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Autore: FatSalad    30/05/2018    2 recensioni
Regno Goryeo (935-1392)
Una ragazza che non ricorda la madre, di punto in bianco viene abbandonata dal padre in una casa di tolleranza. L’unica cosa che può tenerle compagnia in quel luogo sconosciuto sono le storie che le raccontava il padre riguardo al giovane JinSoo e al suo amico, il giovane Ling. Storie di scherzi e marachelle, storie che paiono inventate, storie che potrebbero avere un significato molto più profondo…
[Storia seconda classificata a pari merito con "Al di là del Limes" di alessandroago_94 al contest In Medio Stat Virtus indetto da mystery_koopa sul forum di Efp, vincitrice del premio speciale Rivelazione femminile per il miglior personaggio femminile]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Fu così che, proprio quando il mio unico desiderio si avverava e rivedevo mio padre, iniziai a dubitare del fatto che fosse... mio padre. E proprio quando ero decisa a sedurre un uomo per trovare un gibu, scoprii che poteva rivelarsi il mio vero padre, di cui non avevo mai sospettato l'esistenza.
Non riuscii a dormire quella notte, il pavimento era più duro di come lo ricordassi, le coperte più fredde di quanto mi fossero mai parse e la mia testa pesante come un macigno.
Tutto ciò era sbagliato. Il signor Dao era l'uomo che avrebbe potuto comprarmi per darmi una vita migliore, non poteva essere... non poteva essere altro!
Ero convinta che il mercante innamorato di BuYeong, quello che era rimasto incantato dalla sua voce, quello che era mio padre fosse JinSoo, che commerciava in gioielli e mi aveva cresciuta con amorevole attenzione. Ero sicura che fosse così. Cercavo di far riaffiorare alla mente le parole esatte che mio padre aveva pronunciato per raccontarmi di mia madre, convinta che avesse detto “un mercante di gioielli s'innamorò di Buyeong” e “dal nostro amore nacque una bellissima bambina di nome Bom”, ma erano passati troppi anni e i miei ricordi erano sfumati. Di una cosa però ero certa: JinSoo non mi aveva mai detto “Non sono tuo padre”.
Perché allora per tutto quel tempo me l'aveva fatto credere?
In una sola notte la persona che più avevo amato nella mia vita perse tutta la mia stima: mi aveva tradito. Anche il ricco e cordiale mercante di seta Dao, con le sue frequenti visite e i suoi generosi doni mi aveva in qualche modo tradito: perché non aveva mai accennato al fatto di conoscere mia madre o JinSoo? Perché aveva continuato a visitarmi senza rivelare la sua vera identità? Col suo comportamento mi aveva invece indotto a progettare di sedurlo!
Sconvolta, da quel giorno decisi che non avrei più suonato le avventure del giovane JinSoo e del giovane Ling, avrei suonato senza pensare a niente e non avrei più accettato le visite del signor Dao.
Per molto tempo me la cavai benissimo e vissi fingendo che niente fosse cambiato, relegando i ricordi di quel giorno infausto in un remoto angolo della mia mente.
Vidi uscire dal gyobang tutte le mie compagne, una dopo l'altra. Una fu riscattata da un ricco funzionario, alcune partirono alla volta di locande in cui finivano quasi tutte le gisaeng troppo vecchie e le altre furono portate via dentro una cassa da morto per essere cremate e sepolte ai piedi della collina a cui l'edificio dava le spalle.
Io, invece, grazie alle mie cetre, divenni sempre più famosa e potente, fino a diventare la nuova haengsu.
Un giorno, sulla soglia dei trent'anni, mi ammalai gravemente. Le epidemie decimavano spesso i gyobang, ma, disponendo di maggiori risorse rispetto alle semplici gisaeng, potevo sperare di farmi curare con i metodi migliori e più costosi, che le altre non potevano permettersi, benché non fossi più giovane come loro. A seguito della malattia convissi per molto tempo con una fastidiosa tosse, ma ebbi salva la vita. Nelle settimane successive alla fase più acuta del malore, iniziai a far arrivare nella mia stanza un medico quasi tutti i giorni, mi facevo visitare e accettavo di bere gli intrugli amari che mi proponeva di volta in volta. Pian piano sentivo le forze ritornare e non ero più preoccupata per la mia vita, ma qualche giorno dopo accadde un evento impensabile: JinSoo si presentò al gyobang. Senza farsi annunciare entrò nella mia stanza ed io, convinta che si trattasse del medico giunto per la consueta visita, non glielo impedii e mi ritrovai nella stessa stanza con l'uomo che avevo chiamato “padre” per quasi tutta la mia vita.
