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Autore: Roiben    03/06/2018    1 recensioni
Di nuovo guai in vista per i Guardiani. Questa volta, tuttavia, non sono unicamente i bambini a fare da bersaglio.
Manny ha un’idea, ma non tutti ne sono entusiasti, in particolare l’Uomo Nero, reduce dalla recente e ancora molto sentita disfatta.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nightmares, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Trentasei


«Sei folle» sbotta Pitch dopo aver ascoltato con crescente sgomento l’idea balorda di Phanês. «Potrebbe esserti sfuggito il fatto che sono uno spirito oscuro».


Phanês curva le labbra nell’ennesimo sorriso inquietante e scuote appena il capo. «In realtà no. Non credo comunque possa rappresentare un reale ostacolo, in questo caso».


«Ripeto: sei folle» ringhia l’Uomo Nero, fissandolo duramente mentre una sgradevole sensazione di panico l’assale.


Le dita di Nyx sfiorano con prudenza la sua mano, ma lui si scosta bruscamente, guardandola con rancore quasi la ritenesse corresponsabile del supposto piano del padre.


«Potrebbe funzionare davvero» bisbiglia la donna, tentando di arrivare a lui e fargli comprendere la validità dell’idea.


Lui però le indirizza un ghigno amareggiato. «Certo, oppure potrebbe cancellare quel poco che resta della mia esistenza» ribatte, suo malgrado spaventato. Poi torna a dare attenzione a Phanês e incrocia le braccia, sollevando il mento con aria di sfida. «Inoltre si dà il caso che siate stati prima tu e poi Mot a creare il problema. Mi domando, pertanto, perché non dobbiate quindi essere voi stessi a immolarvi per risolverlo. Sono tutti bravi a trovare soluzioni sulla pelle degli altri» recrimina.


Ma dato che nessuno dei presenti sembra disposto a concedergli nulla, storce il naso e scocca all’assemblea raccolta un’occhiata rabbiosa, prima di voltarle le spalle e abbandonarla ad ampie falcate.


*


«Beh» borbotta Aster, dopo qualche momento di imbarazzante silenzio, «mi secca doverlo ammettere, ma ho proprio paura che abbia ragione lui, in questo caso».


«Possibile» conviene Nicholas, scrutando un momento il coniglio di Pasqua. «Ma se invece fosse l’unica buona possibilità?».


Aster sbuffa, scuotendo il muso. «L’ho già sentita, questa. E comunque… lo convincerai tu?» ghigna, vedendo il collega sbiancare.


«Dovrebbe essere una sua scelta, no?» chiede Jack, confuso.


Entrambi annuiscono, anche se può facilmente notare la loro titubanza.


«Avrebbe dovuto essere presente mentre ne discutevamo» insiste.


«Aveva altri pensieri per la testa» fa notare Nicholas.


«Ora si chiamano pensieri?» insinua d’improvviso Mot, in parte divertito, ma per lo più stanco di ascoltare parole che non conducono ad alcuna soluzione. «Può darsi che il marmocchio abbia ragione» concede, mentre Jack si imbroncia all’epiteto con cui lo ha descritto la divinità, «ma il problema rimane e nessuno dei presenti ha avuto idee migliori».


«Cosa proponi?» taglia corto Nicholas, il quale mal sopporta quella creatura stizzosa e inclemente.


«Uno di noi si assumerà l’incarico di parlargli e riportarlo a più miti consigli» spiega pratico.


Aster incrocia le braccia e tamburella una zampa a terra. «Ma davvero? E chi speri di convincere a rischiare la testa?».


Mot ridacchia, nonostante non ci sia proprio nulla di divertente. «Hai paura, coniglio?» soffia malevolo.


Il naso del pooka vibra di indignazione, ma poi le punte delle orecchie si piegano verso il basso. «Già, è così. E per tua sfortuna non sono l’unico» rimarca, facendogli segno con il capo alle sue spalle.


Quando Mot si volta, Ba’al lo sta fissando scettico e infastidito.


«Non guardare me, fratello. Non ho la minima intenzione di scontrarmi di nuovo con lui. Due volte sono state più che sufficienti».


«Lo farò io» li sorprende una voce inattesa.


Tutti questa volta rivolgono uno sguardo incerto alla dea della notte. La verità è che nessuno si aspettava realmente la sua collaborazione, neppure suo padre.


«Nei sei sicura?» chiede infatti Toothiana, un po’ preoccupata.


«Non vedo alternative» borbotta spazientita. «E non fissarmi in quel modo, fata. Potrei sempre cambiare idea e spedirci te al mio posto» minaccia capricciosamente.


«No, grazie» soffia la fata, negando con forza e facendo anche un paio di passi indietro per sicurezza. «È tutto tuo» garantisce.


