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Autore: _Agrifoglio_    09/05/2018    19 recensioni
Una missione segreta, un’imboscata vicino al confine austriaco e il corso degli eventi cambia. Il senso di prostrazione dovuto al fallimento, il dubbio atroce di avere sbagliato tutto, un allontanamento che sembra, ormai, inesorabile, ma è proprio quando si tocca il fondo che nasce, prepotente, il desiderio di risorgere. Un incontro giusto, un’enorme forza di volontà e, quando tutto sembrava perduto, ci si rimette in gioco, con nuove prospettive.
Un’iniziativa poco ponderata della Regina sarà all’origine di sviluppi inaspettati da cui si dipanerà la trama di questa storia ricca di colpi di scena, che vi stupirà in più di un’occasione e vi parlerà di amore, di amicizia, di rapporti genitori-figli, di passaggio alla maturità, di lotta fra concretezza e velleitarismo, fra ragione e sogno e della difficoltà di demarcarne i confini, di avventura, di duelli, di guerra, di epos, di spirito di sacrificio, di fedeltà, di lealtà, di generosità e di senso dell’onore.
Sullo sfondo, una Francia ferita, fra sussulti e speranze.
Davanti a tutti, un’eroica, grande protagonista: la leonessa di Francia.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nodi irrisolti
 
– Non intendo più continuare ad avere il tuo aiuto.
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– Una rosa non sarà mai un lillà, Oscar.
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– Così mi fai male…. Lasciami, André o chiamo aiuto!
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– Cosa vorresti farmi, André?
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– Ti prego, perdonami Oscar, giuro su Dio che non ti farò mai più una cosa come questa.
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– Vattene! Non voglio rivederti mai più! Ti odio! Se mi ricompari dinnanzi, ti conficco la spada nel petto!
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André si svegliò di soprassalto, madido di sudore, con il viso contratto e con la mente ancora ingombra dei fantasmi scatenati dai sensi di colpa che lo attanagliavano e che, con frequenza sempre maggiore, tornavano a popolarne le notti e a tormentarne l’anima sotto forma di incubi.
Mai, mai, la colpa di cui si era macchiato sarebbe stata cancellata………………. Mai ci sarebbe stata requie per lui…………….. Mai avrebbe riottenuto l’agognata pace………………. Mai un medico pietoso gli avrebbe somministrato un lenimento per le ferite dell’anima……………. Mai gli avrebbero dato tregua le conseguenze di quel gesto scellerato……………….. Come spietate furie ultrici, fino alla fine, i rimorsi lo avrebbero tormentato………………… In eterno avrebbe scontato il suo peccato………………. Perché Oscar non lo avrebbe mai perdonato……………….. Perché lui non si sarebbe mai perdonato……………………
 
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Maria Antonietta guardava la sua amica, rattristata per quanto ella stava subendo e preoccupata per l’accanimento crescente delle persecuzioni di cui era vittima che nulla di buono lasciavano presagire. Era chiaro che l’avversario aveva scatenato l’offensiva ai danni dell’alfiere, per, poi, divorare la regina e fare, infine, scacco matto.
– Avete scoperto l’origine di quelle disgustose calunnie, Madamigella Oscar?
La Regina pose questa domanda, pur conoscendo, in cuor suo, la risposta. I nemici della Corona erano sempre gli stessi, ma, di giorno in giorno, più determinati e agguerriti e lo stemma del Duca d’Orléans, impresso sull’elsa del pugnale ritrovato indosso al cadavere dello sgherro ucciso in prossimità del confine austriaco, ne era una triste conferma.
– Non ancora, Maestà e, anzi, mi duole che queste notizie spiacevoli siano giunte alle Vostre orecchie, così da arrecarVi dei fastidi.
– Nulla di ciò che Vi riguarda è un fastidio, per me, Madamigella Oscar e, anzi, qualunque problema abbiate, Vi prego di mettermene a parte, così da poterVi aiutare.
– Maestà, la campagna denigratoria che mi vede vittima è abilmente organizzata nei tempi e nelle modalità. I contenuti, invece, sono risibili, ma la gente semplice, esasperata dalla miseria e priva dell’usbergo della cultura, ci crede. Mi duole che, talvolta, sia stato gettato del fango anche sulla Vostra persona e sull’intera nobiltà. Qualora lo riteniate necessario o anche soltanto opportuno, sappiate che sono disposta a farmi da parte e a rinunciare all’uniforme.
– Madamigella Oscar, sono abituata, ormai, ai libelli diffamatori e alle spregevoli calunnie. Il processo a Madame de la Motte è stato soltanto il culmine di un’ondata di fango che è partita da lontano e che ha travolto, in parte, anche Voi. Io non voglio che Voi lasciate l’uniforme e, anzi, gradirei che tornaste qui, al Vostro vero posto, così da poterci aiutare e sostenere a vicenda.
