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Autore: Ida90    04/05/2018    0 recensioni
Il furto di un potente medaglione, nascosto e protetto per secoli a occhi indiscreti, innescherà una reazione a catena di eventi che avranno come unico scopo il ritorno di Dio.
Un gruppo di soldati, gli ultimi del proprio reggimento, si spingerà sulla Terra per chiedere aiuto e lo riceveranno da alcuni principi, amici fra loro. Lungo il loro cammino ci saranno molti ostacoli, tra cui gli Dei che cercheranno in tutti i modi di fermarli. Le innumerevoli difficoltà non impediranno al gruppo di “amici” di risvegliare un comandante temuto e rispettato sia nel suo mondo, che sulla Terra. La compagnia perseguirà una strada, che con l’aiuto di amici e gli intralci dei nemici, si troverà a dover cercare delle gemme, di cui nessuno capisce bene l’utilizzo, l’erede perduto di un re, molto importate, i frammenti di un’anima e degli angeli sfuggiti, il primo caduto fra loro. Tutto convergerà a una battaglia e a delle verità sconvolgenti che sembreranno allontanare il ritorno di Dio.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Primo capitolo
 
Il medaglione
 
 
 
 
Era buio. Nell’aria era percettibile l’odore di uomo.
Il lupo argenteo si fermò sotto un albero e annusò. Tra gli abeti, dominante su tracce più deboli di volpe, coniglio e altri animali, un sospiro di vento trascinò fino a lui l'odore di uomo. Il lezzo di vecchie pelli, morte e irrancidite, finiva quasi per scomparire sotto gli odori più forti: fumo, sangue e decomposizione. Solamente l'uomo strappava le pelli alle altre bestie, indossando poi il loro cuoio, i loro peli.
I lupi argentei non erano semplici lupi. I lupi argentei non avevano paura degli uomini. Il lupo argenteo emise un basso ringhio, chiamando il fratello con la cicatrice e la sorella, più piccola e subdola. Appena il lupo argenteo corse tra gli alberi, i compagni di branco scivolarono rapidi dietro di lui. Anche loro avevano percepito l'odore di uomo.
In piena corsa, il lupo argenteo vedeva anche attraverso i loro occhi, discernendo se stesso lanciato in avanti. Dalle lunghe mandibole argentee, il respiro del branco si condensava caldo e livido. La terra bagnata si era solidificata tra le zampe, dura come pietra ma ora la caccia era iniziata, e davanti a loro c’era la preda.
Nell’avvicinarsi alla preda, il lupo argenteo udì il lamento di una civetta e dei lunghi artigli grigi che gli uomini portavano con sé. “Spade”, sussurrò una voce dentro.
L’odore di uomo si fece più forte e fu allora che rallentarono l’andatura. Il lupo argenteo avvertì l’uomo fermarsi e lui fece di conseguenza. Il branco si fermò e solo il capo continuò il suo passo. Fu lento e furtivo stando attento a dove posava le zampe. Si fermò di netto e attese con lo sguardo nel buio.
L’uomo vestito del colore della notte avanzava lento… si muoveva sicuro tra gli alberi della foresta, con il suo cappuccio a coprirgli il volto e, il lungo mantello ad accarezzargli gli stivali. Sentiva qualcosa alle sue spalle e fece molta attenzione ai suoi movimenti.
Aspettò un istante e poi scattò verso la capitale del regno in cui si trovava. I lupi argentei scattarono dietro di lui inseguendolo. L’uomo giunto sotto le mura della città si fermò, si guardò indietro e poi attraversò il muro. Corse con rapidità tra i vicoli e dopo qualche tempo, arrivò dinanzi una porta di legno con un architrave in pietra.
Si fermò un istante, prese un grosso respiro e con lentezza sguainò la spada. Diede un calcio al legno, e fu dentro. Si trovò dinanzi una scalinata che conduceva verso il basso dove era sempre più rara la luce solare. Scese un gradino alla volta e giunto finalmente alla fine vide una sala di semplici mattoni e dal soffitto basso.
Lo spazio asfittico di quel sotterraneo era rischiarato da una serie di torce infisse nel muro. L'odore di muffa si confondeva con quello acre del fumo. Uomini vestiti di blu vagavano da una stanza all'altra… sul loro volto, cupe maschere di bronzo, lisce con due semplici fori per gli occhi e venature dorate.
