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Autore: Mozaik    21/05/2018    9 recensioni
Invece di ritrovarsi nell'aldilà, dopo il suo sacrificio Regulus si risveglia nel suo vecchio letto, con un corpo da bambino e un treno da prendere il giorno successivo per andare ad Hogwarts. Tornato indietro nel tempo con solo un breve messaggio misterioso come guida, Regulus dovrà lottare in un mondo che già conosce per cambiarne gli eventi, fra inganni, sofferenze, scoperte e cambiamenti.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Corvonero, Famiglia Black, I Malandrini, Nuovo personaggio, Regulus Black
Note: De-Aging, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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The Struggles and Rebirth of Regulus Arcturus Black
 
 
IV Capitolo - Natale





 
"Hanno detto di no.” Esalò sconsolata Elizabeth Clark il giorno dopo a colazione. Sembrava volersi spalmare sul tavolo, fra una caraffa di succo di zucca e un piatto di biscotti alla vaniglia. “Hanno detto: ‘La legge è uguale per tutti, poi tutti i primini dovrebbero fare il provino ’ e bla bla bla… Uccidetemi, per favore. Uccidetemi e ponete fine alla mia misera esistenza.”
Per un attimo, Regulus si era illuso. Aveva permesso che l’idea facesse capolino nella sua mente e lo convincesse che, sì, ci sarebbe riuscito e che si potesse fare. Un’altra parte di lui, tuttavia, si aspettava quella risposta, così lo stomaco gli si contorse solo un poco al rifiuto.
Roderich Stebbins, invece, sembrava raggiante. “Ah!” Esclamò, sollevando una forchetta per aria e agitandola: c’era una salsiccia infilzata sopra, che minacciò di cadere sul tavolo. Il ragazzo li guardò tutti con aria saccente e superiore, come se fra di loro non ci fosse solo un anno di differenza. “Ve l’avevo detto!” Cantilenò, petulante.
Turner portò subito una mano sulla spalla di Lerman, che stava cercando di alzarsi. La ragazzina gli lanciò un’occhiataccia.
“Ma guardalo!” Implorò. “Chiede di essere picchiato!”
“No.”
“Potrei usare la salsiccia per mostrargli cosa gli succederebbe se-“
“No.”
Lerman sbuffò, abbandonandosi di nuovo contro lo schienale della sedia. Stebbins aveva saggiamente chiuso la bocca e abbassato la salsiccia. La Clark, invece, aveva cominciato a russare a due centimetri da un barattolo di marmellata, evidentemente esausta dall'essere andata a letto tardissimo la sera prima.
“Dovresti essere felice, Stebbins.” Forse Regulus avrebbe dovuto davvero lasciarlo in pace. Era più grande, era più maturo. Ma proprio come per Stuart o per il Quidditch, sembrò dimenticarsi di tutto. Per giunta, quel ragazzino si era permesso di insultare la sua famiglia. Sapeva benissimo che metà delle cose che aveva detto erano vere, i Black erano sostenitori del Signor Oscuro e, effettivamente, immischiati nella magia nera fino al collo. Ma quando riducevano i Black solo a quello, quando cancellavano tutto il resto di ciò che li rappresentava, lo facevano infuriare. L’accusa di comprarsi il posto in squadra, poi! Come se ne avesse avuto bisogno. Il Quidditch era qualcosa di troppo importante per Regulus, e sapeva benissimo che all’epoca era stato preso nella squadra non per il suo cognome, ma per la sua bravura, una delle poche volte in cui “Black” non era contato nulla. No, al provino a brillare era stato Regulus e non i Black
“Adesso avrai un anno intero per allenarti.” Gli disse Regulus, continuando tranquillo a servirsi del cibo. “Forse così riuscirai a rendere il provino dell’anno prossimo quantomeno una sfida.”
Alcuni accanto a lui ridacchiarono. Se le occhiate avessero potuto uccidere, Stebbins avrebbe posto fine alla sua esistenza in quello stesso momento, ma Regulus aveva avuto preoccupazioni ben più grosse di un ragazzetto idiota. Gli sorrise, invece, ma non in maniera gentile: anzi, sembrava quasi un sorriso predatorio.
“Ad esempio.” Incalzò. “Potresti comprendere come tenerti a cavallo della scopa senza sembrare, perennemente, di sforzarti per andare in bagno.”
A questo, Turner lanciò dietro la testa e ululò dalle risate, come se fosse stata la cosa più divertente che avesse sentito fino a quel momento. Regulus sussultò, confuso. Stuart, nonostante fosse divertito anche lui, lo guardò abbastanza terrorizzato da quel gesto.
Stebbins strinse la forchetta in una presa ferrea. Regulus poteva tracciare con lo sguardo le sue nocche tese e ogni singola vena che risaltava sulla pelle: forse avrebbe dovuto farle controllare da un Guaritore. “Se tu entrassi nella squadra, bareresti e basta.” Disse.
“In un mondo in cui la vittoria è l’unica cosa che conta, l’inganno è perfettamente accettabile per coloro che non riescono ad emergere, quindi non stiamo parlando di me: però se vuoi posso prestarti la mia copia del Quidditch Attraverso i Secoli, così potrai imparare qualche trucchetto per il provino.”
“Parli come un Serpeverde.” Replicò lui. “Che ci fai a Corvonero?”
“Parli come un idiota, che ci fai al secondo anno?”
Stebbins sorrise. “Ti rendi conto che hai appena insultato te stesso e tutti i tuoi compagni vero?”
“Ah, non lo so.” Regulus fece spallucce, versandosi del succo d’arancia. Aveva cercato di servirsi del caffè, ma ogni volta che ci provava uno studente più grande glielo allontanava. “Io stavo pensando più alle scuole pre-Hogwarts babbane.”
Stebbins fece per alzarsi, ma un’altra studentessa lo trattenne. “Non ne vale la pena, Rod.” Disse, guardando Regulus sprezzante. “È solo un piccolo idiota.”
“Fatemi capire bene: Stebbins se la prende con lui perché la Clark ha deciso di volerlo in squadra, gli insulta la famiglia e visto che Black risponde, è un idiota?” Stuart sollevò confuso un sopracciglio. “È così che funziona? No, perché mi sembra stupido.”
“Allora è perfettamente in linea con lui.” Borbottò Regulus.
“Smettetela tutti quanti.” Si intromise uno degli studenti più grandi. Regulus non si era premurato di imparare il suo nome. “Finite di fare colazione e andate a lezione. Ci manca solo che decidiate di farci perdere nuovamente un centinaio di punti!”
Jason si guardò intorno, confuso: sembrò notare che un bel po’ di studenti attorno a loro stava lanciando occhiatacce. “Wow, ci detestano di già?” Chiese.
Regulus sbuffò. “Ne sono devastato.” Ma si alzò comunque dal tavolo, perché era vero che in effetti avrebbe fatto tardi a lezione. Lanciò anche lui un’occhiata intorno a sé: effettivamente, la gente lo guardava ancora peggio del solito. Beh, era un loro problema, non il suo.
 
