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Autore: Shade Owl    04/06/2018    3 recensioni
La musica è un'arte, e chi la coltiva sa bene quanto sia complessa e gratificante. Un violino, poi, è tra gli strumenti più difficili di tutto il mondo della cultura sonora.
Questo lo sa bene Orlaith Alexander, che fin da bambina ha sviluppato un'autentica passione per il violino e la musica. Il giorno in cui Dave Valdéz, uno dei migliori produttori discografici di New York, scopre il suo talento, la sua vita cambia drasticamente, e da lì comincia il successo.
Tuttavia, il successo ha molte facce, proprio come le persone. E per scoprirle, Orlaith dovrà prima conoscere aspetti della sua musica che prima ignorava lei stessa...
Genere: Fantasy, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Epic Violin'
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La segretaria la squadrò con occhio critico per quasi un minuto quando si presentò da lei. Durante la salita in ascensore aveva smesso di ruscellare come un rubinetto (ai suoi piedi si era formata una pozzanghera, mentre se ne stava ferma ad aspettare la giusta fermata) ma aveva ancora i capelli e i vestiti umidi, e il parka era in uno stato pietoso. Le ciocche rosse, poi, le si erano appiattite sulla fronte e sulle orecchie, le quali stavano già covando un principio di otite.
Aveva fatto del proprio meglio per asciugarsi mentre era ancora nell'ingresso, ma stava già tardando troppo, e non aveva potuto fare molto di più. C'era solo da incrociare le dita e sperare che andasse tutto per il meglio. Speranza già indebolita dalla segretaria e dai suoi occhi inquisitori.
- Ha un appuntamento?- chiese la donna, stringendo appena gli occhi da dietro gli occhiali dalla montatura sottile e affusolata.
- Sì, io... sono Orlaith Alexander. Vi siete accordati col mio produttore...-
- Ah, certamente.- la segretaria guardò l'orologio, stiracchiando le labbra in una linea di disapprovazione - Ha quasi dieci minuti di ritardo.-
- Un pony express mi ha buttata a terra!- protestò lei.
- Capisco.- rispose in tono inespressivo l'altra - Signor Vaněk, il suo appuntamento delle diciassette.- disse nel microfono alla sua destra.
Ascoltò per un momento la risposta con l'auricolare e le fece cenno di accomodarsi nell'ufficio.
La stanza si rivelò ampia, ma le luci erano basse e l'arredamento classico e serioso rendeva l'ambiente un po' oppressivo. Un tappeto dall'aria costosa era steso tra la scrivania di legno scuro e la porta, e subito Orlaith si guardò gli stivaletti per accertarsi che avessero smesso di lasciare orme bagnate in giro.
Sulle pareti rivestite di legno il signor Vaněk aveva appeso numerosi quadri, e il loro tema ricorrente sembrava essere l'angoscia, il disagio, la paura. Alcuni li riconobbe anche se non aveva studiato Storia dell'Arte: c'era La morte di Marat, in bella vista sulla sua destra, e Studi anatomici non molto lontano. Un'altra opera, veramente inquietante, si trovava sulla parete opposta, e raffigurava un uomo seduto su una specie di trono, o di sedia, intento a sogghignare in modo sinistro. Quella non la riconobbe. Subito accanto a questa c'era un'altra opera che le era nota, Giuditta che decapita Oloferne.
Infine, proprio di fronte a lei, dietro la scrivania, c'era il Saturno di Goya. Quello era da sempre il quadro che più di tutti le metteva addosso una strizza da paura.
Distolse a forza lo sguardo dalla figura che dilaniava un bambino ritratta sulla tela, portando gli occhi sull'uomo in piedi davanti alla finestra rigata di pioggia, intento a parlare fitto fitto in una lingua che non riconobbe (forse ceco). Le dava le spalle, e proseguì a lungo nella conversazione prima di riattaccare e voltarsi verso di lei. Orlaith attese davanti alla porta per tutto il tempo, indecisa, fino a quando l'uomo non mise giù il telefono e la guardò, vagamente accigliato.
- Le chiederei scusa, ma era una telefonata importante e lei era in ritardo.- esordì l'uomo.
Ottimo inizio... Pensò Orlaith.
- Mi spiace. Un pony express...-
- Sì, capisco. Si sieda.- disse lui, sistemandosi alla scrivania.
Orlaith inghiottì la replica e si appollaiò sull'orlo di una delle sedie dallo schienale rigido lì davanti. Mentre camminava fu pronta a giurare che lo sciaguattio dei suoi calzini si sentisse anche in corridoio.