In quel silenzio gravido, lo schianto della porta abbattuta risuonò con la violenza di un'esplosione. I primi soldati, quelli più vicini all'ingresso, non ebbero neppure modo di rendersi conto di quanto stava accadendo. L'Uomo del Nero della Notte li falciò con un unico, fluido movimento della spada. I manti blu si tinsero di rosso, le maschere di bronzo caddero a terra tintinnando… sotto, i volti contorti dal dolore di un paio di sottotenenti.
Gli altri ebbero il tempo di prepararsi. Chi era armato tirò fuori le spade e combatté, alcuni corsero a salvare gli oggetti più importanti. L'Uomo del Nero della Notte sembrava inarrestabile. Del resto, non erano nemici alla sua altezza. “Ecco la mollezza di un mondo da troppo tempo in pace”, pensò con disprezzo.
Un fruscio alle sue spalle…. Non dovette neppure voltarsi. Pronunciò le parole a mezza voce, e una sfera dorata lo avvolse. I pugnali tesi contro di lui rimbalzarono sulla superficie elastica della barriera.
«Un mago….» mormorò qualcuno con orrore.
L'Uomo del Nero della Notte sorrise con ferocia…. Samuel chiuse la porta col chiavistello. Il suo respiro sembrava non trovare la strada che dai polmoni conduceva all'esterno. Premette il corpo contro il legno, appoggiandovi l'orecchio. Stridio di lame che s’incrociavano, urli, tonfi di corpi che cadevano a terra.
Cominciò a battere i denti. Lottò contro il terrore, ma doveva essere più forte della paura. Si staccò dalla porta con decisione e corse verso gli scaffali addossati a una delle piccole pareti del cubicolo in cui si trovava. Cercò un libro sulle creature volanti presenti sulla Terra e quando lo trovò, lo tirò verso di sé. Era un vecchio passaggio segreto e nell’entrare grida di ragazze oltre la porta attrassero la sua attenzione.
«No. Stanno uccidendo anche loro.» era spaventato, ma doveva prendere coraggio e salvare ciò che era importante.
Dietro la porta, rumori più violenti. I nemici si stavano avvicinando. Il cuore di Samuel fece una capriola. Uno schianto appena fuori dalla porta. Samuel trasalì…. Entrò nel passaggio che dietro di lui si richiuse e proseguì. Dietro di lui, i rumori della lotta si affievolirono, e il cuore di Samuel rallentò per un attimo la corsa.
«Di qua.» urlò, girandosi alla prima biforcazione, poi avanzò ancora un po', finché non s’imbatté in un muro. Spinse un mattone in alto alla sua destra con mani tremanti e davanti a lui si aprì una stanzetta minuscola.
L’Uomo del Nero della Notte non si fermò davanti a nulla. Erano anni che non si scatenava così…. La sensazione del suo corpo che si muoveva con precisione, il lieve indolenzimento dei muscoli sotto sforzo e l'odore del sangue… lo inebriavano, lo facevano stare bene.
Uccise tutti, senza distinzione. Poi sfondò l'ultima porta. L'Uomo del Nero della Notte avanzò lentamente. Dietro di lui, la sua spada lasciava una scia di sangue. Diede una rapida occhiata in giro e non vide altro che tavoli e scaffali colmi di libri. Non poteva sbagliarsi, ciò che lui cercava era vicino, lui lo sentiva….
Sentì alle sue spalle delle voci indistinte avvicinarsi così chiuse gli occhi e si concentrò… il suo cuore pulsava con sempre più ritmo e allo spalancare gli occhi vide ciò che cercava. Si trovava in una stanzetta lì vicino… doveva averlo prima che le voci che lui sentiva gli fossero troppo vicine da distinguerle.
Aprì la mano sinistra e nel centro del palmo materializzò una piccola sfera di vetro; fece un giro di trecentosessanta gradi per localizzare l’oggetto e la sfera s’illuminò in direzione dello scaffale in fondo. L’Uomo del Nero della Notte individuò il libro e scoperto il passaggio segreto vi entrò fino ad arrivare al muretto. Bastarono pochi secondi e implose.
I mattoni che componevano il muro seppellirono Samuel procurandogli svariate ferite anche gravi. La nube di polvere che si era alzata in seguito alla violentissima esplosione fu diradata dall’uomo che la confinò ai lati della stanzetta. L’Uomo del Nero della Notte avanzò verso l’oggetto posto al centro su un semplice piedistallo di pietra… si fermò a un passo e tirò fuori da sotto il mantello, una boccetta contenente un liquido denso di colore rosso porpora.