 

I primi giorni di novembre passarono così velocemente che quasi Regulus non se ne accorse. Aveva ordinato via gufo un grosso pacco speciale di Calderotti al caramello per Sirius, sforzandosi di scegliere un bell’incarto anche perché effettivamente questo Sirius era ancora un mocciosetto e perché, in generale, si sarebbe vergognato a presentarti con qualche Cioccorana in mano come regalo di compleanno. Ne approfittò per prendere anche qualche Rospo alla Menta per sé stesso, ma metà della confezione scomparì il giorno dopo il suo acquisto e gli sguardi colpevoli di metà del suo dormitorio lo aiutarono presto a trovare il colpevole. Piccoli ladruncoli, avrebbe dovuto metterci del lassativo dentro la prossima volta.
Fu durante una delle sue innumerevoli lezioni a Difesa Contro le Arti Oscure, tuttavia, che Regulus realizzò qualcosa. Stava riflettendo sui vari metodi d’insegnamento dei numero professori che si erano susseguita alla cattedra negli anni, ed oltre a stabilire di chi fosse stato il migliore fra essi, si era chiesto più volte quali fossero i motivi per cui ognuno di loro, chi prima e chi dopo, se ne fosse andato. Ai suoi occhi era ormai evidente come su quel posto ci fosse una vera e propria maledizione, nonostante le continue negazioni di Silente.
Mentre ci pensava, si ricordò della ragione per cui la Professoressa Hookman avesse smesso di insegnare. Non era perché fosse andata in pensione, nonostante la veneranda età: a quanto pare era stata una compagna di anno di Silente, non perché volesse nuovamente tornare a casa: a quanto ricordava, prima di prendere la cattedra in Difesa era stata professoressa di Antiche Rune per tanto tempo, prima di ritirarsi per accudire i suoi nipoti. Ed infine, non era perché fosse stata licenziata, come tanti altri Professori prima di lei. No, il motivo era un altro.
Era morta.
Non di vecchiaia e non per via della guerra: era stata una malattia fulminea, non magica ma babbana, a portarla via, non permettendole neppure di finire l’anno. Ad Aprile la donna era stata ricoverata d’urgenza al S.Mungo, e qualche giorno dopo avevano comunicato agli studenti della sua dipartita. Avevano affrontato gli esami con un esaminatore esterno e all’epoca a Regulus non era importato più di tanto.
Ma la consapevolezza di sapere cosa stesse per accadere lo colpì come un ramo del Platano Picchiatore. Essere a conoscenza del fatto che la donna avrebbe lasciato quel mondo a breve, che quelli erano i suoi ultimi momenti, le sue ultime parole… era strano.  Avrebbe forse potuto cambiare qualcosa? Forse, se l’avesse avvisata prima, se le avesse detto di farsi controllare al S.Mungo o addirittura in un ospedale Babbano, la donna sarebbe sopravvissuta?
Ma come? Come poteva giustificare un discorso del genere?
“Buongiorno Professoressa, vorrei chiederle di andare da un Guaritore, perché so sicuramente che lei è malata in maniera terribile e che a fine anno morirà?” Non poteva nemmeno dire di aver visto qualcosa in un fondo di tè o in una sfera di cristallo, perché Regulus non faceva ancora Divinazione – e non l’avrebbe mai fatta, dato che la reputava inutile. Allo stesso tempo, l’idea di non far nulla non gli piaceva. In fondo se parlando avesse potuto salvarla…
Colse l’occasione un venerdì mattina, quando Stuart si sporse dal suo banco mentre rimetteva a posto i libri nello zaino. “Non ti sembra che la Professoressa sta poco bene?”
Stia.” Borbottò Regulus automaticamente, ma alzò comunque lo sguardo verso la donna. In effetti era molto più pallida del solito.
“Sì, sì.” Sbuffò Stuart. “Prima sembrava che stava per svenire. Ha cercato di non farlo notare, ma si è tenuta alla scrivania.”
Bingo. Non che Regulus fosse effettivamente entusiasta che la donna stesse male, ma adesso aveva un’ottima scusa per poterle parlare. Si guardò intorno: tutti gli altri studenti stavano uscendo e la Professoressa si stava ritirando nel suo ufficio.
“Sì, è da un po’ che l’ho notato.” Rispose.
“Dici? Beh, è vecchia, magari è per quello.”
“Dovrebbe farsi vedere da un Guaritore.”
“Beh, c’è Madama Chips.”
“Possibilmente un Guaritore del S. Mungo.” Velocemente, Regulus finì di sistemare la borsa e si alzò. Erano rimasti solo loro in classe, e una Tassorosso che si era addormentata sul banco e stava sbavando sul suo libro di testo. “Vado a, uh… dirle che…”
Si bloccò, nonostante tutto. Fece qualche passo fino a trovarsi davanti alla porta dell’ufficio, ma non procedette oltre. E se la donna stesse già facendo qualche cura, e fosse già stata visitata più e più volte da un Guaritore? E se effettivamente avesse fatto solo la figura dell’idiota? Quella era una donna adulta – beh, molto più adulta di lui, che sapeva decisamente badare a sé stessa. Non aveva motivo di dirle anche solo “ah”.
L’altro ragazzo nella stanza, che aveva capito cosa volesse fare, non la pensava allo stesso modo. Stuart lo spinse in avanti. “Avanti, dillo! Cosa sei, tu, un uomo o un coniglio?”
“Sono una serpe con ali da corvo.” Rispose Regulus, puntando le gambe in modo che il ragazzino non lo spostasse. “Se sei tanto incoraggiante, perché non vai tu da lei?”
L’altro sbiancò. “Io? Dalla Hookman? Ma sei pazzo? Vuoi che mi ammazzi, o ci metta di nuovo a lavare piatti infiniti?”
“E questo è il motivo per cui non sei un Grifondoro.” Disse Regulus. “Hai paura della Hookman? Davvero?”
“Non ho paura!” Esclamò Stuart. “Solo che non vorrei assolutamente che si arrabbiasse. Così come la McGranitt. O la professoressa Sinistra. O il professore pazzo di Cura delle Creature Magiche che ogni tanto ci incrocia nel corridoio e si mette a ridere, così, senza motivo.” Il ragazzino lo sguardò negli occhi, uno sguardo di puro terrore dentro di essi, come se stesse parlando di Gellert Grindelwald e non di Philomena Hookman. “Quando ce ne stavamo andando dalla punizione mi ha scompigliato i capelli. Scompigliato i capelli. Quale professoressa scompiglia i capelli dopo aver dato una punizione?!”
“Uh…” Okay, adesso Regulus era confuso. “La Hookman…?”
“Come i macellai che accarezzano l’agnello prima di mandarlo al macello, convinti che così la carne sia più buona, anche lei ammansisce gli studenti prima di mandarli al patibolo!”
Regulus lo fissò. “Stuart.” Disse, infine, dopo un bel po’ di minuti di silenzio. “Tu sei pazzo.”
“Io sarò anche pazzo.” Mormorò lui. “Ma lei è terribile, ti dico, terribile.”
L’altro ragazzo sospirò, e si scostò da lui. Prima che potesse rispondere o bussare, tuttavia, la porta si aprì da sola. La faccia perennemente pacata della Professoressa Hookman fece capolino dalla soglia. “Cari, non avete le altre lezioni da frequentare?” Chiese, e Regulus sentì effettivamente Stuart rabbrividire accanto a lui. Rabbrividire. “Avete bisogno di qualcosa?”
“Professoressa Hookman, dovrebbe farsi vedere da un Guaritore.” Esclamò velocemente Regulus, senza neanche quasi pensare: diretto, conciso, e tanti saluti.
Ovviamente la donna lo guardò confusa. “Prego?”
Ecco, ovviamente c’era bisogno di una spiegazione. “Professoressa, in questi giorni l’ho… l’abbiamo vista estremamente sottotono. E’ pallida, ed evidentemente con poche forze. Per il suo bene e quello del suo insegnamento e dei suoi studenti, dovrebbe decisamente prendersi un giorno per andare al S. Mungo per farsi controllare. Mio padre è un Guaritore e mi ha avvertito di stare attento a determinati sintomi: se vuole può andare proprio da lui. Insisto pesantemente.”
“P-Per non parlare che, ecco-“ Provò a dire Stuart, ma si ritrovò a balbettargli accanto. Niente, tutta la sua prontezza e faccia da schiaffi che aveva avuto davanti alla Clarke sembravano essere sparite davanti a questa “terrificante” professoressa. La donna, dal canto suo, continuò a guardarli perplessi. Dopo pochi attimi però sorrise, gentilmente.
“Non dovete preoccuparvi per me.” Disse. “Questa vecchia ha semplicemente vissuto troppi anni, ed è normale che il tempo faccia il suo corso e le indebolisca il corpo. Non è niente che un po’ di riposo non possa risolvere.”
“Professoressa, io insisto.”
“Oh, beh…” La donna sospirò. “Se è per farvi sentire sicuri, magari durante le vacanze farò un piccolo salto al S. Mungo. Non guasta mai un controllo ogni tanto, in fondo.” E poi, per la sorpresa di Regulus e il terrore totale di Stuart, si sporse in avanti e scompigliò i capelli ad entrambi. “Siete tanto cari a preoccuparvi per me, ma ora dovreste pensare invece alle vostre prossime lezioni. Soprattutto perché Minerva è molto poco permissiva sugli orari.”
 