- Vedo che ha preso l'acqua.- disse Vaněk - Niente ombrello?-
- Mi ha colta di sorpresa.- si giustificò Orlaith - E sono stata buttata in una pozzanghera.-
- Dovrebbe prendersi le sue responsabilità, signorina Alexander.- disse impietoso Vaněk - Ad ogni modo, siamo qui per un altro motivo. Quindi, se non le dispiace, passiamo alle cose serie. Ho molto da fare, e poco tempo da dedicare alle trivialità.-
Sei tu che hai divagato, te ne rendi conto, vero?
- Come mai voleva vedermi?- chiese, soffocando quel pensiero - Non pensavo che un uomo come lei si interessasse a me.-
- Lei è un investimento, signorina Alexander. E un "uomo come me" deve interessarsi a tutti i suoi investimenti.- si appoggiò allo schienale, accavallando le gambe e giungendo le mani, i gomiti posti sui braccioli della poltrona - Mia cara ragazza, come lei ben sa, possiede uno straordinario talento nel suonare il violino. Ha anche una bella voce, infatti i dati presentatemi dalla Lightning Tune Record e i resoconti di Valdéz sono molto promettenti. Ora, mi rinfreschi la memoria... da quanto tempo è sotto contratto?-
- Quattro anni il mese scorso.- rispose lei - Abbiamo appena rinnovato.-
- Giust'appunto.- annuì lui - E ha pubblicato quante... due raccolte?-
- Due album.-
All'improvviso Orlaith comprese dove volesse andare a parare. Tuttavia non capiva come mai le stesse facendo quel tipo di discorso: ne aveva parlato con David a suo tempo, e lui le aveva assicurato che, a conti fatti, potevano passarci sopra, essendo lei solo agli inizi.
- Due album.- ripeté con un cenno del capo Vaněk, serio e impietoso come sempre - Due, ma da contratto avrebbero dovuto essere tre. Uno per ogni anno.-
- David...-
- David Valdéz rappresenta la Lightning Tune Records. Io rappresento me stesso.- la interruppe Vaněk, in tono duro - Ed è totalmente estraneo a questa conversazione. Quell'uomo lavora per me da quasi dieci anni, ed è senz'altro molto capace nel campo della musica. L'ho assunto e gli ho affidato la gestione della casa discografica proprio per il suo talento nel trattare con gli artisti, un talento che io, mio malgrado, devo ammettere di non possedere. Tuttavia non è un uomo d'affari, non nel vero senso della parola. Io sono un uomo d'affari e, quando faccio un investimento, pretendo che renda quanto mi ha promesso.-
Aprì un cassetto e ne trasse una scatola di sigari.
- Lei è rimasta indietro sulla sua tabella di marcia, signorina Alexander.- continuò, prendendo un sigaro e tagliandone la punta - Di norma chi non rispetta le scadenze, per me, può prendere le sue cose e sgombrare la propria scrivania. Tuttavia so essere comprensivo.- aggiunse, accendendo il sigaro con un fiammifero - Lei è giovane, ha molto da imparare, e non sa come va il mondo. Quindi chiuderò un occhio.- continuò, mentre volute grigiastre uscivano dalle sue labbra - Ma si consideri avvertita: voglio che Valdéz mi informi dell'uscita del nuovo album entro tre mesi, o potrà considerare cessato ogni suo rapporto con la Lightning Tune Records. Mi ha capito?-
La fissò in attesa, aspettandosi una risposta. Orlaith, per tutto il tempo in cui lui parlava era rimasta immobile sulla sedia, le dita serrate attorno ai bordi di legno, talmente forte che le erano sbiancate le nocche. Sentiva un tremendo nodo in fondo alla gola, e probabilmente se avesse aperto bocca avrebbe vomitato.
Così si limitò ad annuire lentamente, pallida come un cencio. A Vaněk parve bastare, perché subito dopo si voltò verso il computer, togliendole ogni attenzione.
- Può andare, signorina Alexander. E veda di asciugarsi: non pubblicherà molti singoli se si ammala.-
Quando fu di nuovo in corridoio si infilò rapidamente nella toilette più vicina e bloccò la porta, rannicchiandosi a gambe incrociate sulla tazza, le braccia strette attorno alla custodia nella quale riposava il violino.
Tremava come una foglia, scossa dai brividi. Si sentiva di nuovo bambina, una bambina che era stata sgridata da un adulto perché aveva fatto qualcosa di sbagliato.
