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Autore: Chameleon94    01/06/2018    1 recensioni
Una lunga serie di racconti brevi, basati sull'introspezione, difetti dei personaggi, ed eventualmente *spoiler* la fine delle loro vite, e della loro amicizia, sulla base della legge del contrappasso dantesco, il karma, e molto altro...
In origine doveva essere un racconto comico, ma, visto che il narratore non è bravo con le risate, ha assunto un aspetto più psicologico e interiore, più malvagio e sadico.
Il prologo serve a presentare e inquadrare tutti i personaggi, a cui verrà dedicato un mini capitolo ciascuno.
Genere: Horror, Introspettivo, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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GIACOMO
 
Era una mattinata qualunque, in un paesino ai confini della Transilvania, in un grande castello, e in quale altro luogo se non questo poteva vivere il protagonista della storia? Il Conte Giacomo Ugolino, conte di un sacco di paesi poco importanti e poco rilevanti ai fini del racconto, era un uomo molto giovane, ma già pieno di preoccupazioni e doveri, ma non era affatto un santo, dentro di sé celava una malvagità senza fini, un lato oscuro e perfido che aspettava solo il momento giusto per emergere.
Per quanto riguarda la descrizione fisica, egli andava per una testa pelata, pressappoco ma ci sarebbe arrivato presto, le occhiaie viola sotto le palpebre, a causa del fatto che vegliava di notte e dormiva di giorno, denti affilati e tutti fuori posto, una bella pancia in mostra, un alito da far paura, piedi con le unghia incarnite. Insomma, era un vero mostro! Dentro e fuori, vi erano anche altri problemi di salute, ma penso che abbiamo già descritto abbastanza il soggetto in questione.
Quella mattina si svegliò di soprassalto, perché durante la sua veglia si era purtroppo addormentato. Iniziava così un nuovo giorno solitario e monotono.
“Signore, ecco a lei la sua pancetta, uova, pancake, pane tostato, vino, insomma, la sua colazione all’inglese” Disse il maggiordomo robot, accompagnato da un altro aiutante meccanico.
“Lasciatela lì, e andate a farvi fottere, subito.” Disse in modo rude il padrone, Giacomo Ugolino. Egli li trattava davvero male, come macchine quali erano, ma senza rispettarle. E trattava tutti allo stesso modo, a dire il vero, forse per questo era sempre solo, lasciato a se stesso con la sua anima malvagia e brontolona.
Disse: “Oggi mi sono svegliato con un desiderio: non voglio più essere solo, voglio avere degli amici!”
E si mise, così, all’opera, alla ricerca disperata di amicizie, e mise i manifesti ovunque, costrinse persone a diventare suoi amici, a costo di pagarli.
“20 euro all’ora, vi va bene?” Disse Giacomo a due individui.
“Perfetto.”
“E vi posso trattare anche male, giusto?” Chiese ancora.
“Giusto giusto. Allora cominciamo.” E iniziarono a tastarlo, dapprima in alto, poi scendendo mano mano.
“Ma, che diavolo fate? Siete forse fatti di qualche droga?” Giacomo era sconvolto.
“No no, è il nostro lavoro, ci hai pagati per questo.” Giacomo capì che i due avevano frainteso, il loro lavoro era un altro, non sarebbero stati suoi amici, quindi decise di darci un taglio, e li uccise, a colpi di taglierina tascabile.
Ma, alla fine della mattina, riuscì a trovare, in qualche modo, dei veri amici, forse grazie a quei manifesti che aveva posto dappertutto. I suoi nuovi compagni avevano molto in comune con lui, ma soprattutto erano dei fancazzisti, esperti nel cazzeggiare, ossia nel non far nulla pur di non lavorare. Il nulla era la loro attività preferita, e Giacomo si trovava perfettamente a suo agio in questa circostanza.
Bevevano, e mangiavano, e mangiavano ancora, un’altra delle loro attività preferite.
“E poi ci sono questi due mamozzi, che non mi lasciano mai in pace, meh!” Disse Giacomo, parlando dei suoi maggiordomi robotici.
“Ahahahahah” E tutti a ridere, sfottere quei due robot era davvero un bel passatempo.
A fine giornata, Giacomo era davvero soddisfatto, divertito, realizzato, e non era più solo, ma ben accompagnato. Ma presto un tarlo si materializzò nella sua mente.