Il tredici del mese si disputò la prima partita della Coppa di Quidditch, Grifondoro contro Serpeverde. Era quasi noiosa, per Regulus, perché il giovane sapeva già chi avrebbe vinto l’intero campionato: Tassorosso, sopra cento punti su Serpeverde. Questo non gli impedì di andare a sedersi fra gli spalti tifando nel suo cuore per Serpeverde e lanciando occhiatacce a tutta la squadra di Corvonero nel secondo match a fine novembre. Quell’anno sarebbero arrivati ultimi, e Regulus non riuscì a non pensare a come le cose sarebbero sicuramente cambiate se lo avessero preso in squadra. Quando Stuart lo disse invece ad alta voce, includendosi nel discorso, Turner diede ad entrambi un leggero scappellotto amichevole dal suo posto dietro di loro. “Egomaniaci.” Borbottò, ma sembrava divertito.
Con i primi di dicembre, l’interesse per le lezioni calò e si cominciò a parlare del Natale. Dei primini praticamente tutti decisero di tornare a casa per le vacanze, e quando durante una lezione di pozioni un’undicenne di Tassorosso, Hazel Burke, parlò di quanto era felice di ricevere anche quest’anno doni da “Babbo Natale”, Regulus le mise davanti la dura realtà che la fece scappare a fine lezione via in lacrime.
“Che c’è?” Chiese Regulus indignato ad un certo punto dagli sguardi dei suoi compagni. “Ha undici anni e crede ancora ad una storia babbana in cui un uomo entra nelle case altrui per portare regali ai bambini? Per giunta girando per il mondo intero senza effettivamente smaterializzarsi e infrangendo tutte le leggi, babbane e magiche, sul rispetto della privacy e della proprietà priva…”
“Oh, Black.” Esclamò Lerman, interrompendolo. “E cosa costava lasciarla credere? Bah, tu sembri proprio essere nato vecchio!”
Regulus si zittì istantaneamente.
Dal canto suo, sarebbe tornato a casa per scelta e per obbligo. Non aveva problemi col pensiero di passare il Natale a Grimmauld Place, tutt’altro, e ogni momento passato insieme ai suoi genitori sarebbe stato prezioso come la prima volta, soprattutto sapendo che suo padre li avrebbe abbandonati così presto. L’unica cosa che gli dava un po’ di ansia al pensiero di non rimanere a Hogwarts era la reazione dei parenti al suo Smistamento: come aveva scritto suo padre, sicuramente non se ne sarebbero stati zitti e in generale sarebbero stati altamente seccanti. Regulus era abituato ai loro metodi, ma aveva undici anni e i suoi zii non si sarebbero aspettati sicuramente di vederlo rispondere a tono, quindi avrebbe dovuto rimanere in silenzio.
E poi, ovviamente, c’era il rischio che ci fosse Bellatrix. Regulus non sarebbe riuscito a guardarla negli occhi, o a parlarle. Non dopo tutto quello che aveva fatto.
Ovviamente Sirius era di tutt’altra opinione e se fosse stato per lui si sarebbe incatenato ai cancelli di Hogwarts anche d’estate per non tornare. Ma era ancora piccolo, e si sarebbe dovuto sorbire anche un altro anno lontano dai Grifondoro a Natale se Regulus ricordava bene.
Il 23 dicembre entrambi i fratelli Black scesero, dunque, dall’Espresso di Hogwarts per trovare loro padre ad aspettarli. L’uomo salutò entrambi con una pacca sulla spalla.
“Oggi cammineremo fino a casa.” Annunciò, conducendoli oltre la Barriera del Binario 9/3 quarti dopo aver smaterializzato i loro bauli.
“Sono almeno venti minuti di strada, col freddo di dicembre, e minaccia pioggia.” Commentò, confuso, Regulus. Non era assolutamente successo la prima volta che era tornato a casa. “Per quale motivo non ci smaterializziamo? Se siete stanco, padre, possiamo prendere una Passaporta o addirittura il Nottetempo. So che non è esattamente…” Esitò, cercando le parole giuste. La maggior parte dei Purosangue puristi odiavano il Nottetempo: era troppo simile a un bus babbano, e avevano anche cercato di boicottarlo. “…un trasporto adeguato, ma per una volta potremmo fare un’eccezione.”
“No, abbiamo camminato anche l’anno scorso.” Intervenne Sirius, che sembrava essere estremamente annoiato. Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni e cominciò ad andare avanti, senza quasi aspettarli. “Fate quello che volete. Più tardi arriviamo, meglio è per me.”
“Venti minuti vanno più che bene per parlare, Regulus.” Suo padre gli mise una mano sulla spalla, direzionandolo fuori dalla stazione. Sirius camminava qualche metro davanti a loro, ma Orion si tenne alla destra del figlio minore, un’aria seria sul volto. “E per arrivare preparati a casa.”
“Preparati? Oh. Se è per la questione del mio Smistamento, mi avevate già avvertito via lettera. So già che non mi lasceranno in pace.”
“Una lettera può sostituire una chiacchierata padre-figlio?” Orion sospirò. “Sei già a conoscenza di come reagirà tua madre, vero?”
“Se l’avete già fatta abituare alla rabbia, allora sarà con freddezza.” Recitò lui. “Frecciatine. Potrebbe urlarmi contro per le minime cose. Ho già visto l’anno scorso la pantomima, padre.”
Da qualche metro davanti, Sirius emise una risata simile a un latrato. “Non esagerare, adesso!” Esclamò. “Mica sei il traditore Grifondoro, tu. Sei sempre stato il preferito di mammina, vedrai che ti accoglierà con qualche bacetto e tutto passerà.”
“Sirius, chiudi la bocca quando cammini. Potrebbero entrarci le mosche.” Disse tranquillo Orion, e suo fratello si zittì.
Regulus si ritrovò indeciso se rispondere piccato alle accuse di Sirius o rimanere in silenzio: c’era abituato, in fondo. Da un certo punto in poi la loro intera relazione, prima di spezzarsi definitivamente ed arrivare alla totale freddezza, si era basata sulla preferenza evidente che avevano i genitori per lui. Non era colpa sua, però: semplicemente Regulus era un figlio decente. Era ovvio che preferissero qualcuno che non andava in giro a gettare le tradizioni di famiglia al vento, no? Non si trattava neppure del Signore Oscuro o dei Mangiamorte, qui. Si parlava proprio di educazione. E Sirius per giunta rispondeva sempre malissimo! Era il preferito per una ragione, non per ingiustizia. Ma questo non voleva dire che sua madre non potesse essere comunque delusa da lui.
Beh, ci si sarebbe dovuta abituare: ormai il danno era fatto. L’unica cosa che effettivamente provocava rabbia dentro Regulus, era il fatto che effettivamente si sarebbe beccato occhiatacce e frecciatine per nulla, perché lui era un Serpeverde in tutto e per tutto ma no, aveva voluto cercare di cambiare il più possibile e quindi adesso dormiva con i Corvonero. E la sua famiglia non avrebbe mai saputo la verità!
“Ti cercheranno di sminuire.” Continuò suo padre. “Alcuni di loro la prenderanno solo come un’opportunità per poter dare aria alla bocca, come tua Zia Cassiopeia, ma altri metteranno davvero in dubbio le tue capacità. Ma sai effettivamente chi è il vero bersaglio di tutto, non è vero?”
“Mia madre.” Annuì Regulus. “Come l’anno scorso, ovviamente. E Nonna Irma deve in qualche modo distogliere l’attenzione da Andromeda, non è vero?”
“Adorabile famigliola, la nostra. Molto unita.” Sirius sbuffò, voltandosi lievemente per guardarli. “C’è un tale affetto palpabile…”
Orion lo ignorò. “Non cedere alle provocazioni, non dar loro motivo di ferirti. Toujours Pur potrà anche essere il motto della famiglia Black, ma conosci quello del nostro ramo.”
Regulus annuì. “On nous cache tout.” Recitò. Derivava dalla parte paterna della famiglia, dal bisnonno che portava il nome di suo fratello. Bisognava nascondere tutto, non far trasparire nulla: ciò che ci si lasciava scappare era una debolezza che poteva essere sfruttata dagli altri, che fossero semplici rivali di scuola e lavoro a veri e propri nemici. Ed era proprio questo insegnamento ciò che aveva salvato Regulus dall’essere scoperto durante gli ultimi giorni di vita dal Signore Oscuro, insieme ad una spiccata predisposizione per l’Occlumanzia e gli allenamenti del padre a riguardo. Ultimamente Regulus non aveva osservato a pieno queste parole, non nel modo in cui aveva difeso la sua famiglia, non nel modo in cui effettivamente si era messo allo stesso livello di altri ragazzini. Il detto del ramo materno, in fondo, era Fierté avant tout, l’orgoglio prima di tutto: e ciò portava effettivamente ad esporsi quando bisogna difendere i propri valori, le proprie idee, la propria famiglia. E in effetti, sia Sirius che sua madre, il primo senza volerlo, prendevano tutto da quelle parole.
“Ho cose più importanti a cui pensare che qualche commento maligno.” Disse. Orion gli lanciò un’occhiata indecifrabile.
“Non li sottovalutare.” Lo avvisò, ma nel suo tono c’era anche una piccola nota di orgoglio. Il suo sguardo si spostò poi in avanti, sul figlio maggiore. Per un attimo, Regulus pensò di averci visto qualcosa – tristezza, forse. “Fermiamoci.” Annunciò l’uomo. “Prenderemo qualcosa di mangiare in uno di questi café.”
“In un café babbano?” Chiese stupido Regulus, ma Sirius era già corso in avanti a scegliere uno fra i tanti locali che servivano cibo. “Salteremo il brunch di Zia Druella, dunque? ”
“Lascia che siano i tuoi nonni a goderselo.” Replicò suo padre. “È giusto radunare le proprie forze prima di una qualsiasi battaglia, in fondo. Credo che a me servirà decisamente della caffeina, e sono tentato di concederla anche a te e a tuo fratello.”
“Volete davvero dare della caffeina a Sirius? Con permesso allora tornerò subito a casa, da solo, così eviterò almeno l’inizio del disastro.”
 
