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Autore: Padfootblack    10/06/2018    1 recensioni
E se Alex avesse intrapreso una relazione con una collega musicista? E se non fosse tutto così idilliaco?
Raccolta di song fic!
Dal testo:
Probabilmente si accorse del mio sguardo, perché si girò e sorrise imbarazzata, muovendo la mano come a salutarmi. Non riuscii a muovere un muscolo, aveva uno sguardo splendido. Era come se potesse leggermi dentro e mi persi in quel paradiso verde azzurro, fin quando non si voltò di nuovo verso gli altri. E la magia scomparve, ritornai nel backstage del club, attorniato da luci stroboscopiche e ombre penetranti, proprio mentre loro salivano sul palco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The Ultracheese

Still got pictures of friends on the wall
I suppose we aren't really friends anymore
Maybe I shouldn't ever have called that thing friendly at all

Tornare a Sheffield era sempre sorprendente, non smettevo di considerarla la mia casa anche se mi ero trasferito a Los Angeles da anni. Mi mancava quell’atmosfera nebbiosa e lo strato di nuvole che copriva il cielo, eclissando i raggi del sole. Non riuscivo a dormire, ma ci ero abituato, così uscii per fare una passeggiata. Sheffield quella mattina era vuota. Nessuno che sostava fuori dai pub dopo una serata disastrosa, nessuno che usciva per una corsa mattutina, la città mi stava riservando un po’ di sana solitudine ed era tutto ciò di cui avevo bisogno dopo anni di tour e viaggi intercontinentali. Camminai da solo per le strade vuote, lasciando che fossero i piedi a guidarmi, aspettando che la città si riempisse di vita. Non seppi neanche io come, ma arrivai allo studio di registrazione e un sorriso spontaneo comparì sul mio viso. Era un segno che avrei dovuto iniziare a pensare al settimo album? Era questa la magia di Sheffield, sapeva darmi esattamente ciò di cui avevo bisogno al momento giusto.

“Mattiniero”disse una voce femminile. Non mi ero reso conto della sua presenza per la prima volta in tutta la mia vita. Mi voltai e la vidi sorridermi mesta, i capelli legati in modo disordinato in una coda alta e le occhiaie sempre presenti sotto gli occhi stanchi.

Get freaked out from a knock at the door
When I haven't been expecting one
Didn't that used to be part of the fun, once upon a time?

“L’intera città dorme”ammisi. Tranne io e te e non era la prima volta che succedeva, quante notti insonni avevamo passato insieme? Notai che aveva il blocchetto di appunti che usava per le sue canzoni sotto il braccio e capii che era venuta a registrare qualcosa.

“Tu sei a mani vuote”constatò.

“Stavo passeggiando e non so come sono arrivato qui”confessai: “Posso leggere?”. Scosse la testa: “Non è ancora pronta”. Mi ero dimenticato della sua mania di non mostrarmi mai cosa avesse in mente a meno che la canzone non fosse stata già registrata con tutti gli strumenti. A me bastava una melodia e una strofa scarabocchiata per correre da lei e farle ascoltare tutto per avere il suo parere, ma lei era una perfezionista e mi aveva sempre fatto sentire il lavoro completo. Annuii, come a dirle che ricordavo quella sua inutile fissazione. Di solito le nostre conversazioni non finivano mai nel silenzio, ma era la conseguenza di non sentirci da anni. Avrei potuto raccontarle qualsiasi cosa, se solo l’avessi sentita più vicina.

“Come va?”chiesi, invece, una domanda così stupida richiedeva una risposta altrettanto stupida.

“Bene. Tu?”. Annuii ancora, rifiutandomi di mandare avanti una conversazione così impersonale con lei.

“Sai, dopo il terzo ascolto, ho imparato ad amare Tranquility Base”ammise. Alzai lo sguardo sorpreso su di lei: “Davvero? Prima che uscisse ti ho sognata. Mi urlavi che faceva schifo”. Mi sarei aspettato qualsiasi reazione, ma non quella che ricevetti. Scoppiò a ridere così sguaiatamente che mi stupii nessuno nella strada venisse a dirle di fare silenzio. Attesi che la sua risata scemasse, nonostante mi fosse mancato il suo modo di ridere in questi anni.

