Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: Spoocky    21/05/2018    6 recensioni
Partecipa alla Hurt/Comfort Prompt Challenge del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart [https://www.facebook.com/groups/534054389951425/] Prompt 3/26 VAGABONDAGGIO.
In seguito alla Caduta degli angeli, Castiel è solo al mondo.
Privo di risorse, senza una casa a cui tornare vaga senza meta fino allo stremo delle sue risorse fisiche.
Forse però non è solo come crede.
Warning: denutrizione, tematiche delicate
Genere: Angst, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il Disclaimer è lo stesso del capitolo precedente. Non so se esista il copyright per la Bibbia ma confermo che non è Parola mia, quella.
Il Warning è lo stesso.

Buona Lettura ^.^ 
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: «Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio». Ma il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». E cominciarono a far festa.
(Luca, 20 -24)

“Mio Dio, Dean: è lui!”
Sam accarezzò delicatamente quel volto pallido, cullandolo delicatamente tra le mani: l’onnipresente ombra di barba era leggermente più lunga del solito così come i capelli lerci ed aggrovigliati, la pelle era praticamente incolore ed orribilmente tesa sulle ossa, le palpebre invece erano avvolte da lividi scuri che facevano sembrare le orbite ancora più incavate.
Ma quello era Castiel, non c’erano dubbi in proposito.
Lo abbracciò forte, stringendolo a sé nonostante il timore inconscio di spezzargli le ossa, tanto sembrava fragile.
Solo allora si accorse che bruciava di una febbre latente e gli venne da piangere.
Raccolse la sua nuca in un palmo e si portò la sua testa su una spalla, senza preoccuparsi dell’unto dei capelli né dell’odore. Anzi, seppellì il naso tra le ciocche scompigliate e inalò profondamente: dopo mesi di ricerche infruttuose avevano quasi rinunciato alla speranza di rivederlo e quel corpicino scheletrico, malato, divorato dalla fame e dalla fatica, avvolto da stracci umidi e consunti, era più di quanto avesse potuto immaginare.
Senza esitare oltre lo raccolse dal marciapiede e lo prese in braccio – pesava così poco! - per portarlo all’Impala dove suo fratello aspettava, pietrificato dallo shock, appoggiato alla portiera aperta del guidatore.

Guardando il fratello avvicinarsi con il corpo inerte del loro più caro amico tra le braccia, Dean Winchester non poté trattenere un singhiozzo.
Come se qualcuno avesse inserito un pilota automatico, fece il giro del cofano e corse ad aprire la portiera posteriore, dal lato passeggero.
Prima che Sam potesse adagiare Castiel sul sedile, il fratello maggiore stese una mano sulla fronte dell’amico e gli tirò indietro i capelli.
Gli piangeva il cuore a vederlo così ma per qualche motivo non riusciva a distogliere lo sguardo dal suo volto emaciato.
Rimase a fissarlo per diversi minuti, mentre cercava di metabolizzare quello che aveva davanti.

Ad una certa però Sam ne ebbe abbastanza ed interruppe la sua contemplazione schiarendosi rumorosamente la gola.
Dean rabbrividì da capo a piedi ma si spostò a sufficienza per lasciarlo entrare.
Il Winchester più giovane si lasciò cadere sulla panca imbottita, avendo cura di non sbatacchiare troppo il corpo tra le sue braccia, e il fratello richiuse la portiera.

Per arrivare al bunker ci sarebbe voluto quasi un giorno intero di guida rispettando il limite.
Ma Dean Winchester seguiva un’interpretazione molto soggettiva del codice stradale e riuscirono a completare il tragitto in meno di dodici ore, comprese le soste per usare il bagno e per comprare da mangiare. Durante una di queste, Sam stressò il fratello perché gli procurasse almeno una bottiglia di succo di frutta.
Sbuffando e brontolando, il cacciatore ottemperò alle sue insistenti richieste e insieme al sacchetto con il pranzo gli lanciò una bottiglia di succo all’ACE, il primo che gli fosse capitato a tiro.
Stava per lanciargli un commento sarcastico tra i bocconi del panino che gli riempivano la bocca e quasi si strozzò quando vide cosa suo fratello avesse intenzione di fare: sorreggendo la testa di Castiel nell’incavo del gomito, gli stava versando una piccola quantità di liquido in bocca, per poi massaggiargli la gola ed aiutarlo a deglutire.
“Coraggio, Cas. Solo un po’: ce la puoi fare! Bravo. Bravo.”