 
Quando la porta di Grimmauld Place si aprì, tutti i rumori da dentro la casa sembrarono fermarsi. Regulus udì chiaramente il suono di piatti e posate venir appoggiati con forza sul tavolo.
Si comincia. Pensò, sconsolato, seguendo suo padre verso la sala da pranzo. Sirius cercò silenziosamente di avviarsi verso le scale, ma Orion senza nemmeno guardarlo gli afferrò una spalla e lo costrinse a seguirli.
Walburga Black, seduta al tavolo e con davanti una tazza di the e un piattino contenente piccole tartine e dolcetti, aspettò due minuti prima di alzare lo sguardo verso la soglia della porta. Guardò prima Orion, poi incredibilmente Sirius, prima di posare il suo sguardo su Regulus. Ouch. “Siete in ritardo.” Disse.
Freddezza, apatia: forse si era già per metà abituata all’idea, o forse semplicemente non voleva urlare davanti agli altri parenti. Nella stanza, infatti, sedevano anche i suoi nonni materni, Pollux e Irma, sua zia Cassiopeia, e i genitori di Narcissa, Cygnus e Druella: era stata quest’ultima, come ogni anno, ad occuparsi del piccolo pasto che dava inizio alle ufficiali vacanze dei Black, decidendo tutto il menù che la sua Elfa Domestica Hibby stava sparecchiando, aiutata da Kreacher, proprio in quel momento.
“Ho incontrato dei colleghi alla stazione.” Spiegò Orion, per poi spingere lievemente sia Sirius che Regulus in avanti. Entrambi chinarono la testa lievemente verso il basso, e Regulus si accorse che Sirius aveva soffocato uno sbuffo in maniera abbastanza evidente.
“Buongiorno, madre. Nonni, zii.” Borbottarono, in coro, la solita solfa che dovevano sopportare quando il resto della famiglia venivano a trovarli. Di solito a Regulus non importava, ma quelle vacanze sarebbero state decisamente diverse da tutte le altre.
“Sirius, hai messo su peso. Di nuovo.” Disse Walburga. “Sei sporco in faccia, vatti a dare una lavata.” Sirius non se lo fece ripetere due volte: incurante dello sguardo arcigno di sua madre, afferrò al volo una tartina che Hibby stava portando via e scappò di sopra. “Regulus, siediti.”
Dovette trattenere un sospiro, perché non aveva alcuna intenzione di far arrabbiare sua madre. Sia lui che suo padre presero posto al tavolo, ma mentre suo padre si versò – altro – caffè, Regulus non mosse un dito, guardando sua madre.
Fu sua nonna Irma, tuttavia, a iniziare. “Dicono che la Torre di Corvonero ospiti un dormitorio incantevole.” Disse, versandosi del tè prima che Kreacher potesse portare via la teiera. “Abbiamo finalmente qualcuno che ce lo può confermare, non è vero?”
Brutta arpia, non avrebbe mai affrontato il discorso direttamente. “È accettabile.” Rispose Regulus, tranquillo. “La sua posizione è scomoda per raggiungere determinate parti di Hogwarts a determinati orari e da una delle finestre penetrano degli spifferi, ma credo sia adeguata.”
“Certo, che un dormitorio blu e bronzo sicuramente sarà un problema per gli occhi, non è vero?” Pressò lei. “E la divisa! Con la tua carnagione, poi, orripilante. Al pensiero che dovrò cucirti una sciarpa con quelle tonalità, invece che un glorioso verde…”
“Amo il verde, nonna, e una sciarpa in più può sempre far comodo, con il clima del Nord.”
“Oh, piantiamola con i convenevoli!” Esclamò Cassiopeia, che non era mai stata felice di tutti i giri di parole che si usavano, ma amava poter sparlare direttamente della gente. La donna si sporse sul tavolo, artigliandolo mentre guardava Regulus con sguardo predatore. “Beh, Beh. Corvonero di certo è meglio di Grifondoro, non è vero Walburga?”
Walburga si irrigidì. “Di certo.”
“Avevo qualche conoscenza in Corvonero, quando frequentavo la scuola. Perlomeno, avrà degli ottimi voti!” Cassiopeia sorrise, ma sembrava più un ghigno affamato. “Che strano, però. Eri così entusiasta di finire a Serpeverde, come tutti in famiglia…”
“Sfortunatamente, non siamo noi a decidere.” Disse Regulus, congiungendo le mani in grembo. Sentiva lo sguardo di suo padre addosso. On nous cache tout…
“Un vero peccato, non condividere la casa con tua cugina.” Si intromise Cygnus, assottigliando gli occhi. “Dimmi, ti trovi bene, almeno?”
Non potrebbe importartene meno.  “Sono passate poche settimane.” Concesse, diplomatico. Non era un sì, ma neppure un no. “Sono cosciente, tuttavia, del fatto che riuscirò a tirare fuori il massimo dal mio Smistamento e rendere orgogliosa la famiglia.”
“Sarebbe stato molto più facile, in Serpeverde.”
Regulus si preparò mentalmente a ciò che stava per dire. “Non è forse meglio elevarsi sopra le aspettative altrui piuttosto che crollare da una vetta autoproclamata?” Sospirò teatralmente. “Non che la famiglia non ci sia abituata, ormai.”
Ahia. Vide sua Zia Druella sussultare lievemente, e gli occhi di Cygnus si assottigliarono pericolosamente. Oh, se loro potevano cercare di divorarlo vivo in quella maniera, lui poteva tirare in mezzo Andromeda senza che potessero dirgli qualcosa. Sentì lo sguardo di entrambi i suoi genitori addosso ma lui tenne la testa alta e l’espressione innocente, come se non avesse appena detto nulla di male.
Nonno Pollux ruppe il silenzio ridacchiando. “Orion, tuo figlio parla come un libro stampato. È questa l’influenza Corvonero? Ho paura di come sarà da adulto!”
“Chiaramente, eccellente.” Ripose suo padre, e Regulus si sentì sciogliere dentro. “Regulus, vai a farti una doccia anche tu.”
“Ma certo.” Si alzò tranquillamente, e dopo aver salutato con un cenno del capo tranquillo i parenti uscì dalla stanza a testa alta.
“Ma che cazzo.” Mormorò suo fratello, da dietro la porta, seguendolo. Non si era cambiato e aveva un’altra tartina fra le mani. “Hai appena insultato tutta la famiglia tranne noi attraverso ‘Meda senza avere conseguenze o ho sentito male io!?”
“Prendi spunto per i tuoi prossimi capricci. Pensavo che non ti interessassero gli affari di famiglia, Sirius.” Regulus gli rubò la tartina dalle mani, avviandosi poi verso il piano di sopra e ignorando il fratello che lo seguiva.
“Infatti.” Esclamò lui, appena furono il più lontano possibile dalla sala da pranzo. “Ma potrei mica perdermi l’umiliazione annuale di nostra madre? Questo è stato molto meglio, però, Zio Cygnus era livido. Se lo rifai davanti a Bellatrix, ti compro un pacco di quei Rospi che tanto ti piacciono.”
 