“Non ci si aspettava qualcosa del genere da voi, tutto qui”spiegò: “Ma è un lavoro fatto bene”

“C’è una canzone che ti piace particolarmente?”domandai. Annuì, senza aggiungere altro, non voleva darmi soddisfazioni. Le sorrisi timido: “Four out of five?”

“Quella è al secondo posto”

“Quindi te ne piace più d’una!”esclamai sorpreso.

“Idiota, certo che sì”ribatté: “Prova ad indovinare”

Science fiction?”. Scosse la testa: “Sono molto delusa dalle tue doti investigative”

“Cosa ci fai qui presto di mattina, comunque? Lo studio è ancora chiuso”

“Avevo bisogno di ispirazione”

“Per strada?”

“Non per strada, ma qui davanti”. Osservai i cassonetti della spazzatura ai lati del marciapiede, le bottiglie di birra gettate accanto alla porta di un pub e i mozziconi di sigaretta per terra. E tornai a dieci anni prima, a quel marciapiede e alla canzone che era nata da una situazione assurda. Non trovai nulla da dire, i ricordi di noi due seduti lì riempivano la mia mente. Amy sedette sul marciapiede e si guardò in giro, come se io non fossi lì, in piedi accanto a lei, ad osservarla in silenzio. Forse avrebbe desiderato restare da sola, avrei dovuto andarmene. Ma non sembrava preoccuparsi della mia presenza. Aprì il blocchetto e scribacchiò qualcosa, per poi richiuderlo e tornare a fissare l’orizzonte. Avrei pagato oro per leggere cosa c’era scritto. Mi sedetti accanto a lei e osservai dritto davanti a me il cielo diventare chiaro man mano che il tempo passava. La sensazione di imbarazzo che avevo provato poco prima era scomparsa, lasciando posto alla pace più assoluta. Essere seduto su quel marciapiede infido con il mio completo da mille sterline, in totale silenzio con un’Amy altrettanto silenziosa e concentrata sulla sua musica, era qualcosa di cui non sapevo di aver bisogno fino ad ora. Avevo cercato di replicare tranquillità e pace nel mio disco, immaginando un mondo futuristico, quando mi sarebbe bastato essere qui per calmarmi.

We'll be there at the back of the bar
In a booth like we usually were
Every time there was a rocket launch or some big event

Star Treatment?”domandai e anche se avevo lo sguardo fisso all’orizzonte, potevo quasi vederla sorridere.

“Hai perso la capacità di leggermi nel pensiero”. L’avevo persa da tempo e in realtà non l’avevo mai avuta, leggere i pensieri di Amy era impossibile per chiunque.

“Stai lavorando a qualcosa di nuovo?”mi chiese.

“No, per ora mi godo il successo di Tranquility Base. Abbiamo ancora mezzo mondo da girare”. E non avevo la testa per pensare a un nuovo album, al massimo avrei potuto concentrarmi sui Last Shadow Puppets, ma non vedevo un futuro per gli Arctic Monkeys. Non adesso, almeno.

“Tu hai già la data di uscita del tuo?”

“No, è solo una canzone”mi rispose: “Sentivo il bisogno di registrarla subito o non lo avrei più fatto”

“Te ne vergogni?”

“No, assolutamente. È una di quelle canzoni che vorrei non aver scritto, ma che sento il bisogno di ascoltare”

“Quindi non la pubblicherai?”

“Mai”ammise: “Resterà nel mio ipod per sempre, nascosta a tutti”

“Anche a me?”. Che stupida domanda, ovvio che non me l’avrebbe fatta sentire, non ci parlavamo da anni. Mi girai e vidi che mi osservava divertita: “Soprattutto a te”

“Parla di me?”