Prendendosi mentalmente a calci, Dean distolse lo sguardo e si rimproverò per non aver pensato la stessa cosa.
Non che avesse effettivamente una qualche colpa, semplicemente c’erano troppe cose da mettere in fila in quel momento.
Solo la voce del fratello lo riscosse dal vortice dell’autocommiserazione: “Dean? Dean! Sta reagendo: guarda!”
Effettivamente, Castiel si era tirato un po’ su e riusciva ad inghiottire spontaneamente.
Non era molto, ma era già un passo avanti.

Per tutto il viaggio di ritorno, l’ex angelo non riprese conoscenza. Rimase immobile, alternativamente in braccio a Sam o steso sul sedile.
Non manifestò in alcun modo la necessità di usare il bagno ma i fratelli lo attribuirono alla grave disidratazione.
Perché quel relitto umano non poteva essere un angelo.
Non più.
Il suo stato era la conferma dell’orribile realtà che Kevin aveva anticipato loro: per cacciare gli angeli Metatron avrebbe dovuto usare la Grazia di un angelo. Ma non ci voleva un profeta per capire chi fosse il disgraziato di turno.

Fu quindi un sollievo immane per i fratelli parcheggiare nel garage del bunker e scendere di corsa la scalinata per ricoverare Castiel in una stanza libera.
Scelsero la numero 15: accanto a quella di Kevin e di fronte a quelle dei fratelli.
La sua stanza.

I vestiti dell’ ex angelo erano sparsi sul pavimento, insieme ad una quantità di asciugamani, pezze bagnate e attrezzature per il Pronto Soccorso.
Nel gomito sinistro avevano inserito l’ago di una flebo, collegato ad una sacca di soluzione bilanciata che iniziasse ad integrare le sostanze nutritive perse e ad una bottiglia di antibiotici ad ampio spettro, entrambe gentile omaggio di una vecchia conoscenza di Sam.

Sul corpo scarno avevano trovato diversi lividi e tagli, alcuni dei quali manifestavano un principio d’infezione, ma ciò che li sorprese di più fu il tatuaggio: poche righe in quello che sembrava Enochiano, in inchiostro nero sul suo fianco sinistro, poco sopra l’ombelico.
Fu Kevin a farlo notare, i due fratelli erano troppo scioccati dal costato sporgente dell’amico per farci caso anche se era evidentissimo sul pallore della pelle. Ebbe anche la cortesia di decifrarlo e spiegare loro come fosse una precauzione per non essere rintracciato dagli angeli.
Nel prestargli soccorso si accorsero anche del rumore inquietante che facevano i suoi polmoni. C’era sicuramente del liquido. Ipotizzarono un’infezione respiratoria e aumentarono la dose di antibiotici.
Ma non era ancora finita.

Dean stava sfilando le calze al malato mentre Sam e Kevin finivano di rasarlo e tagliargli i capelli, quando vide qualcosa che gli fece accapponare la pelle.
I piedi di Castiel erano peggio di un campo minato: ovunque erano spuntate vesciche, alcune delle quali si erano poi rotte dando origine a vere e proprie piaghe, e l’epidermide circostante era pallida e raggrinzita.
Per fortuna non c’era traccia di cancrena e le dita erano ancora intatte, ma quella vista gli strappò un gemito e sentì gli occhi iniziare a bruciargli.
Raccolse quegli arti devastati tra le mani e vi posò sopra la fronte, invocando silenziosamente il perdono dell’amico e di un Dio che non aveva mai visto né sentito.
Chiese perdono per essere la causa di tanta sofferenza: per colpa sua e del fratello una creatura celeste aveva patito il peggio della condizione umana.

