” decideva di entrare.
“Io entro” dicevano solitamente Laura e le altre considerate come secchione della classe.
L’unico che si distingueva era solitamente Borre con “Io non entro a prescindere”.
Elisa faceva parte per la metà delle volte della prima categoria, leggenda narrava avesse fatto per una volta parte della seconda e qualche volta anche nel “gruppo-Borre” che in realtà non era un gruppo visto che era raro in quei giorni si facesse anche solo vedere vicino al cancello o in suolo scolastico.
“Ragazzi, oggi c’è un problema: la verifica d’Italiano, nessuno ha studiato”

Disse con un pizzico di finta convinzione colei che sarebbe entrata, fra le prime cinque in classe, non più di sette minuti dopo.
Elisa ne rimase incastrata, contavano su di lei, era come l’ago della bilancia
“Meno di tredici, ragazzi, e la verifica salta”.
E sebbene volesse davvero entrare quel giorno, si sentì obbligata a chiamare suo padre:
“Papà, oggi c’è sciopero e entrano pochissimi”.
“Non m’interessa, hai già fatto troppe assenze”.
“Papà, te lo giuro, al prossimo sciopero entro e me ne frego, ma oggi davvero, cosa entro a fare che tutti stanno fuori?”
Suo padre si convinse e lei passò metà mattinata con la compagna Agata che le parlò della sua ultima ubriacatura.
Tornata a casa però, non filò tutto liscio come immaginava, quel giorno mentre lei chattava, il padre non convinto e forse stupefatto del modo di rispondere della ragazza disse:
“Chiedi a una tua compagna quanti erano e cos’hanno fatto”.
“Ok Papà, un attimo”.
“No, adesso”.
Elisa lo fece e il suo cuore batteva all’impazzata.
Avrebbe voluto inviare un SOS, distrarre il padre per chiamare un attimo la compagna, ma tutto filò come doveva. Come doveva essere la realtà dei fatti.
“Eravamo in 12. Ha fatto la verifica, per il resto nulla di che”.
Istantaneamente una guancia di Elisa si diventò più rossa.

Ora era chiaro. Era in punizione: niente più scioperi, niente più uscite e doveva farsi dare ripetizioni in matematica.
Non perché ne avesse bisogno, non ne aveva più bisogno che nelle altre materie, semplicemente perché un’anziana parente del padre gliene offriva gratuitamente, le era capitato di essersi sottoposta all’ obbligo anche durante le medie e più di tutto ricordava tutte le scuse che aveva usato per filarsela.
Ma non fu’ quello il motivo del suo miglioramento scolastico.
L’atteggiamento della professoressa d’Inglese che aveva a simpatia tutti tranne lei e che non riponeva minima speranza l’aveva infastidita al punto da volersi riscattare.
E via,via arrivarono i riconoscimenti degli sforzi che impiegò Elisa settimane dopo, poi arrivarono i complimenti e infine anche lei, come tutti gli altri, entrò nelle sue grazie ne ebbe la conferma durante i secondi colloqui dell’anno.
“Raramente mi sbaglio su uno studente, ma su Elisa mi sono sbagliata, aveva ragione lei”, le riferì sua madre le parole esatte.
Per quanto riguardava le altre materie fu semplicemente una questione di orgoglio personale. Elisa era talmente soddisfatta dopo il suo primo sette da voler provare quella stessa sensazione milioni di volte. E, matematicamente meno periodicamente, era riuscita ad ottenerla.
In matematica raggiunse la media dell’elité delle secchione, forse col loro dissenso e una volta arrivò a superarle tutte.
Le materie che facevano eccezione erano Scienze della Terra, Geografia e Storia dell’arte.
Sulle prime due, Elisa ormai trovava divertente cimentarsi come uno yo-yo, passando dai 4 agli 8 alla velocità della luce, aveva inquadrato il sistema della professoressa che non prevedeva di seguire una media precisa e di avere la sufficienza in tutti i moduli, per questo motivo sceglieva solo quelli che le piacevano e senza alcuno sforzo, in quelli, otteneva risultati degni di lode, fregandosene completamente del resto.
Storia dell’Arte richiedeva uno studio continuo e per come impostate le prove scritte anche mnemonico in modo elevato.
Questo a Elisa non piaceva, perciò si limitava a tentare, senza troppo sudore, una sufficienza.
Cosa che comunque non aveva raggiunto.