“Non necessariamente”

“Sai, sei diventata troppo criptica”commentai, ma si limitò a fare spallucce. Allungai una mano verso il suo quaderno, sfiorandolo con le dita, ma senza avere il coraggio di prenderlo.

“Ci sono tutti i miei segreti qua dentro, Turner, sicuro di volerlo leggere?”. Annuii palesando un coraggio che raramente avevo mostrato nella mia intera esistenza. Non ero sicuro di voler sapere ogni cosa che le passasse per la testa nell’ultimo periodo, ma ero troppo curioso per scappare da una situazione come questa. Lasciò la presa e lo afferrai, aprendo la prima pagina. Era piena di scritte cancellate, solo poche parole erano leggibili. La pagina dopo iniziava con una data: 1/05/18. Iniziando a leggere, mi resi conto che era il suo diario, in cui scriveva almeno una volta a settimana ed era pieno di tristezza, solitudine e ansia. E pensare che anni fa ero convinto che lei avesse bisogno di me per sopravvivere, quando non avevo fatto altro che causarle sofferenza. Alcune frasi erano sottolineate e le riconobbi come testi delle canzoni dell’ultimo album. Il diario andava avanti fino a pochi giorni fa e quando arrivai alla scritta “Regret” chiusi il quaderno e glielo consegnai. Il sole era sorto e, leggendo quelle scritte nere e confuse, mi sembrava di aver vissuto un anno intero della sua vita in pochi minuti. Avevo recuperato tutto il tempo perso leggendo quel diario e ora mi sentivo più triste di prima.

What a death I died writing that song
From start to finish, with you looking on
It stays between us, Steinway, and his sons

“Non pensavo fossi stata così male”commentai.

“Non essere egocentrico, non è colpa tua”rispose sulla difensiva. In realtà sembrava che la colpa fosse mia al 70%, ma non lo dissi. Non volevo litigare, le sue parole di delusione e depressione erano ancora vivide nella mia mente. Aveva scritto nero su bianco i suoi pensieri e alcuni erano molto vicini ai miei. Anche io avevo avuto il rimpianto di non aver partecipato in nessuna maniera al suo nuovo album, anche io mi ero chiesto molte volte se fra di noi sarebbe mai potuta nascere una semplice amicizia, o se eravamo destinati a non consideraci più per il resto della vita. Mi aveva stupito che, dopo l’uscita del mio album, Amy avesse scritto che in Tranquility Base non c’era neanche l’ombra della sua presenza, come se i mesi passati insieme, e successivamente quelli passati in lontananza, non mi avessero minimamente toccato. E invece la conseguenza di quel turbinio di sentimenti mi aveva portato a distaccarmi dalle questioni amorose per concentrarmi su un altro tipo di concetto. Avevo cantato troppe canzoni d’amore negli anni passati e non ero riuscito a processare quello che era successo fra me ed Amy dopo la sua riabilitazione. Avevamo cambiato la matrice del nostro rapporto troppo spesso durante quel periodo. Ma una traccia della sua presenza sarebbe sempre stata presente nella mia musica.

The Ultracheese”dissi semplicemente e la vidi annuire: “L’hai azzeccata finalmente”. Persi il filo del discorso, non avevo capito la sua risposta, ma volevo spiegarle tutto: “È stata l’ultima canzone che ho scritto, mi sono svegliato nel bel mezzo della notte con una melodia in testa e l’ho suonata al pianoforte. Non sapevo se farla sentire o no a Taylor, ma è scesa poco dopo e si è seduta sul divano. Non è stato facile scriverla con lei a pochi metri da me”. Amy non sembrava aver sentito una parola e mi fece sorridere: “L’ho scritta dopo averti sognato”. Sembrava che tutto l’astio presente fra di noi si fosse dissolto nella potenza di uno sguardo. Era così sorpresa, l’avevo lasciata senza parole.