La osservò e tolse il tappo a punta e versò l’intero contenuto sull’oggetto, che però fu arrestato da un’ampolla invisibile che sciolse. I contorni che il liquido disegnava s’illuminarono di svariati colori e dopo aver completamente dissolto l’ampolla, creò un solco intorno all’oggetto stesso. L’uomo cercò di raccoglierlo ma un potente incantesimo lo proteggeva.
Lui non sarebbe mai andato via senza averlo fra le mani… avrebbe usato qualsiasi mezzo e non si sarebbe fermato di fronte a niente. Si voltò di scatto e udì delle voci avvicinarsi rapidamente… creò un nuovo muro impregnato di magia che avrebbe tenuto lontano coloro che si stavano avvicinando dandogli il tempo necessario per avere ciò che gli serviva.
Aveva calcolato e messo a punto ogni minimo dettaglio del suo piano… anche per quel potente incantesimo aveva un rimedio. Prese da un sacchetto di pelle appeso alla cintura una seconda boccetta che però conteneva un liquido trasparente e meno denso dell’altro che versò sull’involucro. Si allontanò di qualche passo lasciando che il liquido facesse affetto e svariate scintille crearono scie nere e rosse che sollevarono l’oggetto fino all’altezza degli occhi dell’uomo.
Sotto l’oggetto, il piedistallo di pietra si ridusse in polvere e le scie crearono una fessura per infilarci la mano. L’Uomo del Nero della Notte non perse tempo e lo recuperò… era avvolto da un panno di lino ingiallito dal tempo.
Dall’altra parte il re di Nits’Irc giunse con alcuni soldati trovando solo Samuel ancora privo di sensi. L’oggetto nascosto era sparito e con lui l’uomo che lo aveva rubato. Il re si tolse il cappuccio, che non coprì lo [1] stemma del regno non che della famiglia reale e rivolgendosi a Nick, il suo amico d’infanzia, chiese: «Quali sono le sue condizioni?».
Era un ragazzo sui venticinque anni – giovane per essere re di un così grande regno -, la sua altezza raggiungeva il metro e settantacinque dalla corporatura possente, soprattutto nel torso, spalle e braccia. La sua chioma fluente e nera lo rendeva ancora più affascinante e dal viso ben curato, come le sopracciglia che risaltavano gli occhi di un blu scuro. Risaltavano l’intero volto anche il naso proporzionato alla testa - non troppo grande – le labbra carnose e il pizzetto fine e ben curato.
«È in gravi condizioni ma faremo il possibile.» rispose Nick, che sorresse il ragazzo portandolo fuori.
Il re si tolse il mantello che lo prese un soldato ed entrò nella stanzetta. La camicia fine di cotone bianco chiusa da lacci di cuoio con maniche strette fino ai polsi e il soprabito di cuoio rivestito internamente di seta rossa, lo rappresentava come un uomo attraente. I pantaloni, di cuoio lucido, fermati in vita da una cintura fatta di semplice cuoio scuro, ma con pregiati ricami e gli stivali con solo l’orlatura diversa, gli conferivano un’aria vigorosa.
Lui non vide altro che polvere e mattoni sbriciolati ovunque…. Nessuna traccia. Nessun indizio che potessero usare per rintracciare il ladro. Si guardò in giro ancora un po' e alzò il capo solo quando un soldato gli parlò: «Che cosa facciamo mio signore?» domandò fermò sulla soglia a osservare l’interno.
«Raduna i migliori soldati, i più fidati che trovi e perlustra l’intero regno.» furono questi gli ordini di Norack che il soldato eseguì all’istante. Prima che l’uomo raggiungesse la biforcazione, il re si pronunciò nuovamente, «Rintracciate il migliore cacciatore e portatelo con voi. L’uomo che ha sottratto il medaglione è un mago… e anche molto potente.» alzò il capo e lo guardò negli occhi.
Per chi lo conosceva re Norack Albhozz Thalnoock, era un tipo affidabile con un carattere forte e molto autoritario. Considerato da molti, coraggioso e anche sensibile, era di una generosità immensa. Ragazzo estroverso e altruista, percorreva i suoi passi soltanto per non commettere di nuovo i propri errori.