Erano anni che non lo vedevo, ma mi parve lo stesso uomo di sempre, solo con un incisivo in meno che gli dava un'espressione un po' buffa. Era minuto e piuttosto avvenente, col suo particolare carisma racchiuso negli occhi ancora vispi, d'altra parte non doveva avere ancora cinquant'anni.
Rimasi ferma e muta di fronte a lui, decisa a non guardarlo negli occhi e a non rivolgergli la parola.
«Signorina Bom... come siete cresciuta...» mormorò lui, rompendo il silenzio e percepii uno strano tremore nella sua voce, ma non mi mossi.
JinSoo bevve del liquore in silenzio, come se fosse a suo agio, come se quella fosse casa sua, poi, dopo qualche bicchiere, proprio come avveniva quando ero piccola, cominciò a raccontarmi una storia.
«Ling Dao fece di tutto per trovare i soldi per riscattare BuYeong. Ha portato la sua seta ai confini del mondo, si è spinto dove nessuno aveva mai osato arrivare per diventare più ricco. Amava molto BuYeong, in maniera totale, ma quando tornò... lei non c'era più. Io avevo giurato a tuo padre che mi sarei preso cura di voi, così ti presi nella mia casa quando BuYeong morì e ti ho amata come una figlia, Bom.»
Non capivo perché era venuto nel gyobang quel giorno, dopo tanto tempo, a raccontarmi quella storia. Non sapevo nemmeno perché gli stessi permettendo di starsene seduto nella mia stanza a sorseggiare makgeolli1, ma quando iniziò a raccontare mi resi conto della verità: JinSoo, che fosse il mio vero padre o meno, mi mancava terribilmente.
«Papà...» dissi, smarrita, mentre la voce gli si incrinava.
Sentivo le lacrime agli occhi e qualcosa di pungente in gola.
Piangemmo in silenzio, senza guardarci e JinSoo mi rivelò finalmente, tra i singhiozzi, il motivo per cui era venuto a cercarmi. Aveva i soldi, mi disse, e mi avrebbe riscattata con l'aiuto del signor Dao, mio padre, che soffriva notevolmente da quando non gli permettevo più di vedermi. Dao aveva predisposto tutto affinché io potessi essere libera di decidere dove avrei vissuto una volta uscita dal gyobang e pregava solo che ne fossi fuori il prima possibile, giacché si preoccupava per la mia salute.
Quando i nostri occhi furono asciutti, con una certa fatica a causa della debolezza lasciata dalla convalescenza, presi le mie cetre e per la prima volta accompagnai il suono con le parole.
«Il giovane JinSoo» sussurrai incerta pizzicando la cetra a dodici corde «gioca d'azzardo con un signore pomposo.»
«Bom, cosa...?»
«Finge di essere uno sprovveduto e convince l'uomo a fare scommesse sempre più alte.»
Poco a poco la mia voce si faceva più sicura e le note scorrevano una dietro l'altra dalle mie dita. Di colpo, abbandonai la cetra e presi quella a sei corde.
«Ma il giovane Ling è lì, dietro al vecchio furfante, è uno straniero che nessuno potrebbe temere, ma sa comunicare con JinSoo e allora gli rivela in anticipo ogni mossa del vecchio.»
Andai avanti per molto tempo e JinSoo si commosse, stupito dal fatto che ricordassi a memoria tutte le storie che mi raccontava da piccola.
Non sapevo se avrei accettato l'offerta di JinSoo e di Ling Dao, ormai ero abituata all'idea di essere una gisaeng, ero una haengsu.
Non sapevo se avrei rivisto mio padre, se l'avrei perdonato per il suo silenzio, come avevo perdonato JinSoo.
Non sapevo cosa avrei fatto, ma avevo capito, finalmente, il significato di quelle storielle.
Avevo capito che il giovane Ling era sempre quello che ne usciva meglio, il vincitore, l'eroe intonso ed era così che JinSoo aveva sempre cercato di farmi conoscere il suo migliore amico, di farmi conoscere mio padre.


 
1Makgeolli: vino di riso



Il mio angolino
E... questo è quanto, siamo giunti alla parola fine. Fin dall'inizio avevo idea di scrivere un racconto breve (pensavo addirittura che sarebbe rientrato tutto in un solo capitolo) e che ricordasse le atmosfere e la mentalità orientale, dove tutto è dominato dal destino già scritto. La storia di Bom è questo, ma con JinSoo e Ling ho voluto anche "spezzare una lancia" nei confronti della creatività delle persone. Per quanto riguarda la scelta dei titoli dei capitoli, beh, credo che si spieghino da soli!
Grazie a chi mi ha seguito fin qui!
FatSalad
   
 
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