Nyx ghigna, facendo rabbrividire tutti i presenti nessuno escluso. «Questa me la segno. Ricorda bene le tue parole, fata, perché non ci saranno sconti né ora né in futuro».


*


«Vattene» sibila Pitch, ascoltando il suono dell’uscio che si apre e di pochi passi che si avvicinano. «Non intendo parlare con te, né stare ad ascoltare la tua scadente retorica» ringhia, scostando lo sguardo e soffermandolo sull’esterno del palazzo visibile dalla finestra della camera.


Ovviamente Nyx non appare intenzionata a seguire le sue richieste (non che nutrisse molte speranze in tal senso), al contrario si richiude la porta alle spalle, accostandosi infine alla nera figura ancora ferma in muta contemplazione della neve che scende dolcemente.


«Pensi sia qui per persuaderti, forse?».


Distoglie un momento gli occhi dal biancore esterno, fissandoli brevemente in quelli della donna al suo fianco. «Non è così?».


Lei tenta una smorfia che ricorda vagamente un sorriso. «No, non è così» conferma.


Una risata vuota scuote il suo petto. «Bugiarda» soffia roco. «Sparisci, non ti ascolterò oltre».


«Pitch» prova ancora.


«Sparisci, ho detto» sbotta, alzando pericolosamente la voce.


Stringe le labbra, intenzionata forse a controbattere, ma si ferma prima e annuisce piano, prima di lasciarlo nuovamente solo.


«Bugiarda» mormora appena, dopo aver udito la porta richiudersi e i suoi passi farsi distanti.


*


Quando solleva gli occhi, incontra quelli vagamente incuriositi del padre, e arresta i suoi passi proprio di fronte a lui.


«Per quale motivo hai voluto provare, se già sapevi di non avere possibilità?» chiede lui, in qualche modo realmente interessato a comprendere la dinamica dietro i ragionamenti della figlia.


«Non lo so. Ero pronta ad accettare un suo rifiuto, ma… La verità è che non ci ho neppure provato».


Reclina il capo di lato. «Hai avuto paura?».


Solleva un angolo delle labbra, anche se ben lontana dall’essere divertita. «Ne ho ancora, in effetti. Ma sono motivi del tutto differenti da quelli che tu, o tutti gli altri, potreste credere».


Phanês scuote il capo, perplesso e interdetto. «Ho avuto modo di parlare con Aileliath, mentre riposavi. Quel demone è una creatura molto particolare».


«Certo. Scommetto che lo vorresti aggiungere alla tua collezione di stramberie» lo deride.


Mostra i denti scintillanti in un sorriso beato. «Sì, mi farebbe oltremodo piacere. Ma temo sia purtroppo fuori dalla mia portata» ammette dispiaciuto.


«Lo è sempre stato» mormora Nyx, annuendo nel comprendere. «Per questo hai creato quella dimensione. Speravi di riuscire a controllarlo, invece hai fallito nel tuo intento e hai quindi deciso di lasciarvelo e provare a dimenticartene, credendo così di risolvere il problema. Ma quel problema è rimasto, nonostante tutto il tuo impegno, e ha messo radici profonde e inestricabili» lo accusa senza mezzi termini.


Phanês annuisce, concorde. «Desidera la mia vita» spiega impassibile.


Nyx assottiglia gli occhi e lo scruta a fondo. «E tu intendi offrirgli invece quella di Pitch».


Scrolla le spalle, senza mai distogliere lo sguardo da lei. «Una vita per una vita».


*


Hanno gli occhi del medesimo colore, loro due, eppure sono così diversi in ogni altra cosa: l’uno è fuoco, l’altro ghiaccio; l’uno è memoria di un tempo antico, l’altro ha l’anima di un bambino. Si guardano e sanno che, nonostante tutto, sono simili e complementari ma, più di tutto, hanno pensieri in comune.


«Sai dov’è?».


Annuisce. Sorride. Si avvicina, senza paura.


«Accompagnami».


«Sì».


Aileliath segue Jack con lunghe falcate silenziose, tenendo gli occhi puntati sul volo indisciplinato del piccolo spirito dell’inverno. Aileliath ora è felice di trovarsi sulla Terra, in mezzo a creature bizzarre e a loro modo simpatiche, soprattutto il giovane guardiano che gli fa strada in quel momento. È semplice dimenticare certi orrori vissuti, in compagnia di qualcuno il cui cuore riesce a vedere il bello e il buono perfino in mostri suoi pari.


Jack plana di fronte a una porta apparentemente identica a tutte le altre, allunga una mano, ma tituba e piano la ritrae, tenendo lo sguardo fisso sulla superficie lignea che si ritrova davanti e perdendo il suo bel sorriso splendente.


Aileliath ha rallentato la propria andatura fino a posare le zampe a pochi passi dallo spirito, osservandolo incerto e attendendo una qualche reazione che non viene.