Dopo circa una mezz’ora, il soldato ha cui Norack aveva impartito degli ordini, aveva raggruppato una ventina di uomini e un cacciatore di nome Bhurgam Envelle. Era un uomo con i capelli corti neri, con un ciuffo sempre posto verso destra. Aveva delle orecchie piccole, occhi a mandorla e scuri con sopracciglia poco folte e ciglia molto corte. Il naso all’insù era a patata e la bocca era piccola. Il mento era ritratto all’interno e il collo era abbastanza sottile e lungo. La fronte era abbastanza alta con una cicatrice sull’occhio destro. Era un tipo tranquillo, intelligente e silenzioso.
«Gli ordini sono chiari, dobbiamo trovare il ladro e recuperare l’oggetto che egli ha rubato… tutto questo è di vitale importanza.» spiegò il soldato prima di iniziare a perlustrare il regno.
Re Norack conosceva benissimo le risposte. Si massaggiò con le dita della mano destra la parte alta del naso proseguendo con la fronte, mentre era poggiato con il gomito sul bracciolo del trono.
«Che cosa preoccupa il mio re?» domandò una giovane donna avvicinarsi a lui con passo lento.
«Le conseguenze che comportano gli errori dei nostri padri.» le rispose alzando il capo e fissandola negli occhi.
Lei si fermò dinanzi a lui e sorrise… Norack le fece cenno di sedersi sulle sue gambe e lei si accomodò prendendogli fra le mani la testa che poggiò con delicatezza sul petto. La donna gli accarezzava il volto, gli avvolgeva il corpo con le braccia e a volte sfiorava la corona che cingeva il capo del re.
Egli portava quel simbolo di potere con fierezza, anche se non si riteneva degno di indossarla. La corona presentava pochi ma preziosi dettagli: si trattava di un semplice anello in argento, alto pochi centimetri, con la superficie interna liscia. I bordi dorati erano più spessi in modo da mostrare più rilievo; infatti, quello superiore era stato modificato con delle punte, la cui centrale risaltava poiché leggermente più alta rispetto alle altre. La zona centrale invece era stata abbellita con due strisce d’oro e tre gemme, due delle quali erano semisferiche e di colore rosso chiaro quasi pallido e la terza, quella posta nel mezzo, ellittica e rosso scuro. L’insieme non rappresentava l’emblema del regno, ma nel corso degli anni i re che l’hanno indossata ne sono stati all’altezza.
Gli sforzi dei soldati e del cacciatore furono vani poiché l’Uomo del Nero della Notte era scomparso nel nulla. Tuttavia egli aveva raggiunto l’esterno del regno, dove lo attendeva un drago nero. Il suo nome era Athylias, il primo drago dei Gavoth. La testa dell’animale sembrava del tutto simile a un teschio a causa dei suoi occhi, profondamente incavati e con ampie cavità nasali. Possedeva corna che sporgevano in avanti e una cresta di spine che culminava immediatamente al di sotto, della testa e si assottiglia a circa tre quarti dell'estensione del collo. Un odore acidulo circondava il drago, le cui scaglie erano color ebano o grigio scuro. Le scaglie erano grandi, robuste e opache, favorendo così il camuffarsi nelle paludi e negli acquitrini.
Si ritrovò dinanzi l’animale che gli andava incontro con passo lento. Emise un ruggito e attese che l’uomo gli salisse sulla groppa. A un ordine dell’uomo, l’animale si alzò in volo…. Raggiunta la giusta quota si diresse verso il Continente dell’Ombra situato a Ovest di quello in cui si trovava. Arrivato ai confini che lo separavano dalle sue terre, lui udì un ruggito provenire dalle sue spalle… nel voltarsi vide un altro drago.
A quel punto ordinò ad Athylias di essere più veloce. Il drago alle sue spalle era uno smeraldo; questa razza aveva scaglie come pietre di smeraldo che rifrangevano la luce in maniera tale da far apparire la loro pelle in costante movimento. Questo in particolare era un Adulto e misurava una lunghezza di ben ventinove metri.
Il drago di smeraldo si avvicinò abbastanza da emettere un urlo che provò un grande dolore nella dragonessa, tanto da perdere l’equilibrio e precipitando nel vuoto insieme al suo cavaliere. L’uomo si tenne al drago e con la sua magia cercò di ristabilirla giusto in tempo prima di schiantarsi al suolo, sulle spiagge dei confini. La dragonessa prese quota all’ultimo secondo sfiorando con la coda la sabbia, mentre il drago di smeraldo tornò all’attacco evitando che l’altra creatura lo attaccasse.