“E se si prendessero gioco di me? Come io faccio con i miei maggiordomi? In fondo sono bruttissimo, sono pieno di difetti e mancanze. Oddio…” E iniziò a tormentarlo, questo pensiero molesto, finchè vere e proprie conversazioni non si palesarono nel suo cervello:


Pietro: “E’ proprio un perdente, non sa nulla della vita.”
Calù difese il protagonista: “Ma dai, non dire così, è un bravo ragazzo, non prenderlo in giro, solo… è davvero un cesso, haha! Jajaja” Disse il giovane, ridendo come un maiale. Tutto sempre nella mente di Giacomo.
Nicole: “Poi vuole fare il Karaoke senza saper cantare! Ed io già odio di mio il Karaoke, ma lui fa davvero cagare, hahahaha!”
Da questo, Giacomo iniziò a pensare che fosse proprio vero,  e andò subito a confrontare gli amici.
“Voi mi avete tradito, avete tradito questa città!” Esclamò contro i suoi compari.
“Ma che sei fuori, Giac? Noi ti vogliamo bene, sei uno di noi” Fece Pietro, sinceramente.
“E’ vero, non diremo mai quelle cose su di te!” Disse Nicole.
Ma Giacomo era ormai un caso perso, era fuori di testa, e continuò ad attaccare i suoi veri amici, questi, non volevano troncare il rapporto con lui, ma Giacomo non gli diede scelta, dovettero cominciare a ignorarlo, e lo abbandonarono a se stesso, dopo che lui fece di tutto per far finire quel bel rapporto amichevole.
Il Conte si ritrovò così, a fine giornata, di nuovo solo soletto, ma più triste che mai.
“Cosa ho fatto, è colpa mia, ho perduto gli amici per un tarlo nella testa, sono pazzo! Oddio!” E si mise le mani sul capo, sbattendo con i pugni sul cervello.
Ad un tratto gli eventi della giornata iniziarono a riavvolgersi come in una videocassetta, e si tornò all’inizio della giornata…
RIAVVIO
Giacomo si svegliò di soprassalto, i suoi maggiordomi robot al suo fianco, come sempre,
“Signore, le abbiamo portato le sue uova, la pancetta…” Furono interrotti…
“Si si, ho capito, potete anche andare, non mi importa” I due robot, feriti, lasciarono la stanza del nobile.
“Ma che succede?” Giacomo capì che qualcosa era andato storto, era di nuovo la mattina precedente! Il tempo si era raggomitolato su se stesso, e si era tornati a quello stesso giorno dove aveva rovinato tutto con i suoi amici.
“Sono bloccato nello stesso giorno, però può essere un’occasione per sistemare le cose! Ottima idea!” Decise, così, di cercare aiuto, ma non poteva farlo da solo, e non certo con quei maggiordomi inutili, cercò quindi un dottore.
ALLO STUDIO DELLO PSICHIATRA:
Era una sala colorata, con banchi e penne, sembrava di essere tornati a scuola, il Dottore, un uomo sulla quarantina, giovane per il suo lavoro, sembrava molto competente, e camminava avanti e indietro per tutta la stanza, cercando di capire il caso che si trovava di fronte.
“Doc mi aiuti, per favore, è la mia ultima speranza, ho bisogno di una mano, come posso risolvere i miei problemi???”
Il Dottore si voltò: “Dimmi che problemi hai”
“Ho rovinato tutto con i miei amici per colpa di pensieri molesti! E ho paura di poter nuocere anche me stesso”.
Il dottore replicò: “Ho capito tutto, ho capito il tuo caso, sei un soggetto di tipo C, uno dei miei casi stereotipati, che più banali non si può. Ti prescrivo una mappata di medicine che ti aiuteranno. Starai bene, promesso.” Fece il medico stringendogli la mano.
“Ma io non voglio prendere medicinali.”
“Allora… vaffanculo.” Giacomo rimase alibito alla risposta dello psichiatra. Non era abituato ad essere trattato male.
“Come prego?”
“Ho detto V-A-F-F-A-N-C-U-L-O” E fece lo spelling.
“Si si, ho capito, ma perché?”