E in cui doveva rimediare: mancava ormai un mese alla fine dell’anno scolastico.
Ma i genitori, incoraggiati dai suoi ultimi successi ormai, avevano ricominciato a darle più libertà.
E libertà per Elisa significava poter ricominciare a saltare scuola a loro insaputa.
Così fece assieme a Chiara, Lena, Gisa ed Ilaria, da sempre spalla destra di quest’ultima, dotata di buon animo.
Le motivazioni principali consistevano nel fatto che sia Lena sia Ilaria avevano al momento, un ragazzo nel cuore, da specificare una per ognuno.
Lena infatti quel giorno tremava, aveva voglia di vedere il suo Francesco e ormai non faceva altro che parlare di lui. Nel frattempo arrivarono nella loro scuola.
Il primo ad accoglierle fu Bisi, un ragazzo che faceva tenerezza ed era innamorato perso di Lena, tanto da cercare a malincuore di aiutarla con Francesco, poi fecero la conoscenza di Davide, già amico di Gisa e con cui lei aveva un certo feeling.
Passarono, per oscure motivazioni agli occhi di Elisa davanti a quella che era un’ alternativa ad una sospensione, ne uscì fuori un ragazzo con intensi occhi azzurri che era rimasto evidentemente colpito da Elisa e si rivolgeva sorridendo completamente a lei.
Un professore però lì costrinse al saluto, pur facendo una battuta ai ragazzi che avevano portato ragazze nella scuola, invece di cacciarli via.
Così tutti si ritrovarono davanti alla classe di Davide, che lui aprì “E loro chi sono?” disse qualcuno, il tempo di essere viste da preside e bidelle che sgattaiolarono fuori, in fretta e furia.
“Ci hanno messo una nota” riferì loro Davide ridendo un momento dopo. Loro si dispiacquero, ma lui le tranquillizzo sul fatto che non fosse sicuramente la prima.
Chiara sorrise a Elisa dicendo “Oddio lì dentro c’era pure il mio ex”. Elisa pensò per un attimo che quindi tutte avessero oramai una presenza maschile, in una sola giornata, più o meno piacevole.
Eccetto proprio Lena che le aveva condotte lì.
Mentre uscivano in direzione dell’autostazione, Elisa si rivolse a Lena dicendo:
“Beh, Francesco di qua e di là ma alla fine non c’era?”
“Elisa stai scherzando?” rispose Lena ridendo.
“Dai, già non te lo ricordi? Era il ragazzo con gli occhi azzurri in punizione, quello che abbiamo incontrato in laboratorio.”

Un po’ se la cercò, un po’ se la trovò Elisa, cercandolo in un Social Network, sapendo che lui avrebbe visto la sua visita.
Quando effettuò di nuovo l’accesso trovò una richiesta di amicizia e il commento ad una foto “Ma tu sei quella che oggi era a scuola? Comunque sei molto molto carina” aveva scritto Francesco con smile imbarazzato ed uno di un bacio.
“Si grazie mille” rispose lei con smile sorridente e imbarazzato.
Di smile ne avrebbe visti pochi il giorno dopo. Nel frattempo, lui l’aveva aggiunta anche sul suo indirizzo di posta elettronica.
 