– Maestà, il mio incarico, adesso, è un altro.
– Come sta, adesso, Monsieur Grandier? – cambiò discorso Maria Antonietta.
– I gravi problemi alla vista, purtroppo, sono stati confermati dalla diagnosi dell’Ufficiale Medico Militare – rispose Oscar con aria rabbuiata – Ed è stato costretto ad abbandonare l’esercito.
– Capisco – disse la Regina con mestizia – Madamigella Oscar, di qualunque cosa abbiate bisogno, Voi troverete in me, non soltanto una Sovrana, ma anche e soprattutto un’amica.
– Vi ringrazio, Maestà – disse Oscar, congedandosi con un elegante e compito inchino.
Maria Antonietta guardò la sua amica allontanarsi e provò una stretta al cuore per lei. Sebbene fosse altera, piena di contegno, ardimentosa, forte e camminasse dritta e sicura, ne intuì il problema di fondo: la solitudine, una morsa dalla quale difficilmente sarebbe potuta uscire. Lei, almeno, aveva il conforto dei propri figli e di un fraterno e tenero amore per il proprio sposo. Oscar, invece, era completamente sola e, adesso, per colmo di sventura, era rimasta priva del suo sostegno più valido. La Regina continuò a guardare la sua amica finché questa non sparì dietro la porta e, dopo, sospirò amaramente.
 
********
 
André varcò il portone della caserma della Guardia Metropolitana di Parigi dove si era recato al duplice scopo di ritirare i suoi effetti personali che ancora erano lì e di salutare i suoi ex commilitoni.
Fatto un involto delle poche cose che ancora rimanevano nel dormitorio, si mise in cerca dei suoi ex compagni, non impegnati in missioni o in turni di guardia, dirigendosi verso gli spazi della caserma destinati al soggiorno diurno dei soldati. Trovare Alain fu molto meno impegnativo di una caccia al tesoro, perché il soldato, subito dopo essere stato avvisato dell’arrivo dell’amico, si era diretto verso il dormitorio, così che i due si incontrarono a mezza strada.
– Ehi, vecchio mio, sei ancora qui in mezzo alla soldataglia?
– Alain, che piacere vederti, come te la passi?
– Eh, insomma, ho perso l’ennesima buona occasione per non fare il pazzo, ma quel tizio i pugni se li tirava! Il mio periodo di punizione inizierà sicuramente domani, perché il Comandante, oggi, non è in caserma, ma, domani mattina, io e gli altri soldati che hanno partecipato con me alla scazzottata dovremo recarci nell’ufficio di lei.
– Mi dispiace – disse André, evitando di far sapere all’amico che si era inutilmente prodigato presso Oscar nel tentativo di mitigare la loro punizione. Riservato e modesto com’era, non si sarebbe mai vantato di ciò che era frutto di naturale generosità e non di esibizionismo o di desiderio di acquisire meriti in vista di un futura contropartita né desiderava sottolineare, facendo mostra della propria indulgenza, l’intransigenza di Oscar. Da poco tempo, i soldati avevano iniziato a rispettarla senza che nessuno, lui compreso, l’avesse aiutata nell’ardua impresa. André era fiero di questa vittoria di Oscar e mai ne avrebbe pregiudicato i progressi, mettendola in cattiva luce in una questione sulla quale, oltretutto, era d’accordo con lei. André, infatti, aveva un carattere più dolce e mite di quello di Oscar, ma era cresciuto sotto la stessa rigida guida del Generale. Per André, così come per Oscar, la disciplina, l’autocontrollo, il contegno, il senso dell’onore e della misura, il sangue freddo e il rifiuto degli eccessi volgari erano delle doti molto importanti.
– La tua famiglia sta bene? – chiese André, nel tentativo di cambiare discorso.
– Insomma!  – rispose Alain, grattandosi la testa – Mia sorella Diane è stata lasciata dal fidanzato, un nobile povero che, dopo avere conosciuto una borghese ricca, ha preferito i soldi di lei alle tante virtù della mia sorellina. Da molti giorni, è in un mare di lacrime e io mi maledico per essermi fatto spedire in gattabuia proprio adesso che lei ha più bisogno degli affetti familiari!
– Mi dispiace Alain e scusami per l’intromissione – disse André, sinceramente costernato per avere toccato, a sua insaputa, un tasto dolente.
Di colpo, i due furono letteralmente investiti da un gruppetto di soldati, venuti appositamente a salutare André. I giovani si scambiarono convenevoli e battute per circa un quarto d’ora. André ebbe anche modo di incontrare il Colonnello d’Agout che passava nel corridoio. L’ex soldato lo salutò con deferenza e il nobiluomo rispose con cordialità e cortesia.