Regulus avrebbe voluto tanto rifarlo, ma la prima cosa che fece quando vide Bellatrix fu bloccarsi.
Non è la stessa Bellatrix, non è la stessa Bellatrix. Cominciò a pensare, stringendo forte i pugni dietro la schiena. Non è la stessa Bellatrix…
Fortunatamente, la donna non era mai molto disposta a parlare con i cugini più piccoli a differenza di Narcissa. Regulus approfittò di un reale principio di raffreddore per chiudersi in camera sua e starle il più lontano possibile.
La sera della vigilia di Natale, suo padre bussò alla sua porta con in mano un grosso pacco e appollaiato sulla spalla un gufo sconosciuto. Regulus, confuso, prese il pacco e la lettera che lo accompagnava fra le mani, guardando il rapace cercando di comprendere chi potesse avergli scritto.
“L’indirizzo è di Kirkwall, in Scozia.” Spiegò suo padre. “Una certa ‘Famiglia Lerman’.”
“Oh. È una mia compagna di scuola, allora.” Dopo aver dato la buonanotte a suo padre, Regulus si sistemò sul letto e aprì prima la lettera, confuso. Perché Violet Lerman gli aveva scritto e mandato qualcosa?
Ciao, Black!
So che la tua famiglia ti darebbe problemi, quindi ho usato il gufo di Violet. Ieri sulla BBC (so che non sai cos’è) c’era un film (idem) in cui c’era un ragazzino che diceva cose strane, così ti ho pensato. Purtroppo ho perso l’Hanukkah quest’anno, ma Violet ci ha invitato per il pranzo di Natale quindi domani mangerò un sacco. Ma voi fate come loro per Natale anche se sono tradizioni Babbane? Perché è una festa, nel mondo magico? Boh, io proprio non vi capisco.
Comunque ogni scusa è buona per mangiare e ricevere tanti regali. Non ero sicuro di cosa poterti fare così ho chiesto consiglio ai miei. Prima mi hanno consigliato dei giochi, ma tu sei vecchio dentro e un piccolo stronzo così papà mi ha dato questo libro dalla sua libreria. Scusa se non è nuovo, ma ho comprato un nuovo mangiacassette (l’Advent model 201!!!!!!!! Lo vorrei portare a Hogwarts, ma ho paura che si rompe) (un giorno ti spiegherò cos’è un mangia cassette!!).
Se i tuoi genitori vedono il libro, lancialo fuori dalla finestra e distraili urlando. Funziona sempre. Credo.
Jason”
 
