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Autore: shira21    24/05/2018    0 recensioni
Raccolta di one-shot sulla vita e i sentimenti dei vari personaggi della saga di Harry Potter, già esistenti o inventati da me
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Weasley, Ginny Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton | Coppie: Sirius/Lily
Note: OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Ultima lezione della giornata: volo.
La amo.
La odio.
E il motivo di questa mia confusione mentale appare in giardino insieme ai suoi due migliori amici in un tripudio di nero e rosso.
«Stai sbavando» al mio fianco compare Mark, la mia anima gamella se non fosse assolutamente gay. Mi sfugge un sospiro sconsolato mentre la bacchetta al mio fianco vibra quasi sapesse quanto avrei bisogno del suo aiuto. Un incantesimo per diventare invisibile mi andrebbe bene!
Mark mi abbraccia e mi trascina a lezione mentre io non riesco a distogliere lo sguardo da Vincent, il ragazzo di cui sono innamorata da sette anni, in pratica dal primo momento in cui ho messo piede ad Hogwarts. No, in realtà da molto prima: ero alla stazione 9 e 3/4 e praticamente tremavo per il nervosismo: non ero cresciuta nel mondo magico ma in uno squallido orfanotrofio umano dove ero sempre stata quella diversa, quella intorno a cui capitavano cose strane. E quindi ero lì, tutta sola, con un sacco di bauli che riuscivo a malapena a spostare quando ero finita a terra. Non era stato il peso di tutto quello che stavo trasportando ma un ragazzino sorridente con i capelli castani tutti arruffati e gli occhi dolci, simili a quelli di un coniglietto. «Scusa, non ti avevo vista» erano state le sue prime parole e io sperimentai per la prima volta cosa significa arrossire. Poi una donna l'aveva tirato su sgridandolo mentre io restavo seduta a terra, osservando la scena. Mi ricordo che pensai che allora era quello che significava avere dei genitori, una famiglia. E quando la donna mi aveva sorriso aiutandomi a rialzarmi chiedendomi dov'erano i miei genitori avevo potuto solo rispondere «Sono orfana». Avevo letto la tristezza nei suoi occhi mentre mi prendeva le manine sbucciate e, con un solo colpo di bacchetta, guariva tutte le piccole ferite. Poi, come se nulla fosse, aveva ordinato al marito di portare nello scompartimento di Vincent anche i miei bagagli. «Ecco, nessuno dei due sarà solo». Io mi ero girata a guardare il bambino certa che avrebbe avuto qualcosa da ridire invece lui mi aveva preso per mano, trascinandomi verso il treno mentre con voce allegra mi chiedeva «Vuoi vedere le mie nuove figurine? Ho quasi tutti i maghi e le streghe della Seconda Guerra dei Maghi!» E io, che neanche sapevo di cosa stesse parlando, mi ero limitata ad annuire. Penso che m'innamorai in quel momento o forse poco più tardi, quando con voce dolce, mi chiese cos'era successo ai miei genitori. Nella mia ingenua mente di ragazzina mi ero già immaginata insieme nella sala comune; mai avrei immaginato che ci saremmo divisi dopo solo poche ore. Lui fu smistato a Grifondoro, il capello che declamava frasi sulla lealtà e il coraggio, mentre a me disse che con la mia discendenza e la ambizione ero di certo una Serpeverde. Quando andai a sedermi al mio nuovo tavolo mi girai a cercarlo e, attraverso una sala piena di gente, ci guardammo. E quella fu la prima volta che il mio cuoricino si spezzò.
Sento una fitta alla testa e mi accorgo che Mark mi ha tirato un codino «Ti sei di nuovo  persa nei ricordi...» ed io alzo le spalle colpevole. Siamo arrivati al campo di volo e non possiamo dire altro, a meno che vogliamo beccarci un ora di punizione.
Lancio un ultima occhiata a Vincent, il maglioncino grigio che mette in risalto i suoi muscoli allungati e morbidi e la camicia bianca che pare risplende in contrasto con la sua pelle olivastra.
Ecco perché odio queste lezioni in comune, non riesco minimamente a concentrarmi e se voglio diventare un Auror come il mio eroe, Alastor Moody, devo avere solo ottimi voti.
Madama Hooch mi lancia un occhiata severa mentre ci spiega la storia del Quidditch; essendo che siamo all'ultimo anno, pochi di noi hanno bisogno di lezioni pratiche di volo ma quelle teoriche paiono non finire mai. Se non altro ci lascia gli ultimi dieci minuti per montare sulla scopa e semplicemente volare, dandoci ogni tanto qualche suggerimento.