Il chiarore della luna mostrava in debole luce gli eventi che si susseguirono durante lo scontro. La brezza marina che proveniva da Nord-Ovest, l’oceano Errow, sconvolgeva la mente della dragonessa ancora confusa dalle vibrazioni emesse dallo smeraldo. L’Uomo del Nero della Notte contrattaccò anch'egli il drago lanciandogli potentissime sfere di energia.
Dopo un po' il drago di smeraldo precipitò atterrando bruscamente sulla sabbia sottostante. Dagli attacchi della dragonessa e quelli ripetuti dell’uomo, il drago di smeraldo aveva riportato centinaia di ferite anche gravi. Respirava a mala pena… cercò di sbattere le ali per riprendere a volare, ma in alcuni punti delle membrane si trovavano tagli molto lunghi che glielo impedivano.
L’uomo ordinò alla dragonessa di atterrare a una trentina di metri da lui… l’animale chiuse le ali e l’uomo scese dalla sua groppa osservando il drago morente. Benché i suoi indumenti nascondessero tutto di lui, il suo petto cominciò ad alzarsi e abbassarsi più rapidamente, quando notò che il drago si stava rialzando. In cuor suo, lo sconosciuto aveva capito perché quel drago fosse lì.
Una leggera brezza spirò da Athylias all’altro drago e in quel momento, il labbro dell’uomo prese a tremargli…. Compì un profondo respiro e subito dopo si voltò verso la dragonessa sforzandosi di farle un piccolo cenno con il capo. Athylias intese ed effuse un tuonante ruggito che spaventò i gabbiani, rimasti nelle vicinanze.
Lo smeraldo chiuse gli occhi e una lacrima gli colò sulla guancia… si fermò lì e non ci volle molto che Athylias lo attaccasse. L’Uomo del Nero della Notte si fece da parte e i due si scontrarono con colpi pesanti. Entrambi avevano quasi la stessa mole eppure lo smeraldo si trovava in difficoltà.
I due possenti animali si fronteggiavano senza sosta colpendosi ripetutamente conficcandosi gli artigli nella carne. Lo smeraldo emise un debole urlo che colpì la dragonessa in pieno capo, lei arretrò scuotendo pesantemente la testa per riprendersi. Athylias pur essendo ancora confusa usò il suo soffio di acido che colpì l’avversario sull’ala destra.
Il dolore che lo smeraldo provava gli diede forza di combattere… nel momento in cui la dragonessa spiccò il volo, il drago le conficcò i denti nella coda… raggruppò tutto il peso sulle zampe anteriori e la scaraventò a centinaia di metri dal punto in cui si trovava. Lo smeraldo le andò vicino e prima che lei potesse rialzarsi, la agguantò alla gola contemporaneamente a lacerarle il fianco sinistro con la zampa posteriore destra, penetrando gli artigli fino in fondo.
Il ruggito della dragonessa fece tremare anche l’Uomo del Nero della Notte che arretrò lento. Lo smeraldo si allontanò da Athylias… lei dopo aver ripreso fiato si alzò in piedi con enorme fatica. «[2] Essipfovoh fsehupitteh qisdjih’ ouh tupuh qsupvuh eh nusosih.» furono le uniche parole che il drago pronunciò. Aveva una voce leggera quasi fosse trasportata dal vento e simile a quella di un bambino… per questo spesso sottovalutato.
L’Uomo del Nero della Notte spalancò gli occhi a quelle parole… anche se non si poteva vedere, lui aveva madida di sudore e calda la fronte. L’uomo a quel punto non restò più a guardare e cercò di agire, ma il drago nemico, gli ruggì contro scaraventandolo lontano. L’Uomo del Nero della Notte non poté far altro e apparire al fianco della dragonessa e portarla via.
Una volta raggiunto il palazzo reale di Aregiak, l’Uomo del Nero della Notte, consegnò al Comandante Gordoona, uomo fidato della famiglia Gavoth, l’oggetto rubato. Finito il suo compito, egli svanì nel nulla senza lasciare alcuna traccia….