Perché diamine Jason Stuart gli aveva fatto un regalo di Natale? “Troppa confidenza.” Mormorò, andando ad aprire il pacchetto, confuso, e ritrovandosi in mano un libricino sconosciuto. “È già tanto che io abbia fatto il regalo a Sirius.”
Studiò il libricino con aria perplessa, e anche un po’ malfidente. Non riconosceva il nome dell’autore ma se era uscito dalla libreria del padre di Stuart sicuramente doveva essere un Babbano. Si sdraiò sul letto e lo aprì, confuso. “Vecchio dentro e stronzo?” Una descrizione accurata, eppure Jason avrebbe anche dovuto sapere abbastanza di lui da pensare che sicuramente non avrebbe voluto un maledettissimo libro babbano. Se i suoi parenti l’avessero trovato, altro che frecciatine a tavola: lì sì che ci sarebbero state delle grosse litigate, e neppure per colpa sua.
Chissà che diamine di lettura noiosa, poi, gli avesse regalato. Regulus aprì la prima pagina per pura curiosità. Tanto valeva vedere che cosa leggevano i Babbani.
 
Non aveva senso. Regulus non capiva metà dei termini e degli oggetti babbani descritti nel libro, riuscendo a comprenderne alcuni solo grazie al contesto; il colpevole dei due omicidi era stato svelato all’ultimo e la sua storia data “postuma”, impedendogli quindi di cercare di capire prima chi fosse il colpevole e Oh Merlino ma che problemi avevano i Babbani? Sperava proprio che la storia del colpevole non fosse basata sulla realtà. Avrebbe dovuto lanciare il libro dalla finestra proprio come Stuart aveva suggerito, ma per tutti altri motivi.
Eppure aveva passato tutta la notte a leggerlo!
Il protagonista. Doveva essere colpa del protagonista, non c’era altra spiegazione, della sua logica e del suo modo di porsi. Un protagonista che doveva essere un mago, non c’era altra spiegazione al fatto che fosse riuscito a capire tutto di una persona dai dettagli di un orologio. Doveva essere una qualsiasi forma di Legilimens, non poteva essere altro. Regulus lanciò un’occhia truce alla copertina, insultando mentalmente questo Doyle.
“Che diamine regalo a Stuart?” Mormorò, confuso, perché per educazione adesso avrebbe dovuto ricambiare e davvero, che cosa poteva piacere ad un ragazzino babbano?
“Sirius!” Esclamò quindi alle cinque del mattino, irrompendo in camera sua e facendolo sobbalzare sul letto. “Che cosa regalo a un undicenne Nato Babbano!?!?”
“MA CHE CAZZ-“ Sirius gli lanciò contro un cuscino, mancando la mira di almeno due metri. “Torna a dormire, idiota di un fratello! Ti preferivo quando quasi manco sapevi cosa fosse, un Nato Babbano!”
 