«Cosa succede?» bisbiglia perplesso.


Jack si volta e nei suoi occhi vede preoccupazione e smarrimento.


«Tu…» tenta, deglutendo a fatica «puoi fare qualcosa?».


Aileliath aggrotta la fronte e si appressa, piegando il capo fino a raggiungere il volto del giovane guardiano. Lo osserva posare una mano sulla porta, creando involontariamente sottili arabeschi di brina, così poggia a propria volta la fronte sull’uscio e avverte finalmente la presenza oltre quella sottile barriera.


«Apriresti la porta per me, piccolo spirito?» chiede gentilmente.


Ancora una volta Jack annuisce e finalmente preme sulla maniglia, scostandosi poi così da lasciare via libera all’ingombrante mole del leone al suo fianco.


*


«Pitch Black» sussurra dolcemente Aileliath, una volta trovato l’accesso alla camera che ospita lo spirito oscuro.


«S-solo… solo P-Pitch» soffia con voce rotta, ancora scosso dai brividi e singulti e con i capelli totalmente all’aria.


Aileliath sorride e posa il naso sotto il mento appuntito dello spirito, invitandolo a sollevare il viso e osservando il suo sguardo liquido.


«Sono… perduto, vero?».


Piano, il leone scuote il capo. «Sarò con te».


Pitch si morde un labbro, si rialza da terra e posa il volto in mezzo al petto di Aileliath, sospirando. «Siamo condannati entrambi, allora» rettifica con amarezza.


«Può darsi» concede con tono tranquillo.


«Non sono preparato per… questo» geme, affondando il naso nella folta criniera e strattonandone il morbido pelo fra le dita sottili.


«Forse» tentenna Aileliath. «Credo che Phanês sottovaluti alcuni dettagli, in realtà. Tu sei molto diverso da ciò che sembra credere lui».


«Non ne dubito» gracchia acidamente. «Considerando che sono poco più di un’ombra».


«No, sbagli» ribatte, strusciando il muso fra i capelli scompigliati. Ghigna. «Vuoi un’altra leccatina?».


«Non azzardarti» intima Pitch con un sordo ringhio, scostandosi di botto. «O giuro che ti do fuoco» minaccia stizzito.


Aileliath esplode in una risata metallica e gioiosa, dandogli uno scherzoso buffetto alla spalla. «Non puoi. Il fuoco risponde al mio volere» ammonisce, godendosi lo sbuffo scocciato dello spirito.


«Ci sarai anche tu, assieme agli altri?» chiede Pitch, titubante.


«Mi è stato chiesto» conferma Aileliath, scrutandolo con attenzione. «Se deciderai di farlo, io sarò lì. Se deciderai di non volerlo fare, sarò comunque con te».


Pitch annuisce e stringe più forte il pelo caldo contro di sé, tremando appena.


*


«Se tutto questo non servisse? Insomma, a me pare una gran pagliacciata. Non capisco per quale motivo Phanês sia convinto di poter risolvere tutto servendosi di un semplice spirito oscuro» borbotta Ba’al, imbronciato e molto confuso.


Mot sospira, levando gli occhi al cielo e soppesando l’idea di farlo tacere con un colpo in testa.


«Credevo l’avessi compreso. Non sei stato ad ascoltare anche tu, forse? Lo ha spiegato in modo chiaro e semplice, dopo tutto» prova speranzoso.


Ba’al incrocia le braccia, per nulla persuaso. «Sarà chiaro per te, che sei sempre così acuto, ma a me sono parse solo un gran mucchio di fandonie» rimbrotta acido.


«Ha la forte sensazione che ci sia molto di vero, invece. Ho appurato io stesso che, al contrario di ciò che pensi, quello non affatto un semplice spirito oscuro».


«E con questo?» rimbecca ostinato.


Mot lo fissa truce; vorrebbe prenderlo a calci fino a rompersi un piede, ma poi sospetta si sentirebbe terribilmente in colpa, e solo soprattutto.


«Perché credi che il demone lo abbia scelto per il suo scambio? Pensi fosse tanto sprovveduto da pescare a sorte e sperare in un colpo di fortuna? Quella creatura non si è mai affidata al caso; conosceva già le risposte, e sono le stesse, guarda caso, a cui è evidentemente giunto anche Phanês».


«Ovvero?» insiste Ba’al, ignorando cocciutamente lo sguardo alterato del fratello, deciso ad avere qualche buona risposta a sua volta.


Il fratello sospira, arreso, e riflette sul modo più semplice per spiegare a quella testa dura un concetto che a lui era parso così ben delineato invece.