Tuttavia, lei sentiva di non aver fatto niente di male: aveva parlato con David, gli aveva spiegato che il ritmo era troppo serrato per lei, e che anche se non le avesse rifiutato così tanti brani non sarebbe riuscita a completare le dieci tracce richieste dal contratto. Lui per tutta risposta aveva ammiccato e aveva deciso di lasciar correre: le vendite, sia in negozio che online, stavano andando alla grande, i fan ancora non si erano minimamente stancati di lei e dei lavori che aveva pubblicato fino a quel momento, e con le numerose collaborazioni musicali che stava intrattenendo in quel periodo se la potevano cavare benissimo senza il terzo album.
Quel rimprovero, così duro e diretto, era per lei totalmente immotivato. Lo aveva ammesso anche Vaněk: lui non era un artista, non sapeva nulla di musica. Con che faccia poteva venirle a dire quello che doveva fare?
Rimase in quella posizione fino a che il tremito non passò del tutto, poi allentò a poco a poco la presa attorno al violino e sciolse lentamente le gambe, inghiottendo più volte, finché non sentì il nodo che le serrava la gola allentarsi. A quel punto uscì dal cubicolo e si sciacquò la faccia, bevendo anche qualche sorso per riprendersi.
Quando si fu completamente calmata si appoggiò al lavandino e guardò il cellulare, ricordando solo in quel momento di averlo spento prima di uscire dall'ascensore. Quando lo riaccese scoprì che era già molto tardi, il pomeriggio era filato. Trovò anche tre chiamate perse di David e un messaggio vocale.
Bimba, dove sei finita? Dovresti essere qui con me, dobbiamo scegliere le cover! Se non compari entro cinque minuti dovrò fare da solo! Richiamami!-
- Fanculo le cover...- ringhiò Orlaith, spegnendo ancora il cellulare - Nemmeno sappiamo quando uscirà il prossimo album e tu pensi alle cover...-
Si trattenne dallo sbattere il telefono sul ripiano in marmo e, cercando di darsi un contegno, si diresse verso l'uscita dall'edificio. Decise di saltare a piè pari il resto della giornata, con David avrebbe litigato l'indomani.
Quando fu di nuovo in strada scoprì con una punta di sollievo che aveva smesso di diluviare, anche se l'aria era sempre umida e satura dell'odore di pioggia, e ormai la luce in strada era data dai lampioni. Rinunciò a prendere un taxi quando vide le condizioni del traffico, preferendo optare per la metropolitana, e si diresse svogliatamente alla fermata più vicina.
Si mischiò alla folla e scese le scale con lo sguardo fisso a terra, urtando di tanto in tanto qualcuno, fino a raggiungere la fermata.
C'erano solo due banchine raggiungibili in quel particolare punto della stazione, e solo quella che interessava a lei era aperta, mentre l'altra era stata chiusa per dei lavori nei tunnel (altre erano ovviamente raggiungibili tornando al piano superiore del sottopasso).
Si piazzò contro una colonna, stringendosi addosso il violino, e attese l'arrivo del suo treno. Una buona parte delle persone presenti presero quello prima, che avrebbe fatto un percorso differente, lasciando sul binario lei e alcuni altri, liberando una discreta porzione dello spazio disponibile.
Fu proprio per questo che lo vide.
Era un po' lontano, ma ora che la foresta di corpi si era diradata non c'era nulla a nasconderlo: era un uomo, di altezza media, con indosso una vecchia giacca verde militare e dei pantaloni macchiati di immondizia varia. Il cappuccio della giacca era alzato e non lo vedeva in viso. Aveva le braccia lunghe, il corpo tozzo e ingobbito; stava in piedi in mezzo al niente, indifferente alle persone che, scorgendolo, lo guardavano stralunate o preoccupate.
Si muoveva a scatti, tremolando, quasi come se rischiasse di cadere ad ogni movimento, che fosse delle gambe o delle braccia. Probabilmente era ubriaco fradicio.
Sulle prime non gli diede molta importanza, anche se, con un po' di vergogna, Orlaith provò un certo sollievo rendendosi conto che c'era qualcuno più patetico e triste di lei.
Poi però si voltò proprio nella sua direzione e si raddrizzò un poco, quel tanto che bastava da permetterle di vedere sotto il cappuccio. A quel punto fu sicura di stare dormendo, e che quello era solo un incubo.

Eeee... si inizia con i problemi seri, per la povera Orlaith. Dai, almeno la storia entra nel vivo.
Per quanto riguarda quella in preparazione, i lavori procedono, ma il tempo a mia disposizione è poco, il lavoro mi sta massacrando. Comunque ce la farò.
Ringrazio John Spangler e vi do appuntamento alla settimana prossima. A presto!

 

   
 
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