 

Erano passati due giorni dal suo arrivo da Hogwarts, ma sua madre ancora non gli rivolgeva la parola davanti ai parenti. Perfetto e fantastico, davvero. Probabilmente gli sarebbe passata quando sarebbe tornato a Hogwarts, ma la situazione era decisamente stressante.
Mai stressante quanto il pranzo di Natale dei Black.
Etichetta, etichetta, etichetta. Era stressante per Regulus, figuriamoci per Sirius che già detestava dire “buongiorno” e “buonanotte” da qui un po’. Vestiti in maniera impeccabile, seduti in maniera estremamente composta, e al posto giusto. Sua madre a capotavola da un lato, con al suo fianco i nonni Pollux e Arcturus, suo padre a capotavola dall’altro con accanto nonna Irma e, in mancanza della defunta nonna Melania, Cassiopeia Black. In quanto più giovani, lui e Sirius si trovavano quasi al centro della tavolata, opposti a Narcissa e Lucius, praticamente circondati dai parenti e impossibilitati ad una via di fuga. Nella sua vita precedente, per festeggiare il suo smistamento Regulus si era seduto accanto a suo nonno Arcturus, ma a quanto pare questa volta non era abbastanza importante da meritare il posto d’onore.
Invece, si era ritrovato accanto a Bellatrix.
La prima mezz’ora del pasto era stata sicuramente tranquilla: gli adulti avevano parlato del più e del meno, e poi dei loro affari, delle varie carriere, cosa stava succedendo in famiglia, eccetera eccetera. Ma Regulus sapeva di non potersi salvare, e fu nel momento esatto in cui sua nonna Irma portò nuovamente lo sguardo su di lui prima di rivolgersi a Narcissa che il ragazzino comprese che stava per iniziare un altro “round” di quel gioco che la sua famiglia amava fare.
“Narcissa cara.” Iniziò. “Ricordo forse che fosti tu, quella a cui il Cappello Parlante chiese se volesse andare in un’altra casa? Corvonero, credo?”
“Zia Lucretia, nonna.” Rispose lei. “Anche se il Cappello mi disse che sarei stata intelligente quanto un Corvonero.”
“E ricominciamo…” Borbottò Sirius, accasciandosi sulla sedia scocciato. Walburga gli lanciò uno sguardo di fuoco, e Regulus gli tirò un calcio da sotto il tavolo. “Ahi!”
“Però Lucretia è Serpeverde. Oh, cielo! Forse potevi scegliere, Regulus.” Irma spostò nuovamente il suo sguardo sul nipote, fingendo innocente preoccupazione. “Oh, se solo tu l’avessi saputo prima…”
Fu Narcissa a rispondere, velocemente ma pacatamente, prima che Regulus potesse aprire anche solo la bocca. “Non sempre il Cappello fa scegliere, temo.” Lo difese. “E Corvonero produce ottimi lavoratori e sapienti del nostro tempo…”
“Se Regulus vuole finire sommerso dai libri e dedicato solo al lavoro, allora ben venga!” Esclamò Cassiopeia, muovendo le lunghe unghie decorate sul tavolo, come se stesse seguendo un ritmo musicale. “Con Sirius in quella casa di barbari e Sanguemarcio e Bellatrix incapacitata, la Casa dei Black finirà per terminare qui! Ah, no, giusto… ci sei anche tu, Narcissa, sempre che tu riesca a produrre un figlio maschio.”
Le nocche di Narcissa si strinsero pericolosamente sulla forchetta, ma non ebbe altra reazione. La donna avrebbe sopportato per anni prima le frecciatine sul fatto che sua madre avesse avuto tre femmine, poi gli insulti velati per l’erede che non arrivava. Regulus vide Lucius muoversi, le labbra assottigliate pericolosamente, e si rese conto che probabilmente le aveva stretto l’altra mano da sotto il tavolo, per darle forza.
Cygnus cercò di difenderla, debolmente. “Ma sì, è giovane, prima o poi arriverà…” Tentò di dire, ma Druella lo interruppe appoggiando il bicchiere sul tavolo: un movimento leggero, ma che ebbe la conseguenza simile allo sbatterlo per attirare l’attenzione.
“Se le donne della Nobile Casata dei Black non produrranno eredi maschi, li produrranno le loro figlie femmine.” Disse, per poi guardare verso Cassiopeia. “E porteranno comunque avanti la famiglia, a differenza di qualcun altro.”
Cassiopeia si zittì. Poteva anche essere uno dei membri più importanti del Wizengamot e un’alta carica del Ministero, ma rimaneva comunque senza figli. Regulus pensò che fosse crudele parlarne, perché Cassiopeia aveva partorito due bambini che le erano stati portati via poche ore dopo dalla malattia, ma rimase in silenzio e si concentrò sul suo piatto. Questo scambio di insulti velati non sarebbe di certo finito solo perché lui trovava ingiusto parlare di determinati argomenti.
“In ogni caso, Corvonero non è di certo Serpeverde.” Disse suo nonno Arcturus. “Sì, sì, un ottimo luogo per studiare, ma non è la stessa cosa. Sempre meglio di Tassorosso, o di Grifondoro.”
Sirius digrignò i denti. “Grifondoro è perfettamente- “
“Sirius Orion Black.” Lo bloccò sua madre. “Pensa a mangiare.”
Regulus sapeva cosa sarebbe successo se Sirius avesse espresso liberamente tutti i suoi pensieri: litigate, urla da parte sua, urla da parte di sua madre che avrebbe perso finalmente il controllo, e parenti insopportabili che ne avrebbero approfittato. “Corvonero e Serpeverde non sono poi così tanto diverse.” Disse, ad alta voce, sentendo nuovamente lo sguardo di tutti su di sé. “Entrambe preparano i suoi studenti al futuro dopo Hogwarts in maniera migliore rispetto a Tassorosso o, ugh, Grifondoro. E non perderò tutti i valori della nostra famiglia solo perché dormirò per sette anni in un dormitorio diverso.”
Avrebbe potuto essere una cosa pericolosissima da dire; uno smacco al nome di Serpeverde e un’offesa a tutti loro per averla paragonata a Corvonero. Ma Cassiopeia era ancora silenziosa dopo l’attacco di Druella, e nessun altro sembrò prenderne offesa: forse per la pacatezza con cui l’aveva detto.
“Alcuni di noi provengono da altre Case.” Intervenne Bellatrix. “Mai da Grifondoro. Il Signore Oscuro li accetta comunque.”
Regulus si bloccò, la forchetta lievemente a mezz’aria. No, no. Non posso affrontare questo discorso, non ora, non davanti a tutti…
“Accetterà anche te.”
No.”