Nemmeno si accorse di stare in quella posizione finché non sentì una mano posarglisi sulla spalla e scuoterlo con fermezza.
Voltandosi si ritrovò a fissare il viso rigato di lacrime del fratello: “Non è stata colpa tua, Dean. Non è stata colpa tua, né mia, né di Cas. Non è stata colpa di nessuno: non c’è niente che potessimo fare per impedirlo. Però, questa volta, possiamo rimediare. Possiamo prenderci cura di lui e rimetterlo in sesto. Non lo perderemo di nuovo, te lo prometto.”
Dean emise un sospiro frastagliato ed annuì senza dire nulla, sapeva che se avesse aperto la bocca avrebbe pianto e non voleva. Era il fratello maggiore e la sua famiglia contava su di lui per avere un riferimento saldo.
Inghiottì il nodo che gli si stava formando in gola e si rimboccò le maniche.
Insieme, lui e Sam lavarono e medicarono i piedi dell’ex angelo al meglio delle loro possibilità, avvolgendoli in garze e retine sterili.
Poi gli infilarono un paio di vecchi pantaloni della tuta di Kevin – quelli dei Winchester sarebbero stati troppo larghi per essere comodi – e una maglietta stinta ristrettasi in lavatrice, testimonianza ineluttabile dei primi esperimenti con le lavatrici del bunker.

Poiché, nonostante gli antibiotici, la febbriciattola persisteva gli appoggiarono una pezza di stoffa umida sulla fronte prima di rimboccargli le coperte sulle spalle.
Spedirono Kevin a dormire e Sam lo seguì poco dopo.
Dean rimase tutta la notte al capezzale dell’amico, pregando per la sua vita.

Immagini, suoni e colori si ingarbugliavano davanti a lui in un intreccio confuso.
Frattali ed oscurità impenetrabili, luci ed ombre si alternavano e intersecavano nella sua testa.
Caldo e freddo.
O un calore soffocante che gli bruciava le ossa, o un gelo atroce che lo stringeva in una morsa impietosa. Nessuna via di mezzo.
Non riusciva a respirare.
Colpi di tosse violenti scuotevano il suo torace, accompagnati da un dolore profondo e da un bruciore insopportabile.
Tutto intorno a lui, mani invisibili si affaccendavano per sorreggerlo ed accudirlo: gli rimboccavano le coperte, gli somministravano impacchi freddi e medicine, gli davano da bere acqua fresca a piccoli sorsi.
Era tutto così caotico.
Tutto così spaventoso.

Castiel trascorse i primi due giorni di convalescenza in preda alla febbre e alla tosse.
Non aveva le risorse fisiche per agitarsi o delirare ma non era comunque del tutto cosciente: tremava e si lamentava, ogni tanto diceva qualche parola sconnessa, ma per lo più dormiva.
La vecchia conoscenza di Sam fornì loro i medicinali necessari per domare l’infezione, rivelatasi una bronchite in piena regola, e la terza notte dal suo ritorno al bunker finalmente la temperatura scese ad un livello ragionevole.
Il giorno dopo la febbre sparì del tutto. Lo trovarono in un lago di sudore, tanto da dover gli cambiare bende, vestiti e lenzuola.
C’erano tutte le premesse perché riprendere presto conoscenza.
 