“Ecco perché sono morto scrivendola. Avevo creato un concept e un album che amavo, ero riuscito a concentrarmi su qualcosa che non fossi tu, ma poi ho ceduto”. Ero incapace di decifrare le sue emozioni, così mi limitai a sorriderle gentile sperando non mi insultasse. Queste erano le parole più vicine a una dichiarazione che le avessi detto in questi ultimi anni. I suoi occhi contenevano un misto di tristezza e speranza.

“L’hai azzeccata”ripeté e solo ora compresi. Era la sua canzone preferita di TBHC. Scoppiai a ridere, una risata cupa, era come se la vita continuasse a sbatterci in faccia la nostra inettitudine nel ricostruire il rapporto fra noi.

I've still got pictures of friends on the wall
I might look as if I'm deep in thought
But the truth is I'm probably not
If I ever was

 

“Sono stato uno stupido”ammisi: “Non avrei dovuto lasciarti così, senza nessun tipo di spiegazione ...”

“Non ce n’era bisogno”mi interruppe: “Stai bene con lei, si vede, ed è riflesso in ogni canzone del nuovo album. Sei maturato. Non puoi più scrivere di una certa ragazza che fa giochetti mentali e dei vostri litigi, perché non esiste più. L’amore, quello con la A maiuscola, non ti fa soffrire, ti rende felice e quando sei felice tu fatichi a trovare qualcosa da scrivere perché vorresti solo stare con la persona che ami. Non hai più sofferenze da mettere in musica, ma solo sorrisi. Niente più Mardy Bum, niente più Crying Lightning. Solo She looks like fun

“Questo non cancella il modo ignobile in cui ti ho trattata”

“Mi è servito ad andare avanti”confessò: “Se avessimo continuato a … essere quello che eravamo, non avremmo concluso niente. Grazie a quella rottura drastica siamo riusciti a superare la nostra storia e ad andare avanti”. Ma eravamo davvero andati avanti? Fra noi sembrava essersi eretto di nuovo il muro che ci aveva diviso per tutti questi anni.

“Lo credi sul serio?”le domandai sinceramente e si limitò ad annuire. Sì, era vero, Taylor mi rendeva felice e non potevo lamentarmi di nulla. Ma in fondo, nel mio animo, sapevo che qualcosa mi mancava.

“Lei vuole il matrimonio il prima possibile”dissi senza nessun collegamento logico.

“Non l’hai ancora sposata?”chiese scioccata.

“Perché quel tono stupito?”

“Le hai chiesto di sposarti circa … tre anni fa?”

“Non sono pronto. Non mi sembra il passo giusto da fare adesso”confessai. Stava osservando il mio braccio, la manica della camicia tirata su mostrava il tatuaggio dedicato a Taylor.

“Ti sentivi pronto per quel passo?”mi chiese.

“Erano tempi diversi. Ora … non mi va di pensare al matrimonio, ai figli, mi importa solo della musica”

“Ora?”domandò divertita: “Non ti sei mai fermato, Al. Io ho avuto il periodo di pausa mentre ero in riabilitazione, tu non ti fermi dal 2006, finisci con le scimmie e inizi coi Puppets e viceversa”

“Mi sono fermato prima di Tranquility Base”

“Solo perché avevi perso l’ispirazione”

“Tu saresti pronta a sposarti adesso?”domandai sinceramente curioso.

“No, io … beh io non sto da cinque anni con una persona”

“Da quanto?”. Abbassò lo sguardo imbarazzata, chiedendosi come facessi a saperlo. Era semplice da immaginare con lei, aveva una nuova luce negli occhi ogni volta che era innamorata.

“Sette mesi”rispose timida.

“Lo sposeresti?”

“Sono solo sette mesi!”si lamentò: “È troppo poco per capire una persona”

“Beh anche cinque anni non sono molti”

“Al, ti prego”

“Continuano a ripetermelo tutti: quando la sposi? Allora, questo matrimonio? La verità è che non mi sento pronto a fare un passo così grande. La amo troppo per prenderla in giro”. Gli occhi di Amy parlarono da soli: ma non l’ami abbastanza da sposarla. Mi bagnai le labbra con la lingua e alzai lo sguardo al cielo, fissando le stelle, cercando di non pensare a quell’assurda situazione.