Rimasti, di nuovo, soli, André chiese ad Alain:
– Dove sono Hervé Martin e Paul Leroux?
– Paul Leroux, in questo periodo, è malinconico e si apparta sempre. La sorella, qualche mese fa, è stata costretta ad andarsene dal loro villaggio natale perché coinvolta in un mezzo scandalo. Pare che si fosse innamorata di un uomo sposato. Si trasferì qui a Parigi. Pensa tu, una ragazza di diciotto anni, sola, a Parigi…. Paul scoprì, tramite alcuni conoscenti, che la sorella…. Be’, sì, insomma…. Faceva la vita…. Adesso, sta cercando di aiutarla. Le ha trovato una sistemazione in un convento per ex ragazze traviate, ora penitenti. Insegnano loro un mestiere e cercano di rimetterle in piedi, ma il clima è quello che è: delle suore, per quanto bene intenzionate e animate da carità cristiana e da compassione, non possono certo apprezzare quel tipo di donna. Paul sta sempre solo e temiamo che possa fare una sciocchezza. Tra l’altro, neppure possiamo affrontare l’argomento con franchezza, perché sappiamo ufficiosamente mentre, ufficialmente, ignoriamo. Io, poi, in presenza di Paul, parlo sempre il meno possibile, perché, schietto come sono, ho paura di tradirmi dicendo, sovra pensiero, qualche sciocchezza e ciò non agevola eventuali confidenze.
– Oh, Alain, che disgrazia!
– Hervé Martin, invece, è in licenza. I figli, di quattro e di due anni, hanno contratto entrambi la poliomielite. La femmina è morta e l’hanno sotterrata ieri. Il maschio, invece, è sopravvissuto, ma sembra che rimarrà storpio, perché una gamba crescerà meno dell’altra o così, almeno, ha detto il medico. Sai, è stata il Comandante a pagare il medico ai figli di Hervé!
– Quante brutte notizie, Alain! – disse André, costernato, ma anche orgoglioso per l’ennesima manifestazione di generosità da parte di Oscar.
– Tu, invece, come stai, André?
– La mia vista procede come al solito, senza miglioramenti, com’è ovvio, ma anche senza peggioramenti, almeno per adesso.
– E l’altra faccenda?
– Quale? – chiese André, arrossendo leggermente.
– Il Comandante.
– Come vuoi che proceda? Sempre al solito.
– Quando metterai un po’ di giudizio in quella testa matta e sognatrice, André? Avresti potuto avere tutte le donne che avessi voluto e, invece, ti sei andato a impelagare in una storia impossibile, in un cul de sac. Dammi retta, André, dovresti smettere di volerle bene. E’ un ottimo Comandante, su questo non ho più il minimo dubbio anche se, a volte, ho la netta sensazione che stia fuggendo da qualcosa. E’ una donna da ammirare, non da amare. Si finisce in un mare di guai per un amore impossibile. Le aristocratiche come lei non sono solite sposare gli uomini del popolo, fattene una ragione! Oltre a essere un’aristocratica, poi, è un tipo del tutto particolare. Andando dietro ai fantasmi, perderai la testa!
– E’ facile parlare senza sapere. Tu non puoi capire cosa provo, standole accanto. Siamo cresciuti insieme, sin dalla più tenera infanzia e lei è tutto il mio mondo, lei è tutta la mia vita!
– Male, perché lei una vita se l’è fatta, seppure strampalata! Ha un titolo, una carriera militare ottimamente avviata, terre, palazzi, un mucchio di soldi e amicizie nelle altissime sfere. Anzi, anche lei fa parte delle altissime sfere. Tu, invece, a forza di sbavarle dietro, sei rimasto con un pugno di mosche in mano, senza un occhio e con l’altro che fa i capricci.
– Cosa vuoi affermare, Alain? La vita non si misura soltanto con i titoli, gli onori e i beni materiali.
– E come la vuoi misurare, allora? Se avessi avuto tutte queste cose che tu sembri disprezzare, i tuoi problemi sarebbero finiti e, anzi, neppure sarebbero iniziati. Lo vuoi capire che il mondo è quello che è e che tu non lo puoi cambiare? Devi vivere nella società che c’è e non in quella che ti piacerebbe che ci fosse. Adattati o sarai travolto e smettila di essere così ingenuo!
– Non ci scegliamo la persona da amare.
– No, ma si può evitare di rimuginare su pensieri pericolosi. Non ci si innamora delle donne sposate o delle suore e lei, per te, è come se lo fosse. Se sai che una donna è sposata o è una suora, eviti di pensare a lei e, a forza di scacciare via il pensiero, il pericolo è scongiurato. Tu, invece, ti sei compiaciuto di certi pensieri, li hai coltivati, ti ci sei cullato, rotolato e, adesso, sei prigioniero in un labirinto.