La prima cosa di cui si rese conto fu l’assenza dell’ormai onnipresente sensazione di bagnato. Era asciutto, al caldo e disteso su qualcosa di morbido. Possibile che i mietitori lo avessero portato in Paradiso? Metatron non aveva chiuso i Cancelli?
Gemette piano e subito una mano calda iniziò a strofinargli la fronte, tirandogli indietro i capelli.
Il contatto gli strappò un altro gemito, questa volta di sollievo perché quella mano la conosceva: “S-Sam? D-Dean?”
“Sì, Cas: sono Sam. Come ti senti?”
“N-non lo so… debole, confuso… non capisco.”
“Va bene, tranquillo. Ce la fai ad aprire gli occhi?”
Castiel annuì e poco altro poco riuscì a socchiudere le palpebre, la stanza era in penombra ma riconobbe una delle camere da letto del bunker. Seduto alla sua destra, il più giovane dei Winchester. Solo allora riconobbe la sagoma enorme che lo aveva raccolto dal marciapiede.
Gli sorrise e Sam scattò in piedi, correndo alla porta: “Dean! Dean! Si è svegliato, vieni!”
“Ti ha vegliato tutta notte.” Aggiunse,  con un tono più pacato, sedendosi sul letto accanto all’amico “sono appena riuscito a spedirlo a farsi una doccia.”
“Quanto…” un attacco di tosse improvviso lo costrinse ad interrompersi.
Sam provvide subito a sollevargli la testa per aiutarlo a bere un po’ d’acqua: “Fai piano: sono giorni che non metti niente nello stomaco e non voglio che tu stia male. Hai sofferto abbastanza.” Ripose il bicchiere sul comodino “Tornando alla tua domanda di prima, sei rimasto incosciente per tre giorni. Quando ti abbiamo trovato eri più morto che vivo e avevi la febbre. Hai fatto gli ultimi giorni con la bronchite. Ci hai fatto prendere una paura! Adesso però non pensiamoci: stai già meglio e noi ci prenderemo cura di te finché ne avrai bisogno, è questo che conta.”
“Come mi avete trovato?”
“Un messaggio anonimo con una tua foto e le coordinate.” Dean si introdusse di prepotenza nella conversazione, sfregandosi con un asciugamano i capelli ancora grondanti “Abbiamo corso un rischio ma ne è valsa la pena.”
Castiel rimase a bocca aperta: “Siete partiti alla cieca? Con solo un messaggio anonimo?” Di nuovo la tosse e Sam gli sollevò le spalle, disegnandogli dei cerchi sul petto con il palmo della mano per aiutarlo a respirare.
Dean sedette sull’altro lato del letto, appoggiando una mano sulla testa dell’amico: “Era più di quanto avessimo ottenuto da soli in mesi di ricerche, è stato un salto nel vuoto ma valeva la speranza che fossi ancora vivo. E poi, ormai sappiamo uccidere praticamente ogni cosa, non avremmo avuto problemi: alla mal parata avremmo fatto un viaggio a vuoto.”
Castiel sentì le palpebre appesantire di nuovo, si guardò intorno e, trovandosi circondato dall’abbraccio della sua famiglia, per la prima volta dopo mesi si addormentò tranquillo.
 
Lo svegliarono due ore dopo per fargli bere una ciotola di minestra.
 
 
I giorni successivi seguirono lo stesso ritmo: ogni due o tre ore lo svegliavano per dargli una ciotola di brodo, una tazza di latte, un bicchiere di succo o un infuso caldo.
Poi iniziarono ad integrare con yoghurt, purea di mela cotta o banana, purè di patate, strani frullati di carne o verdura, e budini.
La solita vecchia conoscenza di Sam procurò loro degli integratori ipercalorici da inserire nella sua dieta e, nel giro di una settimana dal suo risveglio, cominciò a riprendere peso.
Non avevano modo di accertarsene perché, in tutto questo, Castiel era ancora costretto a letto: si alzava solo per andare in bagno e per fortuna le stanze da letto avevano una stanzetta con un gabinetto, quindi non doveva fare che pochi passi e sempre sostenuto da qualcuno.
Però le forze gli stavano tornando: riusciva ora a stare seduto e anche a leggere da solo, era in grado di sostenere una conversazione e di seguire la trama di un film.
Non era molto, ma era un passo avanti
 
Si comportò sempre in modo irreprensibile. Non si lamentava quando gli cambiavano le bende, accettava qualunque bevanda o alimento gli venisse offerto e prendeva le medicine.
Inizialmente un atteggiamento tanto remissivo sconcertò i Winchester, ma poi capirono: il loro amico non si sarebbe aspettato di sopravvivere alle avversità della condizione umana ed era perciò talmente grato del loro aiuto da non opporre resistenza.
Aveva gradualmente imparato anche ad iniziare il contatto, senza limitarsi a subirlo passivamente. Diverse volte prese la mano ad uno dei fratelli tra le proprie, stringendola quanto più gli fosse possibile, e altre dava degli strani buffetti sulle spalle a Kevin, o faceva loro delle smorfie strane che volevano essere un ammiccamento o un sorriso.
Su di lui erano strane, se non inquietanti, ma lentamente ci stava prendendo la mano.
 