Gordoona scoprì l’oggetto nascosto; un medaglione creato con diversi materiali presenti anche sulla Terra. Presentava quattro anelli in platino, distanziati l’uno dall’altro, rappresentavano gli elementi naturali, invece la sfera centrale, la quintessenza. Tutto era unito da due, serpenti in glafone giallo che serpeggiavano fra gli anelli e, si contendevano la sfera frontalmente. Pochi attimi dopo, i luminosi raggi del sole colpirono la sfera nera nel centro del medaglione.
Gordoona dovette indietreggiare la testa, poiché dalla sfera si sprigionò una straordinaria energia che lo risucchiò trasportandolo in un altro mondo. All’aprire i suoi occhi, il comandante si trovò davanti ad un enorme faro interamente costruito con marmo bianco e pietra rossa. Egli camminò lungo il perimetro del faro e trovando l’entrata, salì rapidamente raggiungendo la cima. Guardò fuori dalla balconata e notò solo un sentiero che non aveva fine.
Quasi mezz’ora dopo stava ancora percorrendo il sentiero, largo poco più di tre metri, circondato da quel punto da grandi scogli a punta che superavano addirittura i due metri di altezza. Il vento che da poco si era alzato, lo fece avanzare più spedito, mentre si guardava in giro per scovare eventuali nemici; fu però sollevato nel vedere che fin dove la sua vista arrivava non vi fosse anima viva.
Circa due ore dopo, il sentiero era immesso in una boscaglia, dove cresceva una rigogliosa vegetazione e, la sua concentrazione s’interruppe quando vide in lontananza un tubo di energia, che proveniva da un rudere portale in pietra ricoperto da muschio e svariata vegetazione. Entrò senza perdere tempo… fu stranamente trasportato all’entrata di un giardino sui cui rami degli alberi crescevano bizzarri frutti.
Pensò di proseguire, ma gli fu bloccata la strada da un piccolo gruppo di creature. Esse erano gli Acotoon Soldato, i protettori di quel mondo. Questi Acotoon avevano il corpo di uomo che però era sminuito dalle parti di animale: il volto si ricollegava al leone con le zanne e le possenti mandibole, le mani, i piedi e molte altre parti invece erano ricoperti da speciali squame che fungevano da protezione. Le unghie molto affilate servivano soprattutto come armi di difesa.
Per lui quelle erano bestie e le avrebbe trattate come tali. Ghignò seguito da una risata bieca ed estrasse le sue spade per attaccarli. Gli Acotoon Soldato lo imitarono, ma uno di loro li bloccò avanzando rapidamente verso l’intruso. Le loro lame si toccarono provocando scintille e il combattimento ebbe inizio, tuttavia Gordoona aveva un asso nella manica, il medaglione che usò contro quelle creature. Non sapendo controllare quell’energia, Gordoona fu quasi ucciso, ma quelli che in realtà persero la vita furono gli Acotoon.
La confusione che si era creata sparì in un batter d’occhio lasciando solo il silenzio. Gordoona invece vide il disastro che aveva creato con il medaglione; non gli importava, si ripulì della polvere e proseguì verso gli alberi. Il suo passo era lento, incerto come se provasse paura all’avvicinarsi a quella strana vegetazione. Si fermò a osservarne uno in particolare…. Gli Aghezz che riempivano quel giardino erano alberi longevi da radici vigorose innestate in terreno profondo e sciolto, dal tronco robusto di circa un metro di circonferenza e un’altezza in media di venticinque. La corteccia mostrava una tonalità che variava dal grigio al marrone verdastro. Un taglio a destra del tronco gli mostrò del legno di un marrone rossastro.
I rami che lui vide, erano di diverso tipo e mostravano una combinazione singolare del soggetto: alcuni di essi di colore verde rossastro o bruno rossastro tendevano a incurvarsi, mentre altri erano lunghe fronde dalla tonalità verde platinata. Si stupì come queste onde di platino avessero la deliziosa caratteristica di arrivare a toccare fino a terra contribuendo ad aumentare l'eleganza e la leggerezza della struttura della pianta.
Voltò di qua e di là il capo… notò che le cascate di fogliame platinato dalla viva lucentezza erano arricchite da una cornice coreografica di rami dal colore giallo e arancione, a formare una bellissima cupola. Le foglie nei rami incurvati avevano una forma piccola e tonda, composte ciascuna da tre piccole foglioline con tonalità verde lucido, mentre quelle delle lunghe fronde erano di forma allungata, sottili e seghettate ai margini di colore giallo verde spesso tendente a tonalità verde-pallido.