– Alain, non si può semplificare così. Oscar è una donna così eccezionale che non si può fare a meno di pensare a lei!
– Guardati, sei un bell’uomo, hai un’ottima istruzione e dei modi eleganti mentre io, a stento, so leggere, scrivere e far di conto e, al tuo cospetto, sembro un poveraccio. Sai usare le armi e andare a cavallo. Quanta gente, anche letterata, può dire altrettanto? Sei cresciuto in un palazzo importante, al caldo, con abiti sempre nuovi e di buona fattura. Hai sempre svolto un mestiere sicuro, ben retribuito e fisicamente non pesante. Tua nonna è il capo di tutta la servitù di Palazzo Jarjayes e hai avuto il privilegio di crescere al fianco, quale amico fraterno, dell’erede del casato. E tu cosa fai? Esulti? Ringrazi Dio, la Madonna e tutti i Santi per il destino che ti è capitato e che non hai meritato? No, tu ti lamenti e sputi in faccia alla fortuna e, quella, se disprezzata, si vendica, vecchio mio!
– Alain, io ho un altro modo di vedere la vita rispetto a te!
– No, tu sei semplicemente uno che ha in mano un poker d’assi e che si lamenta di non avere la scala reale.
– Alain, mi descrivi come un uomo ingrato e viziato, ma io non sono così.
– Hai visto cosa è successo alla sorella di Paul Leroux e ai poveri figli di Hervé Martin? Quelle sono le disgrazie, quelli sono i dolori irreparabili! Tu i tuoi problemi te li sei creati. Neppure sai gestire l’amore per una donna…. Cosa avresti fatto se ti fossi sposato e ti fosse morto un figlio o se questi si fosse gravemente ammalato o se avesse iniziato a frequentare cattive compagnie?
– Sì, è vero, è probabile che io sia uno sciocco – rispose André, al ricordo delle disgrazie dei suoi amici e paragonandole ai suoi struggimenti amorosi.
Reclinò il capo verso il basso e assunse un’aria contrita.
Alain si zittì immediatamente, consapevole di avere girato troppo il coltello nella piaga e di avere esagerato come al solito.
Maledetta intemperanza! Maledetta linguaccia lunga e delicata come una raspa! – pensò il soldato, pentito per il suo eccesso di franchezza.
– Dai, vieni con me – disse, cingendogli le spalle con il braccio destro – Ti offro da bere.
 
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Dopo avere lasciato gli appartamenti di Maria Antonietta, Oscar attraversò i corridoi della reggia e uscì nel cortile, in direzione delle scuderie.
Fu proprio qui che incontrò il Maggiore Girodel che, invece, stava rientrando.
I due, dopo essersi riconosciuti, si salutarono educatamente e non senza un lieve imbarazzo da parte di entrambi.
Fu Girodel a prendere l’iniziativa di avvicinarsi a Oscar e di rivolgersi a lei.
– State bene, Generale?
– Sì, Maggiore, Vi ringrazio e Voi?
– Anche io, grazie.
Seguì un breve silenzio durante il quale i due si osservarono a vicenda.
Se Girodel aveva sempre lo stesso fiorente aspetto, apparendo soltanto un poco più malinconico del solito, Oscar, invece, parve al Maggiore pallida, sciupata e decisamente stanca.
Per forza – pensò l’Ufficiale – Con tutti i problemi che l’attanagliano e che non le danno tregua! Adesso, poi, è anche vittima di calunnie e di cospirazioni.
Girodel decise di non affrontare l’argomento della salute, ben sapendo quanto Oscar fosse riservata su tutto ciò che non riguardava la vita militare né quello degli strani fatti che sembravano coinvolgere i militari parigini né, tanto meno, quello dell’attentato che aveva quasi compromesso il rimpatrio dell’Imperatore Giuseppe II. Aveva udito più di una voce secondo la quale alcuni personaggi illustri e potenti stavano tramando al fine di offuscare il prestigio di Oscar e di tutti i de Jarjayes, ma preferì non angustiare il suo ex Comandante con discorsi che sarebbero stati inutili, se non fossero stati accompagnati da un aiuto concreto che, attualmente, egli non era in grado di fornirle o da informazioni precise che, al momento, non possedeva. Oscar era perfettamente in grado di affrontare da sola le difficoltà che la vita le presentava ed egli, del resto, era ben consapevole della parte dalla quale, al momento opportuno, si sarebbe schierato.