“Cavolo, ma no!” disse Elisa rendendosi conto di avere perso l’autobus, la madre telefonicamente le suggerì di tornare a casa.
Erano arrivate le 15. Le lezioni dovevano essere finite da un pezzo.
“Lena com’è andata oggi?” scrisse Elisa, aveva perso quella giornata di scuola controvoglia e sentiva il bisogno di sentire tutto quello che era stato fatto.
“Bene.” Rispose Lena, per poi aggiungere:

“Perché non mi hai detto che Fre ti ha scritto?”
Elisa le rispose che ci sarebbero rimasta male in modo spropositato rispettò all’entità del gesto e alla fine conclusero chiarendosi.
“Rinuncerai a lui, vero?”
“Si Lena, so quanto ci tieni, tranquilla”. Rispose, un po’ a malincuore Sofia.
Ma in una classe di prevalenza femminile si viene subito a conoscenza dei retroscena. E, sapute le cattiverie, che Gisa e Lena avevano proferito contro di lei, Sofia non era di buonumore, aveva risolto subito con Chiara che aveva chiesto a Lena:
“Beh non sei gelosa del commento che…?” Non per malvagità ma per non aver soppesato le possibili conseguenze. Come nessuno avrebbe saputo fare o prevedere. Infatti dopo la domanda Lena era esplosa in un pianto incontrollato, per poi prendere in giro Sofia assieme a Gisa, appellandola in diversi modi.
Lena si stava scusando con Sofia per questo. Che spazientita le rispose:

“Francesco è tutto tuo, tranquilla, ma io ho bisogno di pensarci sopra, non puoi comportarti così quando non ci sono, senza nemmeno aver tentato di sentire la mia versione.”
Con Gisa era in fase odio. Non capiva che bisogno avesse avuto di mettersi in mezzo, ma chiarita la riappacificazione, si arresero al loro solito rapporto d’apparenza.
Anche se l’odio di Gisa stava per tornare poiché Elisa stava per trovarsi in una situazione analoga a quella vissuta con l’amica Lena con Ilaria, fu proprio quest’ultima a riferirle che il suo Riccardo si era preso una bella cotta per lei e lei la rassicurò.
Quando lei e Lena, ormai chiaritosi fra di loro, tornarono nell’istituto Tecnico. Lei passò del tempo col ragazzo ricordandogli che Ilaria era una sua amica e nonostante non si conoscessero da molto non le avrebbe mai fatto del male.
Quel giorno Francesco decise di parlare con Lena, dopo che il giorno prima aveva contattato senza successo Elisa, Lena ne uscì piangente. “So quello che provi per me” le aveva detto: “Ma nulla di ciò che provi è ricambiato”. Forse si aspettava che il suo essere stato diretto sarebbe stato premiato con una possibilità d’interesse da parte di Elisa ma si sbagliava.
Elisa non aveva alcuna intenzione di mettersi contro qualcuno, tanto più contro amiche e classe, anche se quel ragazzo non le era mai dispiaciuto.
Lasciando Bisi consolare Lena per il rifiuto, salutò Riccardo in autostazione ma non era ancora consapevole del fatto che anche quel giorno, attraverso il suo indirizzo di posta, avrebbe dovuto dare spiegazioni a qualcuno.
“Perché sei scappata oggi? Cosa ci facevi in autostazione con Riccardo?” le chiese infatti Ilaria. A insaputa di Elisa, quando aveva preso la corriera Gisa ed Ilaria stavano arrivando in autostazione e li avevano visti, pur non sapendo i contenuti dei loro discorsi.
Gisa, impulsivamente, appena scesa aveva aggredito Riccardo e visto il semplice ritorno a casa di Elisa, malignamente, come una fuga da lei. Ma quella volta ELisa non aveva minimo senso di colpa, disse per filo e per segno ciò che aveva detto lui e come aveva risposto.
Anche questa volta Gisa tentò di provocarla, ma a differenza del primo scontro fra di loro, questa volta Elisa la ignorò completamente, pienamente convinta della sua innocenza e solamente infastidita dalle conclusioni che quel gruppo, non così solidificamente unito, traeva ogni volta senza chiederle spiegazioni.
Questo la premiò. Di comune accordo ormai sembrava predestinata a finire con Davide, forse per un po’ di tempo lei stessa si convinse che poteva piacergli, Ilaria e Lena erano più che a favore della coppia e Gisa fu quasi costretta a “cederlo” in seguito alle sue gaffé.