Adoro tutto del volare ed ogni volta mi pare meravigliosa esattamente come la prima.
Ne approfitto per testare la mia nuova scopa oltre che godermi questa assoluta sensazione di libertà ma prima che possa fare qualcosa qualcuno mi si affianca con fare incerto. Il cuore mi salta in gola quando mi rendo conto che è Vincent. Ed è da solo!
«Buongiorno Capitano!»
Avrei tante cose da dirgli invece mi esce solo un misero «Ciao».
«Anche se mancano ancora due partite si dice che il più giovane capitano della storia di Hogwarts porterà alla sua casa la quinta vittoria consecutiva», sorrido compiaciuta a quelle parole e un moto d'orgoglio mi brucia nelle vene eppure, come mi succede spesso, questi sentimenti non riescono ad affiorare «Come hai detto, mancano ancora due partite».
Lo guardo con la coda dell'occhio e lo vedo inarcare le sopracciglia. Ma non sono diventata Capitano al terzo anno senza notare anche il più piccolo movimento di chi mi circonda, Mark dice che sembro nata per essere un Cacciatore; per questo quando per l'ennesima volta Vincent inizia a perdere il controllo della sua scopa mi slancio con entrambe le mani per bloccarla. Appena appoggio i palmi sul legno fremente lo sento calmarsi, simile a un cavallo dispettoso reso docile.
A Vincent esce una risata imbarazzata mentre Madama Hooch alza le braccia al cielo sconfitta.
«Mi sa che sono un caso disperato» eppure il tono è divertito e sul suo volto è disegnato un sorrisetto auto ironico.
Mi basterebbe allungarmi di qualche centimetro per baciarlo e ogni cellula della mia pelle pare bruciare.
Arrabbiata con me stessa lascio di colpo la scopa e allontanandomi, esclamo con voce dura «Se non sai fare una cosa, non farla. Anche perché non ci sarò sempre io a farti da balia!»
Mentre accelero, lasciando libera la mia scopa di correre, non mi volto a guardarlo neanche un volta.
E quando attero sento ancora un groviglio di emozioni stringermi il cuore.

«Io non ti capisco, Viper».
«Neanche io mi capisco ma la puoi smettere di camminare su e giù? Mi fai venire la nausea».
Mark si ferma e mi guarda dall'alto prima di lasciarsi scivolare a terra ai piedi del divanetto sul quale sono sdraiata e poggiarmi quel suo testone sul grembo.
«Perché non puoi essere più carina con lui?»
«Io vorrei riuscirci ma per tutta la vita mi hanno insegnato che le emozioni sono armi che ti possono uccidere... come posso fidarmi a dargli il mio cuore?»
Negli occhi di Mark leggo una profonda tristezza «La mia famiglia mi ha cacciato di casa quando ho dichiarato di essere gay ma pensi che questo mi abbia fermato?» Sorrido mentre con le dita della mano destra giocherello con i suoi folti capelli biondi mentre con la sinistra uso la bacchetta per creare infinite costellazioni sul soffitto, un incantesimo che mi è talmente familiare da non dover neanche pronunciare nessuna parola.
«No perché sei un ragazzo intelligente e determinato».
«Esatto e tu sei esattamente come me!»
«Cosa dovrei fare?» Gli chiedo con la voce chiusa dal timore «Se mi rifiutasse credo che non riuscirei più neanche a guardarlo negli occhi...»
«Tu sei certa di amarlo?» Fissa anche lui il soffitto. Invece di rispondergli, cambio incantesimo e mormoro «Expecto Patronum». Dalla punta della mia bacchetta esca un fascio di luce argentata che subito si trasforma in un coniglio che saltella allegramente nell'aria prima di scomparire in uno sbuffo.
«Un coniglietto», lui è l'unico che può capire il riferimento, l'unico che sa come io associ Vincent a questo animale per via dei suoi caldi occhi nocciola e per il modo il cui arriccia il naso quando ride. E ogni mio pensiero felice è associato a momenti trascorsi con il ragazzo di cui sono innamorata.
Restiamo in silenzio a fissare il vuoto mentre ricomincio a passare le dita tra i suoi capelli, un gesto che calma sempre entrambi. Alla fine Mark mormora «Devi dirglielo: l'anno è quasi finito e tu non ti perdoneresti mai di aver rinunciato senza neanche provare!»