– Volevo soltanto farVi sapere una cosa, Madamigella Oscar – disse Girodel, abbandonando il più formale appellativo di “Generale” – Se mi risolsi a chiedere la Vostra mano a Vostro padre e non direttamente a Voi, come, forse, Vi sarebbe sembrato più naturale, dati i nostri trascorsi e i tanti anni di vita militare vissuti fianco a fianco, non fu certo per coartare la Vostra volontà, ma per il desiderio di seguire scrupolosamente le regole, dato il grande rispetto che nutro per Voi. Non avrei mai scelto una strada che Vi avesse compromessa o che Vi avesse fatta sentire destinataria di uno scarso rispetto da parte mia. Ribadisco fermamente, comunque, che mai avrei voluto al mio fianco una donna che fosse stata costretta a condividere la propria vita con la mia. La Vostra libertà di scelta non fu mai, da me, messa in discussione.
Oscar non rispose, ma abbassò lievemente il volto e serrò le palpebre, quasi a voler nascondere i suoi pensieri più profondi.
– Quando lasciaste il comando delle Guardie Reali – proseguì Girodel – Io avvertii profondamente la Vostra mancanza e quasi diventai pazzo al pensiero di non rivederVi più. Ho sempre avuto molta stima di Voi, Madamigella Oscar ed essere Vostro marito sarebbe stata, per me, una gioia incommensurabile.
– Vi sono grata, Maggiore, per i sentimenti di cui mi onorate, ma la vita coniugale non fa per me. Vi auguro ogni bene.
– E io a Voi, Madamigella Oscar.
Girodel si congedò con un rispettoso inchino al quale Oscar rispose con un cenno del capo.
Si separarono in silenzio, Girodel, con l’amarezza di non poter fare breccia in quel cuore solitario, ma estremamente nobile e generoso e provando una stretta al cuore per la tristezza e l’affanno che scorgeva in lei e che egli non poteva lenire; Oscar, avvertendo il disagio per una situazione che non avrebbe mai voluto affrontare e riflettendo sulla stranezza e sulla crudeltà della vita che l’aveva resa oggetto d’amore da parte di due uomini coraggiosi e leali che ella si sentiva incapace di ricambiare.
 
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Oscar e André oltrepassarono insieme i cancelli di Palazzo Jarjayes, di ritorno lei dalla reggia e lui dalla caserma parigina.
Lasciati i cavalli alla cura dello stalliere che li avrebbe liberati dai finimenti, abbeverati, strigliati e spazzolati, si recarono all’interno della casa.
Appena aveva visto Oscar, André le aveva sorriso mentre lei si era limitata a salutarlo, impaziente di fare ritorno alle proprie stanze.
Giunti alla base della grande scalinata nel più assoluto e teso silenzio, André si risolse ad affrontare con Oscar un argomento che gli stava molto a cuore, ma che non aveva avuto l’opportunità di trattare prima.
– Oscar, dovresti prenderti qualche giorno di riposo. Ti vedo particolarmente pallida e stanca.
– Adesso, non posso, André, ho tante cose da fare.
– La salute è più importante.
– Parli tu che ci hai nascosto per mesi i tuoi problemi alla vista! – disse lei, con l’evidente intenzione di attaccare briga.
– Nel mio caso, è diverso – rispose André senza cedere alla provocazione.
– Perché non potevi fare a meno di seguirmi ovunque?
– Oscar, perché vuoi litigare ad ogni costo? Io sono semplicemente preoccupato per te.
– Io non ti ho chiesto niente. Ti ho già detto che non devi più occuparti di me. Voglio vivere come un vero uomo. Posso badare a me stessa.
– E allora fallo! Non mi sembra che ridursi allo stremo delle forze sia il modo migliore di occuparsi di se stessi.
– Non sono affari tuoi e, adesso, per favore, lasciami stare!
– Ascolta Oscar – le disse André, dopo averle poggiato una mano sul braccio, allo scopo di trattenerla – Non so quale sia la tua idea di vero uomo. Chi sarebbe questo portento? Il Conte di Fersen che soffre e si strugge d’amore per la Regina? Il Re che è timido e ansioso? Alain che si scioglie come neve al sole, parlando della madre e della sorella e che fa lo spaccone per celarsi al mondo? O il Maggiore Girodel che ha messo la sua vita nelle tue mani, ricevendone in cambio atteggiamenti poco urbani?
A quest’ultima affermazione, Oscar fulminò André con uno sguardo furente.
– Bada, André….
– Tu non vuoi essere un vero uomo, tu vuoi essere invincibile, perfetta, vuoi eguagliare un semidio. Tu vuoi corrispondere a un ideale inesistente e irraggiungibile e questa continua tensione emotiva e nervosa ti divorerà! Non è forte chi non ha un attimo di cedimento, ma chi sa stare con se stesso e con gli altri. Tu, invece, più ottieni ottimi risultati, brilli, ti distingui e ti copri di gloria e più sei insoddisfatta!
– Hai finito?!