“Ognuno ha bisogno dei propri tempi”sussurrò: “Ci arriverai anche tu, prima o poi”

“Credo che solo gli immaturi si sposino”ribadii: “Arriva un’età in cui pensi che sia giusto farlo e lo fai, più passa il tempo, più ti rendi conto di quanto sia stupido il concetto stesso del matrimonio”

“Hai mai pensato che non fosse stupido?”domandò curiosa. Non avevo mai voluto sposarmi, ma avevo sempre dato la colpa al fatto che ero giovane e avevo una carriera piena di impegni, l’idea del matrimonio mi era sembrata così lontana. Ma anche adesso non mi piaceva l’idea di legarmi indissolubilmente a qualcuno. Semplicemente, non ero un tipo da matrimoni.

“Nah”risposi facendo spallucce: “È un’idea stupida. Se ami una persona non hai bisogno di un contratto che lo stabilisca”

“Beh, ormai la proposta gliel’hai fatta”. Mi girai verso di lei, scorbutico: “Ah, certo, ti va di essere la mia testimone?”

“Non ci penso nemmeno!”

“Lei vorrebbe sposarsi a Roma, prenoti tu la sala da pranzo?”

“Alex, per favore”mi supplicò di fare silenzio, ma continuai ad elencarle il matrimonio perfetto secondo Taylor e, dopo le prime irritazioni, scoppiò a ridere: “Okay, va bene. Sto zitta”

“Grazie. Per quanto starete qui?”domandai osservando le sue dita tamburellare nervose sul quaderno.

“Partiamo domani”

“Non puoi ritardare la partenza?”

“Perché dovrei?”

“Potremmo vederci”

“Ci stiamo già vedendo”

“Sì, ma fra poco lo studio aprirà, tu andrai a registrare la tua canzone e non ci vedremo più”

“Abbiamo passato due anni senza calcolarci”

“Appunto”

“Pensi che non avremmo potuto passare del tempo insieme se solo lo avessimo voluto?”chiese sincera.

“Sì, ma … Sentivo che le cose non erano a posto fra noi”confessai.

“Lo sono”

“Non lo sono. Ti ho lasciata sul ciglio di una strada, ho chiesto alla mia ragazza di sposarmi e sono sparito dalla tua vita. Sono tornato, non sono stato neanche capace di spiegarti la situazione e ci siamo divisi di nuovo. Non abbiamo neanche parlato per sistemare le cose”

“Lo abbiamo mai fatto?”chiese disillusa: “Ci siamo mai lasciati sul serio o abbiamo mai tentato di sistemare le cose come due persone mature?”

“No, ma … forse questa è l’occasione giusta”. Stava per ribattere, ma fu interrotta dallo sgommare di una macchina nel vialetto. Si parcheggiò, spense le luci e ne uscì John, l’anziano produttore che apriva lo studio da più di vent’anni. Lo salutammo e lasciammo che entrasse a sistemare le cose. Era già orario di apertura, segno che Amy sarebbe scappata il prima possibile.

“Avevo paura di ciò che provavo per te”confessai una volta che la porta dello studio si chiuse: “E ho scelto la strada più facile. So che ti darà fastidio sentire una cosa del genere, ma voglio dirti la verità. Non riuscivo più a scrivere canzoni decenti prima che tornassi nella mia vita. E dopo che te ne sei andata, ho trovato un rifugio nel pianoforte. A quel punto il concept dell’album è cambiato e le canzoni scritte in spiaggia sono ancora a casa mia, a Sheffield, incise su un disco chiuso in una busta che volevo inviarti. Non l’ho fatto perché quel giorno, quando ci siamo visti dopo l’uscita dei nostri album, mi sei sembrata felice e non volevo renderti triste. Ti ho lasciata andare quando eri l’unica mia ispirazione per scrivere musica”. Aprì la bocca e la richiuse, la sua impulsività si placò mentre pensava ad una risposta.