«Va bene ma non stasera...»
«Domani?»
Io sorrido e gli accarezzo la fronte aggrottata «Domani».

Il Ballo della Memoria si svolge ogni anno il 2 maggio, in onore di chi ha combattuto nella Seconda guerra dei maghi e di chi è morto proprio tra queste mura. Alla fine ho deciso di andarci con Mark visto che nessuno dei due poteva andare con chi voleva per davvero. Sento bussare alla porta del dormitorio femminile e la voce del mio amico risulta leggermente distorta dal legno «Sei pronta?»
Lancio un ultimo sguardo allo specchio e per una volta sono soddisfatta del risultato; dopotutto ho cucito personalmente il vestito, una delle poche cose buone che mi è rimasta dei miei primi anni in orfanotrofio. Prendo i guanti dal comodino e apro la porta a Mark.
Mi guarda dall'alto al basso e ritorno prima di lanciare un breve fischio «Stai benissimo!» Sorrido mentre indosso i guanti argentati con le finiture verde smeraldo. Sono troppo bassa per un vestito lungo fino a terra quindi ho optato per un vestito a campana verde con il pizzo argentato, stretto come un bustino ottocentesco fino al punto vita e morbido fino alle ginocchia. Mark mi porge il braccio e con un sorrisetto aggiunge «Sei addirittura più alta» ed io ridacchiando gli mostro le scarpe dello stesso colore dei guanti «La magia dei tacchi».
Quando arriviamo alla Sala Grande, rimaniamo a bocca aperta per la bellezza del posto; non è il nostro primo Ballo della Memoria ma è sempre sorprendente. Alle pareti sono comparse decine di foto, bordate con i colori della casa a cui appartenevano ma mischiate perché in fondo sono tutti morti per la stessa causa.
Io e Mark ci fermiamo davanti alla fotografia di Alastor Moody. «Avrei voluto conoscerlo di persona» mormoro con la solita meraviglia. Non è un bel uomo ma era un mago coraggioso e lo è stato fino alla fine. «Un giorno sarai Auror, proprio come lui» Mark mi da un buffetto sulla spalla e io annuisco decisa.
Per il resto la Sala Grande è diventata una vera e propria sala da ballo, il pavimento lucido e le luci soffuse dalle milioni di candele.
La preside McGonagall ci guarda dal podio, gli occhi lucidi per la commozione. Ormai siamo arrivati tutti e lei pare riuscire a guardare ognuno di noi negli occhi.
«Sono passati quindici anni da quando in questa stessa sala si è combattuta l'ultima parte della Seconda guerra dei maghi... la seconda e si spera anche l'ultima. Perché nei nostri cuori, nelle nostre anime, portiamo ancora le cicatrici di aver perso chi ci era caro. Genitori, fratelli e sorelle, amici e compagni, studenti e professori. Tutti siamo stati toccati da quella tragedia ma sono convinta che da quelle stesse ferite sia germogliata la speranza per un futuro migliore.» Il suo sguardo indugia su alcuni alunni del primo anno ma pare quasi non vederli, persa nei suoi ricordi.
Poi sorride e batte due volte la mani «Diamo il via alle danze».
Sono i prefetti i primi a scendere sulla pista da ballo e per i primi minuti ci sono solo loro. Poi vediamo il professor Neville Longbottom unirsi con sua moglie e presto tutti iniziano a ballare.
Mark mi fa volteggiare per tre o forse quattro canzoni quando viene avvicinato da un nostro compagno, Darius.
Sento i muscoli di Mark irrigidirsi ma anche l'altro ragazzo sembra agitato.
«Ciao Viper, stai bene oggi» a me viene da ridere perché si capisce che sta cercando di prendere il discorso alla lontana ma sto al gioco. «Anche tu, Darius.»
Lui annuisce e si gira verso il mio amico nonché suo ex... beh, ex qualsiasi cosa fossero.
«Ehi».
«Ehi».
Il primo premio per la dialettica di certo non andrà a questi due.
«Vuoi ballare?» La voce di Darius è appena un sussurro ma dalla reazione di Mark sembrerebbe aver urlato a pieni polmoni. Prima che possa rifiutare aggiunge un «Ti prego» e persino io mi sciolgo.
Mark mi guarda titubante e io annuisco con convinzione.
Li vedo mano nella mano spostarsi un po' più in là per ballare un lento, sotto gli occhi di tutti. Ma io sorrido perché nonostante tutto siamo Serpeverde, siamo superiori a quello che dice la gente!