“Se non vuoi prendere le medicine non puoi stare bene. Poi, detto fra noi, i tuoi problemi sono davvero minimi, stupidi, nel mondo c’è la povertà, le malattie, e tu ti preoccupi di ste cose, ma serio? Via via, vaffanculo ed esci da qui” Sbrigò subito il dottore. “E non dimenticarti di pagarmi profumatamente!” Ricordò l’uomo.
Giacomo era davvero triste e deluso, persino il dottore lo aveva mandato a quel paese e lo aveva rifiutato, sempre per colpa sua, non aveva voluto prendere le medicine. Decise, così, di andare a trovare altri amici, che aveva, oltre al gruppo dei cazzeggiatori abusivi.
Cercò quindi i suoi amici Crazy-F e Sardina, una coppia perfetta e armoniosa, un po’ rockettara ma alla mano.
“Ah, Crazy-F, amico, potrei darti del filo da torcere” Disse il protagonista.
“Ahahahaha, e come mai, Giac?” Disse il rocker.
“Sono pazzo, ahimè! Devo riempirmi di medicine, altrimenti i pensieri non se ne vanno. Potrei farmi del male...”
“Speriamo di no, dai.” Fece Sardina per consolarlo.
Poi si ricordò di una cosa, il Dottore gli aveva consigliato, per sfogarsi, di mettere su carta i suoi pensieri, le sue paure più remote:
Quindi egli scrisse delle storie, ma per paura di esporsi, non scrisse i cazzi propri, bensì i cazzi degli altri! Scrisse quindi delle storie su Sardina e Crazy-F e come andava il loro rapporto di coppia, così, per perdere tempo.
E decise di fargliele leggere, ma la cosa non andò per nulla bene, i due la presero male e lo rifiutarono, dicendo che non se la volevano fare con un vero pazzoide, e in più li aveva trattati proprio male in quelle storie.
“Addio, Giacomo.” E se ne andarono, giustamente.
Quella stessa sera, Giacomo fece uno sforzo e decise di prendere quei medicinali, voleva davvero stare meglio, li assaggiò e avevano un sapere tremendo, ma era il prezzo da pagare per le sue azioni sconsiderate, e anche il prezzo per poter stare meglio.
Purtroppo per lui, abbinò le medicine a degli alcolici, per mandarle giù, e per consolarsi della sua solitudine. Questo gli mandò letteralmente il cervello in pappa. Le sue visioni furono rimpiazzate da allucinazioni.
Egli vagava per il castello come un fantasma, spaventando i maggiordomi.
“Ciao ciao” Fece l’occhiolino Giacomo, salutando qualcuno. I suoi preziosi peluche presero vita, e lo abbracciarono, stringendolo forte.
“Ah, mi siete rimasti solo voi, peluche, cari amici, sembrate così… animati! Vi adoro, siete i miei unici compagni ormai!” Il Conte Giacomo Ugolino finì per mangiarseli, come un suo omonimo aveva fatto con i propri figli in un racconto Dantesco.
RIAVVIO
Era il terzo giorno che era intrappolato… nello stesso giorno, Giacomo era stufo.
“Signore, sono pronte le sue uova, la pancetta” Giacomo buttò il piatto in faccia al robot, mandandolo in corto circuito. Poi dovette mettersi tutta la mattinata ad aggiustarlo.
“Beh, ho impiegato la mattina in modo diverso, almeno.” Però quei giorni sembravano ugualmente tutti lo stesso, come erano infatti, a causa del loop temporale.
“Chissà qual è la causa… devo cercare un modo di spezzare questo meccanismo da film di fantascienza!”
Ma invece di fare ciò, cercò di non essere solo, trovò quindi un nuovo amico, Z!
“We, amigo, como estas? Hablamos de cosas malas?”
“Già Z, ho proprio bisogno di una spalla in questo momento” Disse Giacomo, sconsolato, era così triste, che non era una sorpresa che si trovasse così in solitudine. Ma ci era abituato ormai.
“Puedo besarte? Amigo?”
“Che significa ‘besarte’???” Gli occhi di Giacomo uscirono fuori dalle orbite. Il cavaliere mascherato di nome Z gli stava per stampare un bacio sulle labbra.
Il Conte fu pronto e di ottimi riflessi, gli prese la sua ‘spada’ di cavaliere, e gliela piantò dentro a dove sapete voi, cari, carissimi lettori.