– Oscar, tu lo sai che nutro un profondo affetto per te e che mai vorrei che ti accadesse qualcosa di brutto.
– Questo è troppo! – urlò lei con voce alterata e aggressiva – Fatti gli affari tuoi!
Ciò detto, scostò la mano di André dal suo braccio con gesto secco e nervoso e, libera dalla presa, salì le scale a grandi falcate. Giunta nella sua camera, tossì vigorosamente.
 
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Quando Oscar fu salita al piano superiore, il Generale de Jarjayes entrò nel grande atrio del palazzo, palesando la sua presenza.
– André, non ho potuto fare a meno di ascoltare la vostra conversazione, in ordine alla quale nutro delle perplessità.
– Mi rincresce, Signor Generale, che una conversazione di cui sono stato parte Vi abbia contrariato – disse André, abbassando lo sguardo e il tono di voce.
– Innanzitutto, ho notato anch’io l’eccessivo pallore e la stanchezza di Oscar. Credo che il nuovo incarico la stia stancando troppo. La caserma di Parigi è molto più lontana della reggia da questo palazzo e i soldati della Guardia Metropolitana sono rozzi e indisciplinati, per nulla paragonabili alle Guardie Reali. In tutta sincerità, mi sfugge il motivo che ha indotto Oscar a cambiare il suo precedente incarico con uno decisamente meno prestigioso, quando qualunque altro ufficiale avrebbe desiderato fare un percorso diametralmente opposto a quello di lei.
– Signor Generale, Oscar non si confida più con me come in passato – disse André con circospezione, intuendo che non era quello il nocciolo del discorso che gli avrebbe fatto l’interlocutore.
– Questo autoisolarsi di Oscar, questo allontanare chi, prima, le era così vicino è un’altra tessera di un mosaico che mi sta preoccupando non poco. A meno che Oscar non abbia avuto validi motivi per prendere le distanze da chi le è stato, per lungo tempo, sempre accanto.
André impallidì e non proferì parola.
– Ritengo che la vita militare verso cui ho indirizzato mia figlia si stia rivelando troppo pesante per lei. Le scelte di vita non devono tenere conto soltanto delle abilità, ma anche e soprattutto del buon inserimento nella società in cui si vive e questo, purtroppo, l’ho capito troppo tardi. Oscar si è sempre distinta nel suo ruolo da ufficiale e si è ricoperta di onori crescenti, segno che questa esistenza, per carattere e inclinazioni personali, le calza come un guanto. Nella vita, però, non ci sono soltanto l’indole e le attitudini, ma anche le relazioni sociali e affettive e Oscar, compiendo un percorso diverso da quello di tutte le altre donne, è rimasta sola, in quanto esclusa dal consesso sociale. Per lei sarebbe stata preferibile un’esistenza meno brillante e avventurosa, meno conforme al carattere di cui è dotata e che le piacesse di meno, ma più normale e appagante sotto altri profili.
André continuava ad ascoltare.
– Per questo – proseguì il Generale – Ho accolto con estremo favore la proposta di matrimonio del Maggiore Girodel. Egli è un uomo d’onore, è istruito, ha un temperamento mite, un carattere saldo e un umore costante. In più – aggiunse il Generale, dopo avere fatto una pausa – E’ nobile e ricco e assicurerebbe a Oscar il rango e la posizione che le spettano di diritto e di cui la madre e le sorelle hanno sempre goduto.
André era diventato pallido come un cencio lavato e non osava guardare negli occhi il Generale.
– Pertanto, poiché sono un militare sin dalla prima adolescenza e mi piace andare direttamente al sodo, veniamo al secondo motivo della mia perplessità. Di che natura è il profondo affetto che nutri per mia figlia?
André si sentì raggiungere da una secchiata d’acqua gelida e, con un filo di voce, rispose:
– Della natura più onesta, sincera e profonda.
– Questo non lo metto in dubbio, ma mi chiedo e ti chiedo: questo affetto dalla natura così onesta, sincera e profonda è di tipo fraterno?
André non rispose.
– O, magari, vorresti sposarla?
– Sì, Signor Generale – rispose André.
– Sarebbe una grande sciocchezza, perché la differenza di rango che esiste fra di voi non si cancellerebbe mai.
– Permettetemi una domanda: che cosa significa rango? Non siamo tutti uguali, forse? Se il Re si innamorasse di una donna, dovrebbe chiedere a qualcuno il permesso per sposarla? – rispose André, punto sul vivo, più preda dell’istinto di togliersi dall’angolo nel quale era stato relegato che padrone della sua consueta logica. Egli, infatti, sapeva benissimo cosa fossero titolo e rango, essendosi misurato, sin dall’infanzia, con le menomazioni socio economiche e, d’altra parte, sapeva altrettanto bene che l’uguaglianza fra gli uomini, tanto declamata nelle riunioni di intellettuali che aveva iniziato a frequentare, era soltanto una dichiarazione programmatica a lunghissimo termine, molto lontana dal realizzarsi e, di sicuro, non alla portata della generazione di lui né di quelle a venire.