Li osservo per un po' dal margine della sala e bevo un paio di bicchieri di Idromele, servito da due simpatici Grifondoro.
Ma nelle orecchie continuo a sentire la voce della preside e sento un dolore al centro del petto. Mi muovo lungo le pareti con lo sguardo perso tra le fotografie che a loro volta mi sorridono e salutano finché non trovo quella che cerco: mio padre. Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, non l'ho mai conosciuto perché è morto prima che io nascessi ma assomiglia tremendamente a lui: dai capelli neri e la pelle pallida fino agli occhi grigi e il sorriso storto malizioso e orgoglioso; anche se da quello che mi hanno raccontato non gli piacevano granché i Serpeverde. Mi chiedo sempre cosa avrebbe detto se fosse stato vivo all'epoca del mio smistamento. Comunque sono davvero in pochi a sapere che sono sua figlia e, onestamente, preferisco così. Non vorrei che qualcuno pesasse che io sia riuscita ad arrivare così in alto solo grazie a conoscenze che neanche ho.
Eppure ogni tanto avrei voluto parlare con chi lo conosceva, primo tra tutti il suo famoso figlioccio.
Di colpo mi pare di avere un cappio intorno al collo che si stringe sempre di più e senza farmi notare scappo via, lasciandomi dietro solo il fruscio della gonna.
Continuo a camminare fino a quando non arrivo in giardino, le mani che ancora mi tremano. Respiro a pieni polmoni il vento caldo e finalmente riesco a riprendere il controllo.
Stanca, mi tolgo scarpe e guanti e mi siedo in mezzo alle decine e decine di fiori profumati del giardino: il professor Longbottom con le piante ha più talento di chiunque altro.
«Crescono delle rose davvero strane in questo giardino» una voce alla mie spalle mi fa sussultare ma riconosco subito Vincent, anche senza bisogno di girarmi. Perfetto, da un batticuore all'altro!
In ogni caso è lui a girarmi intorno e da vicino è ancor di più una visione: vestito interamente di nero, persino la camicia, tranne per la cravatta rossa e con i capelli perfettamente pettinati all'indietro. Anche se io adoro quel suo ciuffo sempre in disordine!
Mi sorride dall'alto e noto qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che mi spaventa per quanto mi fa sperare.
«Posso dirti che sei bellissima stasera, Viper? Persino Salazar Serpeverde sarebbe affascinato da come porti i colori della tua casa!»
«Grazie... è il mio ultimo ballo e volevo rendere omaggio a quella che è stata a tutti gli effetti la mia famiglia!»
Lo vedo annuire e ancora mi chiedo come sia riuscita a dirgli la verità sulle mie origini alla fine del terzo anno, quando sono stata nominata Capitano.
Sento l'idromele scorrermi nel sangue, facendo scomparire la mia naturale propensione a sopprimere i sentimenti. E penso che sia l'idromele a parlare quando gli dico «Anche tu sei perfetto stasera». Se non vado errata, sulle sue guance è comparso un lieve rossore.
Mi porge la mano, neanche lui porta i guanti, e con una certa esitazione mi chiede «Posso avere l'onore di questo ballo?»
Mi sembra di avere un intero stormo di gufi nello stomaco eppure dopo un lungo silenzio gli rispondo di no. Vincent sgrana gli occhi e sussulta, ferito. Ma tra i difetti che conta non c'è la codardia o la mancanza di tenacia. Quindi ecco che ricompare quel suo sorriso sghembo che vorrei vedere per il resto della mia vita.
«Perché no?»
«Non c'è la musica... saremmo ridicoli!»
Come se si fosse aspettato questa risposta, tira fuori la bacchetta e, in un battito di ciglia, una musica di violini si espande intorno a noi.
«Vuoi ballare con me?»
Ma io torno a scuotere la testa. Lo amo talmente tanto che potrei morire per lui ed è una cosa che mi terrorizza.
«Sei strana e maledettamente complicata. Un momento mi sembra che siamo amici e l'attimo dopo mi respingi come se non t'importasse nulla di me! Dammi un buon motivo per non concedermi neanche un misero ballo!»
Appassionato, gli occhi scuri che quasi brillano, il fiato corto... e rimane comunque uno spettacolo per gli occhi. Non so se è per la cornice da favola che mi circonda, la promessa che ho fatto a Mark o se l'idromele era più forte di quello che pensavo ma dalle labbra mi escono le parole che cerco di dirgli da anni «Perché io non posso essere tua amica... io ti amo!»