“Siamo scappati entrambi”rispose infine: “Avrei potuto chiederti spiegazioni o venirti a riprendere e tentare di convincerti a tornare insieme, ma non l’ho fatto. Pensavo che poi il nostro rapporto si sarebbe rovinato per sempre”

“Non è già rovinato?”domandai triste: “Non ci chiamiamo più, non passiamo del tempo insieme neanche se abbiamo la stessa compagnia di amici”. Lei annuì e infilò le mani nelle tasche dei jeans, impegnata a osservarsi le scarpe. Questo imbarazzo, questo non sapere cosa dire, era nuovo nel nostro rapporto e nessuno dei due sapeva come comportarsi. Era questo che lei temeva, una rottura indelebile che non ci avrebbe permesso di discorrere come persone normali.

“Siamo sempre stati insieme”disse con lo sguardo basso: “Anche dopo che ci siamo lasciati, era un continuo tira e molla, durante il mio periodo di fermo ci siamo riavvicinati fin troppo … non era sano, Al. Dopo la nostra prima, finta, rottura niente è stato sano”

“Non era sbagliato”

“Non ho detto questo”. Sbuffai e mi alzai in piedi, incapace di restare fermo su un marciapiede a parlare di certe cose. Lei non aveva ancora trovato il coraggio di guardarmi negli occhi, continuava a fissarsi le scarpe. Questa conversazione non ci avrebbe portato da nessuna parte, forse sarebbe stato meglio evitare di cercare la verità fra noi due e mantenere il nostro tacito accordo del limbo infernale. Dov’era finita tutta la nostra complicità?

“Non avremmo dovuto parlarne”ammisi.

“No, è giusto”mi interruppe lei: “Abbiamo passato tante cose, troppe, non potevamo pensare di non parlare di un argomento del genere”

“A che conclusione siamo arrivati?”

“Siamo entrambi due cagasotto”rispose ironica facendo nascere un sorriso sul mio volto. “Ma questo ci insegnerà a non esserlo più nel futuro. A combattere davvero per ciò che vogliamo, anche quando abbiamo tutti i pronostici contro”. Era finita così? Dopo litigi colossali, ora chiudevamo senza neanche guardarci negli occhi? Avrei dovuto sentirmi sollevato per aver risolto la crisi decennale con Amy, ma non era così. Mi sentivo solo più triste e deluso di prima.

“Amici?”domandai.

“Dubito che persone come noi possano essere amici”. Anche questo era vero.

“Insomma, non è cambiato nulla”borbottai.

“Nei film sembra tutto così facile”si lamentò osservando la porta: “Due persone si lasciano e finisce lì”

“Anche nella vita reale”la rassicurai: “Abbiamo chiuso molte relazioni senza tornare indietro. Solo io e te non riusciamo a lasciarci andare”. Posò i suoi occhi umidi sul mio viso e domandò con una sincerità allarmante: “Perché?”. Feci spallucce: “Quello che c’è stato fra noi è significato molto. Se avessimo avuto due lavori diversi probabilmente ora staremmo ancora insieme”. Dire quelle frasi davanti a lei non mi era mai sembrato normale, eppure adesso era naturale. Era la resa dei conti, l’ultima possibilità che avevo per dirle tutto.

“Non è vero che non sei presente nell’album”confessai: “Ci sei, forse più in questo che in AM. Sei presente in ogni mio tentativo di allontanare il passato. E io sono presente nelle tue canzoni che raccontano la tristezza della vita e l’inevitabilità degli eventi. Forse è per questo che non riusciamo a lasciarci andare. Perché la nostra musica ha bisogno l’uno dell’altra”continuai.

“Non è giusto per loro”rispose lei: “Per Pete e Taylor”

“Si chiama Pete, eh? Non è un bel nome”

“Al”mi richiamò all’ordine con un leggero sorriso.