– Tu non sei un ingenuo, André, ma sei un uomo molto intelligente, capace di elaborare ragionamenti profondi e dotato di un acume raro. Tu non sei il Re e, del resto, sai bene che il Re è l’ultima persona a poter scegliere chi sposare. Non fingere, poi, di ignorare cosa siano titolo e rango. Essi sono quelle cose che, unite a una solida ricchezza, danno la possibilità di ricoprire una felice posizione nel mondo e che fanno la differenza fra una vita brillante e fortunata e un’altra misera ed emarginata. Non bastano le doti personali e tu lo sai bene. Non è soltanto questione di indossare abiti sontuosi e gioielli preziosi – che possono piacere o non piacere – ma di avere delle prospettive per il futuro e di essere rispettati, temuti e al riparo dalla maldicenza.
– Signor Generale, da quando ero bambino, ho sempre anteposto il bene di Oscar al mio.
– E, allora, ragiona, benedetto ragazzo e non essere egoista o, peggio, assurdamente ostinato! Sposando Oscar, tu ne decreteresti la rovina. La priveresti della rispettabilità e dell’esistenza brillante alla quale è abituata e alla quale ella ha diritto. Come credi che si sentirebbe, passato il primo idillio, vedendosi privata degli agi consueti e scoprendosi circondata da gente umile, rozza, ignorante e dalla conversazione mediocre? Praticare persone disagiate, godendo di una posizione privilegiata, non è come frequentarle su di un piano di parità. Sarebbe felice, secondo te, di subire comportamenti irriguardosi o, semplicemente, poco deferenti che non è abituata a tollerare da una lunga consuetudine di vita? Sarebbe felice di affrontare privazioni su privazioni? Per quanto tempo resistereste alla frustrazione di lei e alla tua incapacità di porvi rimedio? E i vostri eventuali figli che prospettive avrebbero? Tu sai che, per accedere alle più alte cariche ecclesiastiche, militari, giudiziarie e amministrative, occorre essere nobili da più generazioni. Cosa diresti ai tuoi figli, quando questi ti chiedessero perché non possono avere gli stessi onori, gli stessi vantaggi e le stesse prospettive goduti, in gioventù, dalla loro madre e di cui vedessero muniti i loro cugini?
Il Generale fece una pausa e, poi, riprese a parlare.
– Le mie figlie più grandi hanno dei figli e alcune di loro hanno anche dei nipoti che si trovano, ormai, nell’età matrimoniale. Quale famiglia nobile vorrebbe dare il proprio figlio o la propria figlia in matrimonio a un giovane la cui zia avesse sposato un plebeo? La tua unione con Oscar potrebbe anche pregiudicare la carriera militare o ecclesiastica dei miei nipoti maschi. Te la sentiresti di portarti un simile peso sulla coscienza per soddisfare una passione egoistica e senza futuro?
– Signor Generale, non mi dipingete come uno scellerato! Io sono devoto a Voi e a tutta la famiglia Jarjayes, dato che mi avete accolto quando ero un orfano solo e derelitto. Se fosse necessario, io darei la vita per Oscar!
– E, allora, dagliela in senso figurato, rinunciando a lei, per il bene di lei, di noi tutti e anche tuo.
– E’ una vita che mi sono adattato alla tiepida posizione di amico e che trascuro le mie esigenze per la felicità di Oscar.
Il Generale percepì l’avvilimento e la sofferenza di André e ne ebbe compassione, conoscendo quanto fosse sincero e nobile l’animo di lui. Provò a dire qualcosa, allo scopo di mitigare la durezza delle parole da lui pronunciate in precedenza, ma non gli venne in mente altro che una frase di circostanza:
– Ti ringrazio della comprensione, André.
Detto ciò, si accomiatò dal giovane e andò nel suo studio.
 
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Il Generale si era appena ritirato nel suo studio quando comparve, asciugandosi gli occhi, la vecchia Marie Grandier, la nonna di André.
– André, ragazzo mio, si può sapere cosa ti passa per la testa? Cos’è questa follia?
– Era una follia quella che tu provavi per mio nonno?
– Ma che paragoni fai? Tuo nonno ed io appartenevamo entrambi a famiglie contadine.
– Non ho avuto la tua stessa fortuna, nonna.