Ogni tanto il dolore delle piaghe e l’angoscia dei mesi precedenti però si facevano sentire.
Lungi da lui tuttavia disturbare per chiedere aiuto che non fosse spontaneamente offerto, ragion per cui i fratelli presero le loro contromisure.
Installarono un walkie talkie  su una sedia in un angolo buio della stanza e fecero a turno per piazzare il gemello in una delle loro durante la notte.
Spesso capitò che uno di loro si precipitasse dall’altra parte del corridoio per soccorrere l’amico in lacrime.  Ogni volta Castiel si aggrappava loro con tutte le sue forze, seppellendo il viso nei loro vestiti e stringendosi tanto contro di loro da sembrare di voler diventare parte integrante del loro abbigliamento.
Era rimasto da solo per troppo tempo in esperienze dolorose per chiunque ma senza la maturità emotiva sufficiente per razionalizzarle e ora cercava di compensare.
Per Sam fu più semplice sopperire a questo suo bisogno perché era sempre stato molto fisico nelle proprie dimostrazioni d’affetto, Dean invece fu preso in contropiede: suo padre non l’aveva abituato ad esprimere le proprie emozioni in alcun modo e di certo non gli aveva insegnato ad abbracciare un amico in difficoltà.
Infatti, glielo aveva insegnato Sammy e se all’inizio rispose in modo automatico e forzato, pian piano si lasciò andare e scoprì di trovare l’esperienza confortante tanto quanto l’ex angelo.
Non l’avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura.
 
Finalmente Castiel fu in grado di gestire pasti dalle porzioni normali senza che ci fosse bisogno di spezzettarli durante la giornata.
Era un piacere vederlo trascinarsi in cucina per la colazione, perennemente imbronciato – scoprirono presto che non era una persona mattutina – e con i capelli arruffati.
Spesso brontolava con Kevin sulla difficoltà di alcune varianti di Enochiano davanti ad un piatto di pasta o ad un’insalata.

Altre volte continuava a fare domande assurde su funzioni fisiologiche basilari o su particolari infinitesimali di film o serie che guardavano insieme per passare il tempo tra un tomo e l’altro: “Dean, ma quando il signor Scott teletrasporta qualcuno, come fanno ad essere sicuri che poi sia la stessa persona quando torna? Una volta scisse le molecole ricostruiscono esattamente la persona o quella è una semplice copia? Si può scindere la mente in molecole?”
Oppure se ne saltava fuori improvvisamente con considerazioni precisissime che andassero a smontare quanto trasmesso sullo schermo. Come quando confermò l’impossibilità fisica delle dimensioni del T.A.R.D.I.S. salvo un eccezionale paradosso spaziotemporale: quella volta nessuno, nemmeno Kevin con la sua matematica avanzata, riuscì a tenergli dietro. O come quando insistette nello spiegare loro per filo e per segno i fatti storici alla base di Game of Thrones.
A volte era talmente fastidioso che Dean gli lanciava addosso un cuscino pur di farlo tacere, ma era il suo modo di partecipare ai loro hobby e alle loro passioni.
Era il suo modo di imparare ad essere umano.
 
Ed era come se ci fosse sempre stato, tanto che era ormai impossibile per i fratelli immaginare di non averlo con loro.
Ormai era parte della famiglia.
 
Castiel, Angelo del Signore.
Castiel Winchester.
 
Come il nome scritto sui documenti d’identità – veri documenti, non copie o falsi – che Sam e Dean gli avevano procurato.
 
Castiel Winchester.
Il figlio perduto, tornato a casa.
 
- The End -

 
Note:

Le croci nelle pause non sono messaggi subliminari: sono cruces flilologorum, che di solito si usano in Filologia per indicare una dizione incerta della quale non è possibile stabilire un'interpretazione sicura. 
Morale? L'università fa male!

Grazie infinite per aver letto! 

 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: Spoocky