Si ritrovò a trattenere il fiato. Non aveva avuto intenzione di dire qualcosa, o di apertamente rifiutare davanti a Bellatrix. Certo, aveva undici anni, nessuno gli avrebbe detto qualcosa perché adesso non gli andava a genio l’idea di unirsi al Signore Oscuro, ma sua cugina Bellatrix era pazza e non sapeva come avrebbe potuto reagire.
Gli fischiavano le orecchie. Sentì a malapena Bellatrix chiedere spiegazioni, e vide solo con la coda dell’occhio Lucius lanciargli uno sguardo preoccupato.
“Non ho intenzione di…” Deglutì. On nous cache tout. On nous cache tout.
“Unirsi al Signore Oscuro è il più grande degli onori.” Disse Bellatrix, guardandolo dall’alto in basso. “Vuol dire fare qualcosa per la società depravata e filobabbana in cui viviamo. E vuol dire poter servire un Mago come lui – un onore che spetta solo a pochi eletti-“
“Potevi sposarti lui, invece di-“ Regulus tirò velocemente un altro calcio a Sirius prima che potesse finire la frase, ma Bellatrix non sembrava averlo sentito, ma stava continuando a blaterare.
“Regulus ha undici anni.” Intervenne Lucius. “E’ fin troppo piccolo per pensare a qualcosa di più grande di lui.”
“Perché no?” Chiese Cygnus. “Il primogenito è Sirius, in fondo. Che ci pensi lui, agli affari della famiglia, e che Regulus ci porti invece onore.”
Onore? Ma quale onore?
“Credo che un Black disposto a rischiare la vita basti e avanzi.” Disse Pollux, ma Bellatrix rise, amaramente.
Che onore c’era nel stare appresso ad un folle?
“Non ne basterebbero in cento!” Esclamò, sbattendo il pugno sul tavolo. “Un giorno il Signore Oscuro ci libererà dalla piaga dei Sanguemarcio e dei filobabbani, e di tutti i loro simpatizzanti, e quel giorno io gli sarò accanto nella gloria, fedele per sempre.” La donna sorrise, ma non c’era bontà nel gesto, o gentilezza. “Tu lo sai, Lucius. Sarebbe il più grande degli onori…”
“Ma quale onore!?” Sbottò Regulus, sbattendo entrambe le mani sul tavolo. Prima che potesse fermarsi, prima che potesse rendersi conto di quello che stesse dicendo, un fiume in piena gli scaturì dalla bocca. “Quale onore c’è nell’uccidere i bambini e torturare gli innocenti!?”
Per un attimo, pensò che il tempo si fosse fermato. Poi, Bellatrix parlò. “Sono Babbani, piccolo idiota!” Affermò. “Non equiparabili nemmeno alle scimmie. Il Signore Oscuro fa un favore al mondo a sbarazzarsi di loro.”
Ignorò tutti segnali che gli stava mandando il suo cervello, tutti i fermati rovinerai tutto. “Il Signore Oscuro? A lui non frega niente davvero della purezza del sangue. Lo sai che è un Mezzosangue, vero!? Lui vuole solo il potere e ha trovato una scusa per ottenerlo facilmente!”
Sentì qualcuno sussultare lungo il tavolo, e il rumore di una sedia che si muoveva, ma i suoi occhi erano posati solo su Bellatrix. “Come… osi!” Esalò, evidentemente infuriata e scioccata. “Come osi… dire delle cose del genere…” Si alzò di scatto, e Regulus fece lo stesso, senza distogliere l’attenzione dal suo volto e ignorando i richiami allarmati da parte di sua madre e suo padre. “Mi avevano detto che eri diventato fin troppo amichevole con dei Sanguemarcio, ma mai avrei pensato che ti potessero influenzare così!”
I Sanguemarcio, i ragazzini di undici anni con cui aveva diviso un banco o una camera da letto. I Sanguemarcio con cui aveva riso, aveva tirato dei piatti contro un muro, il Sanguesmarcio che gli aveva fatto un regalo che lo aspettava in camera quando nessuno lo aveva costretto. Jason Stuart che lo difendeva, e Damian Littleton che cercava di essere suo amico, e i filobabbani come Eloise Shepard che aveva contribuito ad uccidere, tanto tempo fa e allo stesso tempo fra pochi anni.
“Saranno anche inferiori a noi.” Sibilò. “Ma sono di certo superiori in tutto e per tutto a Tom Riddl-“
Sentì qualcosa arrivargli addosso e, allo stesso tempo, delle esclamazioni e un verso di sorpresa. Si ritrovò a chiudere gli occhi di istinto, confuso, sentendo un respiro vicino, e li riaprì solo quando le esclamazioni si quietarono.
Sirius era davanti a lui, schiacciato contro il suo corpo in modo da schermarlo del tutto. Bellatrix era bloccata in piedi, con la mano ferma a mezz’aria, pronta a colpire il volto di Regulus: respirava forte, affannosamente, e guardava verso Orion.
L’uomo si era alzato e, con espressione mortalmente seria, puntava la bacchetta contro Bellatrix. Tutti quanti gli altri, al tavolo, sembravano essersi gelati, tranne Cygnus che si era alzato in piedi.
“Regulus.” Disse Orion seriamente. “Vai in camera tua.”
“Padre-“
Subito.”
Deglutendo, Regulus si sciolse dal semi abbraccio di Sirius, mentre la realizzazione di ciò che era appena successo lo colpiva. Cazzo. Pensò. Cazzo, cazzo, cazzo.
“Bellatrix Lestrange.” Disse suo padre, senza distogliere lo sguardo da lei o abbassare la bacchetta. Il suo tono era spaventoso, un tono che Regulus non aveva mai udito, nemmeno nella sua vita precedente. “Non osare mai più provare ad alzare le mani contro uno dei miei figli, o sarò costretto a prendere gravi conseguenze.”
La donna sembrava pronta a ucciderlo sul posto. Invece abbassò il braccio, furente di rabbia.
Sirius prese per mano Regulus. “Andiamo.” Mormorò, conducendolo via.
“Sirius, tu resta qui.” Provò a dire Walburga, ma Sirius la ignorò.
“Col cazzo!” Esclamò, provocando vari versi scandalizzati dal tavolo, prima di sbattere alle loro spalle la porta della sala da pranzo.

 
 
 
 





Che carini, i Black. *Ironico* No, in realtà li amo, e vorrei evitare il solito stereotipo di famiglia kattivah che Crucia i propri figli perché non salutano o non sono abbastanza educati, MA non posso nemmeno negare che sia una famiglia piena di problemi, e anche gravi.
Bellatrix è difficile da scrivere, perché è una pazza psicotica ma non è ancora andata ad Azkaban, quindi immagino sia più controllata che nella saga originale.
Per il prossimo capitolo, gli ultimi giorni prima del rientro a Hogwarts e la conseguenza delle azioni di Regulus.

 
 
 



Orion : Toujours Pur potrà anche essere il motto della famiglia Black, ma conosci quello del nostro ramo.
Regulus: L’inverno sta arrivando.
Orion: nO-
 
  
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