In classe nel frattempo Sofia aveva un bel rapporto con Borre, tanto da far sospettare di una cotta le sue compagne.
Fra i due erano consueti gli scambi di battute, in gita erano stati molto spiaccicati fra loro, il braccio di Borre era spesso visto dietro la schiena di Elisa, la situazione agli occhi generali non migliorò quando i due chiesero di andare in biblioteca… senza fare ritorno dopo 40 minuti.
In classe si arrivò a pensare di tutto, Gisa si rivolse alla professoressa d’Italiano dicendo “Prof, come mai quei due ci mettono tutto quel tempo per ritornare in classe? Dovrebbe essere già il turno mio e d’Ilaria”, la professoressa aveva sprigionato una delle sue risate più acute dicendo: “Boh, saranno andati ad imboscarsi”. I due in realtà avevano semplicemente passato quell’ora di lezione ridendo fra bar, cortile e biblioteca, in quest’ultima rischiarono anche di essere cacciati.
Tornarono al suono della campanella, senza alcun libro e senza nessuna ammonizione.
Quello era un giorno importante per Chiara e Elisa: avrebbero comprato il primo pacchetto di sigarette, che avrebbe tenuto quest’ ultima, così fecero, fumandone una in modo abbastanza ridicolo.
Quel pacchetto non durò una sera.
“Beppe vieni qui.” Aveva sentito dire da sua madre.
Successivamente i due, insieme, erano andati da lei con fare minaccioso e un pacchetto di sigarette in mano, il suo.
“Cosa ci faceva questo nel tuo zaino?”
“E’… di una mia amica, ma voi quale diritto avete di frugarci dentro?”
“Beh, tu non ce la conti giusta. Guarda che mi ricordo quando quest’estate ci avevano detto che fumavi con Alessia.
Dì ‘alla tua amica’ che il suo pacchetto me lo tengo e fumo io, guai a te se ricapita una cosa del genere.”
I suoi 15 anni a quanto pare, non erano giudicati abbastanza per fumare, non avrebbe osato immaginare cosa sarebbe successo se sua madre l’avrebbe beccata quando aveva fumato la prima sigaretta assieme ad Alessia a tredici anni.
“Mi hanno sgamata ieri sera e ho dovuto dargli le paglie” riferì a Chiara la mattina dopo.
“Cavolo Elisa, così presto? Ma nasconderle un po’ meglio no?”
“Tranquilla, ti ridò i soldi.”
“No tienili che vedremo di comprarne un altro, però stavolta mi sa che le devo tenere io.” Disse Chiara.
“Ma anche oggi andate lì?”
“Si” rispose Elisa. “Lena vuole vedere Francesco e io devo vedere Davide.”
Con Davide passò solo 10 minuti, che non furono meno meccanici della cotta a cui l’avevano indotta le amiche.
“Mi piaci, io direi che se ci vediamo altre due o tre volte e messaggiamo per un paio di giorni, potremmo metterci insieme”.
Alle parole del ragazzo era seguita un indecisione sul baciare o meno, che per un attimo aveva reso l’aria un po’ più spontanea.
Ma alla fine non erano baciati e Davide era rientrato in classe.