“Non sto dicendo che ciò che c’è fra noi è amore. È bisogno di esserci l’uno per l’altra, tutto qui. Ma abbiamo anche bisogno di persone che ci siano sempre per noi, che ci aspettino a casa”mormorai: “Che ci diano stabilità”. Se solo avessimo avuto due caratteri diversi, se solo fossimo stati capaci di cambiare davvero per l’altro, a quest’ora avremmo una casa a Sheffield con un’enorme stanza dedicata ai vinili e uno sgabuzzino dove mettere tutti gli inutili premi vinti durante la nostra carriera. Il muro del salotto sarebbe ricoperto dalle nostre fotografie e avremmo trasformato una camera in un piccolo studio di registrazione. La mente stava vagando troppo velocemente ed era così facile immaginare un nostro futuro insieme, persino in questa situazione.

“Ti ho amato davvero, Al”ammise cupa: “Ma forse l’amore da solo non basta”. Aveva ragione, l’amore da solo non bastava ed eravamo stati troppo giovani per capirlo.

“Quando torni a casa, c’è qualcuno che ti aspetta?”domandai. Annuì sorridente: “Diciamo che è il turnista che accorda le chitarre”

“Allora passerete un sacco di tempo insieme”

“Un sacco”

“E quando tu sei in giro per interviste o altro e torni la sera a casa: sei da sola?”. Scosse la testa.

“Se ti va di chiamarlo e lo fai, lui risponde?”. Annuì decisa.

“Ti ricordi quanti messaggi da ubriachi ci lasciavamo in segreteria?”domandò poi e scoppiammo a ridere entrambi, allentando un po’ la tensione. Ci stavamo lasciando davvero questa volta e sarebbe stata più dura di tutte le altre volte messe insieme. Ma quando saremmo tornati a casa, avremmo trovato qualcuno ad aspettarci, ad amarci. Ed era tutto ciò di cui avevamo bisogno dopo certi discorsi.

“Siamo degli inguaribili romantici”commentò.

“Come tutti i cantautori”sussurrai: “Vieni qui”. Le presi una mano e la attirai a me in un abbraccio leggero e delicato. Le sue braccia mi circondarono la schiena, stringendomi più forte di quanto avesse mai fatto. La sua testa si poggiò sul mio petto, con l’orecchio posizionato esattamente sul cuore, senza lasciarmi la facoltà di poter mentire su ciò che stavo sentendo.

“Sembra che tu stia correndo la maratona di New York”commentò ironica.

“E sembra che tu sia un koala attaccato con l’attack al proprio albero”. La vidi sorridere, ma non mollò la presa.

“Ti taglierai mai quella barba?”

“Cos’hai contro la mia barba?”

“Ti invecchia”

“Ma sono vecchio”

“Non hai ancora 70 anni, così dai l’idea di averne 80”

“Mi mancavano le tue battute acide”. Sbuffò, sembrava volersi obbligare a staccarsi da me, ma quello avrebbe sancito la fine della nostra storia e non era pronta. Non lo ero neanche io.

“Settimana prossima siamo a Madrid”la informai.

“Al”

“Che c’è?”

“Ci stiamo lasciando definitivamente”

“Dico solo che potremmo vederci”

“Io sono da qualche parte in Europa, non ricordo dove”

“Dì la verità, non vuoi vedermi”

“Sta zitto”mormorò.

“Allora vieni a casa di Miles il 25 giugno, organizza una festa a tema ...”

“Gli ho già risposto declinando l’invito”

“E dai, così mi presenti Pete!”. Alzò la testa e il suo sguardo cinico mi fece ridere, mi era mancato anche prenderla in giro. Niente di questo poteva finire e se ne stava rendendo conto anche lei.

“Allora: amici?”domandai sorridente.

“No”

“Conoscenti?”

“Al”girò la testa dall’altra parte: “Ci saluteremo come due persone educate, tutto qui”

“Come farai senza le mie simpatiche battute?”

“Me ne farò una ragione”

“E senza nessuno che ti prenda in giro per le tue paranoie?”