Giacomo si mandò affanculo da solo, aveva rovinato un altro rapporto, decise di piantarla con gli ‘amici’, e cercare una soluzione al suo loop che lo mandava in paranoia, lo faceva davvero impazzire.
Allora si trovò di fronte una tenda purpurea, era il luogo dove risiedeva una potente maga:
“Maga Big Mama (cos’è? Uno scioglilingua, disse tra sé e sé), ho bisogno del tuo aiuto, neanche lo psichiatra è riuscito ad aiutarmi! Ho bisogno di te!”
“Dimmi il tuo problema, Giac.”
“Sono bloccato in un loop temporale, ogni giorno è lo stesso, e rovino le mie amicizie, come posso fare? Non dirmi che devo prendere medicine, per favore.”
La Maga Big Mama chiuse gli occhi, iniziò ad agitare le mani attorno alla sua palla di cristallo, intorno a lei vi erano tanti talismani potenti e oggetti artigianali dei più bizzarri.
“O Spiriti, spiriti malvagi, lasciate questo corpo! O oscuri spiriti! Andate via, lasciate in pace questo povero Cristo!”
“No, maga, non ho bisogno di un esorcismo. Vabbè, cambiamo strategia.” Fece Giacomo per sviare quella situazione fastidiosa: “Maga, ti prego, parlami del mio futuro! Controlla le tue magiche carte!” Fece Giacomo, preoccupato.
La Maga fece come richiesto, e mescolò il suo grande mazzo, pieno pieno di carte, ed infine le poggiò sul tavolo, scoprendole una ad una.
“Oh my God! Ma c’avit cumbinat ca! Tutt stu burdell! Vedo amicizie spezzate, paranoie, dottori, medicine, un passato tragico, un mostro dall’orribile aspetto, ‘Groundhog Day’ (Ricomincio da capo), morte… morte dappertutto all’orizzonte! Che casino! Ma che hai combinato, Giac?”
“Grazie tante Maga,  questo lo sapevo già… aspetta, hai detto forse ‘morte’??? Ah! ODDIO!” Giacomo scappò da quella tenda, dimenticandosi di pagare. Per contro, la Maga gli mandò tante maledizioni, che di sicuro gli sarebbero arrivate.
 
Giacomo aveva perso tutto, i suoi amici, persino i suoi maggiordomi se n’erano andati. Era rimasto da solo con la sua ricchezza sconfinata, e con le sue medicine allucinogene.
Ormai riusciva solo a dire…
“Psico- psico- psico- patico”
“Sono psico- psico- patico”
RIAVVIO
La mattina era arrivata da poco, l’alba lucente illuminava la casa oscura del Conte Giacomo Ugolino.
“Non ne posso più di questo loop! Uffa! Basta!”
Ma i suoi maggiordomi non c’erano, forse non erano ancora arrivati, oppure il tempo era cambiato e lo avevano lasciato, come tutti.
RIAVVIO
La mattina era arrivata da poco, l’alba lucente illuminava la casa oscura del Conte Giacomo Ugolino.
“Di nuovo, ma è solo mattina, non è passata neanche la gior…”
RIAVVIO
“…nata?” Che diavolo suc…”
RIAVVIO
“…Cede?”
RIAVVIO
RIAVVIO
RIAVVIO
Si scoprì che il loop temporale era legato all’andamento del cervello di Giacomo, come era ovvio da prevedere. Più egli si faceva pippe mentali, più il ‘riavvio’ peggiorava.
“Vorrei solo che smettesse”
RIAVVIO
RIAVVIO
Giacomo si alzò dal letto, riusciva a fare pochi passi, ma il tempo continuava a resettarsi, riuscì a malapena ad arrivare fino al muro, e fece ciò che doveva, stava impazzendo davvero, per cercare di riavviare il cervello una volta per tutte, lo spinse contro il muro. E di nuovo. Ancora. Ancora.
RIAVVIO
“Non è possibile!”
RIAVVIO
Continuava a sbattere la testa contro il muro, finchè non si crearono crepe in testa, il sangue scorreva e cadeva giù sul pavimento, ma Giacomo continuava, il Conte non si sarebbe fermato finchè il riavvio fosse cessato, e il suo cervello distrutto. Finì per riuscirci, il riavvio cessò di esistere, come lui stesso.
 
 
   
 
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