«Immagina che ognuno di noi sia il sole, d’accordo? Possediamo una grande energia, certo, ma solo una minima parte di essa giunge a destinazione, ovvero sulla Terra. Tutto quello che siamo in grado di fare è produrre un poco di luce e di calore, ci sei? Bene. Ora, invece, immagina che quello spirito oscuro sia una sorta di grossa lente di ingrandimento: cattura una minima parte del nostro potere, la luce del sole, e ne ricava un’arma potente, in grado di bruciare. Immagina ancora se, quindi, potessimo raccogliere la forza di ognuno di noi e farla scorrere attraverso di lui; verrebbe in qualche modo convogliata in un unico punto, esattamente come fa la lente con i raggi del sole» spiega con inusuale pazienza.


E Ba’al a quel punto sembra finalmente comprendere. «Ne scaturirebbe l’unione delle nostre forze, ma compresse e potenziate» ipotizza pensieroso.


Il fratello annuisce concorde. «Forse perfino migliorate».


«Forse» tentenna. «Cosa ti fa pensare che funzionerebbe davvero? Cosa lo fa pensare a Phanês?» dubita.


Mot scruta negli occhi del fratello, conscio che la verità non lo ha ancora raggiunto, non del tutto. «Lui non lo sa. È un’ipotesi. Vuole tentare».


Sgrana gli occhi, Ba’al, ora consapevole. «Ma se non funzionasse…» cerca di protestare.


«Avrà tentato» lo interrompe prontamente. «Troverà un’altra soluzione» conferma.


Ba’al assottiglia lo sguardo. «Comincio a pensare che, dopo tutto, il demone non abbia tutti i torti a volere la sua testa».


*


Quando Pitch, ricompostosi e ritrovata una parvenza di calma, apre infine la porta deciso a uscire e fare ritorno al salone per annunciare la propria decisione, si ritrova a fissare stranito lo sguardo desolato e rassegnato di Lumbar che, orecchie basse, regge in groppa lo spirito dell’inverno il quale, al contrario, sfoggia un invidiabile sorriso raggiante proprio all’indirizzo di un Uomo Nero molto poco in vena di scherzi. Uno scuro sopracciglio si inarca di scatto e tremola nello sforzo di controllare l’impazienza.


«A cosa devo questa gentile visita?» bercia infatti, mentre le dita prudono dalla tentazione di finire il lavoro iniziato non molte notti prima sulla soglia del suo covo.


Jack, lungi dall’essere impressionato né tantomeno intimorito dall’atteggiamento aggressivo di Pitch, rincara il proprio sorriso e si permette perfino di strizzargli un occhio, rischiando nell'inconsapevolezza di far definitivamente saltare i nervi dell’Uomo Nero.


«Nulla di speciale, Pitch. Volevo solo essere sicuro che stessi bene» spiega, lasciando per un momento Pitch di sale.


Socchiude un lungo istante le labbra, indeciso sul da farsi, poi avverte dietro di sé la calda presenza di Aileliath avvicinarsi e le sue spalle si rilassano impercettibilmente.


«Ho decisamente avuto giorni migliori, Frost. Grazie per il tuo interesse» borbotta imbarazzato eppure in qualche modo grato.


Il sorriso di Jack sfuma appena, divenendo più morbido. «Ho parlato con Toothiana e gli altri: se deciderai di rifiutare, noi saremo dalla tua parte» lo informa inaspettatamente.


Il cipiglio critico di Pitch lascia il posto a un’espressione interdetta e sorpresa. «Cosa?» bisbiglia attonito, incerto di aver ben compreso.


Ora il sorriso è quasi completamente svanito dal viso candido dello spirito dell’inverno, ma la sua voce rimane tranquilla quando cerca di spiegarsi.


«Nessuno di noi guardiani ha davvero desiderio di vederti sparire, Pitch. So che, visti i trascorsi, sembra assurdo, ma… ecco… c’è un motivo per cui ti trovi qui, e dev’essere un motivo maledettamente buono, così come lo è il motivo per la nostra di presenza. Non vogliamo che le cose cambino, nessuno di noi lo vuole, capisci? Non davvero, non per sempre».


«Mh» commenta solo Pitch, un po’ troppo confuso e costernato per trovare di meglio da replicare.


Una sensazione di inatteso calore compare al suo fianco e Pitch si volta piano, ritrovandosi osservato da Aileliath.


«Ti avevo avvertito. Non tutto è come sembra, devi solo provare ad avere un po’ di fiducia» lo rimprovera bonariamente.


Pitch arriccia il naso e scuote lentamente il capo. «Non sai di cosa parli» protesta debolmente.


Aileliath sorride, Jack invece ridacchia divertito, prima di abbandonare la provvisoria cavalcatura e librarsi in volo, salutando e promettendo loro di attenderli nel salone di North.


«Sono nuovo in questo vostro mondo, ma credo di sapere piuttosto bene di cosa parlo. Non dimenticare mai ciò che ti ho detto, io non lo farò» promette solenne Aileliath, accompagnando Pitch e Lumbar lungo il cammino.


  
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