“Sei proprio noioso”disse in tono lamentoso.

“O senza i miei preziosi consigli”. Si staccò improvvisamente da me, senza preavviso, e mi guardò dritto negli occhi: “Promettimi che proverai ad essere felice”. Era così seria che non riuscii a fare altre stupide battute, mi limitai ad annuire. Avevo cercato di essere felice e avevo tutte le carte in regola: la carriera andava a gonfie vele, come la mia vita di coppia. Eppure sembrava che mi mancasse qualcosa, anche se non capivo cosa. E mi sentivo uno schifo a non essere felice nonostante avessi una vita perfetta. Amy tirò indietro i capelli dalla mia fronte, un gesto che serviva a scacciare via tutte le mie preoccupazioni. Incredibile che funzionasse anche dopo così tanti anni. Fingevo di essere tanto maturo, ma con lei l’Alex ventenne tornava alla ribalta. Solo che l’Alex ventenne non si sarebbe mai lasciato scappare una come Amy Brown.

“Non volevo far discendere la depressione abissale su di te, Turner”commentò.

“Stavo solo pensando”ammisi.

“A cosa?”

“Passato, futuro”dissi confusionario. Sorrise divertita: “Okay, sembra proprio che stia nascendo una tua canzone”

“Potrebbe darsi”

“Di cui non voglio far parte”continuò ironica: “Quindi ti lascio qui a pensare”

“Vai da Pete?”la presi in giro.

“Suona proprio male detto da te”

“È il nome che è brutto, non è colpa mia”. Scoppiammo a ridere, felici di aver ritrovato quel rapporto giocoso fra di noi. Forse non tutto era perduto, forse sarebbe arrivato il giorno in cui saremmo tornati amici. Se lo eravamo mai stati.

“Allora ci vediamo in giro, Brown”dissi sorridente. Mi sorrise e, lentamente, si avviò verso la porta, entrando nello studio. Aveva lasciato un’aura di vuoto intorno a me e, senza rendermene conto, la città di Sheffield si era svegliata. Le ante delle finestre si erano aperte, le prime macchine scorrevano in giro per le strade, la gente usciva di casa e si recava al lavoro. Ognuno aveva qualcosa da fare, un obiettivo da raggiungere. La porta dello studio di registrazione non era mai stata così invitante. Ci avrei messo pochi secondi ad entrare, sorprenderla e riprendere a scrivere canzoni con lei. Ma le avevo promesso che avrei cercato di essere felice e almeno questa promessa dovevo mantenerla. E dovevo lasciarla andare, da Pete, o da chiunque altro avrebbe fatto parte della sua vita in futuro, per permetterle di tornare ad essere felice.

Oh, the dawn won't stop weighing a tonne
I've done some things that I shouldn't have done
But I haven't stopped loving you once

 

***

Note dell’”autrice”: Buooonasera a tutti! La storia è terminata. Già, così, velocemente, con un capitolo chilometrico (scusate). Ho passato due settimane a scriverlo, è cambiato tante, troppe volte, ma il finale è rimasto sempre quello. Ho immaginato tutte le situazioni possibili e immaginabili, ma la fine non è mai cambiata. Che dire, sono cresciuta anche io con la storia e l’anno scorso, quando ho iniziato a scriverla, avevo immaginato un finale totalmente diverso (è ancora qui, nei meandri del mio computer, non sapevo se pubblicarlo o no sotto forma di sogno e/o allucinazione, ma ho preferito lasciar perdere). È dura chiudere, è dura lasciar andare Amy e Alex ed è per questo che ho fatto fatica a scrivere questo ultimo capitolo. Non sono ancora sicura se pubblicarlo sia giusto o no, potrei cambiare idea da un momento all’altro.

Spero comunque che il capitolo (e la storia in generale) vi siano piaciuti e vi abbiano intrattenuto nell’anno passato ad aspettare che uscisse AM6. Vi auguro buona fortuna, grazie per aver seguito la storia.

Padfoot

   
 
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