Si meravigliò inoltre che gli Aghezz erano alberi che potevano sfoggiare una bellissima fioritura. La loro bellezza stava nei rigogliosi “grappoli” di fiori che donavano un’esaltante esibizione di colori. Notevole era il suo abbondante fiorire glafonato sui rami incurvati che esplodevano in grappoli penduli di glafone giallo e che ben si associava al colore delle foglie. Sempre su questo tipo di rami i fiori davvero affascinanti avevano una bella tonalità glafonata che in primavera rifulgevano nel loro aprirsi a profusione, mentre i frutti erano legumi neri, baccelli contenenti semi rotondi, scuri e velenosi.
All’improvviso si alzò un forte vento e l’attenzione di Gordoona ricadde sulle lunghe fronde a cascata, dove vide i fiori raccolti in amenti molto decorativi: maschi e femmine erano posti su piante separate. Gli amenti maschili avevano la caratteristica di avere antere glafonate nella stagione primaverile. Quelli femminili presentavano una tonalità verdastra ed erano muniti di semi di piccole dimensioni chiusi in una lanugine bianca durante l'estate.
Il giardino era soleggiato e l’unico frutto che cresceva su entrambi i rami era la Cerbiria… somigliava ai grappoli di uva, ma con acini più grandi e con una tonalità che variava dal platino al glafone giallo.
Si sentì attratto da quell’uva e la sfiorò soltanto…. Un brivido percorse lungo la schiena fino a raggiungere il cuore e lì si fermò. Udì delle grida agghiaccianti e nel punto in cui Gordoona aveva sfiorato l’acino, cominciò a marcire…. Non ci volle molto che tutto seguisse l’acino… il forte vento che si era alzato ora sembrava una tempesta….
Il terreno si ricoprì di sangue e Gordoona ne restò intrappolato, ciononostante qualcosa sembrò risvegliare il medaglione…. S’illuminò sprigionando una forte luce che quasi lo accecò e di colpo si arrestò e in un abbaglio fulmineo l’essere scomparve.
Quando aprì gli occhi, si ritrovò circondato da alberi sottili e molto alti… in cima le fronde erano ammassate le une alle altre quasi a formare un tetto naturale. Gordoona aveva già visto qualcosa del genere nei boschi che circondavano Nits'Irc. Scattò in piedi e si guardò intorno… improvvisamente gli balenò in testa il ricordo del medaglione, così si guardò la mano, ma il medaglione era sparito. Riusciva a percepire l’energia che emanava, ma non riusciva a individuarlo.
Inaspettatamente in lontananza si udirono grida d’incitamento e di cani che abbaiavano… cercò di capire da dove provenissero e si voltò di scatto in quella direzione. Vide avvicinarsi rapidamente i soldati di re Norack e rispose all’istinto di sopravvivenza sparendo in sottili vibrazioni.
Nick avvertiva una strana energia ed esaminò la vegetazione con lo sguardo, poi impartì gli ordini: «Ispezionate il luogo per un raggio di un chilometro da questo punto e qualunque cosa trovate lasciatela dov’è… meglio non correre rischi inutili.».
A prima vista oltre ad alberi, radici, insetti di vario genere, vegetazione, muschio e altro ancora non vi era nulla, però uno dei soldati notò qualcosa che luccicava accanto a un albero. Si abbassò e con la mano tolse del fogliame che copriva come per nascondere un cumulo di terra… notò delle sottilissime radici avvolgere qualcosa di metallico…. Con estrema difficoltà liberò l’oggetto dalle radici e chiamò il suo superiore.
Nick lo raccolse ripulendolo dalla terra e dai vermi che lo ricoprivano e ritornarono a palazzo. Il medaglione era ritornato ai suoi custodi. Re Norack lo osservò e nella stessa pietra vide il luogo in cui Gordoona era stato portato e ciò che lui aveva osato fare. Ogni gesto di quell’essere avrebbe comportato una conseguenza per tutti e in cuor suo sapeva quale sarebbe stata.
 
 
[1] Lo stemma rappresentava due stelle con diverse punte sovrapposte l’una all’altra, circondate da quattro ali e raggi luminosi sottostanti.
[2] Arrenditi dragonessa perché io sono pronto a morire. – (lingua dei draghi)
   
 
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