Sofia, fra le altre cose, quel giorno rise un sacco con Bisi, o almeno, rise lei, aveva cominciato un po’ a punzecchiarlo, non perché le stesse antipatico, proprio perché lo sapeva un bravo ragazzo e per nulla permaloso e aveva rivisto l’ex migliore amico che aveva incrociato per ben tre volte, quest’ultimo l’aveva poi salutata dopo essere sparito inspiegabilmente per mesi e averle tolto il saluto per altrettanto tempo.
Le braccia le cascarono definitivamente, quando quella sera, fu costretta per la terza volta a dover rispondere, di un casino che non aveva creato lei.
“Cosa ci facevi oggi nella scuola di Andrea?” chiese Lola, la fidanzata del suo ex migliore amico.
“Ero andata a trovare il ragazzo con cui esco, fa la sua stessa scuola, perché?”
“Eh perché, io sono stata zitta a lungo, ma a lui sono arrivati messaggi in questi mesi, da una persona che dice di essere te e ne ho ricevuti dalla stessa anche io, minatori”
“E’ uno scherzo?” chiese lei.
“No” le rispose.
“Oddio, mi sento in imbarazzo, non ne sapevi nulla?”
“No, te l’assicuro.”
“Oddio, non è che conosci qualcuno che c’è l’ha con te per qualche ragione?”
“Io… assolutamente no! Voglio dire, non da fare una cosa del genere almeno… Io comunque so di non centrare nulla, non so nemmeno di cosa stai parlando.”

La conversazione pacifica stava per finire, anche perché l’atteggiamento di Lola cominciò a cambiare notevolmente, quando aggiunse nella conversazione anche Andrea.
“Ecco, vediamo se mente ancora.” Disse per prima cosa.
Dopo di che Sofia cadde dalle nuvole sentendo tutte le accuse che le venivano rivolte e concluse con un:
“Voi siete dei malati di mente, questo scherzo sta diventando davvero di cattivo gusto, vi state inventando tutto, non pensavo che tu fossi una persona di merda Andrea.”
Ma il malumore continuò per giorni.
Fino a quando i due la ricontattarono, separatamente.
Per dimostrare la sua innocenza Elisa chiese a Lola il numero della persona che l’aveva contattata, quest’ultima non riusciva a trovarlo così Elisa scrisse il suo dicendo:
“Senti questo è il mio numero, è impossibile che corrisponda.”
“ Invece corrisponde” Si sentì rispondere… e cominciò a capire.
Andrea l’aveva contattata all’insaputa della fidanzata, non era convinto di quello che era successo né che alla fine “e menomale” pensò Elisa, che fosse capace di gesti del genere, indagando arrivarono a una conclusione su cui Sofia era più convinta del ragazzo, ma nessuno dei due aveva una prova concreta.
“So tutto, è inutile negare, mi è stato riferito tutto.”
“E da chi? Su, non dire fandonie”
“Non confesso nomi di chi mi aiuta. Senti, non dirò nulla se non mi fai innervosire e ammetti il tuo gesto, non ce l’ho con te, davvero. Voglio solo sapere perché l’hai fatto.”
“Se io te lo dico… tu non dirai nulla ad Andrea vero?”
“Si, tranquilla”
“E’ che lui mi parlava così bene di te. Io ti conoscevo solo in foto ma tu… tu lo vedi? Sei così maledettamente perfetta insomma, l’opposto di me, io avevo paura. Sapevo che lui ti veniva dietro tempo fa”
“Era molto tempo fa Lola, eravamo solo migliori amici”
“Lo so. Lo so. Ma avevo troppa paura che lui si sarebbe buttato a capofitto su di te, se tu avessi cambiato idea, volevo solo che tu cadessi ai suoi occhi… mi dispiace tanto… scusami… poi, ecco, una mia amica ci aveva preso gusto, in un certo senso è stato solo un gioco, ma ora tu puoi ricambiare? Puoi dirmi chi te l’ha detto? Di chi non posso fidarmi?”
“Di te stessa Lola. Me l’hai appena detto tu.
Come può un numero attivo da due settimane aver inviato messaggi da tre mesi? Bisogna studiarseli meglio i piani cara, se proprio non si vuole finire a rischio denuncia.”
“Ma tu non hai intenzione di denunciarmi vero? Avevi anche promesso che non avresti detto nulla ad Andrea!!”
“Soffro della sindrome d’esser troppo buona, purtroppo. Non ho intenzione di denunciarti e di dire qualcosa al tuo ragazzo, basta che tu sparisca dalla mia vita e siamo a posto.”
“Grazie, scusami ancora… ti sembrerà assurdo ma mi piacerebbe diventare tua amica un giorno… “
“Accetto le tue scuse” rispose Sofia.
E, a seguito dei sensi di colpa dell’altra ragazza, alla fine, per assurdo, si ritrovò a consolarla.
“Mi ha detto tutto” disse Andrea
“Non riuscivo a crederci, assurdo! Piangeva, poverina, aveva paura che la mollassi, poi le ho detto che non l’avrei mai fatto e che ho capito le sue ragioni e si è tranquillizzata, credo voglia davvero farsi perdonare ed essere tua amica.”
“Veramente… a me non sembra il caso…”
“Ma pensaci bene, se fate amicizia e noi ricominciamo a sentirci fra amici magari un giorno lei potrebbe accettare la nostra amicizia!”
Sofia sospirò. Non era stata crudele con Lola forse solo a causa dell’amico e sapeva che gli stava chiedendo troppo. Ma, rispose ugualmente:

“Forse ci proverò”.
Durante l’ultimo giorno di scuola, Elisa si assicurò la sufficienza anche in Tedesco, forse riuscì anche in Storia dell’Arte, ma non senza sentirsi prima dire:

“Ricordati, se ti salvo quest’anno, l’anno prossimo sarai massacrata”
Di buon auspicio, insomma, si disse con più ironia di quanto se lo fosse detto il primo giorno.
Quando andò a vedere i quadri coi voti, ripensò intensamente a quello, al giorno in cui nell’ora di religione si era ritrovata inspiegabilmente Antonio a passarle il pacchetto di fazzoletti, a come l’aveva ringraziato, a come aveva pianto e fatto piangere tentando di dire a Lena, Chiara e Ilaria quanto le volesse bene.
Piangeva pure Gisa, fra uno sfottio e l’altro e quando cercò di ringraziare anche lei il suo pianto si fermò. In seguito si scusò con Deborah per essersi in quel momento dimenticata di citarla, Deborah era la ragazza che all’inizio lei e Lena avevano preso di mira. Borre non faceva religione e la zia Fre aveva cominciato a mancare da scuola da un bel po’ e infatti compariva fra le bocciate. Assieme a Gisa, Ilaria, il ragazzo che la chiamava “bambina”, Agata, Samantha, una ragazza solare che aveva conosciuto poco.
Infine c’era Olly che non sarebbe più stata con loro, una ragazza tostissima, rappresentante di classe, che avrebbe cambiato scuola, aveva un anno in più rispetto a Elisa e l’anno prima era stata bocciata per un solo debito in inglese, da una professoressa diversa da quella che avevano avuto quell’anno.
Anche Laura aveva un anno in più, l’aveva confessato a Chiara, Lena e Sofia, era stata bocciata nel suo vecchio liceo, in quel momento Sofia era rimasta intontita a tal punto da dire la cosa più sbagliata e stupida che potesse dire nel momento più sbagliato:
“Ah… davvero? Io credevo fossi tanto intelligente!” Il guaio è che non era uno sbaglio fatto per cattiveria e nemmeno perché pensasse che essere bocciati compromettesse l’intelligenza, bastava buttare un occhio su Agata per capirlo. Ad ogni modo era riuscita a far rabbrividire la ragazza ancora di più, mesi dopo, ribattendo alla teoria secondo cui per fare l’amore bisognasse avere almeno 18 anni, sostenuta da Laura, dicendo che bisognava farlo quando si voleva, anche alla loro età.
 

Note dell'autrice: Anche questo, come il precedente, è stato scritto molti anni fa. Chiedo scusa perché, per quel poco che ho riletto è molto noioso e poco scorrevole. Oltre ai capitoli già scritti, avevo una scaletta con gli argomenti per ogni capitolo, non so se la modificherò. Se trovate qualche "Sofia" al posto di "Elisa" è perché avevo modificato il nome via via, per poi prendere una decisione, che spero conosciate. Non avendolo riletto a modo, mi scuso per tutti gli errori che troverete. Potrei decidere domani, di cancellarlo interamente e magari scriverne un altro. Un saluto!
   
 
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