– Non si tratta di fortuna, ma di applicazione e di buona volontà. Tu hai avuto dei vantaggi di cui io, da giovane, non mi sarei mai sognata di godere e non hai saputo trarne profitto. La mia vita è sempre stata precaria e pesante finché non sono giunta a fare la governante in questa casa. Non ci sono soltanto i nobili e i popolani, ma anche i popolani che muoiono di fame e quelli fortunati come noi, ma, per essere fortunati, bisogna tenere i piedi ben saldi per terra e sapere distinguere fra sogno e realtà e tu, purtroppo, non sembri avere queste doti.
– Nonna, ti prego….
– Sin da quando eravate ragazzi, mi sono accorta che, fra voi due, c’era qualcosa di eccessivo, qualcosa di pericoloso e io ne fui subito terrorizzata. Ti ordinavo di chiamarla “Madamigella” e di mantenere le distanze, ricordandoti la tua posizione di servo, ma tu non mi ascoltavi e, anzi, ti burlavi di me.
La vecchia Marie soffocò un singhiozzo e si asciugò gli occhi con un gesto rapido e stizzito e, poi, continuò a parlare.
– Non immagini la fortuna che hai avuto nel crescere in questo palazzo, lontano dalla fame, dalla sete, dagli stenti, dai pidocchi, dal freddo, dai briganti. Sei rimasto orfano in tenera età e saresti potuto finire in un orfanotrofio o a fare lo spazzacamino o il minatore. Saresti potuto cadere vittima di una famiglia di sfruttatori, di una banda di ladri o finire alla mercé di qualche pervertito.
La vecchietta si asciugò, di nuovo, le lacrime e proseguì:
– Quando ti portai qui, eri un bimbetto così piccolo, silenzioso e smarrito, dai grandi occhi dolci e tristi e mi facevi una tale tenerezza! Giurai che ti avrei protetto da tutto e da tutti! Giurai che avrei compensato la tua grave perdita facendo di te un ottimo maggiordomo, il capo di tutta la servitù, obbedito e rispettato dagli altri servitori, stimato dai padroni e indispensabile per loro. Non immagini quanto fu grande la mia gioia quando il Generale ti elesse a compagno di giochi e di allenamenti di Madamigella Oscar e quando stabilì che ne saresti stato l’attendente!
– Ti ringrazio di tutto cuore per quello che hai fatto per me, nonna. Non dimenticherò mai il tuo buon cuore e tutti i tuoi sacrifici. Non hai idea di quanto io ti sia grato.
– E, allora, dimostramelo coi fatti e non con le parole, scacciando tutti quei grilli dalla testa e facendoci entrare, al loro posto, pensieri seri da uomo maturo!
Proseguì, poi, con aria quasi stizzita e stringendo i pugni:
– Credi che non mi sia accorta di quando, pensando di non essere visto, prendi in mano bicchiere e bottiglia? Credi che non mi sia accorta di quando te ne torni a casa a notte fonda o, addirittura, all’alba, dopo esserti ridotto peggio di un vagabondo? Questo ubriacone che barcolla e che non capisce niente è il mio intelligente e istruito nipote? E’ il bambino al quale, tanti anni fa, aprii le porte di questa casa e le mie braccia? Cosa speri di trovare in fondo alla bottiglia? Nessuno risolve i propri problemi bevendo! Quali sono i tuoi problemi, poi? Hai una famiglia a carico? Hai perso il lavoro? Hai un figlio che è morto o che sta male? Io persi entrambi i miei genitori, i miei fratelli, le mie sorelle e mio marito! Io persi il mio unico figlio, André! Eppure sono ancora qua a lottare, a resistere, perché il mondo non è un bel posto, ma un luogo dove si deve combattere con tutte le proprie forze e fino all’ultimo. Cosa avresti fatto al posto mio, André?
– Nonna, non immaginavo che tu…. sapessi.
– I giovani non immaginano mai niente! E cos’è stata, poi, quell’altra follia dei soldati della Guardia? Da quando in qua, tu hai avuto vocazione per la vita militare? Vivi, André e lascia che Madamigella Oscar viva la sua vita! A forza di giocare col fuoco, ti sei bruciato e, adesso, stai per diventare cieco!
La povera donna si portò il grembiule davanti agli occhi e scoppiò a piangere.
– Mi dispiace, nonna, per i dolori che ti ho dato – disse André, con la voce rotta dal pianto e gli occhi colmi di lacrime.
– Non dispiacerti per me, ma lotta, reagisci, riscuotiti! – disse la nonna che aveva ritrovato la consueta grinta – Scaccia tutte queste follie dalla tua testa! Fai una catasta di tutte le abitudini e di tutti pensieri che non vanno bene e dalle fuoco! Rinuncia a ciò che non è alla tua portata e concentrati su quello che potresti costruire! Sacrifica i tuoi affetti senza via d’uscita, fai un fioretto, rinuncia in nome di qualcosa di più alto e Dio te ne renderà merito! Cresci, André! Cresci! Cresci! Cresci!
   
 
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