Mi porto una mano a coprire la bocca ma ormai l'ho detto. Ogni cosa intorno a noi tace di colpo e la musica di violini sparisce come portata via dal vento.
Lo guardo negli occhi ma vedo solo che si è trasformato in una statua, talmente è rigido e immobile. Potrei quasi pensare di avere gli stessi poteri di un basilisco!
Il mio cuore batte velocemente mentre il mio orgoglio sanguina.
Abbasso il capo e fisso lo sguardo su un fiore color arcobaleno, decisa a spostarlo solo quando se ne fosse andato. E finalmente lo sento muoversi ma invece di tornare al castello si avvicina a me, le punta delle sue scarpe che sfiora l'orlo del mio vestito. Lancio una fugace occhiata e noto che si è abbassato sulle ginocchia in modo tale da essere alla mia stessa altezza. Torno a fissare il fiore.
«Hai intenzione di guardarmi?» Nella sua voce trovo le tracce di una risata mal trattenuta e imbarazzata scuoto la testa. Poi per ribadire il concetto aggiungo «Perché non torni da Iris? Si starà chiedendo dov'è finito il suo cavaliere», fredda come il ghiaccio. Non conosco altri modi per difendermi dai sentimenti.
«Iris starà ballando con Vicktor, cosa che vuole fare da giorni. Voleva solo qualcuno per ingelosirla e, ad essere sinceri, non è lei che m'interessa» sento le sue mani circondarmi il volto, costringendomi ad incontrare i suoi occhi. Con i pollici segue la linea delle sopracciglia, dalla piccola rughetta al centro fino alle tempie, e a me sfugge un piccolo sospiro. «A me importa di te!» Lo dice con tanta convinzione che potrei quasi ignorare il sorriso di chi ha appena vinto la Coppa del Mondo...
«Certo, come no» più lui sorride e più la mia voce diventa acida.
Con le dita continua a tracciare i contorni del mio volto distraendomi non poco.
«Invece è la verità ma ho sempre pensato di non essere alla tua altezza» sbuffo una risata ma lui è diventato tanto serio che non commento nulla. «Fin dal primo anno ho sempre creduto che tu mi considerassi solo il mago imbranato che non sa stare su una scopa o che, cercando di aprire la serratura di una porta, si è fatto sanguinare il naso» mio malgrado sorrido perché gli è rimasta una piccola gobbetta per quella frattura. «Io ero quello che per superare un esame deve passare le notti a studiare... tu invece...»
«Cosa?» Sussurro, incapace di zittirlo e il suo sorriso diventa ancora più grande.
«Tu sei quella per cui avevo una cotta ma sempre fuori dalla mia portata».
Siamo così vicini che vedo il mio riflesso nei suoi occhi, gli occhi che paiono occupare tutto il volto e le guance che scottano. «Stai scherzando? Io non sono irraggiungibile e tu non sei un imbranato!» Mi accaloro sempre quando lo devo difendere con Mark e a quanto pare anche quando lo difendo da se stesso.
«Non scherzo, Vi» un piacevole calore mi si espande nel petto quando sento il nomignolo che mi aveva dato quel giorno di tanti anni prima sul treno «Sono tanto innamorato di te che mi sarebbe bastato anche solo esserti amico pur di poter finalmente starti vicino».
Lo guardo negli occhi ma devo davvero essere sicura prima di potermi fidare.
«Davvero?»
Vincent scoppia a ridere prima di appoggiare la sua fronte contro la mia, i nostri respiri che si confondono. «Dico sul serio affascinante, testarda, dolce idiota!»
Sul mio volto compare un sorriso gemello al suo mentre si rialza e mi porge per la seconda volta la mano. «Vuoi ballare con me, Viper Adhara Noris?»
Appoggio la mia mano nella sua, pelle contro pelle e annuisco, a corto di parole. Senza sforzo mi tira su e, anche senza musica, balliamo un lento, la mia gonna che ad ogni passo fruscia contro le sue gambe, il petto stretto al suo. Ed è una sensazione talmente bella da sembrare un mix di quello che ho provato entrando ad Hogwarts, facendo la mia prima magia e volando sulla scopa per la prima volta: libera e al sicuro.
Appoggio la testa sul suo petto, nelle orecchie sento solo il battito del suo cuore, e mi accorgo che in realtà è ancora meglio: tra le braccia di Vincent mi sento a casa.
   
 
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